Chapter IV - Annoying

Un odore di frittele mi arrivò dritto alle narici, facendomi corrucciare il naso.

Aprì gli occhi lentamente mentre la luce del sole filtrava dalla finestra.

Mi misi a sedere sui gomiti mentre una maglietta bianca, mi sfiorò la coscia nuda.

Mi stropicciai gli occhi e cominciai a ricordare la serata precedente.

Rabbrividì.

Non mi ero divertita affatto.

Allarmata mi toccai le guance, ero convinta di trovare punti o tagli ma non toccai nulla, le mie guance erano perfettamente lisce e morbide.

Sbiancai e guardai la maglietta bianca che avevo addosso, aveva un odore familiare ma non riuscì subito a capirlo, la mia mente era da tutt'altra parte.

Mi guardai attorno, quella non era casa mia e non era nemmeno la mia stanza.

Trattenni il fiato poiché un urlo giunse alle mie orecchie «io vi avevo avvertito, non dovevate entrare in contatto con lei» la sfuriata che sentì apparteneva ad una voce che io non conoscevo e l'ansia crebbe a dismisura.

Ma dove mi ero cacciata, avevo paura.

Guardai a destra e intravidi la finestra di camera mia.

Santo Iddio.

«Matthew non capisci!» stavolta la voce apparteneva ad una ragazza che riconobbi essere Layla.

Fu allora che collegai.

Ero a casa dei Pevensie, nel letto e camera di Simon e praticamente mezza nuda.

Arrossì.

Ma questo non mi distrasse dal fatto che non ci stessi capendo nulla.

Ma perché non capivo mai niente, ero stufa di essere sempre allo scuro di tutto «per la prima volta anch'io ho un'amica normale! Un'amica che anche vedendo cose strane, non é fuggita a gambe levate, ti prego» la sua voce era spezzata mentre il mio cuore si riempiva di gioia, ero felice che mi considerasse già sua amica ma i miei dubbi erano sempre li stessi.

Si sentì un sospiro e l'uomo, che credevo si chiamasse Matthew, ricominciò a parlare «Layla lo so come stai e come ti senti ma so anche che noi non possiamo entrare a contatto con loro, finiremo ammazzati, finiremo come Jones» si sentì un tonfo mentre Layla cercava di parlare.

Chi diamine era Jones «mi dispiace, io e Simon abbiamo deciso di entrare in questa situazione, tu e gli altri non c'entrate nulla, statene fuori»
si sentì un colpo e, incuriosita dalla situazione, mi alzai lentamente.

Avvertì dei brividi di freddo quando i miei piedi toccarono il freddo del pavimento, cercai di non pensarci troppo e mi sporsi attraverso la porta.

Layla era seduta nel divano mentre Simon stava bevendo qualcosa appoggiato alla parete, di fianco a loro un uomo era seduto a terra con i vestiti fracassati, credevo fosse Matthew ma non ne ero sicura.

Accanto a lui si trovava un'altra ragazza e il mio cuore sobbalzò «a me non interessa nulla, sono d'accordo con Matthew, sto cercando di essere sua amica per distruggerla e far si che si allontani da noi, da te Simon. L'hai guarita e ora brilla come una pallina di Natale! Hai idea del pericolo che hai provocato sia a noi che a lei? Adesso sarà sotto l'occhio del mirino da tutti quei succhia sangue senza cervello!» Lydia aveva alzato la voce.

Senza fare rumore mi appoggiai alla parete.

Quelle parole avevano fatto male, a lei non importava nulla di me e chissà che essere era.

Mi guardai, non stavo brillando per niente, avevano qualche problema.

Nonostante ciò rimasi turbata, i vampiri esistevano e uno di loro mi aveva attaccata.

Adesso però capivo perché non avevo tagli o graffi, Simon mi aveva guarita con non so quale medicina strana, si era così e Lydia si sarà ubriacata troppo.

A tutto c'era una spiegazione tranne alla mia aggressione, pensavo che i vampiri esistessero soltanto nei film che giravo o nei libri che leggevo ma, a quanto pare, non era così.

Le parole di Dawson mi risuonarono in testa.

Che diamine significava "la puzza di lui", ma di chi poi?

Guardai ancora attraverso la porta. Simon si stava torturando i capelli, segno che era nervoso
«non ho deciso io di entrare in questa situazione, é stata lei a entrare nelle nostre vite senza che noi ce ne accorgessimo» si grattò la nuca nervosamente «e credo che siamo legati in qualche modo, ma non capisco in quale» gli occhi di Lydia divennero di un castano lucente, mentre la rabbia cominciava a salirle in corpo, glielo leggevo in faccia.

Layla invece era felice come un bambino a cui si dava un uovo di pasqua.

Un caldo mi si sprigionò lunga la nuca e, prima che Simon si girasse verso la mia direzione, mi nascosi dietro la porta.

Volevo capire ancora, stranamente anch'io mi sentivo legata a lui
«hai idea delle bestialità che stai dicendo? Siamo destinati, stavamo insieme l'anno scorso, poi tu hai deciso di mollarmi! É tutto destinato, gli anziani vogliono un nostro matrimonio e un nostro futuro insieme per susseguire la nostra generazione, non puoi mandare tutto a monte per un'umana!» avrei voluto un quaderno per appuntarmi tutto questo.

Mi sentì avvolgere da una gelosia mai provata prima, porca miseria non potevo essere gelosa di Simon e Lydia, non li conoscevo nemmeno bene
«io non sto mandando a monte niente e onestamente me ne sto fottendo degli anziani, io non ti amo e senza amore non voglio avere una relazione con te e con nessun'altra» il mio cuore fece una capriola.

Oh, eddai, ero ridicola.

Lydia strinse i pugni e io corsi silenziosamente, e velocemente, verso il letto, facendo finta di dormire e di non aver sentito nulla «vado a vedere come sta» concluse Simon, lanciando una veloce occhiata a Layla.

Richiusi gli occhi mentre nella mia mente urlavo cose senza senso: non venire, non venire, non venire.

Sfortunatamente non fu così e il mio cuore andò a quel paese, Simon si avvicinò a me e un odore di borotalco mi arrivò dritto alle narici.

Mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte e, stranamente, gli fui grata di quel gesto, ma il mio cuore no.

Sperai con tutta me stessa che le mie doti d'attrice non mi abbandonassero proprio ora.

Mi accarezzò la guancia delicatamente, nel suo tocco potevo percepire la frustrazione «te lo giuro, se solo avessi voluto, non ti avrei trascinata in questa situazione ma sono troppo egoista» il mio cuore accelerò, sentivo le lacrime salirmi in fretta e un'angoscia mi si sprigionò per tutto il petto «mi sono sentito impotente, all'inizio non pensavo ti facesse qualcosa, vi ho fissati a lungo, ho visto come si comportava con te e non mi sembrava avere cattive intenzioni. Ti ho lasciata andare con lui e dopo un po' ho sentito l'ansia crescermi in petto, ti ho cercata con gli occhi ma non ti ho vista, poi però ho sentito quella maledetta puzza e l'ho seguita, poi ho visto tutto e oddio Kitty mi dispiace tanto» stavo per scoppiare in lacrime, non era giusto sia verso i suoi confronti che verso i miei.

L'avevo trascinato in una situazione terribile e lui ora non poteva fare il dolce con me, dopo che si comportava sempre da stronzo, era ingiusto!

Continuò ad accarezzarmi i capelli per minuti, non volevo che smettesse, perché sapevo che quella sua vulnerabilità non ci sarebbe più stata quando mi sarei svegliata, o meglio, quando lui mi avrebbe visto sveglia «non so perché ti ho raccontato tutto, però so che adesso devi stare sotto la mia sicurezza, sei esposta troppo» sospirò ancora più frustato, poi allontanò velocemente la mano e uscì dalla stanza.

Aprì gli occhi lucidi e mi toccai i capelli, in qualche modo mi ero sentita protetta e questo non mi dispiaceva affatto.

Arrossì fino alla punta dei capelli quando mi accorsi di essere in mutande, me l'ero tolto dalla mente, la maglietta era sua e lo capì dall'odore, sperai con tutte me stessa che mi avesse cambiato Layla.

Comunque secondo me ieri si sono ubriacati un po' tutti e ora credevano brillassi, ma non era così.

I vampiri esistono e voglio indagare su questa storia.

Insomma, stavo quasi per morire!

Qualcuno bussò alla porta, stroppiciandomi gli occhi, mi girai, era Layla ed ero felicissima di vederla «sei sveglia» mi disse facendomi un ghigno «lo sei da quando mio fratello é uscito» beh, lo sono da quando loro discutevano.

Tuttavia arrossì comunque e annuì.

Lei si avvicinò e si sedette al bordo del letto «quando lo ammetterai?» la guardai confusa mentre lei alzava gli occhi al cielo «che ti piace mio fratello»
la guardai male e sperai che me le mie guance non si fossero colorate di rosso
«lo conosco da poco e già sono successe un sacco di cose» lei sembrò turbata ma sforzò un sorriso «esiste il colpo di fulmine» cercai di sviare il discorso e guardai da tutte le parti.

La stanza di Simon mi piaceva tantissimo, anche perché era rossa ed io amavo il rosso.

Eppure, avevo sempre una strana sensazione e un dubbio mi balenò in mente «dov'è il mio vestito e cos'è successo ieri sera?» sperai che non mi mentisse ma non fu così «hai bevuto troppo e stavi quasi per svenire, così ho chiesto a Simon di accompagnarti a casa ma tu non riuscivi nemmeno a camminare, così ti abbiamo portata qui» fece una smorfia di disgusto quando continuò la frase «io e Lydia ti abbiamo aiutato a cambiarti» e in quel momento capì molte cose.

Lei non sopportava Lydia, come io non sopportavo il fatto che tra noi ci fossero dei segreti.

Ma d'altronde non potevo biasimarla, ognuno di noi ne aveva almeno uno.

Come una stupida annuì, dovevo dirle che sapevo dei vampiri e sapevo che in qualche modo anche loro ne erano coinvolti, dovevo dirle che volevo sapere, dovevo dirle tante cose ma non dissi nulla e la ringraziai per tutto.

***

Quando rientrai in casa, avevo addosso la maglietta di Simon e dei pantaloncini di Layla che mi calzavano abbastanza bene.

Mia madre mi accolse alla porta tutta pimpante e mi squadrò da capo a piedi «allora, com'è andata ieri sera? Ti sei divertita? Potevi dirmelo prima di uscire che restavi a dormire da Layla» non sapevo cose dirle, cosa molto strana «tutto bene, non sapevo nemmeno io che sarei rimasta da Layla» lei stette per ribattere ma io salì velocemente in camera mia, posando il vestito e le scarpe sulla scrivania e buttandomi sul letto.

Avevo bisogno di staccare e, improvvisamente, sprofondai in un sonno che durò fino alle 17:00, quando qualcuno suonò alla porta.

Stranamente nessuno era in casa, nemmeno Chiyo, così dovetti andare io ad aprire.

La porta suonò più e più volte mentre io, ancora mezza assonnata, cercavo di non cadere dalle scale.

Quando mi avvicinai all'entrata un caldo mi si sprigionò per tutta la nuca e, prima che potessi riflettere, aprì la porta ancora vestita da quando ero uscita da casa Pevensie e scalza mentre mi stropicciavo gli occhi.

Simon era davanti a me con i soliti capelli biondi arruffati e con due caschi in mano, lo guardai mezza assonata mentre lui mi squadrava da capo a piedi «non si squadrano le signore» gli dissi, con i capelli super arruffati, gli occhi ridotti a due fessure e la voce impastata di sonno.

Lui sorrise tranquillo, un sorriso che per la prima volta non era un ghigno
«che vuoi?» gli chiesi, poco dopo, scorbutica, aveva interrotto il mio sonnellino pomeridiano.

Lui sembrò diventare serio e triste, d'un tratto lasciò cadere i caschi e si posizionò a un palmo dalla mia faccia «esci con me, ti prego» avvampai rossa come un peperone e mi allontanai da lui «ma che sei scemo? perché dovrei?»
lui si grattò la testa, facendo due passi indietro.

Io deglutì rumorosamente e lo guardai ancora rossa, poi Simon mi fissò negli occhi «mia sorella si é presa le chiavi della mia Dorothy» corrucciai la fronte e ora chi era Dorothy.

Lui sembrò capirmi e riprese a parlare «Dorothy é il mio unico vero amore. Dorothy é la mia macchina e se io non esco con te non rivedrò mai più le chiavi e non potrò più guidarla»
dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere, peccato che i miei occhi mi tradirono.

Dai era un colpo basso, mi faceva schiattare dal ridere «non ridere» mi urlò «scusami, è più forte di me, mi dispiace ma si deve essere proprio disperati» lo fissai ancora più male quando presi coscienza.

Il il mio orgoglio si fece in mille pezzi, lui voleva uscire con me solo perché Layla glielo aveva imposto, lo fissai in cagnesco, fulminandolo con lo sguardo «non uscirò mai con te quindi puoi dire bye bye a Dorothy» stavo per chiudergli la porta in faccia ma lui fu più veloce di me ed entrò in casa.

Si sedette sul divano all'ingresso e, stiracchiandosi, mi fece il solito ghigno
«finché la gattina non accetta di uscire con me, io non mi muovo da qui. Rivoglio indietro la mia Dorothy» ed in quel momento capì che sarebbe stata una lunga serata.

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