Capitolo 34
St. Thomas Hospital, Londra
Apro gli occhi.
Mi risveglio in una camera verde acqua, riconosco subito che non è casa mia. Neanche la casa dei miei genitori, in Italia. È un ospedale, tutto questo deve essere un incubo. Ho un forte mal di testa, che mi impedisce di ricordare cosa mi sia successo. Sono distesa mentre il buio mi invade la mente, il cuore mi batte fortissimo e la testa mi sembra scoppiare. Circa dieci minuti, o forse qualcosa di più, o forse di meno che fisso il soffitto bianco. Lando come ha potuto giocare con le mie emozioni, non può realmente avermi detto quelle parole che sembravano lame. Non posso fare a meno di non pensare al suo sguardo freddo e impassibile.
Rimango incredula al pensiero che per tutto questo tempo mi abbia preso in giro. Il fatto che mi abbia usata e buttata come si fanno con gli stracci sporchi e sbiaditi mi dà una rabbia che mi spezza il respiro. Me l'aveva detto, del resto Anna, mi aveva ripetuto un sacco di volte: "Agli uomini non ci dare niente, perché quando ce lo hai dato ti hanno tolto tutto e tu non hai più l'onore e nessuno ti vuole più: ti schifano, come un cane rognoso". Non le avevo mai dato retta, perché credevo che con Lando sarebbe stato diverso. Ma dovevo aspettarmelo da Lando, proprio lui che all'inizio mi disprezzava e non mi sopportava, come mi è saltato in mente di innamorarmi del mio pilota.
Entra un'infermiera, vede che ho gli occhi aperti e il viso le si illumina con un dolce sorriso. Entra, chiudendosi la porta dietro e si dirige verso di letto per cambiarmi la flebo.
"Ha mal di testa?" chiede indicandomi la nuca.
"Si, mi gira troppo forte la testa" affermo mentre sospiro. Sento le l'immenso rumore del silenzio entrarmi nell'orecchio e amplificarsi ad ogni secondo che passa.
"Posso farle una domanda? C'è qualcuno che mi aspetta in sala d'aspetto?" le chiedo pregando di sentire il nome di Lando.
"Signorina, no che io sappia. Due giorni fa è stata portata da Zak Brown ... ma poi non è più venuto nessuno a trovarla, mentre c'ero io in servizio".
Il dolore non è nulla di fronte alla paura che provo mentre noto un'enorme fascia che mi avvolge nel basso ventre. Non posso muovere né il bacino né tanto meno le gambe. Tiro su il naso e improvvisamente vengo presa da un attacco di panico, ma che cosa mi sta succedendo. Inspiro di nuovo, con più forza, più rapidamente spaventando l'infermiera. Il cuore ricomincia a battermi all'impazzata. Mi aiuto con le braccia sollevarmi il busto, ogni movimento che faccio è sempre più doloroso. Ma che cosa mi è successo?
"Signorina non si muova, rischia di farsi male" dice l'infermiera appoggiando la mano nella mia fronte.
"Voglio andarmene all'istante da questo terribile incubo" pronuncio mentre cerco di staccare i fili.
"Non credo che il dottore glielo permetta. Si è appena svegliata, è ancora sotto flebo" afferma mentre mi cerca di cambiare la canula, ma io glielo impedisco.
Poco dopo entra nella stanza un medico, placando il mio lamento. Si sfila il guanto e tende la mano verso di me. "Sono il dottor Gateway, lei deve essere Sydney Rossi, giusto?" domanda mentre tiene gli occhi fissi nella mia cartella clinica. L'uomo indossa un camice bianco, tenuto alla perfezione e si posizione affianco al letto.
Annuisco con una sottile voce. "Si accomodi bene, devo parlarle del suo intervento." Non promette niente di buono, incomincio a torcermi le mani mentre il dottore incomincia a sfogliare i fogli.
"Miss Rossi, ha subito un aborto complicato. Le cause possono essere svariate. Crediamo ad un anomalia genetica" Alzo un sopracciglio, scrutando quello che ha appena detto. Non capisco. "Quando è arrivata qui, l'abbiamo dovuta operare d'urgenza. Era in condizioni veramente critiche, poteva perdere la vita." Un forte colpo al petto mi fa mancare l'aria.
È uno scherzo. Deve esserlo, è l'unica spiegazione possibile. Ripasso tutto il mio vocabolario e non trovo le parole giuste per esprime come mi sento. "Noo, non è possibile. Vi state sbagliando, io non ero incinta." Asserisco alzando il tono di voce. Stringo le mani in un pugno, fra le lenzuola, conficcando le unghie nei palmi.
"Signorina, è normale avere delle perdite di sangue che fanno pensare a delle mestruazioni, ma possiamo assicurarle che lei era incinta. Quelle perdite che sicuramente ha avuto erano dovute solo dalla cicatrizzazione dell'impianto dell'epitelio endometriale."
Quando avevo avuto le mie cose? Non ci avevo nemmeno fatto caso. Ero così presa dalla storia con Lando e dal lavoro, che non mi sono accorta di niente. Avevo avuto il ciclo il mese prima? No ... evidentemente direi. Non riesco a guardarlo negli occhi, sono troppo scossa dalla notizia.
"Io e i miei colleghi non sappiamo ancora con precisione il motivo dell'aborto ma pensiamo sia dovuto ad un elevato tasso di stress. Ma per adesso non si preoccupi, è in buone mani. Quando potrà andare a casa, mi deve promettere di non sforzarsi troppo. Dobbiamo dare il tempo all'endometrio di cicatrizzarsi, se no ci potrebbero essere delle complicazioni gravi."
Oramai calato il sole, l'ospedale rimane completamente deserto. Il clima è quiete e caldo, un evento molto strano per i cittadini londinesi. Ma il mio animo non è affatto quiete come il tempo. Mi stacco i cavi e attraverso il piccolo spazio della stanza per raggiungere il bagno. I miei piedi scalzi non fanno rumore sul marmo bianco e freddo del pavimento. Si può sentire solo il fruscio della mia lunga camicia da notte.
Apro la porta e, il più silenziosamente possibile, la richiudo dietro di me. Mi appoggio con i palmi al lavandino facendo esercizi di respirazione brevi e continui. Mi sta crollando il mondo addosso, temo che la mia vita sia un disastro. Crollo in un pianto liberatorio.
Sciacquo i polsi poi il viso e infine la nuca evitando di guardarmi allo specchio. Non ho il coraggio di vedere la persona orribile che sono diventata. Attorno c'è odore di spray per ambienti e candeggina. È tutto disinfettato e asettico. Recupero il telefono nella borsa accendendolo. Digito i numeri con la mano tremante e avvio la chiamata mordendomi il labbro così forte da farlo sanguinare.
Squilla ... nessuno risponde, squilla intermittente. Inspiro profondamente, riflettendo se sia la cosa giusta da fare. Lui potrà essere la persona giusta da chiamare in una situazione di emergenza come questa? Squilla, non ci sarà tempo per tante parole, poche ma coincise. Squilla, anzi non gli dirò proprio niente, nessuno dovrà sapere di questo piccolo, grande errore della mia vita. Squil ...
-"Pronto?" risponde dall'altro capo del telefono.
-" Samuel ...."
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Mentre il cielo è stellato, firmo le carte delle dimissioni dell'ospedale e saluto gli infermieri con una voce che suona come se parlassi in una scatola di latta. Scuoto la testa e mi incammino verso la macchina di Samuel. Nessuno dei due dice una parola, le mie dita volano sulla portiera della macchina cercando la maniglia. Mi chiudo dentro e alzo la mano per accendere la piccola luce. Mi guardo intorno con fare spaesato, noto distrattamente che, a differenza di altri ragazzi, Samuel tiene la macchina in un perfetto ordine, dire quasi maniacale. Inizio a toccare ogni superficie, quasi fossi un bambino che si trova in un negozio di giocattoli. Sfioro un tasto e un piccolo scomparto nel cruscotto si apre. Dentro trovo una lettera con un marchio che cattura il mio sguardo. È una lettera della Red Bull. Perché la Red Bull gli avrebbe dovuto mandare una lettera? Chiudo di getto il cassetto del cruscotto quando sento il portellone del bagagliaio chiudersi.
-"Hai intenzione di dirmi che cosa ti è successo?" mi chiede Samuel in una voce flebile, salendo in macchina.
D'istinto, apro la bocca per ribattere a questa sua domanda. Le idee di quella lettera mi affondano la testa, attraversano la mia mente a tutta velocità ma non riesco a capirne il motivo. "Niente di grave." Dico voltando velocemente la testa, per evitare il suo sguardo sotto i suoi occhiali neri.
Allacciamo le cinture e Samuel parte. Guardo i palazzi, il cielo che sembra tanto vicino ad essi, tutte le nuvole ammassate. Cambio sguardo e vedo una decina di turisti, cittadini e cartelloni pubblicitari. Da maniaca del controllo come ho fatto a non accorgermi di tutto quello che mi stava accadendo? E perché Samuel tiene nel cassetto del cruscotto una lettera della Red Bull? È tutto un caos e io sento il bisogno di mettere ogni cosa in ordine, ma non posso.
Odio questa città che mi ha portato solo del male nella mia vita.
Odio le espressioni tristi ed arrabbiate dei londinesi.
Odio il fatto di vivere solo in un monacale per poi girare il mondo in modo frenetico. Desidero scappare via da qui, lontano da questa terra che mi ha portato da lui.
Odio le mie cicatrici che ogni volta che le guardo, al mia mente ricorda il mio grande "Impossibile".
Ma soprattutto odio Lando e il suoi maledetti occhi oceano. Lo odio, lo odio con tutta me stessa. Tutto è cominciato al gran premio d'Australia e con il suo carattere di merda.
-"Sydney stai bene? Non mi parli da quando siamo in viaggio. Sei .... Come si dice ... strana." Dice Samuel mentre attraversa il casello.
-"Davvero sto bene ..." deglutisco rumorosamente."Sono svenuta e Zak mi ha portata all'ospedale" affermo con voce sottile.
-"Lo so ... in azienda non si parla d'altro" dice. Sono diventata lo zimbello dell'azienda. Non potrò mai più guardare in faccia quelle persone, mi vergogno troppo.
-"Se qualcuno ti dovesse chiedere qualcosa in azienda, tu non dirgli che sei venuto a prendermi, d'accordo?" alza le spalle ed esclama nervoso: "Questo qualcuno dovrebbe essere Lando?" nel sentire quel nome, nella mia testa iniziano a formarsi mille teorie senza senso.
-"Basta! Non lo voglio più sentire il nome di maledetto nome" urlo, ma immediatamente dopo queste parole mi metto velocemente una mano sulla bocca. Come per rimangiarmi tutto quello che ho appena finito di dire.
Samuel rimane molto sorpreso e si irrigidisce leggermente. Non so cosa mi sia preso, le parole mi sono uscite da sole dalla bocca, e giuro che non volevo risorgermi così con lui. Ma quando si parla di Lando, il mio cervello va su tutte le furie. Quando mi agito la cintura di sicurezza mi strofina il ventre e il collo, devo togliermela.
-"Scusami Samuel, davvero non volevo". Cerco la chiusura dalla cintura, ma è bloccata. La strattono ma dopo pochi secondi mi arrendo. Guardo Samuel per farmi aiutare, ma poi finalmente ci riesco da sola.
Ferma la macchina davanti a casa mia, e si gira a guardarmi con una mano sul volante e l'altra nel ginocchio. "Sydney ti conosco da parecchio tempo, e per questo sono un uomo fortunato, devo ammetterlo sei la donna intelligente che io conosca, ma a volte non riesco proprio a capirti. So che sei attratta da Lando, Sydn ..." abbassa la testa e sospira, affranto. "Ti ha scombussolato talmente tanto la mente, che non sai più a cosa pensare."
"Samuel non dirmi questo per favore" mi lamento per fermarlo ma lui continua. "Sydney, se lui ti piace, io non sarò un ostacolo per te. Sappilo! Ma non voglio che tu soffra. Sai che io sarò sempre qui ad aiutarti e giuro che se ti fa del male, io gli spacco la faccia" mi asciugo le lacrime e scendo dall'auto.
Chiudo il portellone con furia e sento che il mondo sta per crollarmi addosso. Samuel si avvicina a me appoggiandomi la mano sulla spalla destra. "Sydney te lo chiedo per un'ultima volta. Devi dirmi qualcosa?"
"No Samuel ... no." ribatto con decisione. Samuel è sempre stato l'unico grande amico all'interno dell'azienda, ma non voglio che sappia il casino in cui mi sono messa.
"Se ti faccio vedere una cosa mi prometti che" ritiro la mano, mi sto incominciando a preoccupare. E l'ultima volta che l'ho fatto non è finita bene."... che non lo dirai a nessuno?" il mio sguardo è confuso e non capisco quello che sta per dirmi.
"Non siamo mica alle superiori. Samuel dimmi cosa sta succedendo". Alzo un sopracciglio mentre lui apre la portiera della macchina da cui sono uscita prima e spalanca il cassetto del cruscotto. Preleva la lettera che ho notato prima e la tiene in mano sventolandola.
"Il giorno prima che tu finissi in ospedale, la Red Bull mi ha inviato questa, dicendomi che era una cosa molto importante. Questa lettera dice cose cattive sul tuo conto e una di queste cose e che mi stai solo usando. Sydney mi stai nascondendo qualcosa?"Passano i minuti e non capisco nulla.
Afferro la lettera e incomincio a far scorrere gli occhi tra le righe. Corruzione .... Spionaggio .. l'ingegner Rossi è un pericolo per la squadra.
-"No Samuel, ti posso giurare che tutto quello che c'è scritto qui non è vero. Io non sono corrotta e tanto meno un pericolo per la squadra. Perché la Red Bull dovrebbe dire delle cose del genere?"
Samuel guarda fisso in un punto qualsiasi. Non sa darmi una risposta. Alza le spalle e sospira."Non ho idea, ma ho intenzione di fargliela vedere a Zak" afferma con tono secco.
-"NO! Ti prego non farlo. Ti giuro che non ho niente a che fare con questa storia, ma non dirlo a Zak. Potrebbe solo peggiorare le cose" gli riconsegno la lettera e inizio a guardarmi intorno come una bambina impaurita.
Saluto frettolosamente Samuel e salendo le scale, provo a cercare le chiavi di casa nella borsa. Entro in casa e tutto mi sembra così piccolo. Poso le borse e mi siedo sulla sedia dell'entrata. Mi sembra di assistere a una scena montata in un film. Non so a cosa pensare per prima. Io che ho perso un bambino, Lando che mi ha mentito o la lettera di Samuel?
Scoppio a piangere e mi lascio cadere per terra. Ho gli occhi rossi e gonfi e non faccio altro che pensare a tutte le implicazioni che questa cosa comporterà.
Spazio personale:
Salve a tutti. Finalmente ho pubblicato il nuovo capitolo, ricco di avvenimenti complicati e difficili.
Ve lo aspettavate? Secondo voi la lettera di Samuel cosa vorrà dire? Centrerà con il passato di Lando?
Ho creato un banner da porre a fine capitolo. Vi piace? Fatemelo sapere.
Un abbraccio virtuale.
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