Chapter VI - Truce

Matthew mi fissò negli occhi, era infuriato e credo che mentirgli non sarebbe servito nulla «allora? Esigo una spiegazione!» cercai, con tutta me stessa di non fissare Simon, intento a togliersi la salsa di dosso ma con scarsi risultati.

I suoi occhi erano come una calamita per me ma in quel momento ero troppo infuriata con lui per rivolgergli un sorriso o quant'altro, con un'arroganza che non era da me, riposi nuovamente lo sguardo su Matthew «nulla, ho soltanto buttato gli spaghetti addosso a questi due "ragazzi"» mimai con le virgolette, per intendere Lydia e Simon mentre guardavo Matthew con aria di sfida.

Lo sentivo, me lo sentivo che era tutta colpa sua.

Simon sputò una risata e poi si portò la mano alla bocca, io lo fissai e ci fissammo negli occhi.

Ovviamente questa cosa non sfuggi a Matthew, che mi ringhiò contro «Kylei, subito nell'ufficio del preside» fantastico, cominciavo l'anno scolastico perfettamente.

Simon mi fissò rassicurante e gli lanciai un sorrisetto mentre Lydia cercava di non scoppiarmi a ridere in faccia, che stronza «subito professore» fissai Lydia e l'attraversai a testa alta poi, tutti coloro che erano in mensa, cominciarono ad applaudire.

Io e Matthew ci girammo all'unisono e tutti gli studenti mi fissarono sorridenti
«sei stata grande Brenda, l'hai zittita»
mi sentì il cuore pieno di gioia e più leggero e quasi non scoppiai a ridere, ben vi stava stronzi.

Guardai verso Matthew, il quale aveva una vena pulsante, un fischio mi fece distogliere lo sguardo da lui mentre Simon si era alzato in piedi «si, grande Kitty» si prese uno spaghetto dalla testa e se lo mise in bocca, che schifo
«ma la prossima volta evita di lanciarmi cibi pieni di salsa» nella sua voce non c'era suono di rimprovero o quant'altro, soltanto divertimento.

Simon era sempre dalla mia parte, lo era sempre stato, per quel poco che ci legava.

Mi alzò i pollici in sù e mi sorrise, ero felice di vederglielo fare, soprattutto se quei sorrisi erano rivolti a me.

Mi paralizzai sul colpo, ma cosa diamine stavo dicendo?

I troppi applausi mi avevano data alla testa.

Non ricambiai il suo sorriso perché ero ancora furiosa con lui ma apprezzai, spostai velocemente lo sguardo su Matthew e lo vidi impassibile.

Quell'uomo mi odiava, eppure nemmeno mi conosceva, mi odiava e basta.

Mi puntò il dito contro e io lo fissai muoversi «per oggi te la sei scampata Kylei, la prossima volta non sarà così. Ringrazia tutti i tuoi fan ma non posso comunque fartela passare liscia, per cui sarai costretta ad una punizione di una settimana» ringhiai silenziosamente.

Odiavo le punizioni, dover restare a scuola fino alle 17:10, a scrivere qualche relazione, non era proprio una bella cosa.

Stavo per rispondergli ma la campanella suonò e mentre lui se la svignava, io fui massacrata da tutti i ragazzi.

Chi voleva autografi per l'ultimo film che avevamo girato, chi voleva fare una foto o chi semplicemente si complimentava per la scena di prima e dal divertimento che ne era scaturito attraverso gli applausi.

Non potevo che essere più che d'accordo.

Ma nemmeno il primo giorno di scuola ero stata assalita così, comunque ero abituata a tutto questo e non volevo comportarmi da maleducata, non che non lo fossi stata, ma non volevo complicare la mia attuale situazione.

Sbirciai con gli occhi e notai Abigail discutere con Oliver mentre Mia era andata via, quei due non la smettevano mai.

Tuttavia fui felice per lei, almeno aveva "una scusa" per parlarci o meglio urlargli, ma questi sono soltanto dettagli.

Anch'io trovai una scusa per scappare da quella situazione, anche se tanta scusa non era.

Tanto per completare in bellezza, nemmeno dopo aver finito chimica e nemmeno dopo l'allegra chiacchierata con Matthew, avevo fisica.

Uscii dalla mensa e mi diressi verso l'aula, Matthew ed alcuni studenti, tra cui Mia e Lydia, erano già lì.

Lydia stava animatamente parlando con Matthew e probabilmente nemmeno si accorsero della mia presenza mentre Mia sbatteva rumorosamente i pollici sul tavolo.

Mi morsi il labbro e raggiunsi Mia, posando lo zaino nel mio banco, dietro al suo «aspetti qualcuno?» lei non mi notò subito, avvolta nei suoi pensieri ma poco dopo si girò e mi fissò negli occhi «John non si fa vivo da tre giorni ormai, sono preoccupata» piagnucolò.

Non compresi subito «John è il tuo ragazzo?» lei annuì e si girò dalla mia parte «tre giorni fa abbiamo litigato e da quel momento in poi è scomparso» deglutì a fatica e decisi di stare zitta, sarebbe stata la cosa migliore.

Mi sentì terribilmente male per lei e le accarezzai una spalla «vedrai che sarà tutto apposto, domani entrerà sicuramente da quella porta» lei sorrise, non poco convinta e tornò ai suoi pensieri.

Nel mentre Oliver e Abigail, seguiti da Simon, entrarono in classe.

Inarcando un sopracciglio la fissai
«io ho una "relazione" complicata» sussurrai, ironizzando ma lei mi sentì lo stesso, si rigirò nuovamente e sorrise con gli occhi lucidi.

Fu in quel momento che pensai che Mia, con i suoi occhioni azzurri e i suoi capelli biondi, fosse più forte di quel che voleva far credere «dagli tempo, non è abituato e tu non accetti i tuoi sentimenti» roteai gli occhi «non esistono» lei rilassò le spalle «hai appena detto tu relazione, non io.»

Sospirai, è vero, io avevo Simon al mio fianco ma non avevamo il rapporto che lei credeva.

Stavo per risponderle, quando un cappuccino si paralizzò davanti la mia faccia.

Con l'acquolina in bocca spostai lo sguardo su di lui, mi aveva portato il cappuccino in classe!

Il mio sorriso si spense subito, perché mai avrebbe dovuto farlo?

Lui si grattò la testa e spostò lo sguardo da tutt'altra parte mentre Mia continuava ad guardarci con gli occhi lucidi, fissando la scena.

Provai una pena per lei.

Dopo secondi, che sembravano minuti, Simon ripose nuovamente lo sguardo su di me e si grattò la guancia «prendilo come un regalo di scuse per il tuo comportamento» cercai di non sorridergli,
ma quando lui era lì, con me, le mie labbra si muovevano da sole «grazie ma vorrei le tue di scuse» gli dissi soltanto, lui si sedette dietro di me a braccia incrociate «allora morirai giovane.»

Lo fissai semplicemente senza proferire parola perché ero sicura che sarebbero usciti solo insulti e, dannazione, non potevo farlo con un cappuccino in mano! Aveva la priorità «per adesso farò morire la discussione qui» le sue labbra si incresparono in un ghigno ed io mi girai nuovamente bevendo il mio amato cappuccino.

Lo bevvi sorseggiando, era bollente, mi girai nuovamente verso di lui. Lo vidi sorridere «che c'è Kitty? Non riesci a resistermi?» Lo ignorai «dov'è John?» bisbigliai.

Lui si incupì e cambiò radicalmente atteggiamento, alzando un muro freddo e distaccato «non sono cose che ti riguardano» disse solo, tagliando l'argomento.

La presi così tanto sul personale che lo fulminai con lo sguardo, come risposta ricevetti un'altrettanta occhiataccia e mi rigirai al mio posto, mettendo il cappuccino di lato.

Non mi andava più.

Mancavano ancora venti minuti all'inizio della lezione, in realtà non sapevo nemmeno io perché ero arrivata così in anticipo, forse per liberarmi dagli studenti?

Chi lo sa.

Mia aveva deciso di non parlarmi, forse troppo depressa, mentre Abigail stava ancora discutendo con Oliver.

Ma quei due non si stancavano?

Simon invece, stava giocherellando con la penna, palesemente annoiato.

Appoggiai il braccio sul tavolo e la testa sulla mano, fissando Lydia e Matthew.

Non capivo perché mi odiavano così tanto, magari avevo fatto qualcosa che li aveva in qualche modo infastiditi.

Forse in un'altra vita? Ahh, ma cosa stavo dicendo?

Mentre io rimuginavo sulla cosa, Layla arrivò velocemente in classe e si paralizzò davanti a me, mettendomi un foglio davanti la faccia «devi assolutamente venire a questa festa, é stasera» mi paralizzai sul colpo ed ebbi una scossa di brividi in tutta la schiena.

L'ultima volta che ero andata ad una festa, non era finita tanto bene, un vampiro mi aveva attaccata ed io non volevo più rivivere un'esperienza simile.

A quelle parole Simon balzò dalla sedia e si fece avanti col busto dal suo banco.

Sentì dietro di me un'occhiataccia rivolta a Layla, che non si accorse di nulla, anzi continuò a parlare «l'ultima volta non é finita tanto bene» deglutì e mi toccai il collo involontariamente mentre i due fratelli mi guardarono scambiandosi occhiate furtive «ma stavolta ci sarò io con te, lo prometto» i suoi occhi non ammettevano repliche e, mentre io cercavo di rispondere, Simon si paralizzò davanti a me silenziosamente, per non attirare l'attenzione degli altri e parlò al posto mio «mai, potrei morire, ma lei non andrà a questa festa» il cuore mi scoppiò in petto ma dalla rabbia.

Come osava? Doveva smetterla di voler fare il fidanzato protettivo, non eravamo nemmeno fidanzati maledizione!

Layla lo fissò furiosa «anche tu avevi intenzione di andarci! E poi ci sarò io con lei, così eviterà di ubriacarsi e mettersi nei guai» ma Simon non ammetteva repliche e sembrava non aver cambiato idea «io ci vado perché non corro rischi, so cavarmela da solo. Ma se la prossima volta ci rimane stecchita?» li guardai confusa mentre loro si lanciavano sguardi infuocati.

Tossì per attirare la loro attenzione «non credo si possa morire di alcol e Simon devi smetterla di parlare per me» gli dissi convinta.

Quella sera non so, non ricordavo bene ma un vampiro mi aveva attaccata.

Mi ricordo ancora quel disgustoso momento quando i suoi canini mi avevano sfiorato il collo, ed il suo respiro mi aveva sfiorata, facendomi rabbrividire.

Mi ricordavo ancora il terrore che avevo e la sua voglia di assaggiare ogni centimetro della mia pelle, l'aria iniettata di sangue.

No, io non avevo bevuto.

Ero astemia.

Dawson mi aveva attaccata, Dawson era un vampiro e lo stesso Dawson era stato ucciso.

Ma ucciso da chi?

Come?

Perché Simon era lì?

Mi stava scoppiando il cervello.

Simon incrociò le braccia al petto

«Certo che si può e tu sei un'irresponsabile e si, posso benissimo farlo» mantenne comunque un tono di voce normale e, quando stavo per rispondergli, la campanella, che segnava l'inizio delle lezioni, suonò.

Prima di sedermi risposi con un semplice «non hai il diritto di farlo» scrollando i capelli e facendo l'ok con le labbra a Layla.

Era sempre colpa di Simon, io non ci sarei andata ma dovevo dimostrargli che non ero
un'irresponsabile.

Era sempre colpa di Simon e sempre colpa del mio maledettissimo orgoglio.

***

Quel pomeriggio rimasi a casa a poltrire sul divano.

In realtà ci restai davvero male, Simon aveva promesso di passarmi a prendere.

Scossi velocemente la testa e mi coprì il viso con le mani, ero così confusa.

Mentre io ero avvolta nei miei pensieri, il campanello suonò.

Il cuore iniziò a battermi nel petto

Alzai la testa e fissai l'orologio, erano le 19:00.

Scesi velocemente le scale, inciampando sulle mie stesse pantofole ma Chiyo fu più scattante di me e aprì la porta.

Speravo di vedere Simon ma invece un'altra Pevensie era davanti la porta
«cosa c'è? Ti aspettavi mio fratello?» la guardai male e distolsi lo sguardo.

Cavolo se aveva ragione ma non volevo ammetterlo nemmeno a me stessa, figuriamoci a lei. «Buonasera signorina Pevensie» la salutò Chiyo, facendo un inchino, in tipico stile giapponese.

Layla mosse velocemente la mano, chiaramente imbarazzata «se posso permettermi, preferisco che entrambe ci dessimo del tu»
Layla aveva vissuto in Giappone ed ora, tornata in America, non si sentiva più una persona con quelle regole rigide da seguire, forse anche un po' troppo ribelle, oh ma da che pulpito.

Chiyo annuì, lei era giapponese quindi le risultava più complicato «dovrò abituarmi ma si può fare» salutando nuovamente Chiyo, Layla mi trascinò in camera mia «grazie per l'intrusione in casa mia, comunque» lei mi fissò male ma nei suoi occhi intravidi il divertimento «avevi detto ok!» mi morsi la lingua, perché dovevo parlare troppo?

Dopo essermi fatta una doccia e shampoo lampo, cosa che non era da me, tornai in camera con Layla che mi stava distruggendo un armadio
«tu spiegami perché sei andata a comprare un vestito con Lydia se qui puoi venderteli» feci spallucce «mi piace fare shopping» mi arrivò una scarpa in testa e strillai dal dolore
«è la seconda volta che la mia testa é sul punto di schiattare» mi fece la linguaccia e dopo mezz'ora riuscimmo ad abbinare qualcosa di decente, un tubino azzurro con delle comode scarpe da tennis bianche.

In realtà Layla aveva insistito per dei tacchi ma non se ne parlava proprio, non era mica il ballo e la comodità veniva prima di tutto.

Sinceramente io sarei rimasta a casa con il mio pigiama di Spongebob e le mie pantofole con gli unicorni ma non si può avere tutto nella vita.

Ancora sul punto di capire qualcosa, Layla mi trascinò in una discoteca vicino casa.

Svuota i pensieri, non pensare a niente e pensa solo a divertirti, pensai mentalmente e mi misi fuori insieme a lei a fare la fila.

Quando i due buttafuori ci fecero entrare non capì più nulla.

Puzza di sudore, ragazzi che ballavano, ragazzi che si baciavano, insomma un caos totale.

Cercai di tenere il passo di Layla.

Nei miei anni di vita avevo sempre pensato che la discoteca non fosse luogo per me, nonostante fossi una persona con manie di protagonismo.

Preferivo stare sopra un palcoscenico o in qualche cartello pubblicitario o, meglio ancora, in uno studio.

Sbuffai e, insieme a Layla, raggiunsi Mia e Abigail, non sapevo ci fossero anche loro «ciao Bree» mi salutarono e ricambiai il saluto.

Ma nemmeno il tempo di un saluto decente che Layla ci prese tutte e tre per le braccia e ci trascinò in pista.

Stranamente mi feci trascinare dalla musica e svuotai la mente dai brutti pensieri, niente più Simon, niente vampiri, niente Dawson, niente di niente.

Ballammo no stop e dopo un po' Mia e Abigail si andarono a sedere mentre io decisi di fare compagnia a Layla in pista «allora? Ti stai divertendo?» mi urlò, anche se era davanti a me.

Annuì e lei continuò a scatenarsi, probabilmente aveva bevuto qualche 5-6 drink ed ora era andata
«vado un attimo a prendere qualcos'altro» mi urlò poco dopo.

Stavo per ribattere ma lei era già sparita.

Fantastico, mi aveva lasciata sola in mezzo alla pista.

Iniziai a cercare Mia e Abigail con gli occhi e cominciai a muovermi tra i ragazzi, andandoci a sbattere addosso.

Perché una festa per me non poteva svolgersi normalmente?

Qualcuno mi finì addosso e mi prese al volo avvicinandomi alla sua faccia.

Prima che potessi aprire gli occhi, l'odore inconfondibile di Simon mi arrivò addosso.

Ebbi un fremito.

Davanti a me comparve la faccia confusa del biondino.

Ci fissammo a lungo e, poco dopo, lui strabuzzò gli occhi, lasciandomi andare.

Era davvero bello con quei capelli spettinati, gli occhi azzurri e quella camicia blu sbottonata.

Ovviamente non l'avrei mai detto ad alta voce.

«Che cosa ci fai qui, idiota?» mi urlò mentre io incrociavo le braccia al petto, odiavo quando mi trattava così «ah, non guardare me. Io non ho fatto nulla! Ero comodamente a casa, con il mio adorato pigiama e tua sorella si é infiltrata in casa mia» lui sbuffò, frustrato.

Mi accorsi che la maggior parte di coloro che mi guardavano, lo facevano con disgusto.

Perché tutti lo facevano?

«Tu non dovresti essere qui! E se....se ti ubriacassi nuovamente?» sbottò poi, insicuro.

La storia non reggeva più, ero stanca e in più ero furiosa.

Simon faceva il tossico, voleva comandarmi, dirmi cosa fare, non mi sentivo più libera.

Sua sorella mi aveva perfino lasciata sola quando aveva promesso di restarmi incollata come una cozza.

Per di più continuavano a dire che fossi un'ubriacona «smettetela con questa storia! Io non bevo alcol, sono astemia. Questa farsa é durata fin troppo» gli urlai contro e stavolta mi sentì in colpa, aveva qualcosa che mi stavano nascondendo, probabilmente per il mio bene ed io gli stavo dando chiaramente del bugiardo.

Lui mi fulminò con lo sguardo, il respiro pesante e gli occhi chiusi in due fessure.

Mi stava fulminando con lo sguardo.

Io feci altrettanto, avvicinandomi a lui e sfiorandoli il petto contro il mio.

Rabbrividì e lo fissai nel mio metro e sessantaquattro in opposizione con il suo metro e ottanta abbondante.

Simon si morse le labbra, fissandomi negli occhi e passandosi una mano tra i capelli «ma perché ho un rapporto così complicato con te?» stavolta era lui ad urlare ma nessuno intorno a noi ci faceva caso, troppo impegnati per accorgersene «arrivo nuovamente in questa città e la prima ragazza che incontro sei tu con la tua mania da
-sono una persona superiore agli altri-, ti ritrovo come vicina di casa, ti dico di stare lontano da me o da mia sorella, ma tu ti sei infiltrata senza che io me ne rendessi conto, ti avevo chiesto di fare solo una cosa, non era difficile. Ti rendi conto che facendo così finisci per essere un peso?» vacillai.

Improvvisamente tutto intorno a me si fece ancora più rumoroso e quasi non esplosi dalla rabbia ma stetti zitta.

Aveva ragione, ero diventata un peso.

Lui mi fissò duro poi la sua mascella si contorse e il suo sguardo mi guardò pentito.

Odiavo dargli ragione eppure non glielo dissi, gli passai accanto e lo ignorai completamente.

Avevo il cuore a pezzi.

Feci qualche passo e dopodiché sentì la sua mano sul mio polso «ascoltami Brenda, io...» bofonchiò ma non lo ascoltai e gli tolsi la mano.

Non mi aveva chiamata nemmeno Kitty, non lo faceva da stamattina in mensa e, mentre camminavo più lontana da lui, sentivo in me qualcosa spezzarsi.

Ma non mi voltai.

Quando tornai a casa in taxi, entrai silenziosamente, visto l'ora tarda, e mi chiusi in camera mia e in me stessa.

Anche se litigavamo per ogni cosa, anche se aveva quel carattere orribile e rozzo, anche se aveva quella cattiva abitudine di chiamarmi in quel modo che solo lui poteva fare, anche se non era il principe azzurro delle fiabe che leggevo da piccola, Simon sapeva essere anche dolce con me, cercava di proteggermi e difendermi a modo suo, era un ragazzo che, oltre l'odio, poteva provare anche altre emozioni e, anche se da poco, era entrato nel mio cuore.

Semplicemente mi ero innamorata di quello stronzo e solo adesso me ne rendevo conto, probabilmente solo adesso che avevo capito di averlo perso.

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