22. A confronto
Mi svegliai sovrappensiero.
Alzai la testa dal cuscino sudato accorgendomi che era ancora notte, mentre cercai di spostarmi sentii il braccio di Travis bloccarmi dalla vita.
Non riuscendo ad alzarmi, riappoggiai la testa sul cuscino sospirando.
Il pensiero di doverglielo dire mi innervosiva, specialmente ora che avevamo risolto le nostre divergenze.
Mi girai di lato, dandogli le spalle e sentendolo avvicinarsi ancora di più a me e, di conseguenza, abbracciandomi a lui. Sentii le lacrime agli occhi al pensiero di lasciarlo.
Appoggiai la mano sulla sua muscolosa, infilai le dita tra le sue e mi avvicinai ancora di più a lui finché non lo sentii sospirare e mugolare.
«Hey...», mi biascicò nell'orecchio.
Tirai su con il naso, spingendo indietro le lacrime che minacciavano di uscire.
«Perchè sei sveglia?»
«Non avevo tanto sonno», gli dissi, anche se in realtà ero stanca morta di tutta quella situazione ma non riuscivo a chiudere occhio, a causa della pressione.
«Okay», lo sentii allontanarsi, poi la luce nella stanza si accese; mi girai e lo vidi allungato verso la lampada sul comodino.
«Che fai?», gli chiesi confusa.
«Ti faccio compagnia», mi informò.
«Ma che dici?! Dormi».
«Non ho sonno».
Sapevo perfettamente che avesse sonno, ma non si smosse così mi girai di fianco verso di lui, appoggiando la testa sul cuscino.
«Cosa ti teneva sveglia?», mi sussurrò dolcemente accarezzandomi la guancia.
«Niente», mentii.
«Mh,mh... non ci credo. Dimmi la verità, Evelyn», si appoggiò anche lui di fianco con la testa sul cuscino.
«Ma è vero!», risi debolmente per rassicurarlo.
Si accigliò scrutandomi, non essendo per niente convinto della mia risposta.
«Va bene...», disse titubante.
Era quasi l'alba e Travis si era appena addormentato, finalmente. Mi aveva fatto compagnia tutta la notte ma sapevo perfettamente che avesse sonno, finchè non è crollato. Senza fare alcun rumore, mi allungai verso la lampada e la spensi; alla luce artificiale si sostituì quella dei raggi del sole.
Mi alzai dal letto, mi avvicinandomi verso le tende che chiusi, per non far entrare la luce, e poi andai alla porta per uscire. Fin da subito l'aria fresca delle montagne, mi fece rabbrividire le gambe e le braccia nude; tirava un soffio di vento ghiaccio, che il mio pigiama leggero non riusciva a proteggere dalla mia pelle. A piedi scalzi scesi i gradini del portico e mi avvicinai all'allaggio accanto, dove trovai, seduto nel portico, Caleb.
«Cosa fai sveglio così presto?» gli chiesi avvicinandomi e sedendomi accanto a lui nell'ultimo scalino. Mi circondai le gambe con le braccia, per ripararmi dal freddo che mi faceva rabbrividire.
«Potrei farti la stessa domanda».
Sorrisi a quell'osservazione, poi notai il modo in cui era vestito: felpa, pantaloncini da basket, scarpe da ginnastica... «Ti alleni?»
Annuì. «A settembre ho le selezioni per la squadra di football del college, quest'anno voglio essere capitano».
«Buona fortuna!»
«Grazie... Te perchè sei sveglia?»
Sospirai, mentre una folata di vento mi accarezzò le guance. «Storia lunga e complicata».
«Evy, a me lo puoi dire».
«Lo so, ma la cosa mi fa paura», sentii di nuovo le lacrime minacciare di uscire.
«Travis ti ha fatta soffrire?»
Scossi la testa in segno negativo.
«Allora,cosa è successo?», mi domandò preoccupato.
Sospirai. «Mi hanno offerto una borsa di studio».
«Ma è fantastico, Evy!», esultò contento per me, ma, quando non mi vide festeggiare insieme a lui, smise. »Aspetta, qual'è il problema?»
«Il problema è dove si trova il college».
«E dove è?»
«Oxford», finalmente riuscii a pronunciare quel nome, quel Gran Canyon che mi divideva dall'amore della mia vita.
«Oh cazzo...».
«Già!»
Lo vidi in preda al panico e si alzò in piedi mettendosi davanti a me. «E Travis lo sa?»
«No, che non lo sa!»
«Doppiamente cazzo, Evy! Glielo devi assolutamente dire...», ci pensò un attimo. «...e il prima possibile!», aggiunse puntandomi l'indice contro.
«Lo so, Caleb!» dissi scocciata.
«Dovresti dirglielo stasera», disse ora calmo rimettendosi a sedere al mio fianco.
«Non so come... insomma, non voglio spezzargli il cuore», tirai su con il naso. Allora lui mi cinse la nuca con la sua mano e mi appoggiò la testa sulla sua spalla.
«Non so cosa fare, Caleb», piansi.
«Si sistemerà tutto, Evy», sussurrò dolcemente per consolarmi.
Alzai la testa di scatto, mi asciugai le guance bagnate e tirai sù con il naso. «Affatto. Io partirò per Oxfrod, vori tornerete a Chicago, ognuno tornerà alla propria vita e la nostra storia sarà solamente una banale cotta estiva e ci scordermo l'uno dell'altra, anche se ora non vogliamo».
«Non vi scorderete, Evy. Il vero amore non muore mai e se il vostro è tale, vi ricorderete per sempre ed avrete un bellissimo ricordo di questa estate».
Tirai sù con il naso. «Grazie, Caleb», feci un lieve sorriso, poi si alzò anche lui e salì l'ultimo scalino del portico avvicinandosi alla porta. «A dopo», mi fece un cenno di saluto ed entrò.
»A dopo», lo salutai quando ormai la porta si era chiusa, dopo di che mei inamminai, dopo tanto tempo, nel mio posto felice dove avrei potuto schiarirmi le idee e poter trovare il modo di dirlo a Travis.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top