Una storia lontana

Ci erano volute settimane affinché Emma riuscisse a raccontare a Laura e Marta come aveva abortito: fu ai primi di maggio che riuscì a confessare alle amiche che la sua gravidanza era a rischio, che la ginecologa Dondi era venuta fino a casa sua per dirle che ci sarebbero state delle complicazioni e che avrebbe potuto perdere suo figlio - quel figlio che tanto aveva voluto - da un momento all'altro.
Aveva parlato di utero ostile.
La perdita del feto era avvenuta mentre i colleghi erano in gita ad Amburgo; Vito l'aveva portata in ospedale con l'ambulanza, ed era stato Gabriele a dirle che il bambino non c'era più.
Qualche settimana dopo Emma sembrava essersi ripresa, ma Laura era seriamente preoccupata, non solo perché era il modo sbagliato per esorcizzare il dolore, ma anche perché tra lei e Vito il dialogo era andato diminuendo: fino a prima del viaggio ad Amburgo la Castelli non conosceva momento in cui la sua migliore amica e il suo compagno non stessero insieme, intrecciati come piante rampicanti e uniti come se si amassero solo loro nel mondo; da quando Emma aveva abortito, però, era come se vivessero su due pianeti diversi, uno da una parte e l'altra dalla parte opposta: ma mentre Vito, dopo essersi confidato con sua madre, stava metabolizzando con sobria dignità la paternità mancata, la Di Nardo mascherava il dolore dietro un'innaturale leggerezza, elargendo sorrisi a tutti e forse addirittura bevendo: Laura e Marta si erano messe a sentirle l'alito perché era da dopo la Festa del Lavoro che si era fatto pesante e pregno dell'aroma inconfondibile della grappa.
Di tutto questo se n'era accorto anche Lojacono, tanto che aveva voluto cercare nelle due colleghe delle alleate per capire se la sua fidanzata si stesse rovinando con le sue stesse mani.
<< Ragazze, sono preoccupato per Emma >> esordì un giorno, davanti alla macchinetta del caffè, mentre osservava la collega e compagna ridere e scherzare con Claudia e Umberto Cecchi.
<< Effettivamente l'amicizia tra quelle due non è una buona idea. Non che io voglia parlare male di Claudia, ma lo sanno tutti che cambia uomini così come si cambiano gli indumenti... >> commentò Laura.
<< Vedo che comprendete la gravità del problema quanto me. Temo che veramente la perdita di nostro figlio possa essere la mazzata finale per noi due... >> sospirò il docente di Educazione Fisica.
<< Non dirlo neanche per scherzo, Vito! Emma ti ama, e anche se sta rispondendo a questo dramma nella maniera più sbagliata, non penso che arriverà mai a tanto... >> lo interruppe la Castelli.
<< Laura ha ragione, stai tranquillo. La sorveglieremo noi >> promise la Storione.
Lojacono se ne andò un po' rasserenato, mentre le due insegnanti si guardarono tra loro con fare apprensivo: davanti a lui avevano minimizzato, ma la loro preoccupazione per Emma era molto più grande del previsto.

                                      ***

Da dopo la gita scolastica era cambiato qualcosa anche tra Marco e Serena: quella passione, venuta fuori non subito, ma in maniera dirompente, sembrava andare spegnendosi; la Vismara pareva avere un impegno a sera pur di diminuire il tempo a disposizione del fidanzato.
Il giovane Bilello non capiva quello che passava nella testa della ribelle ragazza, ma pensava che fosse solo un periodo, che magari aveva dei problemi a casa, o magari al lavoro, nel locale dove ballava.
Non immaginava di essere maledettamente lontano dalla verità; quel giorno a ricreazione Serena aspettava una persona, sulla terrazza del liceo, ma quella persona non era Marco, bensì Cesare Durantini.
<< Ce ne hai messo di tempo... >> lo accolse nervosamente la Vismara.
<< Aho, mica dovevamo venì insieme, ce potevano sgamà... >> protestò il giovane.
<< Lo sai bene che quello che è successo non doveva succedere. Sono fidanzata >> puntualizzò la ragazza.
<< Sì vabbè... Te l'ho detto na marea de vorte che Marco nun è giusto pe te... >> sbuffò lui.
<< Sì, ma ormai mi sono affezionata a lui. È uno dei pochi ragazzi che sa il mio segreto, e non mi giudica... >> ricordò lei.
<< Manco io te giudico, Serè >> precisò l'uno.
<< È complicato >> si schermì l'altra.
<< O magari perché secondo l'ottica de tu madre 'a fija dell'ingegnere cor fijo dell'autista dell'Atac nun ce po stà... >> la provocò il primo.
<< Ma vaffanculo, Cesare... Mia madre non è classista... Ma la nostra è stata soltanto un'avventura di qualche sera, un'avventura che non può ripetersi... >> rispose la seconda.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, finché non furono colti dalla campanella di fine ricreazione che spandette il suo suono dal basso.
<< Dai, torniamo in classe... >> lo esortò Serena.
Cesare non replicò: forse la ragazza non avrebbe mai avuto il coraggio di aprire il cuore ai suoi sentimenti per lui, ammesso che ce ne fossero.

                                    ***

In quarta ora quel giorno c'era buco in I C e perciò Samira colse l'occasione per chiedere ad Ivan come andasse con i suoi progetti futuri in campo musicale, nel tentativo di farli accettare a suo padre e a suo fratello.
<< E come vuoi che vada? Ogni volta che nomino la musica, mio padre si fa una risata, dicendo che sicuramente entrando in ditta mi andrà via questa fissa da femminuccia... >> rispose Bertovicz.
<< E tuo fratello? >> tentò allora la Taheri.
<< Igor gli viene dietro. È esattamente il figlio che mio padre vuole, e io gli devo somigliare, pena il disconoscimento >> replicò lui.
<< Allora tua madre... >> ipotizzò a quel punto lei.
<< Mia madre è sottomessa a mio padre, non prenderebbe mai le mie parti contro di loro... >> ribatté l'uno.
<< E hai intenzione di suonare a Via del Corso per i turisti fino al diploma? >> fece l'altra.
<< Perché, tu non vedi l'ora di farti chiudere dentro casa da Abdul? >> la sfidò il primo.
<< Non ti permettere... >> saltò su la seconda, piccata.
<< Scusa. Ma sai che dico la verità. Sei la migliore della classe, vuoi studiare all'università e il matrimonio con quello là ti chiuderà tutte le porte per sempre! >> decretò il bulgaro.
<< Abdul e io siamo stati promessi da piccoli, non posso ribellarmi a questo! >> esclamò la pakistana.
<< E invece tu non sei sottomessa alla tua famiglia come io non lo sono alla mia. Abbiamo quasi diciassette anni a testa e viviamo in un Paese libero, Samira. Dobbiamo costruire le nostre vite, non quelle che ci hanno imposto le nostre famiglie! >> dichiarò il giovane.
<< Allora tu che puoi prendi l'iniziativa, visto che sono mesi che dici di voler comunicare la tua scelta ai tuoi e puntualmente ti manca il coraggio >> concluse con un sospiro la ragazza. Ivan non tornò più sull'argomento: voleva bene a Samira molto più che come un semplice amico, ma temeva che lei non si sarebbe mai ribellata al suo destino già scritto.

                                       ***

Nella sala di proiezione della scuola Nina, con un permesso speciale del preside, ricontrollava i filmati degli ultimi mesi di "convivenza" dei prof De Sanctis e Piani, che stava sfociando verso l'antica amicizia perduta.
Nelle sue cuffie risuonavano le note del singolo "Io non abito al mare" di Francesca Michelin, che rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo:

Non m'intendo d'amore
Non lo so spiegare
Non m'intendo di te
È per questo che non vieni con me
Io non abito al mare
Non lo so immaginare
È ora di andate a dormire
È la mente che ci porta via
Oltre queste boe
Sembra una bugia
Perché non so nuotare

Prima di conoscere Paolo, Nina non sapeva cosa fosse quella sensazione che non subito poteva dirsi amore, a metà strada tra le farfalle nello stomaco e i macigni negli intestini, che l'attimo prima ti faceva toccare il cielo con un dito e l'attimo dopo ti faceva stare sei metri sotto terra: qualcosa che con Ivan, pur amandolo, non avrebbe provato mai; il giovane Bertovicz l'amava di un amore cavalleresco che la faceva stare bene ma sentiva che la passione, quella vera, era un'altra cosa; era come perdersi in mare aperto senza saper nuotare.

Queste cose vorrei dirtele all'orecchio
Mentre urlano e mi spingono a un concerto
Urlarle dentro un bosco, nel vento
Per vedere se mi stai ascoltando
Queste cose vorrei dirtele sopra la techno
Accartocciarle dentro un foglio e poi centrare un secchio
Stasera non mi trucco che sto anche meglio
Ma perché tu non mi stai ascoltando
Non mi stai ascoltando

Ci aveva provato in tutti i modi a far capire a Paolo i suoi sentimenti, per due anni, ma non c'era stato niente da fare: più lei provava a mandargli messaggi subliminali, più lui travisava, credendola soltanto una buona amica.
Avrebbe voluto fermarlo, urlargli in faccia tutto quello che le si era attanagliato nel petto, ma il giovane Amato sembrava non avere occhi che per Alice Rigoni.
A un certo punto sentì attraverso le cuffie il rumore di qualcuno che bussava.
<< Nina, ma me stai a sentì? >> la richiamò questi.
La Mazzanti si tolse le cuffie e mise in pausa il brano.
<< Come mai sei qui? Non vuoi essere interrogato in Greco? >> lo prese in giro lei.
<< Cecchi m'ha mandato a riprende l'occhiali, che sennò nun vede na mazza >> spiegò lui, cercando l'oggetto desiderato.
<< Eccoli >> lo aiutò la ragazza.
<< Grazie. Comunque vieni che nun me va de stà da solo proprio durante Latino e Greco... >> la pregò il giovane. Tra le righe Nina lesse un goffo tentativo di affetto, forse anche più in là della semplice amicizia. Ma magari stava immaginando tutto.
<< Tra poco ho fatto... >> lo rassicurò.
Paolo si congedò, uscendo e tornando in classe più tranquillo.
Nel frattempo la giovane riattivò la canzone, soffermandosi su una strofa in particolare:

Una serie di emozioni da evitare
Forse è meglio che parliamo di università
O della serie A

Se anche Paolo avesse capito ciò che lei provava per lui, Nina pensò che fosse troppo presto, che i tempi fossero ancora poco maturi per parlare d'amore, che era meglio che discutessero ancora di argomenti generali.

                                      ***

Quella sera Abdul era venuto a cena a casa dei Taheri; ci veniva un po' troppo spesso ultimamente, per i gusti di Samira: non aveva neanche finito le superiori e già doveva sopportare un matrimonio combinato alla sua nascita con un ragazzo come Khan che non si era neanche minimamente integrato nel modello di vita occidentale.
Ormai mancavano poche settimane alla fine della scuola e la ragazza si era imposta di comunicare alla sua famiglia che le sarebbe piaciuto continuare a studiare, dopo il diploma: ma la presenza quasi costante di Abdul in casa le faceva temere non solo il fatto di dover rinunciare a questo suo sogno segreto, ma anche di rinunciarci prima del previsto. Non aveva neanche diciassette anni, ma a causa dell'essere promessa sposa gliene faceva sentire addosso almeno dieci di più; ma negli ultimi mesi aveva avuto a che fare con Ivan e la sua voglia di entrare in Conservatorio, andando contro il volere di suo padre e suo fratello che lo desideravano muratore come loro; le loro similitudini li avevano avvicinati molto e, sebbene avessero accanto persone diverse - lei Abdul, lui Nina - la Taheri sentiva che ormai nel suo cuore c'era posto solo per il giovane Bertovicz.
Tuttavia nel momento in cui Samira scese a cena, poté constatare che gli sguardi non erano puntati su di lei, ma su suo fratello Bilal.
<< Cosa sta succedendo? >> domandò per capirci meglio qualcosa.
<< Oggi tuo fratello avrà una lieta notizia >> esordì sua madre Aisha.
<< Quale lieta notizia? Di cosa state parlando? >> scattò subito Bilal, guardando prima la madre, poi i fratelli minori.
<< Ho ricevuto una lettera dal signor Ahmed, il padre di Aziza, la tua promessa sposa. I raccolti degli ultimi anni sono stati particolarmente fruttuosi, permettendo alla famiglia di accumulare una cospicua dote nuziale tale da poter anticipare le nozze >> rispose Amir.
<< Anticipare cosa? >> fece subito il maggiore dei Taheri, facendo cadere le posate nel piatto.
<< Ma le nozze, figlio caro. Si potranno celebrare molto presto! >> esclamò la signora Taheri.
<< Presto quanto? >> li incalzò Bilal, sempre più preoccupato. Samira guardò il fratello, sapendo ciò che gli passava per la testa: avrebbe dovuto lasciare Irene Bussolati di punto in bianco, e tutti nel quartiere sapevano che la ragazza soffriva di tendenze suicide.
<< Se tutto va bene, alla fine di giugno >> decretò il capofamiglia.
Bilal non ebbe più appetito per tutta la sera: il pensiero di comunicare quella notizia ad Irene gli pesava sullo stomaco come un macigno.

                                      ***

Il giorno successivo Alice notò che Marco era strano, nervoso. Era vicino al portone e guardava continuamente lo smartphone.
<< È tutto a posto? >> domandò la Rigoni.
<< Alice... Ecco, io... Ho dei problemi, credo >> rispose velocemente Bilello.
<< Credi, o è così? >> chiese la ragazza.
<< Da qualche tempo non capisco più Serena. È strana, sfuggente. Ricordo che all'inizio della nostra relazione mi ha voluto lei, e invece adesso sparisce >> spiegò il giovane.
<< Magari è agitata per le aspettative della madre e della sorella su di lei? >> ipotizzò lei.
<< Dici? >> fece allora lui.
<< È plausibile. Lo sappiamo bene entrambi che lei non vuole diventare né ingegnere come la signora Vismara e Immacolata, né psicologa come suo padre, il signor Walter. Ma ha quasi diciannove anni, e tutto il diritto di decidere da sola! >> replicò l'una.
<< Forse hai ragione tu. Forse è solo agitata per il futuro... Ma perché non me ne ha parlato? >> volle sapere l'altro.
<< Perché è una ragazza forte, che non ammette le proprie fragilità e le proprie debolezze >> disse la prima.
<< Non c'è niente di male se una donna ammette le proprie debolezze. O un uomo. Siamo umani, mica cyborg >> commentò il secondo.
<< Diglielo allora >> lo consigliò Alice. In quel momento arrivò Paolo, e scese dal motorino, togliendosi il casco proprio mentre la sua fidanzata stringeva la mano a Marco.
<< Buongiorno, amò. Allora annamo a scola? >> esordì.
Alice abbassò lo sguardo, imbarazzata. Poi lo rialzò verso il suo ragazzo.
<< Eccomi >> confermò.
Rivolse un'ultima, timida occhiata al giovane Bilello, dopodiché seguì Paolo che le consegnava il suo casco.
Poi salì sul motorino di lui, questi mise in moto e divennero presto un punto in fondo alla strada, che Marco seguì fino alla fine.

                                     ***

Dal giorno in cui era rientrata a scuola dopo aver perso il figlio che portava in grembo, Emma si era avvicinata sempre più spesso agli alcolici: ma se prima si limitava ad allungare il caffè con la grappa, ormai si era letteralmente attaccata alla bottiglia di Prosecco, se non addirittura a quella di Cognac; i ragazzi delle varie classi, quando c'erano le sue ore, tenevano aperte tutte le finestre, e non di certo perché era primavera inoltrata, e chi era eventualmente allergico al polline si drogava di cortisone piuttosto che morire asfissiato dall'alito pesante della prof Di Nardo.
Quel martedì però aveva bevuto un po' troppo durante la ricreazione, e sarebbe stramazzata a terra, per di più davanti all'irritante bidello Marioni, se due forti braccia non l'avessero raccolta in tempo: Emma sollevò gli occhi e si ritrovò davanti Umberto Cecchi.
<< Umberto... >> commentò imbarazzata.
<< Non sei la prima donna che ho visto perdere il controllo con l'alcol, ma mai durante l'orario scolastico... >> sdrammatizzò il collega.
<< E anche se lo perdessi davanti a tutti, cosa importa ormai? Non sono riuscita a diventare madre, ma forse non riuscirei nemmeno a fare il mio lavoro, anzi leva il forse... I ragazzi aprono le finestre quando ci sono io... >> confidò lei.
<< Immagino non perché faccia caldo... >> ipotizzò lui.
<< Non giudicarmi almeno tu, se puoi... La signora Lojacono mi considera un involucro vuoto, Vito mi guarda come se gli facessi pietà, poi ci sono Laura e Marta che si accollano tipo sorelle maggiori fastidiose... >> lo pregò l'una, aggrappandosi alla giacca dell'altro.
<< Non pensi che qualcuno possa guardarci? >> la fece ragionare quest'ultimo.
<< E allora che ne dici se andiamo nella sala docenti? >> lo invitò la donna con un tono di voce torbido.
<< Emma... >> tentò di tenerla a freno Cecchi, ma la Di Nardo gli si buttò letteralmente addosso, baciandolo e spingendolo dentro l'aula docenti.
Proprio in quel momento Alice passava per tornare in classe dopo essere andata in bagno, sempre con la fedele Reflex al collo: scioccata dalla possibilità che un amore solido come quello dei prof Di Nardo e Lojacono potesse finire così, da un momento all'altro, immortalò la scena con il suo infallibile flash.

                                      ***

Poche ore dopo, Irene si presentava all'appuntamento che le aveva dato Bilal sul retro del suo ristorante: si era vestita bene perché il ragazzo aveva specificato di doverle comunicare una cosa importante; nelle cuffie del suo iPod risuonavano le note di "Nessun posto è casa mia" di Chiara Galiazzo:

Nessun posto è casa mia
Ho pensato andando via
Soffrirò nei primi giorni ma
So che mi ci abituerò
Ti cercherò nei primi giorni ma
Poi mi abituerò

Non aveva idea di ciò di cui le voleva parlare, le ipotesi erano molte e si affollavano nella sua testa; la più preponderante era l'idea che il giovane Taheri avesse deciso di ripudiare la sua promessa sposa in Pakistan per poter stare finalmente con lei.
Con nessuno dei ragazzi che aveva amato negli anni precedenti si era mai sentita a casa: Bilal era il primo che le aveva fatto trovare la pace interiore che le era sempre mancata a causa di quel padre che non aveva mai conosciuto e che aveva sempre cercato negli uomini.

Perché si torna sempre
Dove si è stati bene
E i posti sono semplicemente persone
Partenze improvvise,
Automobili, asfalto
Le ombre di una notte in provincia
Il coraggio di chi lascia tutto alle spalle e poi ricomincia

Quando se lo vide davanti, interruppe la musica e gli corse incontro col più raggiante dei sorrisi.
<< Amore mio! >> esclamò, buttandogli le braccia al collo per baciarlo, ma lui la tenne a distanza.
<< Che succede? >> domandò subito, perplessa dall'atteggiamento del suo fidanzato.
<< Qualche giorno fa i miei genitori mi hanno parlato di Aziza >> esordì Bilal.
<< Aziza... La tua promessa sposa? >> volle sapere Irene.
<< Sì, lei. Gli affari della sua famiglia sono andati molto meglio del previsto... >> continuò lui.
<< E questo cosa vuol dire? >> insistette lei.
<< Le nostre famiglie vogliono anticipare le nozze >> disse Taheri, le parole che caddero addosso alla Bussolati come una doccia fredda.
<< A... a quando? >> fece la ragazza, con voce strozzata.
<< Alla fine di giugno >> precisò l'uno.
L'altra si sentì come se il giovane le avesse dato un pugno nello stomaco: stordita come quando, due anni prima, si era lasciata con Tiziano Bini, il suo fidanzato di allora, il quale aveva deciso di troncare la relazione perché "non voleva stare con una matta".
<< Irene... >> aggiunse Bilal, tendendole una mano.
<< Lasciami... >> replicò Irene, con un filo di voce e correndo via. Prese l'iPod e riprese la canzone, e mentre le lacrime le rigavano le guance, arrivò al portone di casa che già la Galiazzo era giunta ai versi finali:

È l'amore che passa
Si ferma un momento
Saluta e va via
È l'amore che rende
I tuoi silenzi casa mia

Aprì la porta di casa con le mani che le tremavano, la chiuse sbattendo, corse in camera sua, si buttò sul letto e pianse tutte le lacrime che aveva negli occhi.


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