94- Anime affini e il loro coraggio

"Ed io ti sento amore,
Ti sento nel mio cuore,
Stai riprendendo il posto che
Tu non avevi perso mai "

La voce del silenzio- Ranieri

P.O.V.
Nicolas

Perso dentro un'inspiegabile vuoto ascolto solo il rumore di una vergogna che non conosce confine, e che non dimentica l'errore commesso in una notte.

Braiany non si era fatta più vedere, io non l'ho riaccompagnata a scuola ma, per questa volta, la mia mente è spinta a non cercarla. Lasciare a entrambi il tempo che serve per riflettere, se solo questo bastasse.

Afferro la testa con entrambe le mani, cercando di intrappolare i miei pensieri, e poi le spingo via, preso dall'esasperazione ... ma senza essere riuscito a raggiungere il livello massimo, prima di vedere Nicole passare per la porta del mio negozio.

Rimaniamo con gli occhi inchiodati tra di noi, entrambi caparbi di un'idea che sosteniamo con fermezza, e di cui non ci vergognamo.
Lei dovrebbe farlo, sul serio, nonostante fosse stata mia la colpa di averla considerata come migliore amica.

<Possiamo parlare o hai dei clienti in programma?> Domanda, sfacciata nella sua impertinenza, facendomi tornare in me e privandomi dei problemi.

<Parla se vuoi, ti ascolto ma fai presto>, la rimbecco, guadagnandomi come è giusto che sia un'occhiataccia dalla sua parte.

<Fai sul serio?>

Come a confermarlo non le rispondo, e lei sbuffa sonoramente.

<Sono venuta qui per questo, Nicolas. Deve finire, sul serio, mi sono stancata>

Forse non si rende conto della gravità delle sue scelte, ma non la facevo tanto ingenua.
Pensavo fosse una donna che le sopravvaluta, ma probabilmente la teoria è applicabile solo nell'ambito dell'amore.

<Gli ho parlato. D'accordo? L'ho fatto! Ian è un mio amico e io non devo giustificarmi di niente. Quale colpa ha avuto? Era vittima di un sistema più grande!> Esordisce, con una vocalità piuttosto alta.

<Non ho voglia di parlarne, Nic, sai bene quale è il problema. Avrebbe potuto aiutarla e ha deciso di non farlo. In compenso, però, la sua nuova auto va che è una meraviglia>

<Sei ipocrita, l'ha presa dopo>

<Non è più importante, ormai>

Pulisco una serie di aghi e metto in ordine i colori nei vasetti dell'inchiostro per sfuggire momentaneamente al suo sguardo.

<Non è stato Ian a uccidere Lorelan, Nicolas. E' stato Will>

<Solo in maniera diretta>

<Vorrei che vi chiariste. Eravate amici un tempo, stavi sempre dalla sua parte, senza mai sostenere Caleb nelle discussioni. Dimmi come un evento del genere possa modificare anni di intramontabile amicizia. Nemmeno lei lo vorrebbe>

<Ti sei fatta portavoce dei morti, adesso?>

<Nicolas, ti prego>

<Ho da fare>

E per evidenziarlo afferro una serie di attrezzi incamminandomi nell'altra stanza, ma non basta ad allontanarla, almeno non con la vista.

Nicole rimane immobile a poca distanza dall'entrata a vetri, attraverso la quale si riesce a vedere la confusione della città.

<Ti è successo qualcosa, non è vero?>

<Che cosa vuoi sentirti dire, Nic?> Chiedo pieno di esasperazione e ruotandomi con il busto verso di lei.
Sollevo le mani come a chiarire ogni dubbio, prima di poterlo fare con le parole. <D'accordo, ti ho perdonata per avergli parlato. Amici come prima>

<Se sei mio amico allora dimmi cosa non va>, richiede, avanzando, ed io abbasso la testa verso terra prima di rispondere.

<Fa che non esaurisca di nuovo la pazienza>

<Nicolas che c'è?!>

Poso entrambi i palmi sul ripiano che ci divide, arrivando con un solo gesto a fissarla più a fondo negli occhi, e ammettere ogni amara verità.

<Ho baciato Braiany ieri notte>

<Sul serio?>

Annuisco lentamente, necessitando dell'amica alla quale rivelavo i segreti.

<E come ti è sembrato? Credevi, o credi, che fosse sbagliato?>

<Non durante, ma dopo, si>

<E lei che cosa ha fatto?>

<Mi ha ricambiato>

Una pausa eterna segue la confessione che in un lampo mi fa tornare nuovamente seduto sul mio vecchio letto, ad occhi chiusi e bocca protesa, premuta contro la sua.

<Non sei suo padre, Nicolas. La ragazza ha quattordici anni e credo che si sia innamorata di te, dell'uomo che è riuscita a salvarla dalla rovina>

<È più matura di così>, constato, ma Nicole non mi dà credito.

<Non è questione di maturità, ma di protezione, il calore insieme al quale le permetti di vivere. Una donna che si sente al sicuro è una donna amata>

<Non puoi crederlo sul serio ...>

<Che cosa provi per lei, Nicolas?>

<Affetto, immagino>

<Ed è per affetto che sei arrivato a baciarla? Sei attratto da lei?>

Dalla visione della scorsa notte, rivista alla luce del giorno, il suo volto si allontana ancora una volta, nel suo ovale piccolo e perfetto, nei capelli neri tagliati corti e quegli occhi che inchiodano.

<Mi piacerebbe tanto conoscerla>, commenta assorta.

<Non hai conosciuto nemmeno Lorelan, se è per quello>

<Potrei essermi sbagliata sulla ragazza sulla quale scommettere, chi può dirlo?>

<Che cosa intendi, si può sapere?>

<Non lo hai capito da solo, dopo tutti questi anni?
Non metto in dubbio che Lorelan fosse una ragazza fantastica, ma forse non era una donna troppo persa nel suo dolore, da morirne, la persona di cui avevi bisogno. Mi hai detto, tempo fa, che anche Braiany ha vissuto lo stesso passato, ma non te ne rende parte>

<È così>

<Dovrai arrivare a scoprirlo da solo, ma questo ti fa capire quanto quella ragazza sia abbastanza pura e forte da riuscire ancora a sfuggirgli. Che cos'altro ti blocca, Nicolas, ti vergogni di lei?>

Si ... ma non nel senso che è facile intendere, bensì in un'emozione molto più intrinseca, prossima all'errore.

<Credo che Braiany si sia innamorata, e tu dovresti dare ascolto al tuo cuore una buona volta. Non è importante la differenza di età, dieci anni si compensano bene. Non è lei a non poter essere giusta per te ... tu riesci a esserlo per lei? Riesci ad essere l'uomo che tanto brama?>

Mi perdo dentro questo quesito consequenziale di parole, sotto uno sguardo sempre più attento e interessato di Nicole, e non sono in grado di rispondere, non subito.

<Pensaci e decidi cosa fare. Quando avrai compiuto la tua scelta torna da noi, Megan è di nuovo in città. Forse possiamo tornare ad essere quelli stessi di un tempo, chi lo sa, magari un po' più maturi>

E in questo congedo di raccomandazioni, Nicole abbandona il mio studio, facendo risuonare la piccola campanella in metallo non appena esce e si chiude dietro di se la porta.
Nel silenzio di questo posto che mi vede come solitario lavoratore, percepisco immediatamente la mancanza della mia socia.
Celine avrebbe sicuramente saputo cosa fare, è sempre stata un'esperta nelle relazioni, anche se l'amore non si è rivelato essere il suo destino.

P.O.V.
Megan

Attendo con pazienza il suo ritorno, nonostante l'agitazione balli il suo ritmo, in questo salone che fa da purgatorio per ogni accusa che sono pronta a smuovere.

Non prolunga la mia agonia.
Dopo una decina di minuti Nicole compare, facendo il suo ingresso e attirando subito i miei occhi su di sé.

<Buongiorno, ben arrivata>, procede in un saluto di pacifica convivenza, al quale non rispondo con la stessa grazia, essendo immensamente arrabbiata con lei.

<Sapevi che all'indirizzo che mi hai fornito abitava lui. Come hai potuto non dirmelo?>

<Avete bisogno di chiarire. Se te lo avessi detto non lo avreste mai fatto>

<Mi ha abbandonata, Nic, nel momento più importante della mia vita>

<E tu hai abbandonato lui, no? Tutti noi. Ma non è importante. Quello che importa è che è cambiato>

<Certo>, commento ridendo e intrecciando le braccia, sotto il suo sguardo decisamente più affilato.

<Anche tu sei cambiata, Meg. Hai scoperto cosa ami fare, è vero, ma sei diventata più cinica con tutti noi.
Nel rincorrere nuovi sogni hai perso la speranza che tanto ti caratterizzava>

<Non credi che sia troppo approfondita come analisi? Non sono tornata nemmeno da due giorni>, continuo a beffeggiarla, ma non si lascia vincere.
Anche Nicole è cambiata molto. Mio malgrado è diventata più forte, forse sostenuta dai massivi pilastri di un amore ricambiato, di una famiglia riuscita e di un lavoro che sta portando i suoi frutti.

Non posso saperlo ma la invidio troppo.

<Anche Caleb è cambiato molto. Lo avrai notato anche tu, no? È meno impulsivo, meno arrabbiato e più contenuto, quasi chiuso.
L'accademia lo ha aiutato a mantenere il controllo ma probabilmente lo hanno fatto anche i molti pensieri.
Per anni lui è stato il solo a non smettere di cercarti>

<Nicole, piantala>

<No, sei venuta qui per questo, no? Per sapere perché io ti abbia spinto fino a lui. Il motivo è perché ti voglio bene, perché sono tua amica e so che cosa ti manca, cosa manca a entrambi voi.
Avete bisogno di tornare ad essere insieme, complici esattamente come prima>

<Non possiamo>

<Hai smesso di amarlo, per quello che ti ha fatto?>

Con quale coraggio o orgoglio posso rispondere a una domanda simile?
Non occorre che lo faccia, la risposta si fa visibile ai suoi occhi.

<Ti ama ancora molto, più di quanto immagini.
Se per te è lo stesso allora non perdere tempo, ne è trascorso fin troppo>

Abbasso gli occhi a terra perdendomi dentro i miei pensieri, poco dopo averla vista togliersi sciarpa e cappotto per appoggiarli su una sedia e iniziare con il turno lavorativo.

La mia coscienza si sta inclinando, e la volontà sta prendendo una personale piega a cui non posso non dare voce.

<Quando hai parlato dell'accademia ...>, parto a chiederle, interrompendomi solo qualche secondo. <... Del discorso faceva parte anche Rachel?>

La lunga mancanza di risposta mi obbliga a sollevare gli occhi e tornare a lei, che con tristezza si procura a rispondere a quel dolore che non intendo più celarle.

<Lei gli è stata molto vicino, è vero, ma tra di loro non c'è mai stato niente. Non ha avuto altre donne, Megan, dopo di te>

Stringo più forte al petto le braccia, ricevendo quell'informazione ma provando a preservare il mio cuore.
Nemmeno io ho avuto nessun altro dopo di lui, non ho potuto e solo la notte, solo la notte la sua assenza diveniva insopportabile.
Il giorno era un fantasma con cui provavo a convincere ma la sera, dentro a un letto freddo, si rendeva tangibile e detestabile.

Non ho potuto avere nessun altro ...  perché l'ultima volta che ci siamo visti Caleb ha avanzato una richiesta, e per quanto fosse insipida e magnetica per la mia rabbia, sono arrivata ad esaudirla. Adesso vivo delle sue conseguenze, mentre nel petto il cuore torna a battere ad un ritmo anormale.

P.O.V.
Caleb

L'acqua calda cade dal soffione della doccia battendo contro la mia testa china, mentre la fronte preme contro mattonelle di maioliche che gli occhi non vedono, chiusi come sono nella concentrazione di un dolore.

Dietro le palpebre rivedo il viso di Megan, in piedi, vicino alla soglia della mia casa. La sua espressione, i suoi occhi, la sua bocca.

È cambiata molto. Il suo corpo è stato modificato dalla brezza leggera di un'altra città che ne ha esaltato il valore, levigandolo in una perfezione che la rende, in tutti i sensi, donna.

Credevo fosse dovuto al parto, ma non c'è stato nessun bambino.
Nessun bambino.

Stringo i pugni contro la parete, cercando, con un profondo respiro, il modo più corretto per tornare a respirare, perché non lo avrei voluto. Avrei desiderato che, per tutti questi anni, lei mi avesse rivisto nel viso di nostro figlio, si fosse ricordata del nostro amore e in un futuro prossimo, divenuto il nostro presente, fosse ritornata per riviverlo di nuovo, a pieno.
Proprio come desidero io.

Apro gli occhi, allontanandomi con la fronte dalla parete, ed espiro profondamente, tentando di regolare il pianto mentre nella mia mente rivedo tutti gli eventi degli ultimi anni, i miei tentativi vacui di riuscire a ritrovarla, e poi i giorni, mesi, di servizio militare, le parole di Rachel mentre rimaneva al mio fianco.

Avevo creduto di avere una famiglia adesso, con la donna che amo sopra ogni cosa ma invece lei era tornata per la carriera, non per me, unicamente per il lavoro dentro il quale si era buttata a capofitto.
E la colpa di tutto questo è unicamente mia.
Megan mi detesta ed io non posso fare niente per convincerla a non farlo.

Esco dalla doccia con un movimento scattante, quasi fosse il fuggire da quella gabbia in vetro la sola cosa a rendere liberi i miei pensieri, ma poi resto fermo dinanzi allo specchio, una volta sistemato un asciugamano in vita.
Rivedo sul petto la cicatrice con cui ho imparato a fare i conti, e che si è resa l'unico ricordo tangibile di mio padre, ed in un attimo la mente torna a quel casolare dove per l'ultima volta io e Megan ci siamo amati. La sensazione della sua bocca sulla ferita.

Non è stato facile in questi anni, il corpo esprimeva il proprio pensiero, ma sono riuscito a non avere rapporti con altre.
Nessuna poteva sostituirla e nessuna bocca poteva riempire il vuoto interiore che mi aveva lasciato l'assenza della sua, nemmeno Rachel verso la fine del suo matrimonio, nessuno.

Credevo quindi di essere riuscito a dominare per sempre ogni sensazione, ogni battito cardiaco ma ogni cosa è sfuggita al mio controllo non appena l'avevo rivista.
Quasi mi pento di non aver chiesto a Ian la vita che ha condotto Megan, ma poi rifletto su quanto questa informazione possa essere in grado di ferirmi, e abbandono l'impresa.
Non posso incolparla di essersi rifatta una vita quando sono io il solo che non riesce ad andare avanti.

Asciugo con un panno i capelli, lasciandoli poi bagnati e liberi contro le guance e, appena, le spalle, infilandomi pantalone e maglia ma lasciando i piedi nudi.

Sto riflettendo su questo, su ogni cambiamento che è successo alla nostra storia, quando la vedo. In un vestito viola pallido, i lunghi capelli sciolti, i polsi pieni di bracciali, le mani fini ... il viso severo ma bellissimo, perfetto, come non potrà smettere mai di essere.

Megan. La mia capricciosa.
Megan ... a casa mia.

<Ho parlato con Nicole. A quanto pare è vero, hai perso la tua rabbia, quindi questo vuol dire che possiamo parlare finalmente come persone civili. È quello che ci è sempre mancato, no?>

<Che cosa vuoi chiarire?> Le domando, sforzandomi di non accarezzarla troppo con gli occhi.

Non mi compete, sembra dirmi, mentre io sulla sua pelle ci rimarrei in eterno.

<Perché hai continuato a cercarmi? Ti ho lasciato, mi sembrava abbastanza chiaro>

<Lo sai il perché>, le rispondo, avanzando lentamente.

<Perché per chiudere avremmo dovuto parlare. Sono scappata via, e tu volevi delle risposte>

<No. Non importano più nemmeno le domande>

Mi faccio sempre più vicino, fino ad arrivare a un passo da lei che non si muove.
In una vicinanza che permette al corpo di riavere il giusto ossigeno sento di nuovo il dolce profumo di lavanda, corso a riempirmi le narici.
I nostri occhi si fanno battaglia a diverse altezze mentre restiamo immobili.
E giuro che mai prima d'ora mi sono sentito tanto vivo.

P.O.V.
Megan

Sto sbagliando di grosso. I suoi occhi, i suoi passi da felino, sono ancora il nemico. Eppure non provo minimamente a muovermi. Le sue parole rimbalzano come un eco dentro la mia testa.

<Non importano più nemmeno le domande>

Rimango a fissare i suoi capelli bagnati dalla doccia, i suoi piedi nudi, la sua maglietta aderente, prima di commettere un enorme sbaglio che però non vale nemmeno la metà del tempo passato a soffrire.

Avanzo di colpo, prendendo il suo viso tra le mani e quindi premendo la mia bocca contro la sua.

Dovremo fare pace, ma al momento non desidero altro.

La braccia di Caleb tornano a stringermi con forza, e l'attimo dopo il mio petto viene premuto contro il suo, senza lasciare un centimetro tra i nostri corpi.

Il desiderio mi attraversa e quello di lui mi risponde, quasi nello stesso istante e costringendolo a chinarsi per afferrarmi tra le braccia, e quindi rialzarsi, portandomi fino al bancone di cucina.

Lascio disperdere le mani dentro i suoi capelli mentre lo bacio con ferocia, in un gesto che mio malgrado lo reclama e a cui risponde nella stessa misura.
Scendo con le mani afferrandogli la maglietta, e sotto di essa faccio scorrere i miei palmi, entrando a contatto con la sua pelle, prima di toglierla.

<Sei sicura?>

<Non pensare a nient'altro adesso>, gli rispondo continuando a baciarlo.
Dio ... come mi era mancata questa sensazione.

<Non lo faccio se non ci porta a niente>, afferma caparbio, mentre la sua voce rotta, e calda, vicino all'orecchio mi spedisce una fitta al ventre insostenibile.

<Caleb ... non ho avuto nessun altro>, gli confesso, continuando a baciarlo, intrappolando le sue labbra.

Sento come se il suo cuore battesse più veloce, contro il mio petto.

<Perché?>

<Per lo stesso motivo per il quale ti odio. Era il momento peggiore della mia vita e tu hai avanzato una richiesta. Non ho potuto fare a meno di eseguirla>, confesso, intrappolando il suo odore emanato dal collo.

Caleb mi costringe ad allontanarmi quanto basta per vedermi in viso, e il suo sembra intrattenere una domanda, alla quale, arresa, rispondo.

<"Non innamorarti di altri". Ti ricordi, no? E io non l'ho fatto>

<Megan ...>

Prima di permettermi di incolparmi per la mia adolescenziale, e troppo veloce, resa, torna a baciarmi, mozzandomi il respiro, mentre mi stendo sotto i suoi comandi lungo questo ripiano.

Le sue dita giocano con i bottoni del vestito presenti sulla scollatura del seno, riuscendo anche a sganciarli, mentre la mia mano cerca la lampo dei suoi jeans per riuscire ad aprirla.
La sua bocca discende lungo la mia pelle, mi condanna ... con il calore del suo respiro e con quella febbricitante emozione che credevo quasi essere dimenticata per sempre, a causa di una solitudine imposta.
Non riesco a capacitarmi di come sia riuscita a privarmi di tutto questo, dell'entusiasmante vortice di sensazioni che mi investe non appena Caleb bacia il solco tra i miei seni.

Il ricordo della nostra infanzia mi raggiunge in una brezza leggera, trasportando con se il sapore anche di quelle giornate, la nostra adolescenza, il nostro primo bacio di tre anni fa, le prime esperienze, quel qualcosa ... che ci rendeva prigionieri entrambi, fuori e dentro le coperte.

Amore, semplicemente questo.

Nonostante i miei sforzi non è riuscito a morire.
A lui apparteniamo, per questo motivo ... non possiamo più ignorarlo.

<Caleb aspetta ...>, sussurro piano, non appena il vestito corre il tragitto in direzione della mia testa e riesce ad andarsene con il pudore.

Non era il nostro tempo ... ma adesso sono sicura che possa tornare ad esserlo, se solo lui lo vuole.

<Non prendo più la pillola> ammetto, rimanendo trafitta dai suoi occhi dolci.

<Vuoi che metta il preservativo?>

<Tu che cosa vuoi?> Domando, sentendo il bisogno di chiederlo.

Caleb sorride, accarezzandomi una guancia.

<Da te?> Risponde in un interrogativo, prima di posare la fronte sulla mia. <Tutto>

Dentro il petto, una dolce sensazione di calma mi circonda adesso, mentre lo vedo arrendersi all'emozione, rimanendo seminudo su di me.

<Non ho più alcuna paura, Megan, se non quella che era presente anche nel video. Ho paura di perderti>, confessa aprendo gli occhi, e guardando dentro i miei. <Prometti che non capiterà più, che smetterai di fuggire via. Dimmi che resteremo insieme>

Non possiedo parole con cui confermarglielo, dunque mi limito solo a posare con delicatezza la mia mano sulla sua nuca, avvicinandolo a me per baciarlo piano.

Ad occhi chiusi mi ricambia, ed ora non abbiamo bisogno di altro.

Cerco di nuovo l'apertura dei suoi jeans e finalmente li apro, lasciando passare una mano sotto strati di stoffa per raggiungere la sua pelle e intrappolarla nel palmo.
Il respiro, come se fosse uno, si spezza sulle labbra a entrambi ed è questione di poco, del desiderio covato per tutto questo tempo, di risentire ancora una volta nella propria bocca il sapore dell'altra ... sarà un'insieme di tutto questo, ma non occorre molto prima di tornare ad essere uno.

Chiudo con forza gli occhi mentre lo sento nuovamente dentro il mio corpo, esattamente dove doveva essere.
Per alcuni istanti rimaniamo entrambi immobili, respirando l'uno a pochi millimetri dall'altra, godendo di questa ritrovata unione. Poi i suoi fianchi si inclinano, incendiandoci entrambi.
E' un rapporto lento ma passionale, fatto di baci estremamente umidi e sospiri, sguardi ... composto unicamente di noi, fin nel profondo.
Non sorprende che finisca per entrambi troppo presto. L'attesa è stata ardua ma necessaria per poter avere un amore così tra le braccia. Il solo in grado di resistere a tutto, l'unico risultato che può essere solo nostro.

I suoi occhi vividi e luminosi, sorridenti quanto consapevoli, mi fissano nel loro verde smeraldo, comunicando una fila di parole silenziose alle quali rispondo, con lo stesso ardore.

Sollevandomi tra le braccia e rimanendo in me, Caleb mi allontana dal bancone e mi porta fino all'ingresso della sua camera, esattamente di fronte alla mia, senza smettere di fissarmi, e promettendomi ancora universi fatti di sogni verso i quali non ho più paura di andare incontro.


Un leggero strato di sudore ricopre i nostri corpi stesi l'uno sull'altro, lasciandomi intravedere l'ombreggiatura del suo torace mentre riposo tenendogli la testa contro, stregata dal suo respiro quanto dal calore che solo lui riesce a trasmettere.

<E' deciso quindi? Non te ne andrai?> Gli sento chiedermi dall'alto, mentre è intento a intrecciare i miei capelli intorno al suo indice destro.

<No, Caleb. Rimango>

Percepisco il suo sorriso così distintamente da essere costretta a portare indietro il capo per riuscire a intrappolarne anche la vista.
Me la offre solo per breve tempo, prima di chinarsi e premermi la sua bocca contro, in un bacio che approfondisco all'istante.

<Mi dispiace>, gli sento dire, allontanandosi di poco, qualche istante dopo. <Quello che hai affrontato da sola ... è troppo per una persona sola>

<Non è più importante ormai>, glisso, tentando di rispondere con un sorriso, ma Caleb non cede.

<Non lo credo, e nemmeno tu, non davvero>

La sua mano scende dal mio collo passando tra i seni, ma è solo nel soffermarsi sul mio ventre che mi procura un brivido, avendo sfortunatamente colto il punto verso il quale è dirottato ogni suo pensiero.

<Parlamene. Parlami di nostro figlio>

<Era ancora troppo piccolo per conoscerne il sesso, ma io gli volevo bene>

<Lo amavi. Lo hai amato fin da subito>

<Anche tu lo hai amato. Lo vedo adesso, nei tuoi occhi>

I soggetti del mio pensiero si riempiono di un velo di lacrime, traballante nella sua richiesta di non cadere.

<Ho sbagliato tutto>

<E' stata la vita a farci sbagliare, Caleb. Ma adesso noi possiamo ricominciare>

E come a confermarlo poso un bacio sulla sua guancia destra, ricavandomi un posto ancora più al sicuro all'interno dello spazio tra il suo braccio e il suo fianco, per poi chiudere gli occhi, lasciandomi cullare da questa pace.

<Hai deciso ... di imparare a gestire la rabbia, per quello che ti ho detto andandomene?>

<Non volevo essere come mio padre, Meg. Il mio odio ha causato solo dei problemi a noi e alle persone che mi erano vicine. Ho provato a privarmi di tutto quello che ci rendeva simili, me e lui, e lotto tutt'ora per riuscire ad estinguerlo>

<Stai facendo un grande lavoro>

<Lo pensi sul serio?>

Annuisco certa, ricevendo una sua carezza lungo la schiena. <Però non sei stato da solo>, commento, in una smorfia che tento di non far sentire, mentre mi sottraggo in una mossa velata al palmo delle sue dita. <C'era Rachel con te, no?> Chiedo, tornando a fissarlo dritto negli occhi.

Pare macchiarsi di colpevolezza, ma dopo poco annuisce.

<C'è stato qualcosa tra di voi?>

<Solo un bacio> dice, portando a galla tutti i miei timori, ma tentando di respingerli verso il fondo mentre continua a parlare. <Eravamo entrambi confusi, quella notte mi mancavi più del solito, stavo cercando di trovarti e Rachel si era appena lasciata con il marito. E' capitato per caso, mi sono allontanato subito. Niente di più>

Stavolta è il mio turno annuire con consapevolezza, prima che solo i suoi occhi mi rivolgano la stessa domanda.

<Io non ho avuto nulla. Niente, da nessuno. Vivevo tra casa e lavoro, e non ho permesso ad altri di avvicinarsi. Sapevo di non appartenere a loro>

Mi nascondo nella sua stretta, respirando il suo profumo.

<L'amore non è per tutti>

<Hai saputo di Celine?>

Annuisco lentamente, ricevendo una presa maggiore alla sua stretta.

<Non intendere male quello che ho detto. Ciò che voglio dire è che non tutti hanno scritto nel loro destino l' essere promessi ad altri. Celine ha avuto Kevin, e lui è stato il suo grande amore, un uomo importante per tutti noi. Dopo non ne ha scelti altri, e va bene, è giusto che sia così, perché ognuno di noi ha il proprio percorso, le proprie scelte. Non si deve trovare per forza l'anima gemella per avere successo nella vita. La nostra crescita è fatto di molto altro>

<E che cosa dici di noi, allora?>

Sollevo gli occhi affinché possa guardarmi, ed essere certo di ciò che sto per dirgli.

<Noi eravamo inevitabili. E forse ancora troppo deboli per combattere da soli. Questo è ciò che voglio dire: si sopravvive nella vita in molti modi, da soli o accompagnati da altri, basta riuscire a vivere con interezza ciò che si desidera avere.
Gli innamorati, con questo, non sono più deboli, ma semplici anime che necessitano di essere insieme, per poter raggiungere un comune fine.
Siamo stati inevitabili, perché insieme siamo uno solo. Insieme, nonostante i litigi, sappiamo farci meno male, anche se lo abbiamo capito relativamente tardi.
L'unica cosa che ci resta da fare è avere coraggio per riuscire a proseguire. Coraggio, in tutto quello che faremo.>

Con dolcezza la sua espressione mi accarezza così come fa la sua mano, spostandosi dalla mia fronte alle mie labbra.

<Sei parte della mia anima, lo sai questo?>

<E tu sei parte della mia>, affermo, sollevandomi leggermente e riuscendo a baciarlo.

Mi arresta sulla sua bocca, bloccandomi con una mano dietro la testa per sentire più a lungo il suo sapore, il nostro, ed io dentro ad esso mi perdo.

Il nostro passato viene sigillato e tra le mani otteniamo solo le chiavi di un'inevitabile e perfetto futuro.

Con dolcezza mi allontano piano, e le nostre bocce emettono un leggero schiocco che ricorda la morbidezza dei nostri baci.

Semi seduta su di lui fisso dentro i suoi occhi verdi, tanto simili ai miei perché legati da sempre a un'unico corpo, così come il sangue appartenente allo stesso flusso sanguigno e presente nelle nostre arterie, e molto altro. Le proporzioni del suo corpo che si modellano al mio, la sua bocca, la sua dolcezza, la sua anima, anche la sua perduta e celata rabbia.
Siamo così diversi, eppure così simili.
Anime affini che non potevano fare a meno di amarsi.

<Solo un altro po' di quotidiano coraggio, la vita non ci chiede altro. Solo dell'ulteriore e feroce coraggio>, pronuncio sul suo viso, stregata dai suoi occhi, certa di essere più forte adesso.

Più forte, ora che finalmente siamo insieme.

P.O.V.
Nicolas

Non capisco cosa ancora il cuore richieda. Credevo avesse già ottenuto tutto, che gli bastasse l'essere stato barattato per inutili frammenti di fiato che, in passato, gli avevano fatto credere di essere vivo, e invece, oggi come allora, torna a protestare in una tormentosa richiesta in grado di togliermi il fiato.

Che cosa, che cosa vuoi ancora?
Credevo di averti già offerto tanto. Credevo di essere stato in grado di donarti tutto. Che cosa è rimasto ancora, perché desideri, a tutti i costi, vedermi cadere a pezzi?

Nella mia vita non è mai stato un sentimento facile, con cui convivere. Anzi l'amore si era sempre dimostrato lo scortese ospite che non offriva mai il proprio contributo a una cena, quel coinquilino pestifero e maledetto con il quale ti trovavi costretto a condividere la vita. Semplicemente una piaga che ancora non mi permette di andarmene via, di smettere di pensare in questo patetico studio, la quale moquette ha assorbito inevitabilmente i miei agitati passi, catturandone la suola e rilasciandola, come una molla.

Che cosa c'è, ancora? Che cosa ti ha risvegliato, condanna?
Sono stati degli occhi più neri della pece, le labbra ai quali si legano?

Che cosa? E perché ... ancora richiedi il mio coraggio?

Pensavo di aver già vinto la battaglia, aver tirato i remi in barca, essere riuscito a chiudere per sempre tutto, ma proprio dopo l'averlo pensato, da dietro il mio portone sigillato, mi hanno raggiunto un paio di colpi, lasciando intendere cosa stessero cercando.

Non posso crederlo, eppure è tutto vero. Ne riconosco i sintomi: questo patetico cuore accelerato che non vuole sentire ragioni, la corsa dei miei pensieri, il caos dentro il quale è imprigionata la mia ragione, le contraddizioni, i desideri ... e inevitabili, quanto distruttivi, ricordi.

Non doveva più essere il mio momento, invece era tornato e vuole che mi rimetta in gioco. Che mi sollevi, dalla mia patetica posa di resa su questo prato arido, e corra nella direzione della fioritura.

Desidera questo, la voce che possiedo, ma io che cosa voglio? Ne ho davvero le forze? Sono pronto per farlo?

Conosco bene il pensiero che mi blocca, ma a contrastarlo c'è la voce di Nicole, pronta a svettare lo stendardo della mia battaglia.

Sei l'uomo che è riuscita a salvarla dalla rovina.

La ragazza ha quattordici anni e credo che si sia innamorata di te.

E' per affetto che sei arrivato a baciarla?

Sei attratto da lei?

Ti vergogni ... di lei?

Passo entrambe le mani nei capelli mentre rivedo il volto di Braiany, nel buio tanto simile ai suoi occhi.

Tu non sei mio padre.

E poi il suo stesso viso, anni prima, vicino all'inizio delle scale della casa che le ospitava, mentre mi chiede sinceramente la sua paura più grande.

Sei uno di quegli uomini?

No ... no, lo sono, non lo potrei mai essere, perché c'è una netta differenza a distinguerci, a loro non importava niente, loro non la cercavano che per loro stessi mentre io ... io la amo.

La amo.

Lo capisco solo adesso.

Amo il modo con cui storce il naso quando è seccata, quella fila di abitudini che ho imparato a conoscere giorno dopo giorno vivendo con lei. La amo più di ogni cosa, tanto da proteggerla, e non mi importa degli anni, non mi importa della bugia alla quale ho creduto per tutto questo tempo riguardo alla nostra parentela ... io voglio donarle ancora quel calore di cui Nicole parlava, perché l'unica cosa che desidero è vederla felice.

Stretta nelle mie braccia con un sorriso.
Niente di più complicato e di più semplice.

Perché aspettare? Chi mi vieta adesso di avanzare?

Stupide credenze? Stupidi giudizi, gli occhi dei genitori, degli insegnanti?

Non mi importa.
Sono pronto a tornare ad amare, ancora più forte, ancora più di prima.

Ed è con questa consapevolezza che chiudo in una mandata la porta del salone e corro per strada.
Senza fiato, incurante dei pedoni.
Corro a più non posso sentendo i muscoli bruciare, ripescando nella memoria la stessa scena condivisa con Lorelan.
La mia fata rimarrà per sempre il mio dolce amaro ricordo, quella donna che è riuscita in qualche modo a esorcizzare parte dei miei diavoli, facendomi tornare a credere di meritare di meglio dalla vita quando mi ero vietato tutto, più di adesso.

Al mio fianco il suo fantasma aveva preso a correre, mantenendo il mio stesso passo, ma è con un sorriso che mi abbandona e si arresta, rimanendo metri più indietro, mentre io proseguo verso una direzione nota, convinto delle mie scelte.

Supero la recinzione d'entrata e il portone di ingresso, il tavolo di accoglienza, raggiungendo le bidelle, e iniziando a parlare loro dopo aver posato entrambe le mani sulle ginocchia dopo l'inevitabile maratona.

<Buongiorno, cercavo Braiany Stilson, prima c, sono il suo tutore.>

<La facciamo uscire subito, attenda pure qui>

Eseguo tale ordine sentendo il fiato battere contro le mie costole e l'ossatura esterna ai miei organi.
Fisso il cartello che ne riporta la classe, affisso alla porta, poco prima di vederne lei uscire.

Nessun abito provocatorio, nessuna maschera con cui stuzzicarmi, semplicemente lei ... che già si è presa tutto.

<Che cosa ci fai qui?> Mi chiede, ma io non ho il tempo di risponderle perché mi ha trafitto un'idea, che mi spinge a prenderla per mano.

Nel mio palmo il suo è freddo, forse preoccupato del mio arrivo, ma il sole esterno corre presto a colpirci, riscaldandoci nello stesso modo con cui noi già bruciamo.

La conduco fino all'ingresso, perpendicolare alla grata che abbiamo scavalcato insieme, rimanendo adesso con un piede dentro la proprietà e uno per strada.
Proprio qui stiamo, sul bilico delle nostre scelte, sulla, seppur minima, rottura di regole che insieme abbiamo infranto, e immagino che in qualche modo anche lei lo capisca. E' sempre stata una ragazzina sveglia e ora mi fissa con un mezzo sorriso.

I ragazzi della sua classe sono affissi alle finestre come patetici dipinti su pareti sgombre, ma non mi interessa di loro, o delle inservienti che sono corse fuori per verificare cosa stesse succedendo tra di noi.

Le accarezzo il viso, compiendo piccoli giri con il pollice contro la sua pelle, e poi alla luce del sole, di fronte a tutti, la bacio.

Non mi nego più il suo sapore, e sentirlo sulle labbra mi innalza fino al cielo. La stringo più forte mentre lei dolcemente ricambia, lenta, quasi inesperta, ma poco importa.

Dal suo viso sposto la mano sui suoi capelli tagliati corti, reggendo la rotondità della sua testa e sostenendola con gli anelli presenti sulle mie mani, mentre sento le sue dita tirare una mia collana, lunga fino a metà busto, per avvicinarmi a sé, e sorrido di noi, finalmente completi.

Contro i miei denti anche i suoi sbattono, e non ci faccio caso. Separate le nostre labbra mi rendo conto di quanto sia pesante la mancanza del loro tocco, e di quanto sia giusto, nonostante tutto.

<Però ... niente male>, commento per metterla in imbarazzo, e straordinariamente ci riesco.

<Era il mio primo bacio>

<Davvero? Il primo? E che mi di Austin?>

<Serviva solo a farti arrabbiare>

<Si? Bel piano, ragazzina>

<Felice che abbia funzionato>, commenta sorridendo, e intrecciando le dita al bavero della mia giacca.

Dall'alto la sovrasto, perdendomi dentro i suoi occhi perfetti.

<Avanti, rientra in classe. Ti aspetto a casa stasera per cena>

Queste parole alleggeriscono a entrambi l'anima, e ci permettono di tornare a sperare in una vittoria data da un mondo che non credevamo più tanto giusto.

Senza aggiungere altro si volta, e si incammina nella direzione dell'ingresso scolastico, per poi voltarsi, una volta entrata, e trovarmi ancora qui, in bilico nel mondo ma in perfetto equilibrio.

Con un dito si accarezza il labbro inferiore mentre il vento passa ad accarezzare la mia bocca, replicando la dolcezza del suo gesto.

Quando rientra in classe sono solo, ma pieno di vita. Un sorriso conquista la mia faccia ed i piedi sono liberi da tonnellate di peso, si alzano da terra.

Senza pensieri percorro la strada di casa, passo dopo passo, riflettendo sul futuro che verrà e su ciò che è stato.

Nemmeno mi accorgo del vicolo che imbocco, fin quando non raggiungo la postazione che ancora, nella mia mente, ospita il calore dei nostri corpi, mio e della mia malinconica fata.
Nel passato ci troviamo faccia a faccia, a pochi passi dalla confusione del mercato, e abbiamo fatto per la prima volta l'amore in piedi, distruggendo una delle sue erette barriere.

"Serve un pizzico di avventura anche negli innamorati, no? Pensa a tutte le volte che percorrerai questa strada. Ti ricorderai di me, di noi"

Grazie Lorelan. Grazie per avermi reso l'uomo che sono oggi. Nessuno dei due è riuscito completamente a sgretolare gli inevitabili limiti che le nostre menti si sono auto imposte, ma ci siamo provocati, entrambi, una frattura. Credevo che da essa potesse scaturire solo del dolore ma ora vedo la luce, vedo l'uomo che posso essere, l'uomo che Braiany mi potrà permettere di diventare, ma è solo grazie a te, fata, che sono tornato a credere nell'amore.

Resterai malinconica, come la vita ti ha costretto a essere, ma ancora con quel mezzo sorriso che sembrava volerti far uscire, costantemente, fuori dai guai.

Grazie per avermi donato il coraggio per tornare ad amare.

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