Capitolo 38

Londra, Inghilterra

"Ho finito" asserisco da sola in cucina, mentre estraggo la teglia di muffins dal forno. La poso sul piano di lavoro e poi mi tolgo dalle mani i guanti imbottiti. Il profumo è invitante e per una volta credo di essere stata molto brava, visto che mi sono alzata presto per lavorare con vigore l'impasto.

Sento due o tre colpi provenire dalla porta d'entrata e aggrotto la fronte, posando il pacco di farina sulla mensola della cucina e, pulendomi le mani sul grembiule. Prima di aprire mi guardo allo specchio e cerco di sistemarmi una ciocca di capelli che sembra proprio aver deciso di rovinare l'intera conciatura.

"Arrivo" urlo precipitandomi a girare la chiave appesa alla serratura. Apro la porta, girando le due serrature e poi i miei occhi verdi si spalancano. Rivolgo il mio sguardo un po' confuso verso la signora anziana che abita al piano di sopra. Ha i capelli arruffati tenuti da una grossa pinza sulla testa e indossa una camicia da notte a fiori colorati. Tiene in mano un vassoio di biscotti secchi in mano.

"Buongiorno signora!" affermo, mentre il suo sorriso diventa sempre più luminoso.

"Oh scusami cara se ti ho disturbata. Ho preparato dei biscotti al cioccolato, ma devo aver calcolato male le quantità e adesso mi ritrovo la casa sommersa di biscotti." Si ferma per due secondi per prendere fiato. "Credo di aver interrotto qualcosa, non è vero?" continua a guardare il mio grembiule sporco con i suoi occhi scuri, contornati da rughe e occhiaie.

"Non si preoccupi, ho solo appena sfornato dei muffins, li vuole?"

"No grazie cara. Quante volte di devo dire di darmi del tu?"

"Scusa ma è più forte di me, vuoi accomodarti dentro?" domando aprendo di più il portone.

"Cara tranquilla, non ti disturbare, fra poco mi viene a prendere mio nipote. Oggi vado a trovare mio marito al cimitero, ma appena torno mi piacerebbe tanto chiacchierare con te." ribatte porgendomi il vassoio.

"Nessun problema. Tanto oggi sarò tutto il giorno a casa" proferisco in tono flessibile, porgendogli un ultimo sorriso prima di chiudere la porta.

Quando chiudo la porta, mi accorgo che il profumo dei muffins appena sfornati hanno invaso letteralmente la cucina, quella piccola quantità di arancia che ho messo mi pizzica il naso. Innervosita dai miei stessi capelli che continuano a fare quello che vogliono, sciolgo l'intera conciatura, lasciando ricadere le mie lunghe ciocche bionde sulle spalle, e mostrando il mio mosso naturale che tanto odio, motivo per cui lego sempre i capelli.

Mi siedo e controllo ancora una volta il display del telefono, faccio zapping tra i canali in cerca di qualche volo in offerta per l'Italia. In qualche angolino remoto della mia testa, so che ritornare in Italia è sbagliato. Ho passato troppo tempo a Londra, è andare via da questa terra mi farà del male. Ma nonostante io sia consapevole di tutto ciò, continuo a tormentare me stessa con numeri di voli e offerte imperdibili.

La mia mente passa l'intera mattinata a cercare una semplice bugia da poter spiegare ai miei genitori sul perché io abbia lasciato la McLaren, ma non trovo soluzione. Dopo aver condiviso tutto con la nonna al telefono, l'altro giorno, dovrei sentirmi più leggera e meno in procinto di avere un attacco di panico. Ma non è affatto così. E anzi, alle mie preoccupazioni per il mio futuro si aggiunge l'amarezza del non aver partecipato al gran premio del Belgio. Domenica pomeriggio ho avuto il coraggio di accendere la televisione e guardare la corsa, ma penso di aver assistito ad una delle corse più brutte della mia vita.

Mentre guardavo non riconoscevo più la mia squadra. I meccanici non erano uniti, persi senza quella voglia di vincere, che solo la mia squadra aveva. La strategia, il pit stop sono stati sbagliati e Lando ha perso la fiducia in se stesso, dopo il sorpasso di Massimus. Insomma un vero disastro.

Molti giornalisti, prima della corsa hanno chiesto a Lando perché ci fosse scritto Melbourne  sul suo casco. Lui è stato così carino di non dire la verità a tutto il mondo, e di questo gliene sono grata. La stampa e i fan di Lando hanno creato teorie assurde sullo strano nome, ma la verità e che solo io conosco il vero significato.

Rimasi scossa quando vidi Zak prende per i capelli il nuovo ingegnere di Lando. Aveva la faccia tutta rossa, faceva quasi paura. Era una scena orribile, lui che è sempre stata una persona calma e tranquilla in pista. Mi sono dovuta coprirmi la bocca con una mano, per assicurarmi che non sarebbe uscito nessun rumore.

Non so davvero per quale motivo, ma telefono ad Anna. Forse perché voglio informarla di aver lasciato il lavoro dei miei sogni o forse voglio solo farle sapere che tra me e Lando è finita.
Per l'ennesima volta trovo la segreteria, il che non dovrebbe sorprendermi visto che è sempre impegnata con il suo nuovo lavoro.

Metto il telefono in vivavoce e lo lascio nel tavolo accanto a me, così ho le mani libere per togliere il tappo alla bottiglia di vino mentre le lascio un messaggio. "Ciao Anna, sono Sydney. Come stai?" bevo un sorso e faccio del mio meglio per gustare il sapore di quel liquido che spero solo mi stordisca a dovere una volta raggiunto il fondo della bottiglia. "Sono un po' di giorni che non ci sentiamo e mi manchi sempre di più." Sospiro profondamente "Sai stavo pensando di rientrare in Italia, ma questa volta intendo restarci per sempre." Sorrido, ma è un sorriso forzato e triste. "Ho lasciato la McLaren" rido e bevo un altro sorso. "Strano vero? Io che decido di cambiare la mia vita di punto in bianco, dopo anni di sacrifici" sospiro e mi massaggio la fronte. "E tutto questo per colpa di un pilota inglese del cazzo" mi porto la bottiglia alle labbra e butto giù d'un fiato l'equivalente di un bicchiere, poi boccheggio e mi ripulisco la bocca.

"Ma non ti preoccupare per me, sto bene e sono felice" un pezzo dopo l'altro le mie speranza svaniscono. La mia felicità va in frantumi. "Anna ho paura" sospiro portandomi una mano alla testa. "Ho paura di aver deluso i miei genitori e tutti quelli a cui voglio bene. Mi sono innamorata senza pensare alle conseguenze che avrebbe comportato Lando nella mia vita." Chiudo gli occhi divorata dalla malinconia. Finisco la bottiglia di vino e la lascio sul lavandino in disparte, cominciando a sentire la meravigliosa sensazione dell'alcool che mi annebbia la mente. "Sai il mio capo mi ha chiesto se ero innamorata di Lando. E sai una cosa? È così. Altrimenti come potrei spiegare tutta questa follia?"

Sento di nuovo qualcuno bussare alla porta d'ingresso, e poi mi ricordo che deve essere la mia vicina di casa. Raccolgo il telefono dal tavolo e tolgo il vivavoce, accostandolo all'orecchio. " Lui è così sbagliato per me. Lui è un pilota, stronzo e per giunta orgoglioso." Cammino barcollando, sbattendo le palpebre per far sparire le stelline che mi impedisco di vedere con chiarezza. "Figurati se mai si presentasse davanti alla mia porta per chiedermi scusa." Arrivo alla porta e afferro la maniglia. Quando apro la porta, non ricordo più cosa voglio dire "... e invece mi sbagliavo. Lui è qui." Mormoro, abbassando il telefono lungo il fianco.

Per un momento spero che sia solo una immaginazione, ma quando vedo gli occhi blu di Lando sulla mia immagine con il cellulare in mano, sento un dolore sordo in un piccolo angolino del cuore.

È strano e straziante allo stesso tempo vederlo qui, proprio davanti a me. Mi fissa costantemente, il suo viso è spento con addosso una camicia nera, leggermente aperta all'altezza del petto e dei pantaloni con dei strappi sulle ginocchia. I capelli leggermente mossi gli cadono sulla fronte dandogli un'aria ribelle.

"Vattene subito" dico alzando la voce di due tonalità. Non dice niente, ma mette una mano sul mio portone per impedirmelo di chiudere. Entra con la forza, facendomi sbattere contro il muro dell'ingresso, mantenendo il suo sguardo su di me.

"Voglio solo parlare" afferma, dopo tutto questo silenzio. Si dirige in cucina sedendosi davanti ai muffins che ho preparato prima.

"Sydney, hai visto la corsa ieri?" domanda. Il mio sguardo che fino a quel momento è perso nel vuoto, si posiziona sul suo bel viso. "Vuoi rispondermi, per favore?!" mi supplica, mentre cerco di capire cosa fare.

"Mi piombi in casa come se non fosse successo nulla e poi io dovrei parlarti?" gli ricordo, cercando di tenere a bada il nervosismo che divampa dentro di me. I miei sbalzi d'umore che ho in questi giorni stanno incominciando a stancarmi. Il ronzio della lavatrice mi da tremendamente fastidio e la sua presenza mi porta il sangue al cervello. "Lando sai quanto sono stata male per te? No, non puoi neanche immaginarlo perché tu sai come usare le persone. Ti fai amare e un attimo dopo sei il traditore numero uno. Pretendi di essere al centro del mondo"

"Esattamente! Sono così come mi hai descritto" concorda, facendo affiorare un lieve sorriso che subito dopo sparisce. "Sydney senza di te, il gran premio del Belgio è stato un disastro. Ti prego ritorna" asserisce semplicemente, guardando il mio corpo crescere di emozioni.

"Non mi interessa più niente della McLaren e di te. Adesso vai a vincere il mondiale da solo. Ma ancora prima di questo, vattene immediatamente da casa mia". Faccio una pausa per riprendermi dal dolore che proviene dal ventre, ricordandomi che io ancora gli nascondo un segreto più grande di lui. "Lando, tu eri l'aria che mi entrava nei polmoni, eri il sangue che circolava nelle vene. Ora sei solo un ammasso di cenere. Nella mia vita non esisti più, questo perché non hai voluto affrontare la questione insieme come una vera coppia." Finisco sospirando, mi devo sedere. Non riesco più a stare in piedi dal dolore.

Susseguono dei minuti di silenzio, dove vedo che lui si guarda in giro spaesato."Scusa per quello che ti ho detto e quello che ti ho nascosto" dice con voce rotta.

"Non le voglio le tue inutili scuse" urlo facendomi anche sentire dai vicini. Il cuore sta sprofondando piuttosto velocemente in un oceano di paura. "Nascosto ... non mi hai nascosto niente" asserisco con faccia stranita.

"Sydney io ti amo davvero. Devi credermi. Andarmene senza portarti con me sarebbe come partire alla ricerca di me stesso senza portare con me tutti i pezzi del mio essere" mi sale il sangue al cervello, mi copro le orecchie con le mani per non sentirlo.

"Tu non sei capace di amare, sai solo schiacciare il pedale dell'acceleratore e a portarti a letto tutte le donne che desideri. Lo hai detto anche tu che non mi hai mai amato, quando eri con me hai solo pensato a te e al tuo fottuto mondiale" continuo, non c'è la faccio a trattenermi tutto dentro.

Batte un pugno sul tavolo facendomi saltare dallo spavento.

"Pensi realmente questo? Tu davvero pensi che volessi soltanto divertirmi e nient'altro? Quello che ho davanti a Zak, l'ho detto per proteggerti! Sono riuscito a convincere Zak a non farti strappare il contratto ... ma poi ci sei riuscita tu. Sydney, ti posso giurare che ogni notte e giorno che ho passato con te, sono state le uniche cose vere che ho avuto da tempo e non lo sapevo. Ti chiedo scusa se ti ho fatto del male, ma dobbiamo tutelarci. Ti prego torna, fra tre settimane siamo in Italia, a casa tua. Non puoi farmi questo, mi hai sempre ricordato che non mi avresti mai lasciato da solo battere Massimus"

Non ha senso litigare con lui quando si comporta in modo così ostinato e infantile. Mi appoggia una mano sulla spalla. Sento il suo sguardo infuocarmi la pelle. Non mi sarei mai immaginata così la mia vita.

"Se mi amavi veramente venivi in ospedale, e tu non l'hai fatto mi hai abbandonato come un cane." gli punto il dito contro, toccandogli il petto. Apre la bocca come un pesce in cerca di ossigeno.

"Io sono venuto! Anche quando Zak me lo ha vietato" ringhia fra i denti. Cosa? E quando?

"Perché non me l'hai detto?" chiedo fissando il suo neo vicino alle labbra.

"Sydney non mi hai dato modo. Tu e il tuo stupido orgoglio mi avete evitato per tutto questo tempo."Posseduta da una rabbia violenta e con un impeto distruttivo caccio uno strillo.

"Lando ho perso tuo figlio!"urlo con tutto l'ossigeno che ho nei polmoni. Lando aggrotta la fronte e sgrana gli occhi. La stanza si riempie di un immenso silenzio, un silenzio assordante, un silenzio che mi fa male al cuore. Ci fissiamo l'uno l'altro come due tori al combattimento.

"Cosa ... cosa hai detto? Stai scherzando spero" lo vedo tracciare cerchi immaginari sul tessuto del jeans. Non è un buon segno.

La situazione si sta facendo pesante. Il vino di prima, non mi sta facendo bene, mi sento le gambe come una gelatina. Scuoto la testa con decisione senza dire una parola. Lando alza le mani guardando in alto disperato. Si prende un attimo per calmarsi e poi mi chiede:"Quando è successo?" quella domanda mi sembra uno scoppio di un proiettile nel mio cuore.

"Sicuramente è successo quando eravamo a Monaco" sento che la tristezza lo sta abbandonando, le sue spalle si incurvano sotto il peso della confessione.

"E perché non me l'hai detto?" domanda Lando.

Non rispondo, non so cosa dire in realtà. Chiudo gli occhi e il mio corpo incomincia a tremare. Avevo tanto temuto questo momento. Prima o poi, glielo dovevo dire, d'altronde era suo figlio.

Era nostro figlio. Lando sospira rumorosamente, seccato dalla mia scarsa collaborazione.

"Sydney ... non puoi avermi nascosto questo segreto. Usa il cervello!"

"Io dovrei usare il cervello? " scoppio in una risata sforzata alzandomi dalla sedia. "Vogliamo parlare di come sono sentita in ospedale quando me lo hanno detto. Ero da sola contro questo mondo di merda." sussurro con la gola contratta. "Lando per favore cerca anche di capire ... " le sue narici fremono.

"No Sydney, non cerco di capire nulla. Sei la prima vera donna di cui mi sono innamorato e non accetto che mi hai nascosto questo" I suoi occhi oceano mi implorano di restare. So che gli sto molto a cuore e la sua rabbia per me è la conferma.

Qualcosa nel mio cervello deve aver smesso di funzionare nel modo giusto. Forse c'è una sorta di cortocircuito in atto, perché per qualche secondo, valuto l'idea di prendere la sua mano e intrecciarla con la mia, per darci supporto a vicenda. Fortunatamente però, uno dei pochi neuroni sopravvissuti, mi ferma dal rischiare di trasmettergli un messaggio sbagliato. Improvvisamente Lando indietreggia lentamente, allontanarsi dal mio corpo come se lo rifiutasse.

"Sydney mi dispiace ho bisogno di tempo. Forse è meglio non vederci per un po'di tempo..."e se ne va lasciandomi dove mi aveva trovato.

"Ti odio. Ti odio con tutta me stessa" urlo io rassegnata, mentre Lando si allontana.

"Anche io!" risponde Lando prima di scendere dalle scale.

"Scappa Lando, perché è l'unica cosa che sai fare" sento i suoi passi rimbombare nel piccolo corridoio.

Lo seguo correndo, asciugandomi gli occhi dalle lacrime. La McLaren arancione era ancora parcheggiata davanti a casa mia. Lando sta parlando al cellulare, sale in macchina senza neanche guardarmi in faccia. Accende il motore e sgommando mi sfreccia accanto.

Rientro a casa, chiudendo violentemente la porta che provoca un rumore fastidioso. Sapevo che mi avrebbe ferita ancora, e ancora e poi ancora. Ma non potevo ancora nasconderglielo, era anche suo figlio. Il mio stupido e fottuto cuore si ostina a dargli altre possibilità che non meriterebbe. Mi innervosisce e fa male. Cavolo! Perché non voglio capire che Lando non cambierà mai, spero sempre che la volta successiva sia sempre migliore, ma in realtà non è così.

La maglietta che indosso testimonia la mia sofferenza: ogni lacrima si deposita sulla parte alta di essa. Vorrei urlare, ma non servirebbe a niente. Vorrei spaccare ogni cosa che si trova davanti a me, ma rovinerei solo degli oggetti a me cari.

Perché? Ho provato in tutti i modi a cercare una soluzione, a parlare con lui, senza ottenere nulla. Non lo perdonerò mai per la sofferenza che mi ha inflitto, non lo perdonerò per avermi abbandonata per tutte quelle volte che ero in difficoltà. Mi dimeno come una pazza, piangendo per tutta la casa. Dalla rabbia prendo il telefono ed elimino tutte le nostre foto.

Mi aveva giurato che avremmo affrontato qualsiasi problema insieme e ora che era il momento ha deciso allontanarsi da me.

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