Capitolo 14

~Luna~

«Lasciami bastardo!» urlo a pieni polmoni scalciando e divincolandomi in qualunque modo possibile.
Mira dietro di me è nella stessa situazione, ma a differenza mia non cerca di liberarsi.
Si arrende e piange in modo silenzioso, trattenendo a fatica i singhiozzi.

Viviana ha la bocca tappata, dopo tutte le parolacce di cui non conoscevo l'esistenza, che è riuscita a sparare a raffica in meno di un minuto.
Continuo a lottare disperatamente, sbattendo i pugni in ogni luogo a cui riesco ad arrivare.

Ci stiamo dirigendo verso il grande ingresso del C.D.S.A contro la nostra volontà.
Siamo ogni secondo più vicine.
Comincio a distinguere i volti delle guardie armate, i dettagli delle loro uniformi, i fucili carichi e pronti a sparare.
La paura mi fa tremare le gambe, ma non posso fermarmi.

Vengo bruscamente spinta in avanti e trattengo un urlo di dolore.
I polsi mi fanno male, sono stretti talmente forte che vorrei staccarmeli a morsi.
Mi viene intimato di camminare, quando in realtà vorrei solo correre via.
Le facce delle guardie all'ingresso della prigione mi fanno quasi ridere, a discapito di tutto ciò che succede intorno a me.

Cercano di restare impassibili, quando in realtà tutti hanno una espressione stupita stampata in volto.
Non credo sia cosa da tutti i giorni catturare tre giovani in un colpo solo senza muovere un dito.
«Signore, benvenute al C.D.S.A» ci schernisce beffarda una delle otto guardie che sorvegliano la porta.

Non potendo parlare, Viviana alza il dito medio per rispondere.
Sento l'impulso di stringerle la mano ed erigerle una statua da qualche parte.
Alzo lo sguardo notando due telecamere, che silenziosamente riprendono tutto ciò che succede.

Mentre i soldati attendono in piedi, quello che sembra essere il comandante ci squadra una per una.
Il suo sguardo tagliente si sofferma soprattutto su di me.
Sputo a terra per dimostrare il mio disappunto. Se potessi giuro che gli leverei quel sorriso dalla faccia a suon di cazzotti.
Tuttavia non dice una parola, e i soldati si dispongono in formazione accanto a noi.

Il capitano è un uomo sulla quarantina.
I lunghi capelli color terra e unti ricadono sulle spalle larghe.
I suoi occhi sono scuri, piccoli e soprattutto malvagi.
La barba sembra essere stata fatta da un pazzo ubriaco: è arruffata e più lunga in alcuni punti rispetto ad altri. La cosa peggiore è il sorriso storto e la lunga cicatrice che corre lungo il viso da un occhio fino al mento.
Non voglio immaginare come se la sia procurata.

Il centro di detenzione per gli Alium è veramente orribile visto così da vicino.
A rompere la monotonia della prigione c'è solo l'ingresso, una singola porta di ferro nero a filo col muro.
Niente cardine, niente serratura e maniglia: sembra un abisso, una bocca spalancata.
Osservo il pannello quadrato lì accanto.
"Per aprirlo ci vuole una chiave" Felix aveva ragione.
Questa si trova al collo del capitano, pende riflettendo la luce come per ricordarci di essere quasi irraggiungibile.

Sento la presa sui miei polsi allentarsi un po'.
«Guardie, non vi ho mai visto da queste parti. Vi dispiacerebbe identificarvi?» pungola il capitano sporgendosi in avanti.
Eravamo preparati a questa domanda. Il tono con cui Caeli risponderà potrebbe costarci la vita.
Ebbene sì, i miei due amici hanno deciso di rischiare il tutto per tutto.

Devo ammettere che sono veramente irriconoscibili con addosso le divise rubate alle due sentinelle che Viviana ha messo al tappeto.
Dopo averle nascosti dietro a degli alberi, per Felix e Caeli è stato facile scambiarsi con loro. Fingendo di averci trovate a curiosare vicine alla prigione.
Stringo il pugno per impedire alle mie dita di tremare. Caeli non fa nulla del genere, anzi rimani immobile, restio perfino a mostrare di aver notato il capitano.
«Sono Marcus signore, ai vostri ordini.» risponde senza far trapelare l'agitazione dalla sua voce.

Sappiamo che viene tenuto un elenco dei nomi di tutte le guardie, ma anche che è custodito nell'ufficio del direttore.
È quindi impossibile accedervi senza un permesso specifico, che può arrivare dopo mesi dal giorno della richiesta.
Tra loro le guardie si conoscono poco, per motivi di sicurezza la politica della prigione è "meno sai e meglio è".

«Abbiamo trovato queste tre ragazze aggirarsi intorno al perimetro della prigione.
Fortunatamente sono state fermate dal Sonar, perciò possiamo affermare che sono tutte e tre delle Alium» prosegue con disinvoltura.
Ho i brividi quando un terribile pensiero mi sfiora: "Caeli sarebbe veramente portato per questo lavoro".

Il sorriso sul volto del capitano si allarga.
Si dirige a grandi falcate verso Mira, che continua a recitare perfettamente la parte della bimba spaventata.
Le prende il mento con la mano, costringendola ad alzare lo sguardo «Bene, bene, bene» sibila a denti stretti.
Quell'uomo è ripugnante.

A discapito del ruolo che sta cercando di interpretare, la mia giovane amica non esita a tirare un calzino ben assestato sullo stinco del capitano dei miei stivali.
Nemmeno la mano di Felix può soffocare la risata di Viviana.
«Piccola stronza, come ti permet...» non fa in tempo a finire la frase che Caeli lo interrompe freddo.
«Signore, non vorrei risultare indiscreto, ma io e il mio compagno desideriamo occuparci personalmente di queste tre. Dopotutto siamo stati noi a trovarle e catturarle».

La risposta che riceveremo potrebbe determinare il nostro successo o il nostro fallimento.
È la parte del piano che si basa maggiormente sulla fortuna.
Se il capitano volesse scortarci personalmente tutto si farebbe dieci volte più difficile.
«Fate come volete...» liquida la domanda con un gesto della mano.
La sua voce è annoiata e svogliata.
Esulto silenziosamente, come credo stiano facendo anche tutti i miei compagni.
Prende la chiave e la passa su un lato del pannello accanto alla porta, che si illumina di verde per qualche istante.

«...A patto che io venga con voi assieme a due delle mie guardie».
"Merda" impreco sottovoce cercando di non perdere la calma.
Questa proprio non ci voleva.
La porta si muove cigolando, e noi veniamo investiti da una folata di vento freddo che porta con sé un sentore di umidità e una nota acre.
Sangue.

Nonostante questo l'atrio è rivestito di piastrelle spoglie di un bianco accecante, pulito e lucidato alla perfezione.
Caeli è il primo a mettere piede la dentro, trascinando anche me.
Mira sta tremando in modo quasi impercettibile, se potessi le stringerei la mano.
L'ingresso è stranamente vuoto, illuminato da bianche luci accecanti.

Il capitano fa cenno a tre guardie di seguirlo all'interno.
La porta di colore scuro alle nostre spalle si richiude con un tonfo sonoro.
C'è un lungo corridoio spoglio davanti a noi, che conduce al centro della struttura, dove c'è una grande sala di comando.
Lì  vi sono i monitor per controllare l'apertura delle varie stanze dei prigione e le registrazioni delle telecamere.

A destra e a sinistra altri due corridoi identici, ma più stretti.
Seguono il perimetro della struttura, poiché ad ogni angolo di questa prigione quadrata si trova un settore di Alium.
Quattro in tutto, raggiungibili anche tramite altre strade meno utilizzate.
Questo posto è come un labirinto, creato tutto uguale per far perdere al suo interno chiunque lo conosca poco.
Prendendo il corridoio centrale, e poi svoltando a sinistra nella sala dei monitor  si può raggiungere l'archivio e l'ufficio del direttore.
Mentre, seguendo lo stesso corridoio, ma andando dritti dopo la sala dei monitor si arriva alla pista dei jet.

Fortunatamente avevamo previsto anche l'ipotesi che il capitano decidesse di scortarci all'interno.
In meno di tre secondi mi ritrovo libera dalla stretta di Caeli, che non esita ad afferrare per le spalle il comandante sbattendolo a terra con forza e gettando lontano il fucile, lasciandolo disarmato e stordito.

Mentre questo si rialza preparandosi a contrattaccare, il mio amico si muove dieci volte più velocemente colpendolo con un pugno all'altezza del naso, facendolo indietreggiare immediatamente.
Intanto che il capitano sputa sangue infligge il colpo di grazia con un calcio dritto alla pancia, spedendolo contro il muro alle sue spalle.
Il comandante resta fermo, con gli occhi socchiusi.
Come se nulla fosse Caeli si passa un dito sul taglio vicino al labbro che si è procurato durante la colluttazione.

Come da copione anche Felix è rapido ad utilizzare il suo fucile per tirare un colpo in faccia ad una delle due guardie, mandandola al tappeto col naso sanguinante.
Mira finisce il lavoro con una pedata sulla testa del malcapitato, intanto che questo cerca di rialzarsi.
Noi siamo preparati a questo, i soldati del C.D.S.A no.

La parte più difficile del piano è stata portare con noi le armi.
Nessuno ha fatto caso alle nostre cinture, dando per scontato che ci avessero già disarmate.
Con la garanzia di ottenere un fucile, Caeli ha lasciato fuori il suo arco, decidendo di battersi senza.

L'ultima guardia che rimane è mia.
Concentro le mie forze e in un attimo la vedo strepitare a terra.
È una cosa simile a quella che fa Viviana, ma io ho solo questa abilità, mentre lei può divertirsi con i ricordi degli altri.
Questo non toglie che io sia molto più veloce di lei, e soprattutto: lei paralizza, io distruggo.

Non ho mai fatto una cosa simile con l'intento di ferire realmente, me lo si può leggere in faccia.
Non è facile vedere il dolore atroce dipinto sul mio volto.
Eppure non mollo, non so dire se per coraggio o brutalità.
Nel giro di un minuto è tutto finito.

Le tre guardie sono a terra, una parete alle nostre spalle è chiazzata del sangue del capitano, che rimane immobile con la schiena contro il muro emettendo rantoli incomprensibili.
La fase due è completata, ma avendo deciso di non uccidere le guardie, il tempo a nostra disposizione si dimezza.
«Sapete tutti cosa dovete fare, vero?» domanda Mira.
Purtroppo so troppo bene ciò che mi attende.

Parto col dire che descrivere il capitano non è stato per nulla facile.
Perché? Bè... semplicemente il mio cervello alla parola "capitano" associa Levi di AOT (chi deve intendere intenda).
A parte questo, ho cercato 1000 modi per far portare a Caeli il suo arco all'interno della prigione, ma alla fine mi sono arresa.
La cosa più difficile, però, è stata immaginare la struttura del C.D.S.A nel dettaglio (ho fatto anche un disegno orrendo che vi lascio qui sotto, che però mi è stato di grande aiuto).
Non so come vi sia sembrato questo capitolo, ma a me è piaciuto scriverlo.
Luna ed io vi ringraziamo per tutto il sostegno che ci state dando ❤️

Ripeto: il disegno è orribile, ma avevo bisogno di farmi un'idea della struttura per descriverla meglio.

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