Appuntamenti scagliati altrove
Era da un mese che andava avanti l'esperimento voluto dal preside Urbani sulla convivenza tra Virgilio ed Enrico nello stesso liceo: i due professori continuavano ad essere diffidenti l'uno nei confronti dell'altro, ma davanti alla telecamera di Nina si dimostravano come due ex amici ritrovati che dopo tanto tempo tornavano ad andare d'amore e d'accordo, anche perché la minaccia fatta ad entrambi da una furiosa Marta aveva messo loro parecchia ansia; aveva del livore dovuto a quel passato che l'aveva raggiunta fin lì, sul suo posto di lavoro, e la colpa era prevalentemente dei suoi due spasimanti di quand'erano giovani.
Fortunatamente la Storione era riuscita a farsi delle amiche, nonostante i pettegolezzi di docenti, alunni e collaboratori: si trattava della Castelli, della Di Nardo e di Claudia Ferrante, anche lei nuovo acquisto del Da Vinci e chiaramente incuriosita sia da Virgilio che da Enrico.
<< Ragazze, voglio fare con voi una scommessa >> esordì la giovane insegnante di Storia dell'arte a Laura, Emma e Marta, che si trovavano in fila alla macchinetta del caffè.
<< Argomento? >> fece la Castelli.
<< Virgilio mi attizza. Magari non è un Adone, ma mi prende per la sua intelligenza brillante. È un po' burbero ma questo lo rende attraente... >> cominciò Claudia.
<< Non mi dire che ti sei innamorata di Ugolino Due la Vendetta... >> ironizzò la Di Nardo, che per disintossicare le vie riproduttive andava avanti a forza di bevande calde e cibo cotto al vapore.
<< No, macché innamorata. Mi attrae, semplicemente questo >> rispose la Ferrante.
<< Non ce lo vedo fatto per le avventure. È troppo serio... >> commentò la Storione.
<< Secondo me invece è solo da troppo tempo per non desiderare un'avventura, vedrete come gli faccio cambiare idea... >> sorrise soddisfatta la giovane insegnante, osservando con la coda dell'occhio De Sanctis che passava proprio in quel momento.
<< Quanto? >> la sfidò allora Laura.
<< Dieci euro >> disse la ragazza, mentre correva incontro al collega. << Virgilio! >> lo chiamò.
<< Che c'è? >> chiese lui, stupito dal fatto che la collega lo degnasse della sua attenzione.
<< Laura mi ha consigliato di andare al ristorante pakistano dei genitori della Taheri. Solo che non ci voglio andare da sola... >> attaccò bottone lei.
<< E perché non ci vai con le tue colleghe, visto che stavate confabulando tanto bene? >> ribatté lui leggermente seccato.
<< Perché mi aveva invitato il tuo amico Piani, ecco la verità. In un locale al Prenestino, per la serata Karaoke... Tu capisci che... >> mentì appositamente l'una.
<< ... Quell'uomo non ha proprio fantasia negli appuntamenti. Non ti preoccupare. Faremo una cena pakistana talmente indimenticabile da farlo schiattare! >> replicò l'altra.
Claudia sorrise: sapeva di essere riuscita a colpire Virgilio nel suo punto più debole, la rivalità con Enrico Piani.
<< Allora ci vediamo domani sera, kanz... >> sentenziò la Ferrante, facendogli l'occhiolino.
<< Che? >> volle sapere De Sanctis.
<< Vuol dire tesoro... >> spiegò la docente, voltandogli le spalle di scatto e andandosene via sorridendo.
Il professore rimase basito per un po', mentre la giovane tornava tronfia dalle colleghe, facendo il segno dell'ok con la mano.
***
Era da qualche settimana che Alice e Paolo passavano insieme anche la ricreazione, oltre che il momento del ritorno a casa, quando lui le dava un passaggio; Irene, Cesare, Marco, Guido e Serena commentavano il riavvicinamento, dopo quattro anni, tra la loro amica di sempre e quel ragazzo che negli ultimi anni non aveva fatto altro che collezionare insuccessi scolastici.
<< Certo che sono come il giorno e la notte... >> esordì Serena, mescolando lo zucchero nel caffè.
<< Effettivamente so du' poli opposti... Lei tutta carina e precisa e lui manco se sa esprime in italiano... >> le diede manforte Cesare.
<< Nemmeno tu sei un erudito, eh... >> lo prese bonariamente in giro lei.
<< Però c'ho l'animo poetico... >> sorrise lui.
<< Sì, mo' c'avemo Shakespeare... >> intervenne Guido, seguito da Marco e Irene.
<< Embè? Nun me pare che stavamo a parlà de me, no? >> rimbeccò piccato Durantini.
<< È la verità, parlavamo di Ali con Paolo Amato del I C... >> puntualizzò la Vismara.
<< E dai, Sere... Ne parli come se fosse un perfetto sconosciuto... >> dichiarò la Bussolati.
<< Ha fatto solo un anno con noi, e poi ci siamo persi di vista >> precisò Serena.
<< Marco, tu non dici niente? >> fece Irene rivolgendosi al giovane Bilello, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
<< Che dovrei dire? >> ribatté il diretto interessato.
<< Beh, lo sanno tutti che Ali ha sempre avuto un debole per te. Adesso non ti senti scansato? >> lo punzecchiò la Vismara.
<< Ma vaffanculo, a' Serè... >> berciò Marco, improvvisamente cupo, voltando le spalle agli amici e tornando in classe.
<< Ma che ho detto? >> fece stupita la ragazza.
<< Solo la verità. Solo che nun j'annava de sentilla... >> confermò Cesare.
Si conoscevano da cinque anni, ormai non c'erano più segreti tra di loro: Alice e Marco avevano un legàme speciale, ma nessun coraggio di esprimerlo; rimanere così nell'incertezza faceva presumere che presto si sarebbero trovati. Invece, cominciando a frequentare Paolo, Alice aveva oltrepassato il confine invisibile di quel legàme che li separava dal resto del mondo e questo, Marco non l'avrebbe mai digerito.
***
<< Aspetta, Marco! >> esclamò Serena, inseguendolo lungo il corridoio.
<< Che c'è? >> domandò lui, girandosi nella direzione di lei.
<< Ma non è che c'ho ragione io, e che sei geloso perché Ali ha smesso di morirti dietro? >> indovinò la Vismara.
<< Tutti con la stessa versione... No, non sono geloso. Non mi piace Alice. Se mi fosse piaciuta, ci saremmo già messi insieme da una vita, visto che abitiamo praticamente appiccicati, no? >> la sfidò Bilello.
<< Che c'entra, magari vi è mancato il coraggio... >> ipotizzò l'una.
<< Come a te manca il coraggio di dire ai tuoi che non vuoi fare né Ingegneria né Psicologia? >> le ricordò l'altro.
<< Touche. Ma io ho trovato un rimedio... >> rispose la prima, sorridendo maliziosamente.
<< In che senso? >> chiese perplesso il secondo.
<< Conosci il Mulino Scarlatto? >> continuò Serena, sperando di sentire una risposta affermativa del ragazzo per il solo fatto di essere un maschio e di essere amico di Cesare e di Guido.
<< Sì, anche se non sono un habitué. Che ci vai a fare? Non mi dire che... >> rispose Marco sconvolto.
Il Mulino Scarlatto, grossolana imitazione del Moulin Rouge di Parigi, era un locale vicino alla scuola dove di giorno si svolgevano le normali attività tipiche di un lounge bar, ma di notte diventava un club a luci rosse, dove ragazzine anche minorenni si esibivano in numeri di pole dance per la fauna maschile giovane - e meno giovane - del Da Vinci e delle zone circostanti.
<< Senti, non metterti a giudicare. Mia madre è un ingegnere, mia sorella la sua assistente e mio padre è lo psicologo del liceo. È una vita che faccio la figlia perfetta. Avrò diritto anch'io ad un po' di svago, non credi? >> replicò allora la ragazza, percependo il disagio del compagno di classe.
<< All'anima dello svago... >> commentò questi.
<< Beh, se conosci il posto vuol dire che lo frequenti, magari non abitualmente ma lo frequenti. Quindi sei l'ultimo a poter giudicare, Marcolino... >> lo prese in giro la Vismara.
<< Non chiamarmi Marcolino... >> si schermì Bilello, arrossendo dall'imbarazzo.
<< Lo vedi? Sei arrossito. Allora ci vediamo domani: non ti preoccupare, ti riconoscerò tra la folla anche se verrai senza Cesare e Guido... >> sorrise soddisfatta Serena, mentre se ne andava in direzione del bagno prima che finisse la ricreazione.
Marco rimase lì a riflettere se accettare o meno quell'invito.
***
Alla fine dell'ora Laura si ritrovò davanti Gabriele: tornò indietro con la mente ai tempi dell'università, quando lui lasciava la Facoltà di Medicina lungo Viale Regina Elena e veniva a prenderla a Lettere, all'interno della Città Universitaria; quel ricordo le fece tenerezza, ma non battere particolarmente il cuore.
<< Ma che mi fai le poste? >> scherzò.
<< Non dirmi che non sai più distinguere gli agguati dalle sorprese... >> ironizzò Baldi.
<< Lavoro con i ragazzi da vent'anni e posso dirti che hanno cambiato di molto le maniere di fare sorprese... >> commentò la Castelli.
La verità era che forse tutti quegli anni insieme avevano smorzato quel brivido di amarsi ogni volta come se fosse la prima; o forse questa particolarità l'avevano anche conservata, almeno fino a quando Giovanni Mastropietro, il collega di Matematica e Fisica, non le era capitato davanti, cominciando a demolire le sue certezze dalle fondamenta.
<< I nostri metodi sono dei classici intramontabili, e anche più romantici. Come questi... >> ribatté il medico, tirando fuori due biglietti del Cinema Aquila al Pigneto.
<< Ma cosa...? >> fece l'insegnante, stupita dalla seconda parte di quella sorpresa.
<< Non mi sembra ancora vero che siamo solo io e te, come una volta, prima che arrivassero i figli. Il fatto è che da settembre non riusciamo nemmeno a prenderci un momento per noi, per questo ho programmato tutto per domani sera: cena fuori al bar di Mauro Parisi e poi al cinema a vedere "Notti magiche" di Virzì. Indovina in che anni si ambienta? >> anticipò lui.
<< Novanta? >> provò lei.
<< Esattamente, proprio gli anni in cui abbiamo cominciato a costruire la nostra vita insieme! >> esclamò trionfante l'uno.
<< Operazione nostalgia quindi... >> osservò l'altra.
<< Un po', sì. Ma una nostalgia di qualità, di quelle che i ragazzi e le ragazze di oggi, uomini e donne di domani, non ne proveranno più... >> dichiarò Gabriele, offrendole il braccio. Laura vi si appoggiò, sorridendo educatamente: sperò con tutto il suo cuore che tornare indietro nel tempo, anche solo per una sera, potesse scacciare via dalla sua mente quella terribile tentazione che la conduceva verso Giovanni.
***
Nello stesso momento Marco tornava in motorino verso casa, nelle cuffie una canzone che esprimeva bene il suo tormento, "Il mestiere della vita" di Tiziano Ferro:
Chiudi la porta quando esci
Qua dentro c'è troppo di te
Poi non voltarti aspetta ancora
E ti sorprenderai
Che i sogni da recuperare
Non puoi dividerli per due
Non è la vita che volevi
Perché la vita non è questa
Ridevo dei nostri difetti
Piangi perché non mi hai cambiato mai
La foto rimane la stessa
Sei solo tu che sei diversa
C'era sempre stata un'aria strana, tra lui e Alice, qualcosa di sospeso che aspettava solo di sbocciare, magari contro tutto e tutti, contro loro stessi per primi: due inguaribili timidi, impossibile aspettarsi colpi di testa da persone simili; lui l'aveva data così per scontata, e adesso che lei sembrava aver rivolto il suo sguardo altrove, al giovane Bilello sembrava mancare quell'aria, l'unica che sentiva di aver respirato per davvero.
E fuggirò da questi sguardi
Perché non percepiscano
I dolori che ho taciuto
E che mi seppelliscono
Tu vai e ritrova il sorriso
Ti aspetto qui in ogni caso
Mai, in quei cinque anni che avevano passato insieme, nella stessa classe oltre che nello stesso caseggiato, Marco aveva preso in considerazione l'idea che la strada di Alice potesse incrociare quella di Paolo Amato; che era stato un loro compagno di classe, ma per talmente poco tempo che l'avevano dimenticato.
E invece era successo, e la Rigoni sembrava stare trovando, con quel ragazzo così allegro, una vitalità che non aveva mai fatto parte del suo carattere pacato.
Avrebbe dovuto tenere in conto che le loro strade non potessero procedere per sempre nella stessa direzione, ma l'idea di dover condividere gli abbracci, le attenzioni di lei con un altro lo faceva stare male.
Se vuoi tornare ok, torna davvero
Perché se ritorni tu
Io ritornerò com'ero
No non è la vita a toglierci le ali
Affidati alla cura dei ricordi di chi ami e tu
Lascia che sia
Il mestiere della vita e tu
Lascialo andare
Lascia che sia
Il mestiere della pace e tu
Lascialo andare
Avrebbe dovuto pensare a tutto meno che a lei in quel momento, con la maturità sempre più vicina: era novembre, ma il tempo si assottigliava e lui pensò all'incoscienza di Alice e Paolo ad innamorarsi - sempre che di amore si trattasse - in un periodo come l'ultimo anno del liceo classico, con una carrellata di nuovi professori, di cui alcuni che si sopportavano a malapena.
Questa scelta quantomeno scriteriata lui proprio non se la sapeva spiegare.
Arrivò sotto casa che la canzone era finita. Mentre parcheggiava vide Alice e Paolo che parlavano fitto. Lui le teneva la mano. Lei gli sorrideva. E capì che forse non sarebbe stata una cattiva idea accettare l'invito di Serena per l'indomani sera; si tolse il casco, staccò le cuffie, le arrotolò e le mise in tasca; poi andò su WhatsApp e scrisse, nella chat che aveva con la Vismara:
Ci vediamo domani sera al Mulino Scarlatto.
***
L'indomani sera Laura si preparava psicologicamente a quella specie di serata revival di quand'erano ragazzi che il marito le aveva proposto: entrambi scelsero un look molto casual, come ai tempi in cui non dovevano essere eleganti per nessun altro motivo che le grandi occasioni.
La Castelli indossò un maglione rosso a collo alto, leggings neri e stivali; non appena vide il marito con la giacca nera e sotto la camicia a quadri, sentì un tuffo al cuore: quell'outfit non le rimandava alla mente quel giovane studente di Medicina che aveva amato e sposato, ma la figura ingombrante di Giovanni Mastropietro, che occupava prepotentemente i suoi pensieri dal 17 settembre, quando si erano incontrati per la prima volta.
Cercò di fare finta di niente, scacciando quella visione tentatrice e tuffandosi nell'atmosfera retrò che Gabriele intendeva riprodurre.
<< Allora, sei pronta per questo programmino da studenti universitari di una volta? >> fece lui con galanteria.
<< Non facciamo troppo tardi però, che domani ho l'esame... >> cercò di scherzare lei.
<< Non ti preoccupare, prenderai trenta e lode come al solito! >> le diede manforte il medico, facendo il suo gioco.
Risero mentre scendevano le scale e si dirigevano al bar Parisi, dove il proprietario stava ancora dietro il bancone: all'interno del locale si potevano anche consumare i tre pasti principali della giornata.
<< Buonasera, cari... Come mai qui a quest'ora? >> li salutò Mauro.
<< Ceniamo qui e poi andiamo al cinema >> spiegò Gabriele.
<< Ah bello, che è tipo rievocazione dei tempi che furono? >> domandò incuriosito Parisi.
<< Tipo >> confermò Laura.
<< Me piacerebbe pure a me de fa' 'ste cose co' Liliana, peccato che se conoscemo da du' minuti a confronto co' voi, e quindi nun c'avemo niente da rievocà... >> commentò il barista.
<< Sicuramente tra qualche anno potrete festeggiare qualcosa anche voi >> lo rassicurò la Castelli. Ma più che altro avrebbe voluto augurare a Parisi e alla Bussolati un futuro senza tentazioni, come invece stava accadendo a lei.
<< Eh speriamo... Comunque che prendete? >> chiese Mauro.
<< Da mangiare, due panini: per me salame e formaggio, per mia moglie prosciutto e insalata. E da bere acqua minerale >> rispose Baldi, ordinando lo stesso menu che lui e Laura erano soliti prendere al bar della Città Universitaria.
<< Perfetto, intanto accomodateve a quel tavolo là, che mo' v'apparecchio... >> indicò il proprietario del bar, e i coniugi Baldi ubbidirono, prendendo posto.
Passarono tutta la cena a parlare di quando frequentavano l'università e delle vite dei rispettivi amici di allora, per poi dirigersi verso la macchina; Laura sperò che almeno dentro il cinema, durante la proiezione del film "Notti magiche", quel desiderio di essere altrove smettesse per un po' di tormentarla.
***
La musica arabeggiante si diffondeva in ogni angolo del ristorante dei Taheri, mentre Virgilio e Claudia venivano fatti accomodare da Amir e Aisha Taheri, contenti di ritrovarsi a cena ben due professori della loro terzogenita Samira.
<< Buonasera, professoressa Ferrante e professor De Sanctis >> li salutò la proprietaria dell'attività.
<< Buonasera >> ricambiarono entrambi.
<< È stata la vostra collega Castelli a parlarvi di noi? >> domandò il proprietario.
<< Esatto, e proprio per questo abbiamo deciso di venire a cena qui... >> replicò Claudia.
<< Bene, adesso vi faccio preparare un tavolo... Bilal! >> fece Amir, chiamando il figlio maggiore, un ragazzo di ventun anni molto somigliante a Samira.
<< Guida i signori al primo tavolo libero che trovi... >> comandò il padre.
<< Scusate, siamo così pieni stasera... >> si giustificò Aisha.
<< Non vi preoccupate, ci andrà bene tutto... >> la rassicurò Virgilio.
Bilal li guidò fino ad un tavolo quadrato da due persone, apparecchiato secondo una sapiente fusione di culture.
<< Questi sono i menu >> disse poi il ragazzo, consegnando loro due libretti marroni.
<< Grazie, Bilal. Intanto guardiamo >> ringraziò la Ferrante.
<< Passeranno mio fratello o le mie sorelle a prendere le ordinazioni >> ribatté Bilal, tornando a dedicarsi agli altri clienti.
Quando decisero cosa prendere, lo chiesero a Samira, che passava da quelle parti e che fu stupita di vedere due dei suoi professori a cena.
<< Salve, prof >> li salutò la ragazza.
<< Buonasera, Samira. Siamo pronti per le ordinazioni... >> replicò Claudia.
Tra pollo tikka, kebab, chops e qualche sorso di qehwa - un tè al gelsomino - i due parlarono a lungo, cercando di trovare qualche argomento in comune, ma fu molto difficile; a parte l'università e le esperienze nelle scuole precedenti non trovarono alcunché: lui amava la musica progressive rock, i volumi dei grandi autori e le visite ai musei; lei invece era appassionata di shopping, classifiche di tormentoni e serate in discoteca.
Con una sapiente scusa, l'uomo disse alla collega che doveva andare in bagno; Samira lo trovò che si era nascosto vicino alle cucine.
<< Prof, ma che l'appuntamento sta andando male? >> domandò la Taheri.
<< Male? È un disastro... Non abbiamo in comune un bel niente! >> si sfogò il docente.
<< In tutta sincerità, prof... Non credo che alla Ferrante interessi avere delle cose in comune con lei, che non siano di letto >> ammise la studentessa.
<< Ma il punto è questo: non mi interessa l'avventura di una sera. Non sarei single alla mia età, non credi? >> la fece ragionare lui.
<< Dovrà inventarsi una scusa convincente per accannare la prof. Altrimenti si arrabbierebbe, e farebbe anche bene. Senza offesa, prof >> sentenziò lei.
<< Allora tra cinque minuti vieni e inventa una scusa qualsiasi che mi costringa ad andare via >> dichiarò De Sanctis, congedandosi e tornando al tavolo.
<< Tutto a posto? >> domandò Claudia, trovandolo abbastanza cupo.
<< Sì, sì... >> si schermì questi.
Voleva trovarsi altrove. Solo trovarsi altrove. Magari con Marta, che non aveva mai smesso di amare.
Come previsto, cinque minuti dopo Samira arrivò fingendosi tutta trafelata.
<< Prof, mi ha chiamato Nina per avvertirmi che le ha mandato una mail per approvare il contenuto dei nuovi video su di lei e il prof Piani. Deve risponderle urgentemente >> lo avvisò.
<< Adesso? >> mentì Virgilio, fingendosi contrariato.
<< Sì, prof. Urgentemente. Mi dispiace per la vostra cena... >> stette al gioco la Taheri.
<< Non fa niente, sarà per un'altra volta... >> sorrise tranquilla la Ferrante.
<< Non ti preoccupare, Claudia. Al conto ci penso io... >> la rassicurò De Sanctis, occupandosi di pagare.
Dopodiché salutò i Taheri e se ne andò, chiedendosi se Claudia ci avesse creduto o se invece avesse capito che quella di Nina e della mail sul video era una scusa.
***
Il Mulino Scarlatto era un'ex fabbrica riconvertita in locale, proprio come molti altri a San Lorenzo; poiché il quartiere era vicino all'Università La Sapienza, pullulava di giovani pronti a fare le ore piccole: quella sera però né Cesare né Guido erano venuti con lui. Magari a Serena avrebbe fatto piacere che lui venisse a vederla da solo. Anzi, si sarebbe esibita in maniera ancora evidente per provocarlo.
Marco parcheggiò il motorino, mise la catena alla ruota anteriore, si tolse il casco ed entrò: dovette esibire l'invito di Serena davanti ai temibili bodyguard e quando riuscì ad accedere all'interno per poco non andò a sbattere a chiunque perché la gente fumava talmente tanto da aver creato, nell'aria, qualcosa di simile alla nebbia.
Fortunatamente trovò una sedia in una delle file non troppo davanti.
Dietro il palco, Serena e le sue compagne di pole dance si truccavano e sistemavano gli striminziti abiti di scena.
<< Ti luccicano gli occhi stasera, Sere. Ci sta qualcuno di importante tra il pubblico? >> domandò Giorgia, che tra le ballerine era diventata la migliore amica della Vismara.
<< Di importante non lo so. Comunque ci sta qualcuno >> rispose questa, fissando la sua immagine nello specchio: non capiva più se vedeva la brava ragazza figlia di professionisti o la spregiudicata viveur della notte romana; ma questo non contava, ed era proprio tale aspetto a piacerle: il fatto che nessuno l'avrebbe mai immaginato.
Al segnale del proprietario le ragazze andarono in scena; mentre entravano sul palco partì la canzone "Come tu mi vuoi" nella versione di Irene Grandi:
Sono come tu mi vuoi
Ti amo come non ti ho amato mai
Io sono la sola che possa capire
Tutto quello che c'è da capire in te
Appena fu vicino al palo si accorse dello sguardo di Marco tra la folla di maschi eccitati, lo agganciò immediatamente e sorrise. Consapevole dei suoi occhi addosso mise le mani sul palo nello stesso momento delle sue colleghe, mentre la canzone continuava:
Forse se baciassi me
Forse capiresti perché
Io sono la sola che tu possa amare
Non lo vedi che sono a due passi da te
Scivolò sul palo esibendo tutte le mosse che le avevano insegnato, sapendo soddisfatta che forse Marco stava cambiando idea, che magari non l'avrebbe più giudicata. Non dopo quella notte.
E non sai quanto bene ti ho dato
E non sai quanto amore sprecato
Aspettando in silenzio che tu
Ti accorgessi di me
Quella sera Marco finalmente capì che aveva tenuto i paraocchi con Alice per tanto, troppo tempo, e che non si era mai guardato veramente intorno.
Per capire quello che già sai
Perché sono, sono come tu mi vuoi
Come tu mi vuoi
Come tu mi vuoi
Come tu mi vuoi
Poco dopo il finale del numero Serena, di nuovo in abiti da liceale, si avvicinò a Marco.
<< Buonasera! >> lo spiazzò.
<< Madonna, Serè... Hai fatto una trasformazione radicale... >> commentò Bilello.
<< Sei ancora prevenuto >> constatò ridendo la Vismara.
<< Non è vero! >> negò lui.
<< Vabbè, ti perdono perché sei tu... E adesso andiamo che domani ci si deve svegliare presto... >> ribatté lei, accompagnandolo fuori.
<< Ah, sono venuta in tram. Che fai, mi accompagni tu? >> propose poi non appena furono fuori.
<< Ok >> rispose il ragazzo, mentre toglieva la catena e le passava il casco.
La giovane lo indossò, poi si sedette dietro di lui e lo abbracciò in vita. Marco sentì un sussulto.
Guidò fino a casa di lei, parcheggiò proprio sotto il portone.
<< Grazie mille >> disse Serena, mentre si slacciava il casco e lo dava a lui. Questi non fece in tempo a replicare che lei lo baciò a lungo.
<< Buonanotte, Marcolino >> aggiunse poi, voltandogli le spalle.
<< Buonanotte >> fece Marco, leggermente basito.
Di sicuro non avrebbe mai dimenticato quella notte.
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