Capitolo 8 - Cina
Aeroporto Gatwick, Regno Unito.
Il taxi mi ha accompagnato di fretta all'aeroporto di Gatwick. Avevo prenotato il viaggio per Shanghai delle 5.30, in modo da arrivare in Cina per il primo pomeriggio. Ma quando mi sono avvicinata al cartello rosso e blu della British Airways, constato che il volo aveva due ore di ritardo.
Sono seduta nella sala d'aspetto dell'aeroporto, in attesa che aprano il banco per l'imbarco. Leggo un giornale, sfoglio riviste ma il tempo non passa. Il nome della mamma lampeggia sullo schermo del mio cellulare. Con un gran sorriso porto veloce il telefono all'orecchio, salutando ancor prima si sentire l'interlocutore: "Ciao mamma, sono in aeroporto, sto partendo per la Cina".
"Sydney, sono la nonna" afferma lei.
"Scusa nonna, credevo che fosse la mamma. Come stai?"
"A meraviglia, però ogni tanto ho dei dolori fastidiosi al ginocchio. La vecchiaia si sta prendendo possesso del mio corpo." Risponde senza esitare. "Piccola mia, perché stai andando in Cina?" mugugna.
Ridacchio tra me e me, perché conosco dove vuole arrivare. "Nonna, tranquilla non sto scappando. Sto andando a lavorare, la Formula uno questo week-end è a Shanghai". Lei è fatta così, si preoccupa per ogni cosa e per qualsiasi persona, in particolare se si parla della sua unica nipote. Quando le ho detto che sarei dovuta partire per Londra per lavoro, è successo il finimondo. Avrei voluto tanto restare in Italia accanto a lei, ma ho dovuto guardare il mio futuro. L'Italia non mi dava l'opportunità di crescere, e questo mi spezza il cuore ogni giorno. Era tempo di cambiare e, soprattutto, di crescere. L'Inghilterra mi avrebbe dato finalmente la possibilità di fare un salto di qualità.
Vorrei stare più vicina alle persone a cui voglio molto di bene, come la mia famiglia e i miei più cari amici. Ma soprattutto vorrei stare più vicino a mia nonna perché lei è come un'ancora. Come una specie di grande ala, la persona che mi ha badata, accudita, rallegrata nei momenti più bui ... lei c'era sempre. Come dice mia mamma, "è la mia ombra". Le voglio un mondo di bene, anzi le vorrò per sempre bene.
"Shangaci.. chi?" balbetta nel dirlo.
"Nonna si dice Shanghai, è una città della Cina. Sai dove si mangia il riso e ravioli al vapore" ridacchio.
"Sydney devi sapere che tua nonna a scuola non era brava in geografia. Tu sei l'intelligente di casa, non io". Scoppiamo insieme a ridere, di tutto cuore.
"Mi manchi tanto" pronuncio ricontrollando l'orario nell'orologio.
"Anche tu, piccola mia. Ricordati che se hai bisogno di me, puoi chiamarmi a qualsiasi ora e in qualsiasi posto del mondo. Io per te ci sarò sempre"
Sono le ultime parole che mia nonna pronuncia, prima che la comunicazione si interrompe bruscamente. Guardo il telefonino che lentamente, scende dall'orecchio verso le ginocchia unite.
Finalmente chiamano il mio volo. Prendo il mio bagaglio a mano e mi dirigo verso l'ingresso. Per me i voli lunghi sono sempre delle occasioni per rilassarmi e concedermi delle grandi dormite. Appena mi siedo nel mio posto accanto al finestrino, l'aereo si muove subito.
Prendo le cuffiette e accendo la musica. Tamburello con le dita sulle ginocchia a tempo di "Souvenir" di Selena Gomez. L'aereo accelera, mentre la musica copre il rumore dei motori. La giacca di pelle e la maglietta mi si sono sollevate, sento la stoffa del sedile contro la pelle nuda della schiena. Siamo immersi nelle nuvole e, quando queste si diradano, riesco a vedere la terra dall'alto, i suoi tanti piccoli paesini inglesi, l'eleganza delle campagne e la maestosità delle città. Vorrei tuffarmi e dimenticare tutto. Faccio un respiro lento e poi un altro e mi perdo tra le nuvole dell'Europa.
"Signorina! Scusi signorina" sento una voce femminile.
"Chi è? Che c'è?" esclamo svegliandomi.
"L'aereo è atterrato, deve scendere" dice la hostess della compagnia aerea. Sono crollata dal sonno e non mi sono accorta che siamo atterrati.
"Signorina, le è caduto questo!" esclama ancora la signora. Era il bigliettino con su scritto l'indirizzo dell'autodromo. Lo stavo perdendo ... maledizione ma, fortunatamente, la signora se n'é accorta.
Mi alzo e lo raccolgo, bloccando il passaggio per l'uscita. Scendendo mi è difficile sentire qualunque cosa sopra il sibilo dei motori. Il cielo grigio è pieno di nuvole, imponenti e dall'aspetto minaccioso. C'è un'aria abbastanza fresca, forse è dovuto all'enorme uragano che si è abbattuto questa settimana su questa misteriosa terra. Dopo qualche secondo di adattamento, esco fuori e mi guardo intorno nel parcheggio. Ad attirare l'attenzione è un agente della McLaren, vestito in giacca e cravatta vicino a un lampione della luce. Mi avvicino a quest'uomo con un cartello in mano, con su scritto Sydney Rossi.
"Salve signorina, mi ha chiamato Zak Brown e mi ha comunicato di passarla a prendere." Sul mio volto si forma un piccolo sorriso. L'uomo ha i capelli neri e il fisico statuario, potrebbe avere l'età di mio padre. Lo osservo meglio e solo dopo un po' noto una cicatrice sotto il mento, nascosto tra i fili della barba.
"Dove mi porta?" allunga la mano, offrendosi di portare la mia grossa valigia. È una persona molto silenziosa, non dice nulla al di fuori del suo copione. Si limita solo a darmi le indicazioni per condurmi davanti a un minivan, posto nel retro dell'aeroporto. Apre il bagagliaio e carica la valigia e solo quando chiude il portellone, apro la portiera.
Sobbalzo dallo spavento per l'improvvisa comparsa di Lando. E' seduto nel sedile centrale del minivan, con un cellulare in mano. Mi saluta con il suo tipico sorrisino sornione e malefico, pronto a prendermi in giro.
Mi giro a guardare l'agente con faccia alquanto sconvolta :"Eh lui da dove salta fuori?"esclamo.
-"Il signor Brown, mi ha detto di passare a prendere anche lui". Io resto basita dalla sua presenza e studio a lungo il suo aspetto, c'è qualcosa di diverso in lui. Indossa un cappello grigio scuro sulla testa che gli copre i capelli, tranne un piccolo boccolo che gli esce sulla fronte. Rimango ancora più scioccata nel vedere il livido posto nell'occhio e il labbro gonfio.
Mentre mi sistemo allacciandomi la cintura, l'autista mette in moto e parte in direzione "Indigo hotel".
"Lando cosa ti è successo? Sei ridotto malissimo" Le mie dita cercano di lambire la sua pelle ma lui si protrae in dietro, facendomi rimanere male.
"Mi sono portato a letto la ragazza sbagliata" ribatte con tono serioso. Osservo che c'è qualcosa che non va nella sua espressione, glielo vedo nello sguardo rammaricato e pieno di dolore. Mi sta nascondendo qualcosa.
"Vuoi che ti dica che ho preso a pugni il fidanzato? Perché è quello che ho fatto" mi dice con tono acido che mi sorprende. Getta il cappello sul sedie affianco con un improvviso gesto di rabbia.
Il livido è di un color scuro, quasi violaceo, e sembra che si sta estendo sempre di più. Ma nonostante ciò sembra non fargli male. Mi chiedo se Zak sappia delle condizioni in cui è. Nego alla mia domanda stupida, Conoscendo il suo caratteraccio, sicuramente non avrà detto niente a nessuno. Eppure il suo umore mi fa pensare che qualcosa stia andando per il verso sbagliato. Prendo un lungo sospiro, addolorata per quello che sto per domandargli: "Zak lo sa?" Scuote la testa, non fiatando.
"Comunque, Lando, fossi in te eviterei di andare a letto con persone che non conosci" inizio ma mi interrompo quando sento gli occhi fulminanti di Lando addosso.
"Cosa vuoi dire?" mi chiede, alzando un sopracciglio.
"Voglio solo dire che tante ragazze cercano solo attenzioni, ma alla fine dei conti non gli importi veramente" spiego velocemente, guardando il suo viso messo in risalto dall'occhio viola.
"Ma che cazzo dici?" ribatte alzando la voce, e per qualche secondo ho come l'impressione che da un momento all'altro me lo ritrovo addosso. "Credi che non lo sappia? Conosco come sono fatte le donne e per me va bene così. Quando incontrerò la donna giusta per me, forse metterò la testa apposto, ma per il momento penso a godermi la vita" ribatte pazientemente. Guardando l'orologio per quella che penso sia la decima volta da quando siamo in macchina.
È sempre il solito maschilista che crede di essere l'unico sulla faccia della terra. Per reprimere la voglia di rivolgergli altre mille domande, estraggo il telefono dalla borsa e inizio a navigare su internet. Ma poi dal profondo del mio cuore esce una frase concisa e sincera:"Se vuoi posso coprirti l'occhio con un po' di fondotinta ... almeno domani durante la conferenza stampa, i giornalisti non ti assaliranno di domande."
Come non detto ... il mio ingenuo aiuto, non viene neanche preso in considerazione da Lando. Quando la macchina si ferma, mi accorgo che l'autista ha parcheggiato di fronte al meraviglioso hotel di Shanghai. Soggiorneremo qui per l'intero week-end assieme al team della Ferrari. Scendiamo dalla macchina e ognuno di noi prende le rispettive valigie. Un lungo tappeto rosso attraversa la hall dell'hotel. Mi trovo dinnanzi a queste enorme porte d'ingresso a vetri lavorate. Avranno un valore inestimabile. Ad attenderci c'è il receptionist che ci consegna le chiavi delle nostre camere.
Trovo tutto questo molto bizzarro, troppo sfarzoso. L'obiettivo di tutto questo lusso, di questo sontuoso hotel, è forse quella di farti dimenticare che la vera meraviglia sta fuori di qui, al di là di quelle porte?
Lando cammina velocemente e faccio davvero fatica a stargli dietro. Per qualche istante ho quasi l'impressione che egli si sia completamente scordato della mia presenza. Tuttavia, mi viene dimostrato il contrario quando Lando, in un gesto affrettato, mi afferra la mano, aiutandomi a raggiungere e mantenere la sua velocità.
Questo contatto non mi risulta spiacevole, ha la mano calda e umidiccia. Non posso ignorare la sua espressione quasi disgustata impressa sul suo volto. È chiaro che preferirebbe mettere la mano su un motore bollente piuttosto che toccarmi. Mi sento più sollevata quando arriviamo davanti all'ascensore. Entriamo assieme a un uomo molto alto. Lando schiaccia il pulsante per il suo piano, mentre lo sento lamentarsi dal dolore per il taglio posto sul labbro.
" Va bene, Sydney ... Mi hai convinto, coprimi questo livido"borbotta piano per non farsi sentire dall'uomo.
Faccio scattare gli occhi verso di lui che non mi guarda. Guarda l'uomo. Lo guardo anche io, curiosa di sapere come andrà a finire. Assomiglia molto a un attore dei primi anni duemila, indossa un impeccabile completo nero. Un accenno di sorriso sfiora le labbra del signor perfettino.
"Tu sei il pilota Lando Moore, vero?"Sa che è lui, ma vuole averne la conferma. "Mio figlio è un tuo grandissimo fan. Puoi autografarmi questo per lui?" Allunga il giornale che tiene sotto il braccio. "La prego, poi lascio lei e la tua fidanzata in pace. Lo giuro!"
Lando scoppia in una piccola risata, poi protende il braccio e prende il giornale. È la sezione sportiva; noto una sua grande foto in prima pagina.
"Ha una penna?" chiede Lando al signore.
"No" in questo momento entrambi si girano a guardarmi come per chiedermi se avessi una penna. Ne tiro fuori una dalla tasca dello zaino e gliela passo.
Lando appoggia il giornale contro la parete dell'ascensore e scrive in fretta il suo nome sulla foto. Mentre si aprono le porte dell'ascensore restituisce il giornale all'uomo, tenendosi la mia penna. Poco dopo le porte si richiudono, per consentire di far salire l'ascensore ancora di due pieni. Lando accanto a me, si rifugia nuovamente nel suo assoluto silenzio autoimposto guardando un punto indefinito davanti a sé.
"Che ingenuo quell'uomo, ha pensato che tu fossi la mia ragazza" il suo sguardo diventa immediatamente furbo. Sto al gioco, sbatto gli occhi accennando sulle mie labbra un sorriso falso, mentre mi sposto i capelli dietro le orecchie.
"Che ingenuo! Ma neanche se fossi un attore strapagato di Hollywood, ti sceglierei come fidanzato con il brutto caratteraccio che hai."
Apre la sua stanza d'albergo con la carta magnetica. Resto immobile sull'uscio della porta per qualche istante. Il traffico notturno borbottava dall'altra parte della finestra. Quando accende la luce, la stanza brilla d'oro. Un oro rosso, prezioso quanto quella stanza, quanto l'albergo, il quartiere, a volte quanto l'intera città.
Sulla sinistra c'è un armadio e una porta che conduce al bagno. Di fronte a me, sotto la grande parete c'è un enorme letto matrimoniale con una decina di cuscini posti alla testa del letto. I due comodini ai lati del letto sono di un legno pregiato e intagliato da qualche piccolo artigiano. Sulla parete opposta a quella del letto c'è un televisore enorme incassato nel muro.
Mi dirigo verso la grossa vetrata per prendere una boccata d'aria, stare da sola con Lando mi ha reso molto nervosa. Il panorama è magnifico, si vede tutta la città in piccolissime porzioni.
Nel frattempo Lando posa le sue valige vicino al bagno e si appoggia su un lato del letto. Vado a cercare la borsa dei trucchi e prendo una spugnetta e del fondotinta. Mi avvicino a lui molto titubante, non mi ha mai prestato attenzione quando era in sé figuriamoci quando ha un occhio viola e labbra gonfie. I suoi occhi si posano immediatamente su di me, squadrandomi all'alto in basso. Alza il mento verso l'alto e chiude entrambi gli occhi.
Con le mie mani delicate appoggio la spugnetta nella sua palpebra. E sento un altro piccolo lamento di dolore.
"Siediti sulle mie ginocchia. Starai più comoda" continuo a picchiettare l'arcata del sopraciglio. Non era mai stato tanto gentile con me, questa è la prima volta da quando ci siamo conosciuti.
"Sei sicuro?" chiedo titubante, lui sorride con quell'aria impertinente a cui oramai sono abituata.
"Certo" mi siedo portando il mio viso vicino al suo. Sento il suo respiro sul mio viso, i suoi occhi sono su di me, prepotenti, invasivi, bellicosi. I miei occhi, invece fissano le sue fossette ai bordi delle labbra gonfie. Ma poco dopo cerco di distogliere lo sguardo. Sento un forte blocco allo stomaco, non può essere. Mi ero promessa di stare alla larga da quelli come lui e invece adesso mi trovo sulle sue ginocchia, come è possibile?!
"Lando dimmi la verità, che ti è successo veramente?" chiedo con una voce dolce ma inflessibile, come un fiore d'acciaio.
"Te l'ho già detto, sono andato a letto con una ragazza sconosciuta e il fidanzato ci ha scoperto" il suo respiro è tornato di nuovo ad essere rapido e affannoso. Sta mentendo.
"Il tuo cuore mi sta dicendo il contrario" provoco con un sorriso furbo sulle labbra. Avverto la tensione salire come le fiamme di un incendio. Come una falena attratta dalla fiamma, mi avvicino sempre di più a lui.
"E tu cosa ne sai del mio cuore" risponde. Guardo in direzione dei suoi pettorali che si abbassano e alzano lentamente. Distolgo lo sguardo, altrimenti potrebbe scambiare il fatto che io lo stia osservando per piacere e non per pura casualità.
"Vuoi toccarlo?" ammicca con un sorriso malizioso.
"Ti piacerebbe" punto il dito contro di lui. Di getto mi prende la mano e me l'appoggia nel suo petto. Sento il suo battito accelerare, sì, sta decisamente mentendo. Avverto una strana tensione in lui. Chiudo la bocca così di scatto che riesco a sentire i denti sbattere tra loro. Riesco a sentire le mie pupille dilatarsi quando ho la mano sul suo pettorale scolpito.
Ho un nodo alla gola, ho paura di perdere il controllo delle mie emozioni. Mi afferra il mento tra pollice e indice, girandomi il viso con uno scatto delicato. Chiudo gli occhi per non essere provocata dai suoi bellissimi occhi a mandorla.
"Melbourne, devi farmi vincere. Ti prego" ringhia. Apro delicatamente gli occhi e fisso i suoi occhi blu scuro, a lungo, intensamente. Nei suoi occhi c'è una scintilla di calore che mi mette a disagio.
"Posso farlo, ma tu devi promettermi che ti comporterai bene, con me d'ora in poi" le sue dita scivolano giù dal mio mento, fino ad arrivare sui miei fianchi. Lo fermo bruscamente con la mano destra e mi alzo di scatto.
"Che cosa fai Lando? Non vorrai ..."
"Si" esclama. Mi alzo subito dalle sue ginocchia e lo fisso furiosa.
"Ricorda che non sono una delle tue galline che fanno l'uovo sul tuo letto. Lando, io sono il tuo ingegnere" è completamente impazzito. Mi sbrigo a ritirare tutte le mie cose e prendo le valigie, con estrema velocità. Scuoto la testa e afferro la maniglia, pronta a scappare da lui.
"Chiudi bene la porta quando esci" dice alle mie spalle. Mi volto per vederlo un'ultima volta, sorride maliziosamente passandosi una mano nei capelli. Odio il suo modo di guardarmi e di parlarmi con quell'aria da saputello.
"Vorrei non averti mai conosciuto" affermo sbattendo violentemente la porta. Ho sbagliato un'altra volta, non dovevo aiutarlo. Lui si sta approfittando delle mie debolezze, mi vuole solo usare. Arrivata in camera con l'affanno, mi sfilo la maglietta e i pantaloni, e indosso i calzettoni e il pigiama. Poi mi infilo sotto le coperte e mi riaddormento, mandando al diavolo Lando.
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