8- Morisot nell'inchiostro

Al risveglio avverto una forte sensazione di calore: Caleb mi tiene ancora stretta a se, stavolta premuta contro il suo petto, e non dà segno di volermi lasciare andare. Per la prima volta dopo tanto tempo sono io a fissarlo riposare, e nel farlo ringrazio il cielo dello stato in cui è ridotto il volto; l'occhio destro ha un alone scuro intorno, è vero, e il labbro inferiore ha quel taglio trasversale, ma non c'è niente di gonfio. Mi fa ben sperare che Nino possa accettarlo, a ristorante.

Sfioro con la punta delle dita le sue labbra, le sue guance, i suoi capelli, quasi pregando che si svegli. Voglo sapere come sta. Il suo volto disteso, dormiente, non mi lascia intendere la rotta dei suoi pensieri e io ho bisogno di conoscerla per poter stare tranquilla questa giornata. Per fortuna quei delinquenti ricchi hanno detto che non sarebbero tornati, o almeno non per il momento. Mi piacerebbe sparissero dalla nostra vita per sempre.

Caleb ancora riposa, mentre io non posso rimanere un minuto di più. Con grande forza, mi alzo da quel letto, districandomi dalle sue braccia, e fermo la sveglia che sono riuscita ad anticipare. Mezz'ora dopo, in piedi sull'uscio della stanza, prima di andarmene mi volto a fissarlo: steso su di un fianco a torso nudo, il ciuffo di capelli scomposto sul cuscino, ha le braccia tese verso la mia postazione, afferrando il vuoto, mentre le coperte sono scese fino alla linea dei fianchi. La sola cosa che mi rimane da fare è lasciarlo riposare, e così faccio, chiudendo attentamente la porta di casa.

Non mi occorre molto per mettermi a lavoro, prendo giusto in prestito del tempo per farmi una treccia alta a raccogliermi i capelli, poi mi avvicino alla zona bar.

Una sorpresa inaspettata mi attente seduta su di uno degli sgabelli alti a ridosso del bancone: con tanto di piede tambureggiante, sguardo fisso verso la cucina, unghie tinte a rasentare la perfezione, se non fosse per quel loro ballo ritmato sopra il tavolo, Nicole è in attesa del mio arrivo, e devo ammettere che è più bella del solito. Non sono l'unica a pensarlo. Dei cinquantenni le hanno messo gli occhi addosso, operai in pausa, ma lei nemmeno sembra accorgersene. E' fatta così, riesce a rendersi tanto distante da diventare impassibile alle volte, una dote che le invidio molto.

Sfioro con la mano la spalla di Lorelan ringraziandola di aver preso il mio posto nelle ordinazioni, poi la sostituisco e mi presento di fronte alla mia amica.

<Però! Dieci minuti di ritardo, questo non è da te>. Già, avevo anticipato la sveglia, ma comunque non era servito a molto.

<Non ti aspettavo Nic, a saperlo sarei arrivata in orario>, la prendo in giro, passandomi il grembiule sopra la divisa e lisciandolo con le mani, per non far vedere l'assenza di stiratura.

Nicole mi fa la linguaccia, neanche fossimo più bambine, ed io le rispondo con un sorriso. <Me lo fai un caffè?>

<In arrivo>. Le do le spalle mentre sento i commenti di quel gruppo di uomini dietro di lei, che a quanto pare gradiscono molto la visione offertagli. Se ne stanno su quelle sedie ... a sbavare.

<Scusate signori, per caso avete già pagato?>, domando nella più totale tranquillità, lasciando la tazzina di fronte alla mia amica. Il bar è pieno e la domanda potrebbe apparire lecita, di fatti non ricevo nessuna protesta. Li mando via schiacciando inferocita i tasti della cassa, e aumento anche di poco il prezzo non avendoli mai visti nei dintorni. Nino dovrebbe ringraziarmi. 

<Arrivederci, buona giornata> auguro loro, e con la coda tra le gambe li vedo andare via. Nicole sghignazza.

<Grazie ... non avrei resistito un minuto di più>

<Nemmeno sembrava che tu li stessi sentendo>

<Sono brava a fingere eh?>, domanda in un tono malinconico che me la fa studiare più a fondo. Posa il caffè dopo averne bevuto appena un sorso, e corre con le mani lungo il suo bordo.

<Tutto bene Nic?>

Annuisce lentamente, poi decide di cambiare argomento. <Come sta Caleb? Non avrei voluto lasciarti sola ieri, ma ho capito quello che hai cercato di fare>

<Meglio ... sta meglio, almeno credo. Le ferite non erano tanto gravi tolto il sangue>

<Ti era preso un bello spavento>

<Già ...>

Nino fa il suo ingresso con un'enorme sorriso in volto, proprio mentre Nicole si accinge a bere un ulteriore sorso. Le lancio un'occhiata e lei capisce al volo, buttandolo giù d'un colpo e allungandosi sul bancone per depositare la tazza nel lavello al mio fianco, facendo sparire le prove di tutto ciò che le offro gratis. Sta quasi diventando un gioco per lei.

<Nino devo parlarti, hai un minuto?>, sente la mia richiesta nonostante stia salutando uno dei clienti e annuisce per poi raggiungermi. Lancia un'occhiata furba alla mia amica ritornata al suo posto, e lei ricambia con un sorriso ancora più carico di astuzia. Si punzecchiano fissi, ma per adesso è Nicole in testa alla guerra.

<Dimmi Megan, di cosa volevi parlarmi?> domanda, e lo fa con ancora gli occhi vigili e divertiti su di lei, prima di rivolgersi completamente a me.

<Un mio amico è stato licenziato da lavoro e so che cercavi camerieri per la stagione, volevo sapere se poteva entrare in squadra>

<Non so Megan, dovrei vedere il suo curriculum ...> ed è da questo che si capisce che Nino non è del ghetto ma che proviene da una delle cittadine limitrofe, ma forse, chi lo sa, sti sta sempre più integrando.

<E' un ragazzo capace?>

<Lo è, certo, e per quello che non conosce potrei dargli una mano io. Ti prego Nino ne ha assolutamente bisogno>, tento il tuo per tutto giocandomi la carta della dolcezza, e anche Nicole mi imita facendo un labbruccio artificioso. Il mio capo scuote la testa divertito e poi si arrende.

<Spero per te che sia proprio un bel ragazzo capace di attirare clientela, e non solo l'ultimo arrivato degli imbranati>

<Oh Nino puoi giurarci>. commenta Nicole, <hai appena assunto un gran bel manzo>

Spalanco la bocca mentre Nino ride e se ne va. Nic mi fissa e scoppia in una risata fragorosa, a malapena celata dalla mano posata.

<Beh? Non mi guardare con quell'espressione! Lo pensi pure tu, e poi la bellezza è una dote come molte altre, quindi tanto vale metterla in vendita>

<Beh grazie di essere passata, adesso vattene, devo lavorare>

<Beh? Non dici niente? Nemmeno mi vai contro?>

<Accidenti Nicole che vuoi sentirti dire?>

Posa entrambe le mani sul bancone mettendo in bilico i piedi ancorando i tacchi agli appoggi in ferro dello sgabello, sbilanciandosi verso di me e io sono pronta a una sua ennesima provocazione.

<Che sarai tentata come una matta di strappargli di colpo la camicia della divisa facendo saltare tutti i bottoni. Io con quello là lo farei> , e con la testa indica Paul, uno dei camerieri, il più bello ... ma il più cretino.

Poso una mano sulla sua spalla e la spingo indietro, fino a farla sedere, mentre scoppia di nuovo a ridere.

<Dio ragazza, sei tutta un fuoco!>, mi beffeggia notando la tonalità delle mie guance. <Dimmi almeno qualcosa! Sei mai entrata in casa sua beccandolo nudo? Viceversa? Senza maglia?>

<Nicole ma che vuoi?>

Si morde un labbro senza rispondermi, e poi con gli occhi osserva Paul.

<No ...>

<Beh? Che c'è di male?>

<Nicole hai presente su chi stai fantasticando?>

<Se non mi sbaglio sullo stallone biondo vicino alla cassa del ristornate ..>

<E' un deficiente>

<Ma se sta facendo pure i conti?>

<Nicole ...> la richiamo ma è irrecuperabile. D'un tratto poi capisco. <Vuoi portarlo alla festa di Kevin stasera>

<Cosa ci sarebbe di male? Mica ho due uomini costantemente al mio fianco come te, guarda che le persone normali faticano anche ad averne uno>

<Ne hai già uno>

<Ah si?>

<Joseph voleva chiedertelo, me l'ha detto qualche giorno fa>

<Beh, non l'ha fatto ... e ora so che ci viene con Gloria>

Forse per il modo con cui lo dice, forse perché si tratta di loro due ... ma il dubbio mi nasce. 

<Sei gelosa Nic?>

<Ma ti senti di che parli? Gelosa di Joseph? Mi sparerei un colpo in capo piuttosto, no no, quello che sto facendo è filtrare con il ragazzo più bello rimasto libero nei paraggi, e visto che Caleb è con te mi riverso su di lui>

<Caleb è libero di fare quel che vuole, non siamo legati stretti, puoi uscirci>

<Si? E posso anche portarmelo a letto a fine serata?>

Indaga con un sorriso ancora di più furbo di quello adottato con Nino, e io a quella domanda sento il sangue affluirmi in volto. Per l'imbarazzo e forse, anche per la rabbia.

<Okay dimentichiamoci dei vestiti, della maglia, o di quando puoi averlo visto nudo, ho una domanda più cattiva>

<Nicole, dico sul serio, vattene che c'è fila>

<Ed è da un po' che mi ripropongo di chiedertelo, visto che i muri di casa tua sono stati costruiti quasi con la carta velina>

<Nicole ...> provo ad andarmene, ma lei mi stringe il polso, e poi mi fissa dritto negli occhi.

<Lo hai mai sentito a letto con una?>

Mi blocco paralizzata, e il cuore collassa, perdendo dei battiti.

Si ... si l'ho sentito, una volta è successo.

Non lo dico ma lei sembra capirlo, perché d'improvviso si fa scioccata e tenta di non ridere, tappandosi la bocca.

<Dio, è successo! E chi urlava di più dei due? Lui o lei?>

Lei ... lei gridava come un'ossessa.

<Dannazione Nicole fai quello che vuoi! Se vuoi uscire con Paul escici però sappi che è un cretino e che non servirà affatto a far ingelosire Joseph>

<Non ho nessuno da far ingelosire, mia amica spiona, quindi ora mi faccio avanti>

<Prego, tutto tuo>, con una mano le evidenzio la strada, e lei scende dallo sgabello con sfida. Succede spesso quando siamo insieme, forse perché siamo tutte e due troppo testarde. Riuscirà sicuramente a portarselo alla festa, Nicole è bella, e Paul non le si schioderà di torno nonostante la sua fama di sciupafemmine.

Scuoto la testa, afflitta dalla sua testardaggine, e poi torno a ripulire il bancone, rigovernando le tazzine prima dei nuovi clienti. Evidentemente comunque la giornata è fortunata, perché oggi i miei amici non mi lasciano sola.

Non so se è stato in grado di vederla oppure se quello sgabello porta sopra la scritta "riservato agli amici di Megan", ma anche Kevin entra, e si siede al posto di lei.

<Kevin!>

<Ciao Meggie, Celine è qui?>

<No, solo Nicole che ci sta spudoratamente provando con Paul, dovresti andare allo studio di Nicolas per trovarla>

Aggrotta la fronte senza capire. <Oggi doveva entrare di pomeriggio>

<A quanto pare è li che va a nascondersi ... e credo lo faccia da te> annuisce e si passa entrambe le mani tra i capelli chinando il capo, poi lo rialza verso me.

<Non accetta che vada via> riflette ad occhi chiusi.  

<Mi faresti un caffè?> alzo gli occhi al cielo e annuisco visto che è tornato a fissarmi.

A quanto siamo in debito con il bar? L'ultima volta a forza di caffè andavamo introno ai quaranta dollari.

<Tieni, coraggio liquido>, gli dico, per fargli intendere di buttarlo giù d'un sorso, Nino è ancora nei paraggi, ma Kevin è intento a fissare Nic.

<Si può sapere che ha intenzione di fare? La gelosia non è mai la scelta più giusta, specie per la situazione in cui si trova>

<Ho provato a dirglielo anche io, ma non vuole sentire ragioni. Vuole usare la festa per farlo arrabbiare>

<Che ragazza ostinata>

Lui mi sorride e si accosta la tazzina alla bocca. Proprio in quel momento però passa Nino, e prima che possa dirgli qualcosa gli strappo il caffè dalle mani, rovesciano il contenuto nel lavello.

<Ehi!>

<Guarda che lo stesso vale per te! Non stare qui a perdere tempo! Vai dalla tua donna e chiarisciti con lei! Forzaa>, c'è da dire che non mi fissa male, ma peggio, eppure in qualche modo devo giustificare il gesto. Si alza senza ancora avermi perdonato, proprio mentre Nicole si allontana da Paul con quello che presumo essere il suo numero di telefono scritto sopra i tovagliolini del ristornate, ammiccando nella mia direzione prima di seguire l'altro ospite della giornata e andarsene. Cerco la calma di cui ho bisogno per poter servire ancora i clienti, e il mio capo poco dopo mi raggiunge con una pila di vestiti scuri in mano.

<Questa è la divisa. Domani lo voglio qui a servire per pranzo, e prega che non faccia ritardo, qualsiasi errore sarà sotto la tua responsabilità>

<Grazie mille Nino, dico davvero>

Stringo la sua nuova divisa al petto, felice di potergliela consegnare di persona.

P.O.V Kevin

Nicole sembra felice come una bambina uscita vincitrice da una gara importante, un torneo ma non ancora la finale, e mi domando se si renda conto di quanto sta sbagliando. Non è un bene far soffrire le persone, mai, perché le porta a mostrare il peggio di loro stessi, mettendo in campo brutti sentimenti come la rabbia, l'indifferenza, alle volte il possesso, o il distacco, molto peggio, anche se non credo sia il caso di Joseph lei non dovrebbe solleticarlo. Non si conosce mai fino in fondo una persona, non si sa mai quanto male può arrivare a farti, almeno che ormai non sia diventata parte di te, ma non è questo il caso. Sono bambini piccoli che litigano per il primato in un parco giochi, senza rendersi conto che se lo potrebbero dividere, e essere felici insieme.

Al momento sono troppo impegnato per fare la parte del padre, sollevandoli e mettendoli seduti sullo stesso scivolo, la mia Morisot mi sta aspettando, e non è una ragazza paziente.

<Fossi in te lo butterei, non è il tipo giusto>

<Nemmeno lo conosci Kevin, ti facevo il più maturo di noi, ti sembra il modo di giudicare?>

<Mi fai la morale Nicole?>, la derido divertito, certo che nemmeno lei si stia prendendo sul serio. <Dovresti dimostrargli che ci tieni, altrimenti rimarrai senza niente>

Alza le spalle e la vedo soppesare il numero del tipo. Ci sta pensando, le mie parole stanno facendo effetto.

Con passo veloce mi avvicino alla macchina, e l'indecisa bricconcella non si perde il gesto.

<Dove vai?>

<In città al negozio di tatuaggi, da Celine. Se vuoi ti do uno strappo, Nicolas è l'unico che veramente potrebbe far ingelosire Joseph>, le rivelo tra il divertito e il serio: se le sue intenzioni sono davvero provocatorie, e assurdamente ferree da non abbandonarle la testa, tanto vale che lo faccia per bene, seppure non dovrebbe. Ma già so che dirà di no.

<Assolutamente, mi rifiuto. Con quello scemo non ci torno, salutalo da parte mia>

<Gli farà sicuramente piacere>

<Vattene Kevin, ancora qui stai?>  

Non me lo faccio ripetere due volte, monto sulla Opel blu scura che Caleb mi ha rimediato, e ingrano la marcia.

Per strada guido con prudenza, ma impazienza. Non sopporto di stare separato da lei, come farò una volta trasferito? Ma ancora di più non sopporto di litigarci, non sopporto questa distanza a cui ci obbliga, solo per punirmi, e non sopporto, anzi no odio, il fatto di stare sprecando questi ultimi giorni con lei ... il solo dirlo mi fa male. Eppure devo farlo, devo trasferirmi, non posso rifiutare l'occasione di costruirmi una vita diversa da quella che hanno avuto i miei genitori nel South Side, quella che ha avuto lei stessa e che pure trova alle volte così perfetta ... non so come faccia ma Celine sembra quasi non soffrirci, facendomi credere che l'intera zona in cui siamo cresciuti fosse stata costruita apposta per lei, le si sia modellata intorno, come una membrana che con il tempo ha assunto le sue forme, il suo profilo, e l'avvolge senza farle del male.

A lei la protegge, a me mi soffoca.
Semplice come cosa, il corpo di Celine è sempre stato tanto piccolo in confronto al mio, quindi persino quella membrana lo diventa, facendosi dolce assassina in grado di regalarmi sogni, per poi spazzarmeli via.

Ci ho provato, ci ho provato fino all'ultimo, ho studiato, ma non è servito. Ed ho paura di dire a Meg che la conoscenza non basta da dove veniamo, a lei che si nutre di libri e si fa carico di poesie, di emozioni, fino a trasmetterle inconsciamente a chi ha intorno, affascinandolo. Non posso dirle che non è abbastanza, quando in verità è tutto. Nel mondo dove sono cambiati gli ideali, in cui per inserirsi c'è bisogno di conoscenze, di un posto in vista, di investimenti monetari, di tempi troppo lunghi nei quali fai la fame, non basta il cuore che possiedi, ottieni quelle briciole che ti offrono, e ti prendi la metà di quello che ti meriti.

Vorrei sempre trovare il modo di dirglielo ma non ho il coraggio.
Lei che mi ammira senza sapere la verità...

Anche io ho giocato con le conoscenze. Anche io prima ho fatto la fame, per poi sedermi al tavolo da gioco dei ricchi. Mi sono piegato a loro e ho avuto quello che mai mi sarebbe spettato ma che meritavo, e che senza quella strada non avrei mai ottenuto. Ho speso poco tempo a vivere di illusioni prima di rinunciarci di colpo e piegarmi al gioco della società. Se solo avessi lottato per ciò in cui fermamente credevo, per ciò che amavo, sarei stato altrove a meritarmi la sua lode, ma adesso ne rifuggo, da vero indegno.

E se già provare questo con Meg mi fa male, non ho parole per descrivere cosa sento con Celine.

Che cosa vuole? Dio, lo so, vuole che resti con lei, e anche io lo vorrei ... la vorrei.

Questo la rende egoista ai miei occhi? Forse, ma lo è sempre stata, ho scelto una ragazza forte che ormai conosco a fondo, e so già cosa mi aspetta.

Il negozio da fuori mostra l'insegna nuova che sono riusciti a realizzare, trasformando uno schizzo su di un foglio stropicciato in realtà.

Nicolas è al banco, nemmeno devo domandargli niente prima che lui con la testa mi faccia cenno verso la stanza nella quale tatuano, ed io preso coraggio mi faccio avanti.
Devo chiarire con lei una volta per tutte.

Il posto è poco illuminato visto che il negozio, teoricamente, non ha ancora aperto, per questo grazie a una delle luci accesa, poste sopra i lettini riesco a raggiungerla subito e quando lo faccio... il cuore mi fa una capriola in petto.

La vedo chinata sul lettino, ad aggiustare la postazione, a preparare gli attrezzi, vestita con un semplice abito bianco ... ed è bellissima.

La mia Morisot d' inchiostro.

Devo aver atteso troppo però perché la mia presenza si è fatta ingombrante, tanto da farsi notare persino da lei, che lentamente volta lo sguardo.

<Dobbiamo parlare, Morisot>

Senza espressione torna alle sue pratiche. <Credi di risolvere qualcosa usando quello stupido soprannome?>

<È stupido?>

<Non è adatto>

<Perché sei arrabbiata con me?>

Posa gli oggetti con troppa forza sul ripiano, e mi fulmina con lo sguardo.

<Nicolas! Noi usciamo, aspetta ad aprire> avverte sia me che lui, e poi fa strada verso l'uscita posteriore.

Non dovrei, vorrei provare a rimanere distaccato, ma non riesco a strapparle gli occhi di dosso, forse per via della sua assenza in questi giorni o forse per colpa di quest'abito che la fascia alla perfezione ... 

Il sole ci trafigge gli occhi nonostante il riparo dei palazzi intorno e l'ora mattiniera.

Celine intreccia le braccia al petto, lei si che riesce ad essere distaccata, non ha sofferto la mia mancanza?, mentre mi squadra senza esitare, aspettando che parli.

<Cosa devo dirti Celine? Ne avevamo già discuto, l'ultima volta ti stava bene>

<Non l'ho mai detto, sei stato tu a sottintenderlo>

<Quindi vuoi che rinunci a questa opportunità?>

Mi soppesa, fissandomi dall'alto in basso ed io intravedo una feritoia nella sua difesa, intravedo la mia piccola Morisot.

<No... ma avrò il diritto di essere arrabbiata non credi?>

Stavolta riesco ad essere freddo quanto necessario. <E vuoi esserlo per tutti e due i giorni che ci rimangono?>

Deglutisce, l'idea le fa paura, e per lunghi momenti resta muta.

<Potrei non esserlo .. se tu posticipassi la partenza, se ritardassi la festa e disfacessi momentaneamente i bagagli. Ti eri organizzato per orientarti prima delle lezioni, lo so, ma ancora non riesco a lasciarti andare. Se tu mi dessi... un'altra settimana da trascorrere insieme ... io ti prometto che ti lascerò andare via>

Questo posso farlo, ma ci aiuterà davvero un'altra settimana insieme? Non incrementerà solo il dolore del distacco?

Forse si ma è lei a chiedermelo, quindi non posso fare altrimenti.

Sofferendo del distacco mi decido e spalanco le braccia. Esita, ma più quella feritoia si fa parete e cede. Finisce contro il mio petto ed io le bacio la testa.

Stiamo bene, rimaniamo così per un po' finché non decido ad un certo punto di smorzare la tensione,
e colto da un pensiero mi trovo a sorridere.

<Un penny per i tuoi pensieri>

<Facciamo che la festa la rimandiamo, ma non diciamo nulla a Nicole? Si è presa il numero di un tipo per far ingelosire Joseph, forse uscendoci da sola capisce che non è quello giusto>

<Sempre a prenderti cura di tutti tu eh?>Domanda nascondendo la testa nella mia spalla.

<Vorrei tanto non aver mai ferito te>, ammetto, e dandoci un'occasione per ricominciare la stringo forte, prima di permetterle di tornare a lavoro, a dipingere sogni.

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