17. La festa - parte 2

Nella mia testa annebbiata la parola – o meglio insulto – stronzo rimbombava, mentre camminavo spedita per ritornare alla festa, dove avrei raggiunto mia sorella, l'avrei avvertita che non mi sentivo bene e me ne sarei andata.
Non volevo nemmeno incontrarlo per caso, non avevo le forze per affrontarlo e non volevo fare una scenata davanti a tutti facendo scoprire, di conseguenza, a mia sorella che ci frequentavamo.
Sicuramente si sarebbe incazzata e, come sempre, mi avrebbe tenuto il muso ignorandomi per tutto il resto delle vacanze – almeno questa pensavo fosse l'ipotesi più concreta.
La rugiada del prato mi aveva bagnato i piedi nudi ed i tacchi in mano, inizialmente bianchi, erano diventati verdi quando avevo percorso i primi 10 metri poi li tolsi dopo essermi distesa sul prato.
Ignorai completamente il pensiero che forse Cameron mi stava raggiungendo e, a essere sincera, nemmeno ci feci caso; ero talmente arrabbiata e umiliata che non mi sarei accorta nemmeno se mi avessero chiamato con un megafono!
Ripensando alla confessione della versione ubriaca di Cameron, mi vennero le lacrime agli occhi: non mi sentivo usata o la seconda scelta, come le volte successive, bensì mi schifò il gesto di Travis: usare mia sorella per una sana scopata per poi evitarla e passare a me.
Come poteva pensare che sarei stato con lui dopo essere andato a letto con mia sorella, mia sorella!
Era una cosa impensabile e, da un certo punto di vista, anche imbarazzante!
Finalmente intravidi le scalette che portavano alla spiaggia e di conseguenza alla festa, già potevo sentire la musica altissima ed i cori.
Sentii il cuore cominciare a battere all'impazzata, la testa girarmi e lo stomaco chiudersi in una morsa.
Avevo la nausea.
Prima di scendere le scalette mi bloccai per prendere un respiro, poi presi il cellulare dalla borsetta.
Erano le 2 del mattino e vidi un messaggio di mia madre delle nove di sera, che diceva di dover arrivare puntuale il mattino seguente per una colazione in famiglia.
Favoloso! Non ce l'avrei mai fatta ad essere pronta e perfettamente sveglia alle nove del mattino!
Sospirai per poi rimettere il cellulare nella borsa, dopodiche mi decisi a scendere: era arrivato il momento di sparire da questo incubo!
Non mi curai nemmeno di rimettere i tacchi e scesi le scalette immergendomi nuovamente tra la folla, non mi guardai attorno ed andai dritto dove prima erano mia sorella ed i suoi amici.
Oltrepassai il tavolino delle bevande senza nemmeno girarmi e, a forza di spallate e di "permesso", cercai di andare dall'altra parte della spiaggia quando una mano mi bloccò il polso.
Sapevo perfettamente chi fosse, mi ero giurata di non avere scontri con lui ma ormai avevo un piede nella fosse.
Mi girai di scatto ed appena lo guardai in quegli occhi cristallino, sentii i miei occhi riempirsi di lacrime offuscandomi la vista.
«Evelyn...», sussurrò anche se non potevo sentire la sua voce, lessi il labiale delle sue labbra.
Scossi la testa distogliendo il mio sguardo dal suo, poi liberai il mio polso dalla sua presa.
Cominciai a piangere.
Pensavo fosse un'altra persone: non c'è cosa peggiore di scoprire di essersi innamorati di una maschera, di una persona che non esiste e poi scoprire che quella persona non è vera, ma che recita una parte.
Continuava a guardarmi confuso, preoccupato mentre io piangevo immobile davanti a lui.
Poi finalmente disse: «Cosa è successo?», cercò di sfiorarmi la guancia con una carezza ma mi allontanai di scatto, spingendolo quando cercò nuovamente di avvicinarsi. «Cosa succede, Evelyn?», ripetè cominciando ad arrabbiarsi.
«Lascia stare me e mia sorella!», singhiozzai spingendolo ancora una volta.
«Evelyn, perchè mi fai questo?»
«Io? Cameron mi ha detto tutta la verità!»
A quelle mie parole sgranò gli occhi, toccandosi i capelli.
Poi si ricompose guardandomi senza alcuna emozione in volto.
«Non è come pensi», fece.
«Ah, sì?», ero irritata e mi sentivo umilaita e una stupida ad essere stata abbindolata da un donnaiolo e stronzo come Travis. «Ora ti dico io come stanno le cose! A te non importa niente di me e volevi solo farti una scopata con me e prima con mia sorella!»
«No! Non è vero!», protestò.
«E invece sì!»
Non ce la facevo più, così a quel punto dissi: «Lasciami in pace, Travis», poi me ne andai.
Sopra la musica sentii la sua voce chiamarmi, mentre me ne andavo in lacrime.
Non potevo sentirmi peggio di così.

Ormai mi sono allontana da lui e con affanno mi giro intorno per trovare Liz, ma non la vedo.
Non la trovo, eppure ero ritornata dove l'avevo lasciati.
Mi prende il panico: voglio andarmene da questo inferno.
Il respiro comincia a mancarmi, la gira mi gira e la vista di offusca. Sento tutto intorno a me gira.
Appoggio una mano sul petto, lo sguardo verso la sabbia.
Le risate delle persone che mi circondano e la musica si attenuano sempre di più, finchè nel mio orecchio sento soltanto un fischio continuo ed il mio cuore che batte all'impazzata.
Le lacrime non vogliono smettere di scendere offuscandomi, di conseguenza, la vista. Allo stesso tempo mi sento soffocare dalle persone che ballano intorno a me e che a momenti mi danno spallate, senza accorgersi di me.
Ad un certo punto sento della mani prendermi le spalle e mettermi in piedi.
Non mi ero nemmeno accorta che mi stavo accasciando a terra.
Il mio pensiero era fisso sul fatto che mi mancava l'aria, mentre qualcuno mi stava aiutando a camminare lontano da quell'inferno.
Quando fummo lontani, non riuscivo ancora a smettere di piangere e di respirare affannosamente.
Mi accorsi che eravamo in un parcogiochi, quando mi mise a sedere su un'altalena.
«Calmati...», mi disse e riconobbi perfettamente quella voce con quell'inconfondibile accento francese.
In quel momento mi sentii al sicuro, non mi sentii più abbandonata così cominciai a calmarmi: prima di tutto il battito del mio cuore cominciò a rallentare, anche se non riuscivo a smettere di piangere. Quel senso di affanno cominciava a svanire, insieme alle lacrime.
Finalmente mi calmai.
Quando Jolie vide che finalmente ero calma, si mise a sedere sull'altalena al mio fianco.
«Stai bene?», mi domandò.
Annuii lentamente asciugandomi le ultime lacrime, che mi bagnavano le guance.
«Vuoi dirmi cosa è successo?», mi domandò poi con un tono di voce calmo e dolce.
Scossi la testa.
Non volevo parlarne con nessuno, anche se sapevo che di lei potevo fidarmi.
«Okay...», fece. «Hai bevuto un po' troppo, ti ho visto e non mi piacciono quei ragazzi con cui stai», mi confidò ad un certo punto.
«Volevano farmi divertire», li giustificai e ci erano pure riusciti se non fosse stato per la confessione inappopriata di Cameron. Era a conoscenza della verità e lui non mi aveva avvertito di stare alla larga dal biondo, bensì mi aveva spinto nella morsa del ragno.
Credevo di potermi fidare di Cameron.
«Sarà, ma non mi sembra ti abbiano aiutato quando hai avuto un attacco di panico», osservò.
Non sapevo più di chi fidarmi.
Riflettei un attimo sulle sue parole e le diedi completamente ragione, dove erano tutti? Mi avevano abbandonata.
In quel momento volevo solo tornarmene al bungalow.
Mi alzai dall'altalena.
«Dove vai?», si alzò anche lei seguendomi.
«Vado al mio bungalow».
«Ti accompagno».
Annuii e mi seguì per tutto il tragitto restando in silenzio al mio fianco, io feci lo stesso.
Arrivammo davanti il mio bungalow e la ringraziai di avermi aiutata, sapevo di aver trovato una vera amica quella notte.
Entrai dentro il mio alloggio e ricominciai a piangere ripensando a tutto quello che era successo in una sera.
Mi buttai sul mio letto mettendomi in posizione fetale, il viso nascosto nelle mie mani mentre piangevo a dirotto.

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