21. Non voglio perderti

Guardai confusa le loro facce, i loro sorrisi gioiosi mentre mi guardavano.
Rimasi in silenzio: era sempre stato il mio sogno studiare ad Oxford, ma lasciare il mio paese... ora che le cose si erano sistemate, almeno in parte. E Travis... sapevo che la nostra storia non poteva andare oltre ad una cotta estiva, ma dopo questa notizia le chance erano sotto zero.
«Non sei felice?!», mi spronò mia madre.
«S-sì, del resto... del resto è quello che ho sempre sognato...», deglutii in difficoltà.
«Ma?», si fece seria mia sorella.
I miei genitori sgranarono gli occhi, come se avessero visto un cane parlare. Per loro era inaccettabile.
«Ma... non so se me la sento».
«Perchè?», tuonò mia madre. «Questa è più che un'ottima occasione, ti può rivoluzionare la vita, Evy!»
«Ci penserò», dissi abbassando lo sguardo.
Mi guardarono non irritati, addirittura indignati ma questa era la mia vita! Non avevo nemmeno la libertà di scegliere! Cavolo, Oxford è la migliore università che conosca ma allo stesso tempo non voglio perdere Travis.
«Pensaci bene, Evy!», sibilò mio padre.

Dopo di ciò, nessuno aprì bocca e mangiammo in un silenzio religioso finchè non finimmo; io e Liz, come sempre, ci incamminammo verso il nostro bungalow.
Ad un certo punto mi prese sotto braccio e mi disse: «Evy, cara, pensaci bene! Questa è un'occasione d'oro! E... e Travis è solo uno dei tanti ragazzi, quindi divertiti questi due mesi che rimangono ma che finisca lì: vai ad Oxford».
Mi accigliai. «Aspetta! Tu sapevi già da prima della notizia... per questo prima mi hai dato campo libero con Travis», mi staccai da lei schifata. «Liz, mi fai schifo!»
«Io lo faccio per il tuo bene, Evy!», mi puntò un dito contro.
«Beh, allora non sai che stare con Travis èla cosa che mi rende più felice nella vita!», le urlai in faccia.
Sbuffò. «Io me ne vado».
«Dove vai?»
«Da Brad. In città. Ci vediamo domani mattina», dopo di che se ne andò verso il parcheggio.
Sbuffai vedendola andare via e mi girai verso i bungalow; da lontano guardai quella fila di ordinati e uguali casette e pensare che dentro al mio ci fosse Trav, mi rattristava. Non volevo perderlo, ma allo stesso tempo non volevo perdere un'occasione così importante.
Sicuramente avrei dovuto dirglielo il prima possibile e con lui discuterne.
Così misi le mani nelle tasche della felpa e mi incamminai da sola lungo il sentiero, per poi arrivarei poco dopo al mio bungalow. L'aria fresca mi faceva rabbrividire, ma non solo quella: il solo pensiero di lasciarlo per sempre mi inpauriva da morire, volevo stare con lui anche dopo quei tre mesi.
Arrivai al bungalow; prima di quanto pensassi, a causa dei pensieri che mi tormentavano.
Non ero pronta ad affrontare l'argomento la sera stessa.
A passo lento salii i gradini del portico, lo attraversai ed arrivai davanti alla porta per poi aprirla siccome non era chiusa a chiave. Quando entrai lo trovai che stava uscendo dal bagno con un asciugamano legato alla vita ed un altro in mano, con il quale si stava strofinando i capelli bagnati.
«Mi sono fatto una doccia», mi informò.
Mi limitai ad annuire, mentre chiusi la porta poi lo raggiunsi e, sorpassandolo, entrai nel bagno guardandomi allo specchio: avevo gli occhi lucidi, i capelli spettinati e l'aria distrutta.
«Tutto a posto?», si avvicinò dietro di me vedendolo dal riflesso dello specchio.
Annuii debolmente. «Sono solo stanca, è stata una giornata dura», e con lo sguardo basso lo sorpassai con i suoi occhi puntati sospettosi su di me, quando ritornai in camera mi misi a sedere infondo al letto togliendomi la felpa.
Dopo la felpa mi tolsi le scarpe, nel frattempo sentivo il suo sguardo puntato su di me e quando mi voltai lo vidi appoggiato allo stipite della porta del bagno, le braccia incrociate al petto e gli occhi preoccupati.
«Evelyn... sei strana», quasi sussurrò in quel modo rassicurante che solo lui poteva avere. A quegli occhi preoccupati, mi sentii ancora di più in colpa. Avrei dovuto dirglielo subito.
«No», mentii abbassando di nuovo gli occhi, non riuscendo a sostenere il suo sguardo.
«Okay...», sussurrò tra sè e sè. «Se vuoi me ne vado».
A quelle parole alzai la testa di scatto, non volevo sprecare nemmeno un secondo del tempo che ci rimaneva per stasera insieme. «No!», mi alzai in piedi in preda al panico. «Ti prego resta qui con me».
«Okay», mi sorrise debolmente per poi rientrare nel bagno, chiudendocisi dentro.
Mi abbandonai sul letto, sentivo le lacrime agli occhi ed uno sconforto mi tormentava.
Dovevo riprendermi.
Mi alzai di scatto a sedere, tirai su con il naso e mi asciugai le lacrime agli occhi per poi alzarmi e tirare fuori dall'armadio un pigiama pulito: maglietta larga e pantaloncini comodi.
Non sapendo quando Travis fosse uscito, mi cambiai velocemente rischiando di cadere mentre infilavo una gamba nei pantaloncini.
Finalmente uscì dal bagno ed io ero già nel mio pigiama, quando mi distesi sul mio letto. A causa di tutti quei pensieri che sovraffollavano la mia testa, cominciò a venirmi un forte mal di testa.
Appoggiai la testa sul cuscino con lo sguardo verso la porta del bagno, mentre quell'Adone dai capelli biondi e dagli occhi cristallini stava uscendo con un paio di bocer addosso.
Mi sorrise ed anch'io lo feci.
I miei occhi si fecero pesanti, sempre di più, ed il mal di testa sembrava alleviarsi lasciando spazio al sonno; quando Travis si distese al mio fianco, sentivo il sonno pervadermi sempre più.
Sbadigliai.
«Vuoi dormire?», mi chiese mentre mi prendeva tra le sue braccia, appoggiandomi la testa sul suo petto.
«Nah», biascicai con gli occhi socchiusi. Sapevo perfettamente che da lì a poco mi sarei addormentato.
Lui, sapendolo quanto me, ridacchiò. «Mi vuoi dire come mai eri preoccupata quando sei tornata?», sussurrò, mentre, allungandosi, spense la lampada sul comodino al fianco del mio letto.
«Te l'ho detto: non ero preoccupata», biascicai.
«Se lo dici te...», sospirò.
Lo feci anch'io. «Domani mi racconti della tua famiglia?»
Lo sentii irrigidirsi sotto di me, quando sentivo il sonno pervadermi.
Volevo sentire la sua risposta, ma non riuscivo a restare sveglia finchè non mi addormentai.

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