Capitolo 36

Londra, Regno Unito

Passo gran parte della mia giornata chiusa in casa a letto, senza muovermi minimamente. Perfino quando sento squillare il telefono continuo a restare nella mia posizione un po' scomoda. E la storia si ripete come minimo da circa quattro o cinque giorni. Soltanto verso l'ora di cena ho il coraggio di abbandonare la superficie morbida del letto e questo succede esclusivamente perché la mia pancia borbotta.

Ignorando l'enorme quantità di chiamate di Zak che restano sul display del mio cellulare, apro il frigorifero in cerca di cibo. Gli scaffali li trovo completamente vuoti e mi devo arrendere all'idea di rimanere a casa e uscire per poter mette qualcosa sotto i denti.

Torno in camera passando per il corridoio, cercando di tranquillizzarmi. Ma ogni volta che provo a tranquillizzare me stessa, mi innervosisco ancora di più, così come succede con gli attacchi di panico. Più cerco di respirare regolarmente e calmarmi, più sento di soffocare. Il mio sguardo si perde ad osservare una cornice di vetro di colore verde acqua, nella quale c'è la foto della mia squadra. Vedo una Sydney felice e spensierata, ancora non consapevole a cosa stava andando incontro.

Ricordo molto bene l'atmosfera nel momento in cui il fotografo ha scattato questa foto. Zak era completamente coperto dalla testa ai piedi dallo champagne che gli aveva versato Samuel, Dorian rideva assieme ai suoi meccanici e infine in primo piano ci siamo io e Lando. In quel momento Lando stava cercando di farmi ridere, proprio come piaceva a lui.

Anche se tenevamo nascosto il nostro amore, eravamo perfetti.

Osservare il suo sguardo mi provoca un brivido lungo la schiena. Mi piaceva quella riservatezza che davamo al nostro amore. Ripenso a quanto io e Lando siamo cambiati in questi lunghissimi mesi. Quello che c'era tra di noi, non era un odio puro, era una di quelle sensazioni di amore-odio. Mi piaceva punzecchiarlo e nello stesso tempo mi piaceva aiutarlo, perché in fondo sapevo che Lando si comportava così solo per non darmi la soddisfazione di essere più intelligente di lui.

Presa dal nervoso afferro la foto e la lancio verso il muro dell'entrata. Il vetro quando si schianta contro il muro, provoca un rumore assordante e poi si rompe in mille pezzi. Mi dà una sensazione di sollievo quando mi accorgo che la cornice si è rotta. Mi abbasso per raccogliere la foto incominciando a piangere, poi noto che dietro all'immagine c'è scritto qualcosa. Impossibile non riconoscere la calligrafia di Lando, così allungata e compatta.

"Non sempre ciò che si è, corrisponde a ciò che si vuole essere."

"Singapore" mormoro, sedendomi per terra. Non possono smettere di pensare a queste parole pronunciate quella sera nell'hotel a Singapore. Lando era sotto l'effetto dell'alcool, ma nonostante ciò quelle parole alle mie orecchie suonavano vere. Cavolo! Mi sento una stupida ad ancora pensare a Lando, il cuore mi batte fortissimo, le gambe sono molli e ogni tanto sento una fitta al ventre. Le mie ferite mentali e fisiche non mi sono ancora guarite del tutto, e vedere quella foto, ha acceso in me un sacco di ricordi che fanno male.

Mi vesto ed esco nella luce del primo pomeriggio. Non è ancora una luce troppo forte, colori scuri e grigi. Fa molto freddo, i sospiri si condensano nell'aria, creando delle piccole nuvolette di vapore. Cammino per le strade affollate di Londra cercando di pensare ad altro, ma è più forte di me. Anche se il marciapiede è così affollato di turisti, io mi sento terribilmente sola.

Mi asciugo le lacrime e continuo a camminare alla ricerca di qualche ristorante. La mia ricerca culinaria mi porta nel solito piccolo ristorante italiano dietro casa. Mangiare da sola non mi ha mai creato problemi, ma in questo momento mi sento estremamente sola, senza qualcuno a cui raccontare come veramente mi sento.

Magio velocemente e poi esco dal ristorante dirigendomi verso casa. Mentre sto per infilare la chiave nella serratura di casa, sento suonare nuovamente il cellulare. Il nome di Zak lampeggia sullo schermo, fisso il vuoto davanti a me e rispondo alla chiamata.

"Quante volte hai intenzioni di richiamarmi?" dico, o meglio sbraito non appena mi porto il cellulare vicino all'orecchio.

"Calmati Sydney! Ti chiamo per chiederti come stai. L'ultima volta che ti ho visto non eri cosciente e volevo assicurarmi che ora tu stia bene." mi chiede, ignorando la mia precedente domanda.

"Non sono mai stata meglio!" rispondo seccata, picchiettando la punta della scarpa sullo zerbino posto davanti l'ingresso.

"Sydney, te la sentiresti oggi di raggiungermi in azienda?" quasi esita a chiedermelo "volevo parlarti del tuo futuro in McLaren." I miei occhi si alzano automaticamente sul soffitto cercando di pensare alla parole giuste da dirgli.

"A dire la verità anche io ho riflettuto molto in questi giorni e ho preso una decisione." affermo in tono neutro, chiudendo il portone di casa alle mie spalle. Poso le chiavi sul tavolo e mi tolgo il golfino di dosso.

"Va bene. Allora ti aspetto qui nel mio ufficio. A dopo."

Piove, questa giornata non poteva concludersi in maniera peggiore. Con questa pioggia preferirei starmene a casa mia sotto le coperte, forse con della musica deprimente di sottofondo e una cioccolata calda ma devo dare una svolta alla mia umile vita. Accetto la proposta di Zak e mi dirigo subito a fare una doccia, prima di uscire nuovamente di casa.

Raggiungo la macchina e la metto in moto. Il viaggio è lungo ma piacevole, non c'è molta gente in giro e l'autostrada è completamente deserta. Quando spengo la macchina, mi guardo le mani che mi stanno tremando e accasciandomi sul sedile tiro un sospiro di sollievo. Nel parcheggio non vedo la macchina di Lando e questo in me, mi tranquillizza.

Chiudo il portellone della macchina e mi incammino verso l'entrata dell'azienda. Inizialmente con passo lento, ma a mano a mano che i pensieri e le immagini affollano la mia mente aumento automaticamente l'andatura. Ripenso a ciò che mi è successo quel pomeriggio piovoso e a come mi sentivo veramente strana.
Mossa dal furore inizio a correre più velocemente per cancellare il tutto dalla mia mente, ma non bastando ancora, dato che i miei neuroni continuano a lavorare, stringo i denti e continuo per la mia strada senza salutare nessuno. Dopo pochi secondi mi trovo con il fiato corto e i polmoni che iniziano a bruciarmi davanti alla porta dell'ufficio di Zak. Nonostante ciò decido di resistere fino a quando le mie gambe non cederanno.

Decido di prendere un bel respiro e affrontare la più grande decisione della mia vita, affronterò anche questo problema con determinazione e con forza, come ho sempre fatto. La porta non è chiusa a chiave, non faccio altro che girare la maniglia ed entrare. Vedo un Zak Brown preoccupato, seduto nella sua scrivania, le spalle ricurve per la stanchezza, come se non desiderasse altro che dormire.

Busso e aspetto il permesso per entrare. "Ciao Zak, posso entrare?"domando soffermandomi sull'uscio della porta.

"Ciao Sydney, entra pure. Non pensavo arrivassi così presto" termina Zak. Non rispondo, mi limito solo ad avvicinarmi alla scrivania, rimanendo in silenzio. Alzo lo sguardo al soffitto e osservo le pale girare un po' traballanti, provocando un rumore costante che mi rimbomba nella testa. La scrivania è messa proprio sotto di esse e ho il timore che mi cadano in testa.

"Non hai una bella faccia. Come stai?" questa domanda è come un pugno allo stomaco. Lo guardo con aria strana e dalla mia bocca esce una voce tesa: "Sto meglio, ma non ho passato una bella settimana. Più volte ho pensato a quello che è successo e a quello che mi avevi detto riguardo a Lando e alle distrazioni ..." lascio la frase in sospeso, perché non so come continuarla.

Zak si schiarisce la gola, un po' a disagio "Tranquilla Sydney, non ho detto nulla a Tom McLaren. Mi prendo io la responsabilità di quello che è accaduto. Puoi restare a lavorare qui, ma questa volta mi devi veramente promettere che non ti avvicinerai mai più a Lando".

"No, Zak no! Non voglio mettere a rischio la tua carriera per colpa mia. Io ho sbagliato e devo essere io a pagare le conseguenze, tu mi avevi avvertito della situazione di Lando. In questi giorni ho riflettuto tanto, arrivando ad una conclusione: me ne vado dalla McLaren." affermo strofinando ripetutamente le mani sulla stoffa del pantalone.

Zak sgrana gli occhi e rabbrividisce, come se sentisse freddo. Passa da un'espressione sorpresa a una scandalizzata."Stai scherzando?" chiede rimproverandomi. Cerco di parlare, la mia bocca si muove, ma non esce alcun suono. "Dimmi che stai scherzando" insiste, inchiodando i suoi occhi ai miei.

Ingoio rumorosamente quella poca saliva che ho in bocca "Non sto scherzando, credo di non essere più idonea per questo lavoro. Non voglio essere di intralcio a nessuno, né a te e né tanto meno a Moore." affermo bruscamente strappandomi l'ultima pellicina che ho sul dito.

A questo punto mi prendo un attimo per osservarlo: ha l'espressione di qualcuno che si trova di fronte ad un enorme enigma, e sebbene ha la risposta sotto gli occhi, non riesce comunque a decifrarlo. Continua a guardarmi con i suoi occhi scuri, socchiusi, contornati da rughe e occhiaie. Qualcosa sta per uscire dalla sua bocca ma lo interrompo nel bel mezzo dell'azione.

"Zak per favore, cercami di capire. Non voglio più vedere Lando per il resto della mia vita."

Si prende qualche istante per rispondermi e mi osserva con attenzione soffermandosi su ogni tratto del mio viso. Le sue dita picchiettano sulla guancia e strofina il pollice sulla barba incolta."Va bene, se è quello che vuoi, vado a prendere le carte per il licenziamento" si limita a dire, alzandosi. Fa tre passi e apre la porta per dirigersi fuori dal suo ufficio. Ma poi si gira con il collo e afferma:"Sei proprio sicura di quello che stai facendo? Sydney non guardare in faccia al passato, possiamo risolvere tutto insieme come una vera squadra."

Stavo facendo la cosa giusta? Sto decidendo di lasciare il lavoro dei miei sogni per colpa di un amore andato in frantumi. Questa non era la Sydney Rossi che conoscevo io, lei avrebbe combattuto fino all'ultimo respiro finché si trattava del suo lavoro. Perché alla Sydney del passano viveva per il suo lavoro, era orgogliosa del futuro che si era costruito e ora? Ora perché sono diventata così? Lando mi ha cambiata in peggio o mi sono solo stanca di combattere?

Trascorrono alcuni minuti e il mio sguardo si perde ad osservare nei minimi dettagli della scrivania di Zak. Mi rendo conto solo ora che Zak era un uomo d'azione, a giudicare da tutte le foto in cui compare sopra la scrivania. In uno scatto in particolare, è al timone di uno yacht, indossa calzoncini bianchi e un maglione rosso accesso, con le maniche rimboccate fino a mostrare gli avambracci abbronzati, e un sorriso che lascia intravedere i denti perfetti e bianchissimi. In un'altra foto è in piedi accanto ad un aereo assieme a Tom McLaren, entrambi indossano pantaloni scuri e una giacca verde scuro, gli occhi sono nascosti dietro un paio di occhiali da aviatore a specchio.

Ma poi come un fulmine a ciel sereno, la mia lunga osservazione viene interrotta da una voce: "Melbourne!" giro di scatto la testa, anche se conosco troppo bene a chi appartiene quella voce roca. Me la sarò sognata mille volte durante la notte. I suoi occhi si alzano e incontrano i miei, dando vita a una scintilla di odio mai vista. Avverto una strana nausea dentro di me, la rabbia mi ribolle nelle vene.

Rivedo il suo folto ciuffo di capelli, nascosto dal cappuccio della felpa grigia. Incasso ogni colpo che mi da mentre mi guarda. Attorno c'è un gran silenzio, fatta eccezione per il mio cuore ridotto in tanti piccoli pezzi che continua a picchiettare forte contro la gabbia toracica cercando di punirmi di essere venuta qui. Rivederlo con i suoi occhi blu è come ricevere una folata di vento improvvisa addosso. Un getto d'acqua fredda ad investirmi da capo a piedi. Ecco cosa sento.

Nessuno dei due dice una parola, lui se ne sta li impalato a fissarmi con lo stesso guardo di quando ci siamo conosciuti la prima volta. Passono secondi, secondi in cui credo di impazzire. Ingoiare acido sarebbe stato meno doloroso di ciò che mi fa guardarlo.

"Cosa ci fai qui?"chiede Lando, mentre cerco di nascondere la mia espressione. Ignoro la sua domanda continuando a fissarlo, con grande fatica. Abbassa gli occhi su di me, sulle mie labbra che non si muovono. Batto le palpebre avvertendo un bisogno immenso di andarmene al più presto ma il mio orgoglio mi ferma. Ripensando a quelle parole che sono uscite da quella bocca, assumo un'espressione distante, proprio come mi ha insegnato lui quando cercava di darsi le arie per non guardare nessuno in faccia.

Non sono brava come lui ma almeno ci sto provando.

"Sydney eccomi, scusami ma non trovavo le carte ..." entrambi ci giriamo a guardare la sagoma di Zak entrare dalla stessa porta dove tutti noi siamo entrati. Con la coda dell'occhio noto Lando indietreggiare. "... le carte del licenziamento." conclude la frase in un sussurro prima di assumere anche lui un atteggiamento spavaldo verso Lando. Gli occhi di Zak guizzano da me a Lando e poi di nuovo verso di me. "Si può sapere perché Lando sei qui?"

Lando abbassandosi il cappuccio della felpa grigia che indossa emette un forte sospiro. La sua espressione è cambiata da quando Zak ha messo piede in stanza. Non riesco a non guardarlo mentre dentro cerco di concentrare ogni energia, ogni traccia di volontà per non cedere un'altra volta. Licenziarmi penso sia la cosa giusta, lo faccio per entrambi, anzi lo faccio solo per me. Per una volta nella vita dovrei pensare cosa sia giusto per me e non pensare a gli altri. Lui non può sapere che ho tentato di distruggere ogni traccia di sé dentro il mio cuore. Ma oramai si è radicato troppo a fondo, è impossibile rimuoverlo perché anche volendo non posso.

"Ho finito l'intervista con i giornalisti e sono passato a salutarti." Si prende un attimo di pausa per fissarmi. "Non avrai veramente chiesto di andartene, vero? Hai intenzione di mollarmi da solo?" mi rivolge lo sguardo, mentre io cerco di riprendermi.

"Certo Lando Calrissian! Adesso avrai tutte le opportunità del mondo per poter vincere il mondiale senza quella rompiscatole di Melbourne. Non è quello che volevi fin dall'inizio?" cerco di imitare il suo accento inglese che una volta mi faceva impazzire. "Mi dispiace, ora ti tocca vincere il mondiale senza di me." sospiro e prendo la penna per firmare le carte "Anzi non mi devo scusare affatto con te. Mi hai semplicemente usata, quindi non ti devo chiedere per niente scusa."

"Sydney tu non puoi!" quando sento il mio nome corretto pronunciato dalle sue labbra mi blocco. "Qui dentro sappiamo tutti che senza di te la squadra perderà." Con conclude Lando. Fisso il foglio bianco, esitando per la mia prossima azione. Poi di getto scarabocchio sul foglio e mi alzo di scatto dalla sedia per avvicinarmi il più possibile a Lando. Faccio un bel respiro e gli punto il dito contro.

"Io posso fare tutto quello che mi passa per la testa. A me non interessa se vincerai o meno il campionato, l'unica cosa che ora mi interessa è andarmene il più possibile lontano dalla persona che credevo di amare."

Lando rimane un attimo fisso a guardarmi senza dire una parola, come se stesse cercando qualcosa nel mio sguardo. Zak, guarda la scena senza intromettersi. Mi muovo velocemente, avvicinandomi di nuovo vicino alla scrivania e appoggio la penna.

"Grazie di tutto Zak. Grazie dell'opportunità che mi hai dato, te ne sarò per sempre grata. Mi mancherai" lo abbraccio sentendo gli occhi addosso di Lando. Zak avvicina le labbra al mio orecchio e mi dice: "Se un domani vorrai tornare, noi saremo sempre qui ad accoglierti a braccia aperte" allontanandomi da lui, gli sorrido lievemente.

Prendo la borsa e mi dirigo verso la porta, ma vengo bloccata dalla mano di Lando: "Ti prego, non te ne andare." Prendo coraggio e lo guardo per un'ultima volta dritto negli occhi. "Sydney, ti amo" dice con un nodo alla gola. I suoi occhi sono lucidi e mettono ancora di più in risalto il colore dei suoi occhi.

"Mi dispiace Lando, ormai è troppo tardi."

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