14. La visita
Quella mattina mi svegliai di cattivo umore.
Tra il comportamento di Travis della sera prima e la sveglia, non riuscivo a trovare qualcosa che mi rendesse di buon umore.
La visita dal dottore del villaggio era fissata per le dieci, così mi cominciai a preparare visto che mancava solo mezz'ora.
A quanto mi aveva spiegato mia madre, l'ambulatorio era poco distante dalla mia abitazione.
Feci veloce a prepararmi e a incamminarmi. Quando arrivai davanti l'ambulatorio, davanti l'entrata vidi Travis fumare una sigaretta appoggiato alla staccionata del cortiletto, che faceva da sala d'aspetto.
Mi accigliai ed appena mi vide spense la sigaretta buttandola a terra, poi si avvicinò a me aggiustandosi i pantaloni, si guardò intorno e sputò l'ultima boccata di fumo ed infine puntò i suoi occhi sui miei.
«Cosa ci fai qui?», gli domandai acidamente.
«Come cosa ci faccio qui? Mi interessa quello che ti dice la dottoressa!»
Ah, allora era una dottoressa...
«Beh, te non ti devi interessare della mia vita visto che io non posso chiederti niente sulla sua!», mi impettii. «Scusa, ma ora devo andare!», feci sorpassandolo, per poi salire, con fatica, i quattro scalini che mi separavano dall'entrata dell'ambulatorio.
Già da fuori potevo notare che si trattasse di una piccola stanzetta adibita da ambulatorio; fuori era dipinta di bianco e sopra la porta era disegnata una croce rossa.
«Aspetta!», lo sentii salire le scale con le sue scarpe nere.
Alzai gli occhi al cielo girandomi verso di lui.
«Cosa vuoi ancora?», gli feci.
Sempre con quel tono acido.
Sbuffò esasperato. «Senti, sai perfettamente che mi importa di te quindi falla finita di fare l'offesa! Anche se non vuoi che ti accompagni, io lo farò lo stesso e so che non me lo impedirai».
Alzai nuovamente gli occhi al cielo scuotendo la testa. «Che presuntuoso...», borbottai per poi girarmi e finalmente entrare dentro.
Lo sentivo dietro di me seguirmi, ma lo ignorai volentieri.
Appena entrata sulla destra vidi una scrivania, a cui era seduta una signora di mezza età.
Mi sorrise ed anch'io ricambiai il saluto, poi incrociò lo sguardo con quello tenebroso di Travis ed il sorriso le morì sulle labbra.
«Posso aiutarti?», mi fece sorridendomi.
Mi avvicinai. «Sì, grazie. Avevo una visita».
«A nome?», cominciò a controllare un'agenda.
«Evelyn Blake».
La vidi annuire, dopo di che una porta si aprì e spuntò una ragazza alquanto giovane in camicie bianco ed occhiali da vista; mi vide e se li tolse.
«Evelyn?», mi disse.
«Sì, sono io».
«Vieni, seguimi!»
Annuii e la seguii ma la vidi fermarsi e guardare oltre le mie spalle, con uno sguardo corrucciato.
Sapevo perfettamente chi stesse fissando.
«Scusa, tu chi saresti?», domandò a Travis.
«Un amico di Evelyn», rispose freddo.
La dottoressa spostò lo sguardo dal biondo al mio chiedendomi conferma; annuii, non volevo che scoppiasse una terza guerra mondiale.
Così ricominciò a camminare, lanciai uno sguardo fulmineo verso il biondo dietro di me, che alzò le spalle indifferente, poi proseguii.
Dietro a quella porta c'era un corridoio dove c'erano diversi lettino, ognuno diviso da una tenda a scorrimento.
Arrivò infondo e scostò una delle tende.
«Accomodati», mi fece indicando un lettino.
Mi misi a sedere aggiustandomi, mentre Travis era impalato sull'entrata a fissare ogni minimo movimento che la dottoressa faceva sul mio piede.
Non mi faceva quasi più male la caviglia e mi ero altamente scocciata di andare in giro con quelle scomode stampelle.
«Quando posso ricominciare a camminare?», le domandai ad un certo punto, quando si allontanò da me.
A quel punto si girò verso di me nuovamente, mentre stava scrivendo su una cartellina poi alzò lo sguardo su di me. «Penso proprio che potrai uscire di qui con i tuoi piedi, ma prima facciamo una prova».
Annuii.
«Alzati in piedi e cammina dalla porta verso di me», feci quello che mi disse.
Scesi dal lettino un po' titubante – con la paura che il piede ricominciasse a farmi male, anche se la ferita era guarita – e quando lo feci non sentii niente, mi sentivo come nuova, poi avanzai verso Travis, che era ancora sulla porta, poi cominciai a camminare verso la dottoressa che nel frattempo mi sorrideva rassicurante.
Finalmente ero guarita!
Sarei potuta uscire di lì senza quelle ingombranti stampelle!
La dottoressa mi sorrise ancora.
«Bene, Evelyn, sei guarita!», mi tese la mano che strinsi sorridendo vittoriosa e contenta, poi mi congedò.
Uscii dall'ambulatorio con un sorriso a trentadue denti stampato nel viso.
Ero felice e nessuno avrebbe rovinato quella giornata: nemmeno Travis!
Intanto lui se ne stava in silenzio al mio fianco, certe volte mi lanciava qualche sguardo.
«Sei felice», si fece sfuggire ad un certo punto e, in modo disinvolto, si mise tra le labbra una sigaretta.
«Non sapevo fumassi», dissi ritornando un pom seria.
«Beh, ora lo sai!»
Alzai gli occhi al cielo e sospirai. «Beh, ho deciso che nessuno mi rovinerà questa giornata! Quindi vattene!»
Si mise a ridere buttando la testa all'indietro.
«Non sto scherzando!», feci.
«Non mi importa niente!», si fece serio. Tirò dalla sua sigaretta sputandomi il fumo sulla faccia, facendomi tossire.
«Te sei pazzo, caro mio!», tossii un'ultima volta per poi girarmi ed andarmene ma mi bloccò un polso.
«Evelyn?!»
«Che c'è?», mi girai di scatto altamente nervosa.
«Vorrei passare un po' di tempo con te», mi guardò dolcemente.
Ero titubante.
Abbassai lo sguardo non riuscendo a reggere il suo.
«Evelyn...», richiamò la mia attenzione.
Deglutii in difficoltà ed alla fine annuii, così ci avviammo verso il mio bungalow.
Liz sarebbe stata fuori casa per tutto il giorno.
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