11. Un vero amico
Appena uscita sentii l'aria fresca accarezzarmi il viso ed il sole che me lo riscaldava.
Si stava da Dio.
Cameron si sedette sui gradini del portico, mentre io cominciai a fare avanti e indietro esercitandomi con le stampelle.
All'inizio fu un po' difficile a causa dei sassolini del vialetto, ma ci presi la mano ed ero diventata più esperta.
Sarei andata da tutte le parti d'ora in avanti!
«Non dovresti farti controllare da un medico?», mi accennò Cam.
Guardai un attimo il mio piefe nudo fasciato dalla garza un po' sporca di sangue, poi passai lo sguardo verso il bungalow di Travis ed inaspettatamente lo ritrovai a fissarmi da dietro la finestra. Ci scambiammo uno sguardo fugace, poi ritornai a guardare il moro che mi stava osservando in attesa di una mia risposta.
«Sì, dovrei...», risposi incerta.
Sentivo lo sguardo di Travis su di me, stava osservando ogni mio movimento.
Mi sentivo a disagio...
Facendo finta di niente continuai ad esercitarmi, quando vidi da lontano arrivare Liz al fianco di Angel.
Gli sorrisi alzando il braccio per salutarle, poi, un po' goffa, cominciai ad avanzare verso di loro.
«Evy!», rise mia sorella orgogliosa di me, per poi abbracciarmi. Aveva sul viso un sorriso a trentadue denti.
«Oddio, cosa hai fatto?», mi domandò Angel con un tono schizzinoso ed alquanto finto.
«Mi sono fatta male, ma non è niente di che», cercai di essere gentile, anche se avevo voglia di piantarle uno schiaffo in quella faccia.
«Tesoro, non mi sembra niente di che, ti sei sfasciata il piede», ridacchiò.
Non ci trovai niente da ridere, anzi cominciai a guardarla male.
«In effetti ti sei fatta male...», borbottò Liz, però lei non stava ridendo. «Ti stavi esercitando?», mi fece.
«Sì, mi stava aiutando Cam», lo indicai.
Appena Liz lo vide lo salutó ed anche lui la salutò con un sorriso.
Entrambe si misero a sedere nel portico, mentre io ricominciai a camminare con la stampella.
Prima imparo e prima vado dove mi pare.
Anche se c'era il prato in certi punti, non era tanto facile camminare dove c'erano i sassolini. Anche se incominciavo ad abituarmi, ad un certo punto inciampai e caddi a terra di sedere.
Liz ed Angel cominciarono a ridere prendendomi in giro; in realtà a prendermi in giro era Angel!
La guardai male, mentre cercai di alzarmi finchè non sentii sollevarmi per le braccia. Mi girai e vidi Cameron e Travis dietro di me.
Allora, aveva visto tutto.
«Grazie», sussurrai aggiustandomi i pantaloni, sovrastata dalla risata persistente di Angel. Mia sorella aveva smesso di ridere già da un pezzo, direi da quando ha visto Travis.
«Sei proprio goffa!»
Non dissi niente.
Mi sentivo quasi ferita.
Ma come si permetteva?!
«Vorrei vederti a te essere in questo stato!», sentii la sua voce profonda dietro di me.
Mi girai di scatto guardandolo allibita, perchè mi aveva difesa.
«Travis...».
«No, fammi parlare, Evelyn! Ma chi ti credi di essere?! Arrivi qui e con quell'aria da sbruffona riccona la prendi in giro! Beh, ti dico che sei una fallita!»
«Ma chi ti credi di essere tu?! Sei solo un puttaniere!», intervenì Liz alzandosi in piedi e dopo di lei si alzò anche Angel, che non faceva altro che guardare male me e Travis ma non aprì bocca.
«Sarò pure un puttaniere, ma non rido della gente in difficoltà!», sputò acido.
Per tutto quel tempo non facevo altro che vagare il mio sguardo sul prato, senza alzarlo di un minimo per paura di incontrare quello di mia sorella.
«Evy!», mi richiamò Liz, come mi aspettavo.
Alzai lo sguardo e riconobbi la rabbia nei suoi occhi. «Vieni con noi».
Alzai un sopracciglio. Stava scherzando?!
«No!»
«Vieni!»
«Non penso proprio! Perchè dovrei stare con lei?!»
«Perchè devi stare alla larga da Travis!»
«Ma siamo amici!»
«Ma lui è un puttaniere! Lo sai che lo faccio per il tuo bene!»
Sbuffai pensandoci, poi mi decisi e la seguii verso un sentiero.
Lanciai un ultimo sguardo verso Travis: era arrabbiato.
Lo vidi guardarmi con quegli occhi penetranti, di quell'azzurro intenso che a tratti poteva apparire macabro.
Lo guardai negli occhi per pochi secondi, per poi abbassare la testa e seguire le due ragazze che stavano camminando davanti a me.
Non avevo mai preso quel sentiero, perciò non conoscevo la meta poi vidi delle scalette e supposi che portassero alla spiaggia.
Mi prese il panico: non mi ero esercitata a scendere e salire le scale con le stampelle, così ebbi paura di cadere e farmi male ancora di più.
Non volevo passare da una guarigione in pochi giorni ad un mese a letto!
«Ehm, ragazze...», le richiamai.
Ero dietro di loro, mentre chiacchieravano animatamente. Non mi sentirono. «Ragazze», ripetei finchè Liz si girò.
«Che c'è?», mi chiese quasi scocciata.
«Non sono buona a scendere le scale».
«Andiamo, che vuoi che sia!», mi beffeggiò Angel con una risata già pronta in canna.
Mi voltai verso mia sorella, leggermente irritata, e le dissi: «Senti, capisco che lo fai per il "mio bene" a tenermi lontana da Travis, ma farmi stare in compagnia ad un'idiota come Angel è come darmi in pasto agli squali!», poi cominciai a fare retromarcia con le stampelle per andarmene.
«Dove vai?», mi domandò Liz.
«Lontano da voi!», risposi seccata ripercorrendo il sentiero che avevamo preso, per tornare indietro.
Non potevo andare in spiaggia, la scogliera era esclusa visto la difficoltà per arrivarci con tutti quei sassi lungo il sentiero: non mi rimaneva nessun posto dove andare, mi sentivo persa.
Dove sarei andata a pensare e per stare un po' sola?!
Così mi incamminai verso il mio bungalow, lì potevo starmene sola. Anche perchè era l'unico posto dove potevo andare senza rischiare la vita!
In poco tempo arrivai a destinazione, quando vidi seduto sulle scale Cameron.
Mi stava aspettando?
Di Travis nemmeno l'ombra.
Mi avvicinai accigliandomi leggermente nel vederlo lì, appena mi vide si alzò in piedi.
«Cosa ci fai qui?», gli chiesi.
«Sapevo che saresti tornata presto».
Mi accigliai.
Così mi spiegò: «Non sai ancora usare le stampelle, sapevo che ti saresti sentita insicura».
Ero così prevedibile?! Evidentemente sì!
Non aprii bocca.
«Vieni a fare un giro?», mi domandò.
Abbassai lo sguardo sulle stampelle per poi riporlo su di lui, di nuovo. «Come hai detto te: non le so usare», sputai acida.
Ridacchiò come se la mia frecciatina non l'avesse toccato minimamente.
«Ma dove ti porterò io ci arriverai senza problemi!»
Lo guardai un attimo, poi accettai e così ci incamminammo l'uno affianco all'altra.
Camminavo lenta ma sembrava avere pazienza della mia incapacità, così lo seguii non sentendomi a disagio.
Dopo un po' mi accorsi che ci stavamo dirigendo verso il bar, dove, dopo essere arrivati, ci sedemmo in un tavolo nella veramda all'aperto.
«Perchè mi hai portata qui?», gli chiesi ma venni interrotta dal cameriere.
«Cosa posso portarvi?», ci disse gentilmente tirando fuori dal grembiule un taccuino ed una penna.
«Nient-».
«Due thè freddi, grazie», venni interrotta dalla voce di Cam, che ordinò per entrambi.
«Porto subito il vostro ordine», ci sorrise un'ultima volta per poi sparire dietro ad una porta con retino.
«Io non volevo niente», precisai.
«Qui fanno il thè più buono degli Stati Uniti, devi assaggiarlo!»
«Okay...», risposi un po' titubante, e quando gli chiese di nuovo perchè mi avesse portata lì mi interruppe ancora.
«Cos'è questa storia che tua sorella ti ha ordinato di stare alla larga da Trav?», mi domandò mettendosi in bocca una sigaretta accendendola.
«Non sapevo fumassi», cambiai argomento.
«Non sapevo tua sorella si preoccupasse per te», dibattè prendendo un tiro dalla sua sigaretta.
Soffiò fuori dalla bocca il fumo, facendomi tossire.
«Anche gli altri fumano?»
«Sì. Non cambiare argomento, Evy», mi ammonì.
Sbuffai abbassando lo sguardo.
«Dimmi perchè», lo vidi spengere la sigaretta nel portacenere davanti a sè.
«Lo fa per il mio bene, è quello che mi ha detto», alzai le spalle confusa.
Perchè davo retta a mia sorella?! Ormai ero un'adulta.
Lo sentii sbuffare per poi ridere amaramente. «Il tuo bene...», borbottò. «Devi continuare a vedere Trav, Evy», si fece serio poi.
«Perchè me lo stai dicendo?», chiesi sospettosa. «È lui che ti manda?», alzai un sopracciglio indagando.
Lo vidi abbassare lo sguardo, ma non fece in tempo a rispondermi perchè arrivò il cameriere con due bicchieri colmi di thè e ghiaccio.
Lo ringraziai e poi se ne andò, lasciandoci soli.
«Allora? Non mi rispondi?», lo spronai, ancora non aveva toccato la sua bevanda.
«Io lo faccio perchè ti vedo felice con lui ed anche Travis è felice quando sta con te».
«Cosa vuoi intendere?», dissi in difficoltà sentendomi le guance scottare.
Ero sicuramente rossa come un peperone.
Scosse la testa mettendo le mani avanti. «Evy, rilassati! Vedo solo che insieme come amici, se ti rassicura quando dico così, voi due siete felici».
«Ma mia sorella non vuole che ci vediamo. Se ci scopre un'altra volta, di sicuro andrà su tutte le furie!», gli spiegai prendendo il primo sorso di quel thè.
Storsi la bocca: era disgustoso!
Aspro, amaro e più ne ha più ne metta!
Lo vidi ridere di sottecchi, finchè non scoppiò in una fragorosa risata.
«Fa schifo vero?!», rise tenendosi la pancia.
«Sì!», poi ragionai. «Aspetta... ma tu sapevi che era schifoso!», lo accusai trattenendo le risate.
Cominciò ad annuire ridendo ancora più forte.
Provai a prendere un altro sorso, ma non ce la feci ad andare oltre.
«Io non ce la faccio, Cam!», dissi disgustata.
Cominciavo ad avere mal di stomaco!
Ma cosa ci avevano messo dentro?!
«Dammi».
Gli porsi il mio bicchiere, poi lo allungò verso la ringhiera della veranda e verso il contenuto di sotto.
Sgranai gli occhi. «Ma sei pazzo?!»
Intanto lui continuava a ridere, per poi afferrare anche il suo bicchiere e versare anche il suo thè di sotto.
Non potei non ridere anch'io.
Quando arrivò il momento di pagare il barista ci chiese se ci fosse piaciuto, a stento non gli scoppiai a ridere in faccia. Sicuramente ci aveva visto dalla finestra versare il thè di sotto.
Mentre ci stavamo dirigendo verso i bungalow, Cam ritornò sul discorso di cui stavamo discutendo al bar.
«Ma come faccio a vederlo?!», sbottai dopo un po'.
Era da venti minuti che mi stava ripetendo di doverlo continuare a vedere e bla bla bla.
«Ma è molto semplice!», aprì le braccia felicissimo.
Gli dedicai totalmente la mia attenzione.
«Vi vedrete di nascosto!»
«Di nascosto?»
«Ma certo! Il villaggio è grande e la probabilità che vi scopra è bassa!», mi spiegò.
Ero titubante.
«Fidati di me, Evy», mi appoggiò una mano sulla sorridendomi per rassicurarmi.
Anch'io gli sorrisi ed annuii.
Finalmente eravamo arrivati, ci salutammo ed entrai.
Il pomeriggio passò lentamente visto che ero restata in camera per tutto il tempo. Finalmente ho potuto starmene un po' da sola.
Quando arrivò la sera, mia madre mi fece portare in camera la cena per non farmi stancare troppo poi Liz mi raggiunse e chiacchierammo un po.
Ero distesa sul letto con la tv accesa, mentre Liz si stava preparando per uscire con Angel.
Sarebbero andate a Seattle per un concerto.
Mentre si stava truccando in bagno mi stava dicendo di quanto fosse felice, finchè non sentii il suono del mio telefono che mi avvisava l'arrivo di un nuovo messaggio.
Lessi lo schermo: era di un numero sconosciuto.
Ore 10, al parco.
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