Nuovi colleghi e vecchi rancori

La mattina del 17 settembre Laura parcheggiò di fronte al Da Vinci e prima di entrare emise un grosso sospiro: tante cose sarebbero cambiate, a partire dal preside, tale Clemente Urbani, che aveva convocato tutto il corpo docenti per fare il suo discorso d'insediamento; avevano fatto il suo nome una settimana prima, e si vociferava che fosse appassionato di teatro: forse avrebbe apprezzato il fatto che proprio l'anno prima, grazie all'inventiva brillante di Sara Michetti - una delle alunne che si erano diplomate a luglio 2018 - era stato creato nel liceo un laboratorio teatrale il cui coordinatore era il professor Lorenzo Di Cataldo, docente di Religione nonché uno dei pochi superstiti al ricambio degli insegnanti, insieme a lei, ad Emma Di Nardo e a Vito Lojacono.
<< Laura! >> la salutò proprio la docente di Letteratura Inglese, venendole incontro sorridendo: l'anno precedente aveva trovato l'amore proprio nel collega di Educazione Fisica e progettavano di costruire una vita insieme.
<< Emma! Ti trovo bene... >> ricambiò la Castelli.
<< Oh sì... Vito e io stiamo cominciando a vedere alcune case, solo che c'è un problema: sua madre >> spiegò la Di Nardo.
<< Non mi dire che siete diventati i nuovi Cristina e Andrea... >> sperò l'una, riferendosi ai due ex docenti di Letteratura Italiana e di Latino e Greco al Da Vinci, ovvero i colleghi Guarnieri e Delpino, che avevano trovato la serenità ma non senza aver fatto i conti con il ricco e invadente padre di lei.
<< Mi auguro proprio di no. Il fatto è che Vito è l'unico figlio maschio, e la signora Carmela è una di quelle tipiche madri del Sud attaccate morbosamente ai figli... >> commentò l'altra, che non aveva mai fatto campanilismi in vita sua, ma adesso le apparivano evidenti le differenze tra i napoletani Lojacono e la sua di famiglia, che invece era torinese.
<< Sono sicura che appena Vito conoscerà bene i tuoi si sentirà bacchettato quanto te >> dichiarò la prima.
<< Così non mi aiuti... >> si lamentò la seconda, mentre si dirigevano verso lo studio del nuovo preside.
<< Andiamo, Emma... Stai solo attraversando quello che attraversano tutte le coppie appena si mettono insieme. Pensi che Gabriele e io siamo stati immuni? >> ribatté la docente di Letteratura Italiana.
<< Immagino di no... Anche se a me sembrate sempre la coppia perfetta, adesso che siete soli ancora di più... >> affermò quella di Letteratura Inglese.
<< Vorrei pensarlo anch'io. Casa ci sembra terribilmente vuota senza Franco e Alberto. Ma adesso pensiamo a conoscere questo nuovo preside e i colleghi appena arrivati... >> replicò Laura, mentre accedevano all'ufficio di colui che avrebbe guidato il liceo classico Leonardo Da Vinci.

                                       ***

Clemente Urbani assomigliava, almeno a prima vista, più ad un direttore d'orchestra che al preside di un liceo: capelli brizzolati spettinati, camicia aperta e giacca lunga nera, Laura ed Emma si aspettavano da un momento all'altro che avrebbe tirato fuori una bacchetta per pronunciare il suo discorso.
Nel frattempo erano arrivati anche gli altri docenti: Laura riconobbe Vito Lojacono, che si posizionò subito vicino a loro, e Di Cataldo, pronto a sorbirsi un'eventuale digressione sul teatro da parte di Urbani; i professori storici videro la stanza affollarsi di nuovi volti: un austero uomo con gli occhiali e l'aria burbera; un distinto professore in giacca e cravatta; una giovane insegnante dall'aria spigliata; e infine un docente che doveva avere poco più di quarant'anni, con la camicia a quadri, gli occhiali rettangolari e i capelli castani ricci: lo sguardo della Castelli si soffermò a lungo su di lui, per poi girarsi verso il preside che si schiariva la voce.
<< Care professoresse e cari professori, volti storici e nuovi acquisti. Sono veramente onorato di essermi insediato qui, in questo liceo che dal fondo si è risollevato fino a toccare le stelle... >> esordì, portando le braccia in alto.
I professori cominciarono a seguire il filo del discorso, chiedendosi dove volesse andare a parare quell'Urbani.
<< Come avrete sentito, la mia più grande passione è il teatro. È così che vedo la scuola: come un teatro, ma non nella sua concezione classica, bensì come lo vedeva Pirandello; noi tutti - docenti, alunni e collaboratori - siamo come Oreste che scopre uno strappo nel cielo di carta: ed è a questo che ci serve lo strappo, a guardare oltre, a rendere il Da Vinci non un semplice liceo, ma la scuola a cui tutti vogliono iscriversi! >> esclamò Clemente Urbani con enfasi crescente.
<< È un genio! >> sussurrò Di Cataldo all'orecchio sinistro di Laura.
<< È un pazzo! >> sussurrò invece uno dei nuovi professori all'orecchio destro della Castelli.
Quest'ultima si girò verso di lui.
<< Umberto Cecchi, Latino e Greco. Il paragone tra la scuola e il teatro pirandelliano è la cosa più assurda che io abbia mai sentito >> si presentò il docente in giacca e cravatta.
<< È... originale >> disse solo Laura.
Dopodiché applaudirono tutti, più per educazione che per sincera ammirazione, a parte Lorenzo.
Usciti in corridoio, sentirono la campanella della prima ora e il portone principale che si apriva: gli studenti stavano entrando.

                                      ***

Prima di andare a prendere i rispettivi registri, Laura ed Emma andarono in bagno, ma appena entrarono si accorsero che c'era qualcosa di strano: una donna della loro età si trovava nel gabinetto di mezzo, evidentemente nascosta da qualcuno che la stava cercando.
<< Non è successo nulla, vero? >> chiese la voce della sconosciuta.
<< Cosa dovrebbe succedere, scusi? >> domandò allora Laura.
<< Comunque niente di strano. Può uscire fuori tranquillamente >> la rassicurò Emma.
La donna nascosta nel bagno aprì la porta e uscì con passi cauti, guardandosi intorno circospetta: aveva i capelli biondi e mossi, gli occhi grandi e verde chiaro, il vestito di una tonalità più scura rispetto alle iridi.
<< Allora posso andare a prendere il registro >> rispose.
<< È una collega? >> volle sapere la Castelli.
<< Marta Storione, Scienze della Terra >> si presentò la nuova docente.
<< Laura Castelli. In Baldi >> fece la professoressa di Letteratura Italiana.
<< Emma Di Nardo >> aggiunse quella di Letteratura Inglese.
<< Se in questa scuola si verificheranno robe tipo duelli ottocenteschi, non sarà colpa mia, ma di quei due che non si ricordano che il tempo passa e le cose si superano. Ci vediamo più tardi... >> spiegò Marta Storione, dirigendosi verso l'uscita.
<< Ma loro due chi? Chi? >> la inseguì Laura, ma la collega era già sparita per il corridoio.
<< Duelli ottocenteschi... Mah... Dai, andiamo a prendere i registri... >> commentò Emma.
Se quelle erano le premesse, sarebbe stato sicuramente un anno turbolento.

                                      ***

Nella classe III C l'atmosfera era quella classica da "ultimo-primo giorno di scuola": gli studenti parlavano tra di loro e si godevano quel momento che non si sarebbe più replicato.
<< E quindi mia madre mi ha fatto un aut aut: o mi iscrivo a Ingegneria o Psicologia. E non sono ammesse terze scelte >> raccontava Serena Vismara, figlia del nuovo psicologo del liceo Walter Vismara, a Cesare Durantini.
<< Madonna oh, è proprio na talebana tu madre, Serè... >> commentò quest'ultimo, figlio di un autista dell'Atac e della titolare di un negozio di scarpe. Gente semplice, che si aspettava tuttavia dal primo figlio qualche titolo in più rispetto a loro.
<< Vabbè, i tuoi alla fine vogliono vederti più titolato di loro, mica ti impongono di seguire le tue orme... >> sospirò la ragazza.
<< Bello avere dei genitori presenti, che si interessano della vostra vita, invece di perdere la testa come se fossero adolescenti... >> intervenne Irene, seguita da Alice. Quest'ultima rivolse lo sguardo verso Marco, che stava parlando con Guido Negroni. Poi lo abbassò: probabilmente questi si stava vantando con Bilello delle sue utlime conquiste; infatti il giovane Negroni aveva la fama di dongiovanni, praticamente il degno erede di Francesco Altobelli, diplomatosi l'anno prima.
<< Vabbè, ma almeno tu madre l'ha trovata na stabilità... >> ricordò Cesare.
<< Così pare... >> dichiarò la Bussolati.
<< E tu, Ali? Sempre con l'istituto di Fotografia? >> domandò Serena, rivolta alla Rigoni.
<< Beh, io lo spero. E se non mi prendono continuerò ad avere la fotografia come passione... >> disse Alice.
<< Me pare pure giusto... >> intervenne Guido, venendo con Marco verso di loro.
<< Raga, sta arrivando la Castelli! >> li avvertì Bilello, accorgendosi dell'arrivo della professoressa.
Tutti si affrettarono a tornare ai rispettivi banchi, mentre Laura entrava e prendeva posto alla cattedra.
<< Buongiorno, ragazzi >> li salutò.
<< Buongiorno, prof! >> esclamarono loro.
<< Non c'è bisogno di fare tanti apologismi: siete all'ultimo anno e a giugno cominciano gli esami di maturità. Ma siete capitati in un periodo particolare, un periodo di cambiamenti qui nella scuola. Molti nuovi professori stanno per sostituire quelli che se ne sono andati... >> esordì.
<< Meno male che se n'è andato Ugolino! Quando l'ho saputo ho ballato la ola... >> commentò Cesare.
<< Meno male che è abbastanza lontano da non sentirti, Durantini. Anche perché la tua media in matematica è disastrosa... >> replicò Laura.
<< La media di tutti era disastrosa perché lui era un pazzo, prof. Speriamo che sia meglio quello nuovo... >> ribatté Serena.
<< A colpo d'occhio vi posso assicurare che sembra un uomo normale >> li rassicurò la docente.
<< Ah, meno male. Allora nessuno verrà bocciato >> commentò Guido.
<< Non ci sta solo la matematica, Negroni. Vedete di avere almeno la sufficienza in tutto, all'ammissione agli esami... >> rispose la Castelli, tra il divertito e il minaccioso.
Improvvisamente in aula piombò il silenzio.
<< Dai, ragazzi. Non volevo terrorizzarvi. Adesso cominciamo la lezione. Aprite il libro di Italiano a pagina sei... >> cambiò discorso l'insegnante, e tutti gli studenti si rasserenarono.

                                      ***

In I C attendevano invece l'arrivo di Virgilio De Sanctis, il nuovo professore di Storia e Filosofia, che aveva preso il posto dell'amatissimo giovane docente Mario Sognatori, attualmente residente a Partanna con la fidanzata Caterina Leonardi, anche lei ex insegnante al liceo Da Vinci proprio l'anno precedente.
<< Raga, guardate chi c'è! >> esclamò Ivan Bertovicz, un giovane di origini bulgare indicando un compagno di classe che venne acclamato come un matador in una corrida, ovvero Paolo Amato.
<< E stamo a due! >> scherzò il diretto interessato, mentre gli altri applaudivano e Bertovicz suonava il suo inseparabile violino.
<< Allora, signor Amato... Cosa si prova a fare la prima liceo da maggiorenne? >> fece Nina Mazzanti, riprendendo il compagno di banco con la telecamera, facendo finta di intervistarlo. Riprendeva tutto ciò che le accadeva intorno, era letteralmente la sua passione.
<< Beh, che dire... Nun z'è mai troppo maturi! >> replicò ridendo Amato.
Tutti risero appresso a lui. Non immaginavano un altro anno senza Paolo Amato: bocciato due volte, ormai era diventato un'istituzione in quella classe, nonché un fratello maggiore per i suoi compagni.
<< Raga, noi qui ridiamo e scherziamo, ma ho una domanda seria: come sarà questo prof De Sanctis? Io mi immagino un tizio vecchio stampo, appena scongelato dalla naftalina... >> osservò giustamente Samira Taheri, anche se probabilmente avrebbe avuto la media dell'otto anche con il professore sconosciuto che stava per arrivare.
<< Sicuramente un babbione... >> commentò Amato.
<< Babbione, parecchio stronzo e con un'ottima memoria! >> disse una voce maschile ignota, che però fece raggelare il sangue a tutti.
Gli alunni del I C si girarono all'unanimità verso il soggetto che aveva parlato: occhialuto, austero ed incazzato. Non c'erano dubbi, era il professor Virgilio De Sanctis.
<< Anche se non mi avete mai visto, io ho letto tutto su ognuno di voi, visto che sarò il vostro coordinatore di classe... >> proseguì andando alla cattedra e aprendo minacciosamente il registro.
<< Come te, Amato... Un habitué delle bocciature, a quanto pare... >> continuò scorrendo il dito sui cognomi dei ragazzi.
<< È arrivato Ugolino Due la Vendetta! >> sussurrò Paolo all'orecchio di Nina mentre si sedevano.
<< Il professor Martini era morbido, a  onfronto con me: studiate, e io sarò generoso; non fatelo, e giuro che diventerò il vostro peggior incubo >> lo freddò De Sanctis, il quale compensava la miopia con un udito finissimo.
Gli alunni del I C si guardarono tra di loro, cominciando davvero a rimpiangere il minaccioso ex docente di Matematica e Fisica che ora insegnava in America.

                                      ***

La campanella di fine della prima ora sembrò ai ragazzi come una liberazione; De Sanctis si stava alzando, prendendo il registro e andando verso la porta per uscire, quando all'improvviso il professore dell'ora successiva - un uomo alto e aitante, che destò l'attenzione delle alunne - andò a sbattere addosso a Virgilio, il quale, appena lo vide in volto, la sua espressione divenne adirata.
<< Tu? >> domandò alterato.
<< Tu? >> gli fece eco l'altro.
<< Che ci fai qui? >> riprese De Sanctis.
<< Semmai che ci fai tu, qui! >> ribatté lo sconosciuto.
<< Io ci insegno! >> specificò il primo.
<< Sono io che ci insegno! >> sottolineò il secondo.
<< Enrico Piani che insegna... Ma dove l'hai trovata la laurea, nell'Uovo Kinder? >> rimbeccò il docente di Storia e Filosofia.
<< Sì, Chimica e Biolog... >> commentò l'altro nuovo insegnante, ma prima di finire la frase si beccò un pugno in pieno volto.
<< Ma con che coraggio ti presenti qui, davanti a me, dopo quello che hai fatto! >> inveì Virgilio, ma Enrico gli restituì il pugno.
Gli alunni del I C si accalcarono per vedere la rissa. Nina stava riprendendo tutto con la telecamera, gli altri ragazzi con i cellulari.
<< Sei tu la causa di tutto, se non fosse per te Marta starebbe ancora con me! >> dichiarò Piani.
Nel frattempo qualcun altro accorse per vedere cosa fosse successo: Laura, Marta Storione, Alice Rigoni e un altro dei nuovi docenti.
<< Si può sapere che succede? >> intervenne la Castelli.
<< Ha cominciato lui! >> si additarono  a vicenda i due insegnanti.
<< Mio Dio... >> commentò Marta preoccupata.
<< Marta! >> esclamò De Sanctis.
<< Che ci fai qui? >> chiese Piani.
<< Ci insegno, Scienze della Terra! E non ho intenzione di ritrovarmi in mezzo a una soap opera come diciotto anni fa! >> precisò la Storione.
<< La collega ha ragione... Ci sono delle classi da portare alla maturità, in un contesto completamente nuovo, non possiamo permetterci di portare dentro la scuola le questioni della nostra adolescenza! E adesso smettetela, tutti e due! >> li riportò all'ordine Laura.
Piani e De Sanctis rimasero sbigottiti, e proprio in quel momento esatto il flash di Alice crepitò. Poi tornò nella sua classe, soddisfatta di aver messo dentro la sua Reflex un nuovo frammento di vita.
Virgilio superò a grandi falcate i colleghi fino all'aula dove aveva lezione, Marta per poco non si volle sotterrare, mentre andava verso la classe dove aveva la seconda ora.
<< È stata incredibile... Penso che nessuno dei nostri colleghi, nemmeno il preside, avrebbero saputo gestire la situazione egregiamente quanto lei! >> si complimentò il collega con i riccioli castani e gli occhiali.
<< A proposito, Giovanni Mastropietro. Matematica e Fisica >> si presentò poi.
<< Laura Castelli in Baldi, Letteratura Italiana >> fece la donna, stringendogli la mano e sentendo una sensazione strana, come se quell'uomo lo conoscesse da sempre.
Scacciò subito via quella sensazione, vergognandosene a morte.
<< Scusi, ho lezione... >> aggiunse, correndo via.
Si augurò che fosse tutta suggestione

                                      ***

Ricorderò e comunque
Anche se non vorrai
Ti sposerò perché non te l'ho detto mai
Come fa male cercare
Trovarti poco dopo
E nell'ansia che ti perdo
Ti scatterò una foto
Ti scatterò una foto

Le cantine del palazzo erano quasi sempre vuote, a parte gli innamorati che andavano a infrattarsi e gli appassionati che lasciavano invecchiare i vini nelle botti: Alice non ci aveva molto tempo a trovare la zona perfetta per ricavare la camera rossa per sviluppare le sue foto; gli appartamenti non erano molto grandi nel caseggiato, avevano tutti due stanze, massimo tre: nemmeno uno sgabuzzino le sarebbe stato concesso, meno male che aveva trovato posto là sotto.

Perché piccola, potresti andartene
Dalle mie mani
Ed i giorni dapprima lontani
Saranno anni

Con il tempo Alice aveva imparato a sviluppare i rullini delle foto come se fosse una vera professionista: sul filo, stese con delle mollette come se fossero panni, le fotografie venivano appese nere e sgocciolanti, per poi asciugarsi alla luce rossa della lampadina apposita e mostrare pian piano le immagini immortalate nell'istantanea.
Ce n'erano parecchie, su quel filo: la professoressa Castelli, una visuale del cortile del palazzo, il bar di Mauro, Hassan il Veggente con Irene che gli chiedeva il futuro, Samira e Abdul in motorino, i due nuovi professori ripresi dopo lo scontro al cambio dell'ora, e Marco. Di nuovo Marco. Sempre Marco.

E ti scorderai di me
Quando piove i profili e le case
Ricordano te
E sarà bellissimo
Mentre gioia e dolore
Han lo stesso sapore con te
Io vorrei soltanto che la notte ora
Velocemente andasse
E tutto ciò che hai di me
Di colpo non tornasse
E voglio amore e tutte le attenzioni
Che sai dare
E voglio indifferenza semmai
Mi vorrai ferire

Si conoscevano da sempre, lei e Marco; erano cresciuti insieme, uscio ad uscio, tra le chiacchiere in cortile e le aspirazioni piccolo-borghesi dei genitori: una casa di proprietà, un buon lavoro, qualcuno con cui invecchiare, dei figli.
Né Alice né il giovane Bilello avevano mai avuto dei caratteri particolarmente forti e pronunciati, anzi: si erano trovati proprio per il loro comune non essere né carne né pesce; lui passabile, un "sei e mezzo" nelle classifiche delle ragazze, uno di quelli il cui fascino non sarebbe sicuramente perdurato nel tempo; lei sempre dietro la macchina fotografica, quasi estranea ai drammi del mondo, come se si chiamasse fuori dalla vita per immortalare quelle degli altri: due da cui non ci si aspetta nulla, figurarsi una passione travolgente.

Non basta il tuo ricordo
Ora voglio il tuo ritorno

Le immagini finalmente comparvero sulle istantanee appese: un'altra vita prendeva forma e colore, grazie all'occhio attento di Alice.

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