Capitolo 41

Londra, Regno Unito

Pov's Lando

Il cuore mi batte all'impazzata, e questo ritmo folle aumenta ulteriormente quando mi trovo davanti a lui. Il mio primo impulso è quello di mettergli le mani al collo, giuro che se ha fatto del male a mia madre lo disintegro con le mie mani, anche se questo vuol dire passare il resto della mia vita in carcere.

"Ciao Lando" mi saluta il padre di Massimus con aria seria. Non rispondo, mi limito solo a osservarlo. Come faceva a sapere che mi trovavo qui? Deve avermi seguito. Lui incrocia le mani e indietreggia la testa: "Ho due cose da discutere con te."

"Se si tratta di mio padre, vedetevela con lui. Io non centro niente" affermo, con i brividi dietro al collo. Che cosa faccio ancora qui a discutere con lui, quando mia madre è in pericolo? "Se adesso permettete devo correre da mia madre"

Alejandro batte le palpebre e rivolge uno sguardo ai suoi uomini. "Stai tranquillo abbiamo rapito noi tua madre." Le parole gli escono dalla bocca e mi ci vogliono venti secondi interi per percepire la notizia, è quando lo fa mi colpisce come una tonnellata di mattoni. Istintivamente mi viene da tirare un pugno dritto allo stomaco, ma lui mi blocca subito, facendomi cadere a terra. Aspetto che parli, ma dopo qualche attimo di silenzio, decido di domandargli: "Come avete osato?"

"Fossi in te starei calmo e ascolterei cosa ho da dirti" sento il terriccio sotto le mie mani, dei piccoli taglietti bruciano, ma ancora di più mi brucia sapere che mia madre è stata rapita per conto di questo imbecille. Inspira esasperato. "Tuo padre è scomparso dalla circolazione e mi deve ancora  molti soldi. Così ho deciso di rapire tua madre per avere la tua attenzione." Si ferma per pochi secondi, incominciando a camminare con le mani dietro la schiena. "Voglio i soldi che mi deve tuo padre" inizia. " e che Massimus vinca il campionato".

Mi rialzo in piedi, e sbuffo una risata. "Questo mai." Sono io contro tre uomini, non potrò mai farcela, ma non posso mollare adesso però. Non posso mica scappare come un coniglio, il pericolo si affronta a viso aperto.

Tiro un pugno al colosso che ho di fronte. Inutile, completamente inutile. I miei movimenti sono rallentati dalla paura, e il mio pugno va a vuoto. Mi arriva un colpo dritto allo stomaco da parte di Alejandro. Crollo di nuovo a terra, ma questa volta con più violenza.

Sento il sapore del sangue in bocca. Il dolore arriva piano. Passa qualche secondo, l'addome mi brucia tantissimo. I miei occhi vedono solo una sagoma annebbiata e una luce soffusa. Resto a terra, immobile con un dolore immenso.

"Non è una richiesta, Lando James Moore" vengo accolto da un altro colpo, stavolta dritto nella schiena. Un calcio. Forte da togliermi il fiato. Il sangue torna a farmi visita in bocca e ne sputo un po': "Che vuol dire che non è una richiesta?"

"Hai capito bene. Se scopro che stai giocando sporco con me, non esiterò a uccidere tutti quelli a cui vuoi bene, compreso il tuo ingegnere" passa qualche minuto e quando sento il dolore attenuarsi, mi alzo premendo con la mano sul punto dove mi ha dato il calcio.

"Non oserete ... Non .. non oserete" mormoro. Lo guardo cupo. Non me la cavo bene quando mi minacciano, è un piccolo problema di cui si accorgerà molto, molto presto se continuerà a pensare a Sydney.

"Non oserei cosa?" Alejandro all'inizio sembra confuso, poi all'improvviso capisce e scoppia a ridere. "Gli anni passano, ma tu rimani sempre il bambino ingenuo che eri. Mi chiedo come mio figlio ti abbia considerato come miglior amico."

"Io e tuo figlio non siamo più amici, è la colpa è solo tua. Se non fosse stato per te, mio padre sarebbe ancora il padre dolce e affettuoso di una volta e magari io e Massimus saremmo ancora migliori amici." A queste parole, Alejandro scuote vigorosamente la testa il capo.

"Stavo solo cercando di aiutare tuo padre. Mi dispiace per come sono andate le cose, ma i patti con Archie erano stati chiari" precisa con la sua aria da saputello proprio come ha insegnato a suo figlio.

"No, non è vero. Con la tua mafia di merda lo hai rovinato!" tento di tenere la voce bassa ma il risultato è pessimo. Lui dilata le narici e per un brevissimo istante ho paura che mi tiri un altro pugno.

"Assomigli proprio a tuo padre." Ribatte sottolineando l'ultima parola. Adesso ho tutto il corpo pieno di tagli immaginari. A ogni parola e ad ogni mio comportamento mi sembro sempre di più mio padre. Il labbro mi trema e deglutisco cercando di non distrarmi da quello che dice per farmi del male.

"O trovi tuo padre o a Monza voglio i soldi."

Lui accorcia le distanze afferrandomi per il collo. "Ti avverto non ti mettere contro di me. Già tuo padre ha cercato di fregarmi, quindi non cercare di fare la stessa cosa." La sua voce non lascia spazio a discussioni.

"Altrimenti la ragazza sarà la nostra prossima vittima. Hai capito?" Non respiro più, sento il sangue in bocca e l'aria nei miei polmoni è terminato, ma appena libera la presa, faccio un bel respiro guardandoli allontanare.

Imbocco la prima strada sterrata, prendendo velocità. Sto correndo come un pazzo, neanche mentre sono in pista corro così veloce. Le mie mani si aggrappano al volante, fino a farmi sbiancare le nocche. Quando le parole di Alejandro mi si ripetono interrottamente nella testa, accelero ulteriormente. In meno di un minuto, la lancetta del tachimetro passa cento ai centotrenta chilometri orari. Nuvoloni di polvere si alzano tutt'intorno a me. Sono stato miliardi di volte su questa strada, in macchina con mio padre. Non c'è quasi mai la polizia. È sempre deserta e proseguo dritto per diversi chilometri.

Premo ulteriormente sull'acceleratore e il tachimetro schizza a centocinquanta. Quando prendo una buca, l'auto sobbalza. Il mio stomaco fa una giravolta e faccio un testa coda. Con i tanti anni nel motor sport ho imparato molte cose sull'imprevedibilità delle cose. Assecondo la sterzata e nel giro di pochi istanti ho di nuovo l'auto sotto controllo. Prendo il telefono con una mano e compongo il numero di Sydney.

Non mi risponde e incomincio seriamente a preoccuparmi. Temo che possano averle fatto del male, proprio come è successo a mia madre. Decido che devo andare a casa di Sydney, per poterla portare al sicuro.

Faccio una deviazione e il mio piede si fa più pesante, e prendo un'altra buca. La mia reazione non è causata dalla preoccupazione per la condizione dell'auto. La mia è puro terrore. Ho il terrore di perdere le mie uniche due persone a cui voglio realmente bene: mia madre, colei che mi ha sempre supportato e donato la vita e Sydney. La ragazza per la quale ho perso completamente la testa.

Quando in lontananza riesco a vedere il condomino di Sydney rallento. Scendo di fretta, lasciando la macchina aperta e penso a quanto sono stato coglione a non proteggere mia madre.

Sono quasi vicino all'entrata quando un grido squarcia il silenzio del condominio.

Sydney!

Ho un tuffo al cuore, sono venuti a prendersela. Corro verso il portone di casa sua. Quando arrivo, la porta d'ingresso è semiaperta e lei è in piedi dentro che guarda qualcosa sul gradino. Cos'è? Non riesco a vedere. È troppo buio. Si è fatta male? Che devo fare?

Sydney è illuminata da una luce quasi divina all'interno della casa. Mi guarda con occhi contornate da occhiaie e una linea retta sulle labbra. "Lando ... che cosa hai fatto?" avanzo di un passo per andarla ad abbracciare, ma Sydney indietreggia e chiude leggermente la porta. Cosa sta succedendo?

"Lando è tutta colpa tua! Ti odio per tutto quello che mi hai fatto" urla. Ha gli occhi pieni di lacrime, che cominciano a scenderle sugli zigomi e sulle guance.

"Ti chiedo scusa, ma adesso devi fidarti di me, dobbiamo scappare insieme da questo posto che ci sta facendo solo del male" dico con il fiatone in gola.

"No Lando, non posso. Guarda cosa mi hai fatto" dice indicando un punto sul pavimento con mano tremante.

Seguo la direzione della mano e quello che scopro è una scena orribile. Mi avvicino e mi copro la bocca, trattenendo un conato di vomito.
Come è possibile tutto questo? Batto un paio di volte le palpebre per capire se sto sognando. Stringo ancora di più la mano nella bocca per bloccare l'urlo di rabbia carica di dolore.

La scena che si presenta sembra tolta da un film dell'orrore. Il corpo è immerso in una pozza di sangue ancora lucido e di un color rosso vivo. Sulla parete si vedono gli schizzi del colpo di una pistola.

Gli occhi verdi di Sydney sono aperti e la bocca è socchiusa. I polsi e le caviglie immobilizzati con cavi elettrici. Vederla in questo stato mi scende una lacrima amara.

Come può essere? Tutto questo è surreale!

I suoi capelli mossi bagnati dal sangue, il suo volto sfregiato da quella che è stata sicuramente una lotta. La mia Sydney è morta ed è tutta colpa mia.

Dalla rabbia grido e cado a terra con le ginocchia sporcandomi i pantaloni. Prendo con delicatezza la testa e continuo a gridare con tutto il fiato che ho in gola. Mentre il mio pollice non fa altro che toccarle le guance, le lacrime continuano a fuoriuscire dagli occhi. Sto tremando come una foglia, sudando freddo e gridando dalla disperazione e dal dolore che sto provando dentro.

Continuo a tremare e scoppio a piangere rumorosamente, non riuscendo a consolarmi del fatto che non sono riuscita a salvarla.

"Lando, guardala!" sono intorpidito e non riesco ad aprire gli occhi o meglio non voglio guardarla.
"Cazzo Lando guardala! Guarda cosa hai combinato con la tua voglia di salvare tutti. Io ti amavo alla follia e tu hai deciso di rovinare tutto come al tuo solito." Mi dice il fantasma di Sydney posta dietro di me.

"Anche io ti amavo! Non volevo che succedesse tutto questo."

"Lando perché non mi hai mai detto nulla? Ti potevo aiutare, sapevi che io e te eravamo una cosa sola. Io il tuo ingegnere e tu il mio pilota." Prima di continuare aspetta qualche secondo. "Tua madre ed io eravamo le uniche donne che potevano aiutarti. Ora dovrai vincere il mondiale completamente da solo e accettare che affianco a te non avrai più nessuno."

Faccio un profondo respiro e cerco di calmarmi quando sento una porta sbattere. Apro gli occhi e il corpo di Sydney è svanito. Sbarro gli occhi non capendo dove sono. Paralizzato mi giro intorno e noto di essere nella camera del simulatore a casa mia.

Seduto per terra con le lacrime sul volto. Sono così terrorizzato da non riuscire a smettere di gridare e piangere; avverto il sudore freddo della brutta immaginazione che ho avuto.

Giro la testa fissando il cellulare accanto a me, lo prendo e decido di tentare un ultimo tentativo nel chiamare Sydney.

Devo farlo! Devo salvarla da mio incubo.

Ed eccomi qui. Non resistivo più nel pubblicare questo strano e bizzarro capitolo.
Qui notiamo un Lando sicuramente in difficoltà. Il vero problema adesso sarà rintracciare Sydney e raccontarle tutto. Secondo voi come la prenderà?

Vi ringrazio per le 13K di letture e per i tantissimi voti che sto ricevendo in questi giorni. Siete fantastici!

Un abbraccio virtuale
Smartys

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