Capitolo 38

Il mattino seguente Andrea cercò di convincerla a farsi accompagnare da lui stesso a Roma ma la ragazza fu irremovibile.

-No Andrea ne abbiamo già parlato ed io mi sento bene.- disse lei mentre caricava le valigie in macchina con l'aiuto di suo cugino.

-Vorrei ricordarti che ieri sera hai improvvisamente perso i sensi. Preferisco che tu non affronti questo viaggio da sola. Se dovessi star male di nuovo chi ci sarebbe lì con te? Nessuno!-
Fortunatamente riprese conoscenza abbastanza subito riuscendo anche a dormire tranquillamente per qualche ora.

-Vedrai che non mi accadrà nulla.-

Si sentiva molto affaticata, era vero, ma non voleva dargli altre preoccupazioni. Le aspettavano 4 ore di viaggio e aveva deciso di riposare per evitare di pensare ad altro. Magari le avrebbe giovato e al suo risveglio la situazione sarebbe migliorata ma così non fu, anzi sembrò essere peggiorata. Una volta arrivata a casa dei suoi zii, Angela decise di chiamare immediatamente il medico.

-Cosa significa che Martina si è sentita male?- chiese Andrea, a telefono con sua madre, parlando con un tono di voce molto preoccupato. Verso sera Andrea chiamò sua madre per accertarsi che sua cugina fosse tornata a casa sana e salva. Di certo non si aspettava sua madre a fargli il resoconto della visita medica.

-Poco dopo il suo arrivo era visibilmente pallida ma lei aveva risposto dicendo di essere stanca e che sarebbe andata subito a dormire. Inoltre la vedevo guardare ansiosamente il telefono, come se stesse aspettando la telefonata da parte di qualcuno.- rispose Angela dall'altra parte del telefono e Andrea pensò subito ad Ermal.
-Ma poi le toccai la fronte, bollente ovviamente, ed il termometro segnò 39 di febbre.-

-Glielo avevo detto di non tornare da sola. Ma lei è testarda come un mulo.-
Fece un respiro profondo per cercare di mantenere la calma.

-Ormai è andata così. Ma cosa è successo?-

Andrea si bloccò immediatamente. Non voleva allarmare troppo i suoi genitori, e tanto meno quelli di sua cugina. Probabilmente a loro non avrebbe voluto dare troppe spiegazioni ma a lui le avrebbe date, costi quel che costi.

-Era seduta in giardino, quando ha iniziato a piovere e a tirare vento. Credo abbia preso freddo.-

-Ad ogni modo, il dottore l'ha visitata e ha tassativamente ordinato di stare a riposo. Le ho messo un panno freddo sulla fronte e spero che la temperatura si abbassi al più presto.- aggiunse con aria pessimista. Sperava in un miglioramento che probabilmente non sarebbe arrivato nel giorno a venire.

-Hai già avvisato zia Maria e zio Roberto?-

-Sì ma ho detto loro di non venire e di stare tranquilli. Magari è davvero così e fra pochi giorni starà meglio, ma conoscendo mia sorella si sarebbe precipitata seduta stante. Spero solo di aver fatto la scelta giusta.-

-E l'hai fatta mamma, non preoccuparti.-
Ma in fondo comprendeva sua zia e probabilmente si sarebbe precipitato a Roma anche lui se sua madre non lo avesse fermato e, come se non bastasse, il giorno dopo era prevista una nuova tappa del tour. Sperò con tutto se stesso di evitare di ricorrere alla decisione di portarla in ospedale. Aveva chiamato Ermal e Marco, per avvisarli dell'accaduto, trovandoli entrambi molto ansiosi, Ermal più di Marco. Era la prova che Ermal sapeva più cose, di quanto potesse immaginare, e che probabilmente la sera precedente sua cugina aspettava proprio una chiamata da parte sua. Marco invitò Ermal a non prendere in considerazione l'idea di scendere subito dopo la tappa del tour. Per quella settimana c'erano importanti appuntamenti da rispettare e che assolutamente non potevano essere rimandati. Era andato a casa sua e lo aveva trovato a preparare la valigia.

-L'ho chiamata decine di volte. Risponde continuamente la segreteria telefonica.-

-Magari starà riposando e avrà il telefono spento.- rispose Marco cercando di tranquillizzare il suo amico.
-Vedrai che più tardi ti risponderà.-

-Ho i miei dubbi che lo farà. Non dopo quel che le ho detto ieri sera.-
Probabilmente lei non gli avrebbe risposto, anche con tanto di telefono acceso, ma sapeva di aver fatto bene a raccontarle tutto.

-Vedrai che capirà e che tutto si sistemerà.-
Ermal voleva, con tutto se stesso, credere al suo amico, voleva aggrapparsi a quella piccola speranza.

-Non puoi chiedermi di aspettare perché è troppo per me.- gli disse Ermal mentre raggiungevano le zone di Parma. Avevano deciso di andare loro due insieme in macchina, proprio per parlare della situazione, mentre gli altri andarono in un'altra autovettura.

-È la seconda volta che la casa discografica riprenota un appuntamento con Radio 105. Ti chiedo solo di avere pazienza. E inoltre Martina ha bisogno di riposo e vederti, dopo la vostra discussione, potrebbe soltanto essere controproducente.- parlò Marco cercando di far ragionare il suo amico. Non era lucido, era più che comprensibile il suo comportamento, ma era la decisione migliore da prendere.
-Quindi Andrea partirà stanotte dopo il concerto mentre noi lo raggiungeremo fra tre giorni.-

-Io non aspetto! Piuttosto preferisco che lei mi veda e mi cacci di casa.-

-Certo che sei di coccio!- esclamò Marco gettando la spugna esasperato.
-Se vuoi partire stasera fa come vuoi, tanto deciderai comunque di testa tua. Entro lunedì mattina ti voglio di nuovo a Milano.-

Così Ermal invitò Andrea a non comprare i biglietti del treno, perché sarebbero andati con la sua macchina e, a fine concerto, partirono. Era passata la mezzanotte e sarebbero arrivati a Roma intorno alle 6 di mattina. Ermal partì con una piccola valigia, portando con sé lo stretto necessario, mentre Andrea sarebbe rimasto lì per una settimana, o poco più. Quando arrivarono, Andrea aprì il cancello e la porta di casa con il suo mazzo di chiavi di riserva. Fortunatamente trovarono le luci accese, e questo significava che Angela e Walter erano già svegli, e che non sarebbero stati loro a farlo. Li trovarono a consumare la loro colazione in cucina e non rimasero meravigliati quando videro i due ragazzi entrare. Angela conosceva molto bene suo figlio ed avere la testa dura era un vizio di famiglia. Li fece accomodare, dopo averli salutati entrambi calorosamente, e preparò loro il caffè.

-Ho provato a chiamarla ma continua a non rispondere.- parlò Ermal chiedendo novità riguardanti la ragazza e Angela rispose dicendo che la febbre non accennava a scendere. Poco prima del loro arrivo era passata nella sua stanza, e l'aveva svegliata per metterle il panno freddo sulla fronte, ma pochi minuti dopo era di nuovo tornata a dormire. Il medico disse che, anche se la febbre così alta era preoccupante, avrebbe potuto indurre sonnolenza.

-Credo che il suo telefono sia proprio spento perché anche sua madre non è riuscita a contattarla. E come lei anche Andrea, Alessia e James.-
Ermal tirò un sospiro di sollievo. Non lo stava facendo volutamente.
Volevano salire su da lei ma la donna consigliò loro di andare prima a riposare e di rimandare la visita verso tarda mattinata. Andrea, avendo un letto in più nella sua stanza, invitò Ermal a restare lì a dormire fino al suo ritorno a Milano e, dopo aver sceso le loro valigie, andarono a dormire.

-Chi è James?- chiese Ermal ad Andrea prima di cadere nel sonno.

-È il figlio di Andrea Ra, il bassista di Fabrizio, ricordi? Lo hai conosciuto la scorsa estate, quando accompagnò suo padre alle prove, da Fabrizio. Ermal ricollegò gli eventi e ricordò quel ragazzo che trovò simpatico e molto intelligente.

-È un bravo ragazzo.-

-Sì, lui e Martina si conoscono già da qualche anno. Ermal cosa è successo con mia cugina?- chiese Andrea al suo amico continuando a vederlo molto preoccupato.

-Purtroppo l'altra sera non abbiamo avuto una discussione piacevole e ci siamo lasciati nel modo sbagliato.-

-Avrete modo di parlare quando ne avrà le forze.- disse Andrea confortandolo, prima di andare a dormire.
Il primo a svegliarsi, verso tarda mattinata, fu Andrea che aprì leggermente la finestra alle sue spalle per far entrare l'aria. Dopo essersi dato una sistemata scese al piano di sotto e vide che i genitori erano a lavoro. Sua madre lasciò un postit attaccato al frigorifero in cui chiese di essere chiamata in caso di emergenza. Salì nuovamente le scale e raggiunse la stanza di Martina. Piegò la maniglia e aprì la porta lentamente, per evitare di fare rumore. Si avvicinò a lei per sciacquarle il panno sulla fronte, ormai non più freddo. Quando la ragazza avvertì il contatto con le mani del ragazzo aprì gli occhi e trovò Andrea seduto accanto a lei.

-Ben svegliata! Come ti senti?- chiese il giovane vedendola svegliarsi.

-Frastornata.- rispose lei stropicciandosi gli occhi.
-Cosa ci fai qui? Perché non sei a Milano?-

-Perché sei testarda come un mulo e perché mi sono preoccupato da morire.- disse lui abbracciandola istintivamente. La ragazza ricambiò l'abbraccio nascondendo il viso nel petto del ragazzo. Per la prima volta non era felicità a trasparire dai suoi occhi.

-Vedi quale è il problema? Finisco sempre per dare fastidio agli altri!- continuò lei asciugando il viso per togliere le lacrime.

-Ma la smetti di parlare così? Stai poco bene, è ovvio che mi preoccupo.-

-Non voglio che trascuri i tuoi impegni per aiutare me.-
Andrea capì il motivo dello sfogo della ragazza e il suo sentirsi di troppo. Non avrebbe mai immaginato che la ragazza potesse sentirsi così.
Gli dispiaceva vederla in quello stato.

-Se può farti sentire meglio, sono qui perché ho la settimana libera. Lascia che siano gli altri a decidere se aiutarti o meno.-
Le parole di Andrea non facevano una piega, ma lei era troppo paranoica per smettere di farsi mille problemi da un giorno all'altro.
-Adesso misuriamo la febbre, la tua fronte sembra meno bollente.-
Dopo pochi secondi di attesa il termometro digitale segnò 38.5 ed era buon segno. La febbre stava scendendo, anche se a piccoli passi.
Andrea la aiutò a sedersi mettendole due cuscini dietro le spalle.
-Fabrizio, Giada e i bambini ti mandano i loro saluti. Sperano che tu possa guarire presto.-

-Non vedo l'ora di riabbracciarli forte. Avevo promesso ad Anita che, al mio ritorno, l'avrei portata a trascorrere un pomeriggio al parco.-

-Me ne hanno parlato. Sono sicuro che andrete presto.-
Cercò di tenerla sveglia, dandole chiacchiera, accendendo la tv, ma fortunatamente sembrò abbastanza attiva di suo.

-Se non altro hai fatto bene a dire a zia Angela di andare a lavoro. Se avesse preso un giorno di permesso, lì sì che mi sarei sentita in colpa.-

-Effettivamente la sua intenzione era quella di prendersi un giorno libero, per restare qui con te, ma perdere un giorno di lavoro sarebbe stato uno spreco. Dopotutto ci siamo qui noi.- continuò a parlare Andrea somministrandole la Tachipirina nel bicchiere.

-Un momento...noi chi?- chiese Martina confusa, prima di bere la sua medicina.

-Io e la mia pazienza vale come risposta?-

-No, vuota il sacco!-
Era determinata a sapere tutto e non avrebbe gettato la spugna tanto facilmente. Proprio mentre Andrea stava per aprir bocca, Ermal si affacciò all'entrata della stanza per mostrarsi alla ragazza. A Martina mancò il fiato mentre le tornò in mente il loro ultimo discorso, le parole di lui. In altre circostanze sarebbe stata felice di vederlo ed esultando dalla gioia sarebbe corsa ad abbracciarlo, ma ora non ci riusciva. Non riusciva nemmeno a guardarlo dritto negli occhi. Il tutto non passò inosservato, soprattutto agli occhi di Vige. La freddezza di lei lo fece insospettire e non lasciava presagire qualcosa di buono. Decise di dare loro l'opportunità di parlare da soli ed uscì dalla stanza.

-Come stai?-

-Non benissimo, grazie per l'interesse.-

Senza rispondere, andò a sedersi affianco alla ragazza e prese la sua testa fra le mani. Comprendeva il suo stato d'animo e la reazione appena avuta. Come poteva non biasimarla? Si sentiva delusa, presa in giro, e tradita, perché si fidava ciecamente di lui.

-Mi dispiace, non avrei voluto farti soffrire così. Se non fosse successo tutto questo, adesso non staresti in questo letto.-

-A me non frega niente della febbre. È dal giorno in cui sono nata che la becco almeno una volta l'anno. L'altra sera non mi hai dato possibilità di parlare. Hai confessato quel che avevi da confessare e te ne sei andato da codardo senza aspettare un cenno da parte mia.-

-Avevo bisogno di riflettere, schiarire le idee.-

-Non è vero! Ti bastava restare a parlarne. Non ti interessava sapere la mia opinione a riguardo? No, la verità è che a te non interessa nulla di ciò che penso, di ciò che sento.-

-Adesso stai esagerando.-

-Ah benissimo ora sono io che sto esagerando. Se non te ne fossi andato avremmo parlato, risolto il problema e non saremmo arrivati a questo punto.- parlò la ragazza sputando il veleno che aveva in corpo.

Ermal non riuscì ad aprir bocca, nonostante avesse molto da dire. Ma lei aveva ragione, lui era fuggito senza tentare di risolvere il problema seduta stante. Quella sera era arrivato a sperare di non vedere le lacrime bagnare le candide guance della giovane. La sola sofferenza della ragazza lo avrebbe distrutto, eppure quella sofferenza era stato lui stesso a procurargliela.

-Lo so, ma ora sono qui.- disse lui, con voce calma, prendendole la mano ma Martina non riuscì a tenere la sua mano stretta a quella del cantante e così si scostò.

-Non ce la faccio scusami.- rispose lei cercando di non guardarlo negli occhi. Una lacrima rigò la sua guancia ed Ermal non potè non notarla. Così portò la mano verso la guancia e la asciugò. Ma a quella lacrima se ne aggiunsero altre ed altre ancora e venne da lei l'iniziativa di cercarlo con lo guardo per poi stringersi a lui. Avrebbe voluto vedere solo uno dei suoi sorrisi che tanto gli mancavano. Prese a lasciarle delle carezze sulla testa mentre la sentì buttare fuori tutte le lacrime represse dei giorni precedenti. La sua rabbia e frustrazione era tale da essere pronta a scendere in cucina per lanciare qualche piatto dalla finestra. Ma poi capì che doveva calmarsi e di non poter distruggere la casa dei suoi zii. Avrebbe placato la sua furia in altri modi.

-Avevi ragione tu, lo so. Pensavo che a Silvia sarebbe passata da sola, non mi aspettavo  di trovare dei conti in sospeso da parte sua.- parlò lui dopo aver capito che la ragazza stava cercando di calmarsi, di smettere di piangere.

-Non dovevo farti una richiesta simile, non dovevo chiederti di cercarla. Avrei dovuto lasciarti libero di scegliere, come hai ugualmente fatto, e senza farti pressione. Mi sentivo responsabile quando non dovevo farmene una colpa. Sono cose che capitano no? Non potevi farle da psicologo.-

-Lei non avrebbe potuto forzarmi, a far funzionare le cose fra noi, e tu non avresti dovuto considerarti una minaccia, perché è così che ti sei sentita. Cosa avresti voluto fare? Lasciarle campo libero? Il fatto che tu sia entrata nella mia vita in questo periodo, nel pieno di questa crisi con Silvia, è stato per me un motivo di riflessione. Ti ho trovata più affine a me, abbiamo passato dei momenti importanti, ho rivalutato le mie priorità e ho capito cosa voglio davvero.-
Purtroppo quella situazione di stallo stava diventando pesante e adesso ne stavano pagando le spese.

-Resta il fatto che mi hai mentito. Come posso fidarmi?-

-Guardami, sono la stessa persona di sempre.-

-Non lo so Ermal. Forse la cosa migliore sarebbe finirla qui e prenderci del tempo per noi.- disse lei con una morsa al cuore. Le era costato tanto pronunciare quelle parole, troppo. Lui si sentí preso alla sprovvista, dal momento che non si aspettava un risvolto simile. Pensava che, con un po' di pazienza, tutto si sarebbe sistemato, ma la rottura di un rapporto? No quello non lo voleva assolutamente.

"Non lo sai che sta piovendo
perché ci stiamo lasciando
altrimenti sai, mica pioveva così tanto"

-Mi stai lasciando? Non puoi farlo.-

Cercò di farla ragionare ma lei rimase ferma sulla sua decisione.
-Ho bisogno di restare da sola, almeno finché non riuscirò a fidarmi di nuovo di te.-
I postumi della rottura della sua storia con Silvia li aveva passati in solitudine, a crogiolarsi nel letto. Questa volta sarebbe stato disposto a lottare?

"E queste nuvole d'acciaio fanno sparire il cielo. Vedrai che tornerà sereno.
Domani tornerà sereno"

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