72- Strategie
P.O.V.
William
Aggancio con calma i due estremi del mio orologio mentre sono seduto sul letto rifatto di Dafne, con gli occhi di Zaineb dinanzi. Persino lui sembra sfoggiare un'insolita tranquillità, mentre analizza i miei gesti nella specifica recezione di nuovi ordini, ma prima di muoversi di un altro passo dobbiamo capire se le vecchie mosse hanno ottenuto l'effetto stabilito e se in qualche modo possono essere state utili per la concezione di questo grosso piano.
<Ian ha ricevuto il messaggio, Zaineb?>
<E' andato tutto come aveva previsto signore, il ragazzo si è recato al secondo piano e vi ha visti>
<Molto bene>, commento, chiudendo il Rolex dorato ormai divenuto mio marchio di fabbrica.
Devo ammettere che scoparmi l'Angelo sotto gli occhi stupiti del giovane, caro, Ian era stato un intermezzo gradito solo in piccola parte.
Detesto che l'abbia vista nuda, ma la mia scelta mi ha permesso di marcare il territorio e fargli comprendere chi tra noi due comanda.
Dallo spioncino della porta l'ha vista godere tra le mie braccia ed è una scena che sono certo non dimenticherà tanto presto. Non importa cosa altro possa succedere tra loro due ... deve imparare a stare sufficientemente distante da lei perché è un qualcosa che non gli compete affatto.
Ieri notte mi è occorso più tempo del previsto a convincerla. La mia piccola Dafne era ferita dall'azione che egoisticamente avevo provato a fare. Persino in passato non era riuscita a comprendere il marcato odio che provo nei confronti di mio padre, sostenendo esistere unicamente quell'ingenua parte di me, dimenticata nel corso di anni passati, in grado ancora di provare amore e ammirazione nei confronti di un genitore tanto autoritario, motivo per cui rassicurarla della mia buona volontà dopo averla tradita, e della mia totale estraneità ai fatti, aveva comportato il raddoppiamento dei minuti previsti, giungendo però a una alquanto piacevole conclusione.
Ed ora che questa piccola situazione è in parte arginata posso dirmi pronto a rivestirmi di ben altri incarichi.
Afferro il famoso dossier recuperato in casa del sindaco e mi procuro a sfogliarlo di nuovo, dando un'ulteriore lettura a fotografie di sguardi che sto imparando a conoscere più a fondo. Senza dubbio apprezzare, desiderando riuscire dove un altro uomo che non ero io ha fallito con una scusante sciocca.
Sono certo che l'uomo della Sokolov la notte del previsto omicidio fosse al soldo di mio padre, e le ragioni non mi sono tanto difficili da capire.
Spero solo che la mia socia russa abbia tutto sotto controllo e che sia preparata per l'esatto momento in cui mi recherò anche alla sua porta, stabilendo il finale della sua triste trama.
Per il momento ho pesci ben più piccoli da dover attaccare, ma estremamente saporiti, volendo ancora fare pulizia all'interno di questa storia tanto assurda da star diventando ridicola per le sue complicanze.
È tempo che agisca a modo mio senza delegare o fidarmi di altri.
Direi che il gioco sta per iniziare ed io conosco bene il prossimo bersaglio, quella persona che riceverà il contraccolpo del mio revolver dando inizio alla vera gara.
Tengo la sua foto stretta tra due dita della mano quando un altro ritratto abbandonato all'interno della cartella mi distrae facendomi ri ammirare conosciuti tratti.
Mi dedico a lui ritrovando sperduto tra i problemi il dolce volto della cameriera.
Megan ... non mi sono dimenticato di te, aspettami, sto arrivando.
Ma prima ho altre questioni più urgenti da dover estirpare, ulteriori pesi inutili da recidere per permettere alla mongolfiera di questo regime autoritario di volare tranquilla in cielo, senza ulteriori sacche di sabbia a vincolarla.
Aspettami ... presto sarò da te ... aspettami, Megan.
P.O.V.
Megan
Asciugo velocemente le lacrime rimaste sul mio viso per poi correre indietro tornando da Caleb che con un'espressione ferita guarda a terra mentre si pulisce dal sangue, sollevando appena gli occhi non appena mi vede arrivare.
Precipito su di lui e lo stringo a me, perché la paura mi ha fatto correre il cuore come un pazzo al centro del petto, e lui l'attimo dopo mi ricambia, mi tiene vicina al suo cuore confortandomi con il calore del suo abbraccio.
<Stai bene? Ti fa male?> Chiedo preoccupata allontanandomi per constatare i danni sul suo viso ma lui scuote lentamente la testa in un cenno di negazione appoggiandosi con le spalle alla parete dietro di noi.
<Avremmo dovuto dirglielo, Meg>
<Lo so>
<Si sente tradito>
<Non volevo questo>
<Devo provare a parlargli. Da solo>
<Perché? È una cosa che riguarda entrambi>, constato, ma lui abbassa gli occhi verso terra sfuggendo per un attimo alla mia attenzione.
<Ci siamo fatti una promessa in passato, di restare indipendentemente da tutto sempre amici. Non gli permetterò di fuggire così>
<Credi che basterà ricordarglielo?>
<Devo provarci>, ammette, a me e a se stesso, passandosi una mano sul viso e soffermandosi sulla curvatura del naso, verificandone i danni.
<E tra di noi? Va tutto bene, vero?> Chiedo.
<Questa situazione non ha cambiato niente, Meg. Io ti amo. Risolveremo questa cosa insieme, d'accordo? Promesso>
Annuisco e lui mi accarezza entrambe le guance rassicurandomi mentre mi fissa negli occhi, quindi lo abbraccio nuovamente, non potendo fare a meno della sicurezza che pare costantemente darmi.
Con un sospiro posa il mento sulla mia testa mentre io mi stringo al suo petto, e in questa posa rimaniamo per un tempo infinito, ristabilendo il ritmo dei nostri cuori.
P.O.V.
Nicolas
Perso con gli occhi in direzione dei bambini di questo parco giochi sento la tristezza sopraggiungere nel suo richiamo di pianto, mentre le urla felici e giovanili in lontananza mi rammentano il ricordo di una felicità avuta, una vita trascorsa in compagnia di divertimento e risate.
La vita che forse un tempo ha avuto anche Lorelan, ma che adesso non le spetta più di diritto.
<Eccomi, sono qui, mi hai fatta chiamare?> Domanda la voce di Nicole avvicinandosi alla panchina a cui sono seduto con disperazione.
<Nicolas, va tutto bene?>
<L'ho persa, Nic>
<La tua donna? Lorelan?>
<È una prostituta ...>
<Però ... non ci sei andato leggero stavolta>
<Mi sono mostrato geloso>
Per alcuni minuti rimane in silenzio, e dall'alto, al mio fianco, mentre sono piegato dal dolore, sento il suo sguardo giudicarmi e assolvermi, al tempo stesso.
<Non dovevi, lo sai?>
<Lo so, ma per la prima volta ... per la prima volta in tutta la mia vita Nic stavo per avere qualcosa di buono, solo per me, lo capisci?>
Nel chiederlo ho alzato lo sguardo e trovato il giudice del suo. Non mi dice niente, non commenta o accenna un'emozione ma attraverso i suoi vecchi vedo che riesce a capirmi. Brillano di una luce particolare e in quella scintilla ritrovo la compassione che per molto tempo ho disprezzato ricevere non appena veniva ricordata nei discorsi la mia famiglia.
Fissando questi bambini non posso non ricordare quel sopruso psicologico venuto a farmi visita mentre vestivo i panni di una vittima contro gli occhi cattivi e maligni di bambini a cui non mancava nulla.
Per molto tempo sono stato da solo. Dopo la morte di mia sorella non avevo più niente a cui badare o tenere. Ero solo un piccolo bambino senza genitori presenti, senza voglia di studiare e incline a fare disastri solo per venire notato, e forse anche punito. Crescendo mi ero spesso trovato in delle risse. Perso in nuvole di fumo, cancerogeno o di dipendenza. Nei letti di estranee. Persino nel letto di Nicole ma con lei non aspiravo all'autodistruzione quando alla redenzione, volevo la pace, desideravo l'amore, ma non era la persona giusta.
Lorelan lo è. Lorelan è in grado di donarmi tutto l'amore che cerco, tutto l'affetto che per anni mi è venuto a mancare, la carezza sul cuore, un bacio al di sopra dei miei infiniti tatuaggi, il perdono ... per qualcosa che non sono stato in grado di fermare. Lorelan ne è in grado ... ma io l'ho scacciata via. L'ho ridotta a un'altra delle macerie che il mio passaggio lascia dietro di se, l'ho colpita quando avrei voluto difenderla, proteggerla da tutto. Quale cattiveria. Quale viltà. Solo per una goccia di insano egoismo. L'aver creduto di poter avere finalmente già tutto a portata di mano, quella soluzione ai problemi che mi avrebbe permesso di respirare e nel credere questo non l'ho trattata che come un'oggetto.
Come la trattano tutti gli altri uomini, ed io non sono loro. Io la amo. Più di ogni altro.
Ma forse c'è davvero qualcosa che non va in me perché a quanto pare sono solo in grado di ferire. Non voglio nemmeno immaginare quello che ho scatenato o la situazione attuale tra Caleb e Ian, e Megan. Spero solo possano perdonarmi, che si rendano conto di quanto assurdo e sciocco possa essere il loro amico quando è ferito.
Se solo potessi fare qualcosa per aiutarli lo farei, ma so bene quanto la situazione riguardi solamente loro. Già dall'inizio non avrei dovuto impicciarmi. Conoscere è un'arma in grado di ferire e per evitare di usarla da anni sto provando a non possederla. Ironico quanto io sia in grado di tradire la fiducia riposta. Ironico che Nicole sia ancora qui con me.
<Perché mi sei amica, Nic?>
<Perché sei un gran testone, ma io ho imparato a capirti e ti voglio bene. Adesso stai provando pena per te stesso ma non devi. La gelosia è un sentimento che provano tutti, come Ian o meglio ancora Caleb>
<E' un sentimento da idioti, io ... sono un'idiota>
<Perché?>
<Perché pensare di possedere qualcuno, di avere un diritto su quella persona ... non mi distingue da quegli uomini che pagano con il loro sporco denaro per averla. Amare dovrebbe comportare più di questo, non pensi?>
<Nessuno dei nostri amici crede di essere padrone di un'altra anima, ma è normale provare gelosia per il rancore di non poter averla!>
<Non lo so, Nicole, credo di avere sbagliato ...>
<Allora perché sei qui?> Domanda fissando la patetica postazione sulla quale mi sono appartato. <Perché non le vai a chiedere scusa da perfetto gentiluomo avendo capito la profondità dei tuoi sbagli?>
<Perché non ne ho il coraggio! Ho combinato un vero casino stavolta, Nic>
E rendendomene conto mi afferro la testa con le mani, provando a intrappolare in quella stretta tutti i pensieri, mentre il ghiaino di questo giardino diviene lo sfondo al mio sguardo.
<Nicolas ... pensi che Lorelan sia innamorata di te?>
<Perché me lo domandi?>
<Rispondimi. Ha fatto qualcosa per ammettere il suo amore per te?>
Ripenso all'anello della tradizione irlandese, tatuato sul mio ed il suo costato.
Quella notte è impressa nella mia memoria e non se ne andrà via tanto presto.
<Si, lo ha fatto>
<E tu? Hai mostrato lo stesso a lei?>
<Credo di si, si. Nicole ... io la amo e non voglio perderla, ma mi vergogno del comportamento che ho avuto, temo di averla ferita più di chiunque altro>
<Sai cosa è che ti differenzia dai suoi clienti, Nicolas? Oltre ai soldi e allo schifo di perversione che gira nelle loro menti? Tu riesci a vederla, ormai la consoci, sai chi è la vera Lorelan, e la ami per questo. Tu ritorni, Nicolas. Tu ritorni, sempre.
Un cliente soddisfatto può ripresentarsi qualche volta ma non sarà mai, mai, l'uomo che tu sei adesso. Il solo che ha preso spazio nel suo cuore, e che la sera, in futuro, forse, un giorno, può avere la fortuna di trovarla di ritorno a casa.
Sarai l'unico a prepararle la cena mentre tenta di distrarla da tutti i pensieri brutti della giornata, che sceglierà un film da vedere insieme o la stringerà di notte quando piangerà, perché il terrore di non riuscire a sopportare la propria realtà la potrebbe soffocare mentre teme di uccidere anche te. Non puoi startene qui seduto in attesa che ogni cosa si risolva. Va da lei. Torna, da lei>
Le lacrime scorrono come fiumi in piena dal precipizio dei miei occhi e non tento di nasconderle. Solo Nicole mi ha visto così ferito, e come ho potuto constatare solo lei, per adesso, è in grado di confortarmi, come la migliore delle amiche.
<Sei diventata romantica>, commento nel mio solito e assurdo, quanto inopportuno, tono ironico.
<Dovevo per forza, non credi?> Domanda arresa, ed io la fisso senza capire. La soluzione arriva pochi istanti dopo, sopraggiungendo in un sussurro. <Io e Joseph adesso stiamo insieme>
<Davvero?> Sorrido.
<Davvero>
<Ti sei presa la tua felicità>
<Così sembrerebbe. Credo sia tempo che tu adesso faccia lo stesso, non trovi?>
Mi perdo all'interno dei suoi occhi buoni, costando quanto io stesso realmente lo desideri.
P.O.V.
Ian
Marcio spedito in direzione di questo posto del quale ho ricevuto coordinate, tanto difficili da interpretare più di un discorso dell'iconico Monty che dal nostro semi incidente con la macchina non si era fatto più vivo o aveva lasciato indicazioni.
Ancora non conosco il mittente del messaggio che ho ricevuto la sera in cui la casa dei Lee era deserta, ma con lo scorrere del tempo è cresciuto anche il mio presentimento, ed ora ragiono su una strategia ben più architettata.
I piani di Richard ... niente da dire ma mi mettono i brividi, quegli occhi di quel blu spettrale presenti solo nei miei ricordi al momento mi trasmettono frasi ambigue, senza un mio particolare riscatto. Non si lasciano interpretare, e sembrano volermi far credere di essere sulla giusta strada, ma io so bene quanto possano essere subdoli e manipolatori. L'ho imparato a mie spese, più di una volta. Ed ora più che mai li temo.
Non avendo avuto nemmeno più sue notizie la mente è corsa a pescare nella memoria l'immagine soffusa del nostro ultimo incontro: eravamo in corridoio, questo lo rammento, e lui sembrava tenere la guarda alta. Mi ha parlato del "Rapsody", che ho scoperto essere il locale all'interno del quale per poco non aveva avuto un incontro ravvicinato con la morte, socia in attesa del suo dovuto compenso dopo essersi a mio avviso unita a persone note: William, ne sono sicuro, ma ha fatto veramente tutto da solo?
Supero l'ingresso con i due scagnozzi di guardia, e arrivato all'interno di questa cantina noto che la prima cosa a non funzionare molto è la tiepida e giallognola luce appesa al soffitto, e subito dopo l'autocontrollo, perché la Sokolov sta rimproverando qualcuno che la parziale oscurità non mi permette di individuare, mostrandosi affatto contenta del suo operato.
<Se fai ancora un'errore del genere giuro che ti strappo le palle e le do in pasto ai cani>
Dovevo immaginarmi che una donna come lei partecipasse a una simile organizzazione criminale. Che fosse a capo di quest'organizzazione criminale, dal marchio russo e inglese, vista la presenza del comandante a cui sono stato presentato la sera del compleanno di Dafne.
Io e lui ci scambiamo un'occhiata mentre vedo il suo corpo rigido dalla posizione di guardia a cui è costretto, quindi avanzo in direzione della tempesta.
La vittima del suo passaggio rilascia l'ultimo sospiro affranto prima di venire congedato dalla mia presenza.
La Sokolov tenta di aggiustarsi le vesti, ripristinando un principio di normalità da mostrare come lussuosa merce ai miei occhi, ma è tutto vano perché la furia ancora si scorge nei suoi, e devo dire che mi fa paura.
<Illiya, vuoi spiegarmi?> Le chiedo, spalancando le braccia per farle ammirare insieme a me questa specie di rifugio che fa molto "mafia italiana".
<Solo piccole divergenze, ma è tutto risolto>
Da lontano vedo un'ombra piegarsi dal dolore sottoposta a un pugno allo stomaco da altre due, e la sua disgregazione e il sangue che cola dalla bocca percorre la tratta della crepa presente nel muro sul quale è proiettata, attirando la mia disperazione a fissarla con sconcerto.
<Si può sapere cosa è tutto questo?>
<Sono una persona influente, Ian. Non dirmi che non lo sapevi>
<Credevo tu fossi solo una ricca ereditiera russa>
<E perché Richard avrebbe tanto voluto mettere le mani su di me? Posso rappresentare un bell'introito ai suoi commerci, per armi o prostitute che sia>, commenta avviandosi verso l'unico tavolo presente all'interno di questa enorme aula arredata da alti scaffali con vini pregiati, solo per afferrare il boccale sul quale è appoggiata la sua nera sigaretta e accenderla in uno sbuffo di fumo non appena mi si è rivolta.
Rimango immobile, disgustato da queste sue vesti. Sapevo che non era pura, ma non immaginavo fosse tanto simile a ... loro.
<Non voglio averci niente a che fare>, commento, muovendo già i primi passi per andarmene di qui, mentre sento la sua voce continuare a dare ordine alle guardie.
<Lasciateci soli, e chiudete la porta>, mormora, e l'ordine è presto eseguito perché poco dopo mi trovo all'interno della sua trappola, segregato con lei nel più completo silenzio.
Rimango immobile dinanzi la porta chiusa sul mio sguardo, ricordando l'attimo in cui proprio il Maggiore Scelto Salomon Rendy mi aveva impedito qualsiasi fuga, fisica quanto mentale.
<Sei troppo un angelo, Ian ... ed io non ho affatto fede>
<Che cosa vuoi dire?>
<Devi essere sporco anche tu, altrimenti Richard non ti avrebbe scelto come suo sottoposto>
<Non ho scheletri nell'armadio, faccio solo il mio lavoro>
<Tutti hanno degli scheletri, chi più chi meno, anche se forse i tuoi non sono guidati dalle azioni eseguite quanto dalle emozioni. Non ti ho capito fino in fondo, dolcezza, ma spero di farlo presto>
<Così saprai bene come colpirmi?> Sibilo voltandomi verso di lei e la luce, per quanto debole, fa risplendere nel cupo marrone il dorato del suo abito fine, lucido. Le sue scarpe con il tacco e la sua eleganza con la quale non può smettersi di vestire, sfoggiandola in grazia.
Bella, e assassina.
<Ancora non lo hai capito?>Domanda dedicandomi un sorriso mentre la sigaretta stretta nel piccolo boccale perde la sua cenere. <Sei l'unico che non ho interesse a colpire>
<L'unico? Quindi intendi ferire anche William?>
Anche Dafne?
Allontanandosi dal tavolo passeggia per la stanza facendo risuonare i suoi tacchi mentre io, dall'alto di questa posizione sopraelevata, in piedi sul terzo gradino con davanti la porta ancora chiusa, studio la stanchezza del suo procedere, provando ad immaginare i pensieri che le vorticano in mente. Ma non ci riesco.
<Chi era quell'uomo, Illiya?> Domando.
<Mi piace quando pronunci il mio nome. Preferisco molto il mio nome al mio cognome, sai è più informale>, cambia argomento, infastidendomi a tal punto da decidere di ritornare sui suoi passi. <Un uomo che lavora per me, ma che ultimamente non riesce a concludere il suo lavoro. Credo sia lo schiavo di qualcun altro, purtroppo>
<Richard?>
<Bingo. Quell'uomo paga bene>
<Più di te?>
<No, ma è un uomo, ed io sono una donna. Si crede che non ci sia spazio per la donna nel mondo degli affari>, mi informa, dedicandomi un più attento sorriso. <Un vero peccato perché dovrebbero ben capire quanto possiamo essere argute, e più vendicative>
<Cerchi ancora vendetta ...>
<Non ho mai smesso>
<Sei stata tu ad attaccare Richard al Rapsody?>
<Si>
<Tu ... e William?>
<Ecco che ti riveli, piccolo angelo! Non sei l'innocentino che si crede. Si, io e William siamo alleati, per il momento>
Un moto di disgusto mi sale in corpo facendosi largo con forza.
<Per il momento?>
<Sai anche tu quanto poco possa essere fedele. Vuole solo usarmi, mentre sono io invece a usare lui. L'odio che nutre per suo padre è un'importante onda da sfruttare, di certo non mi lascio sfuggire l'occasione>
<Poi lo tradirai?>
<Anche lui sta pensando a come uccidermi. E' tutto sotto controllo>
Sembra crederlo davvero. E forse può esserlo.
La Sokolov è diversa dalle altre, altrimenti il signor Lee non la vorrebbe tanto disperatamente, e il suo cuore sembra costantemente incendiato da quella forza vendicativa che la smuove più forte del vento.
Vorrei tanto scoprire il motivo per cui l'odio ha iniziato a scorrere all'interno delle sue vene, lo vorrei tanto ma so bene che non si lascerebbe leggere. Non vuole rivelarmi il suo passato, ed io non voglio confessarle il mio presente. Non sa che provengo dal South Side e questo sta bene a entrambi.
Potevo dire, un tempo, che ci rispettiamo con reciproca distanza ma dopo quello che ho visto non sono del tutto certo di come poter riuscire ancora ad apprezzarla.
Illiya Sokolov è una donna potente, e fin da piccolo mi è stato insegnato che dei potenti bisogna aver paura, uomo o donna che fossero.
<Ho visto il comandante Rendy poco fa>
<Ed è una novità? Te l'ho già presentato, ricordi?>
<Non riesco ancora a capire come una ricca ereditiera russa possa essere fiancheggiata anche dalla brigata inglese>
<Questi sono quei piccoli segreti che una donna non dovrebbe rivelare. Ti dispiace se li tengo per me?>
Si, mi dispiace, ho provato a sbilanciarmi per scoprire il perché della sua ricca fama, dell'assurdo controllo su persone e capitali, ma già dal principio lei ha posto dei paletti e mi è vietato attraversarli.
<Ancora non mi hai detto perché sei qui, piccolo Angelo>, fa notare, bloccando la sua marcia per fermarsi nell'esatto baricentro di questo posto, aspirando una lunga boccata di fumo attraverso il quale mi guarda, con pazienza attesa.
<Voglio che tutto questo abbia una fine, al più presto>
<E sei venuto da me>, constata con un sorriso.
Mi do mentalmente dello sciocco, ma non mi rimprovero di questa mossa. <Hai fatto bene, ma perché di tanta fretta?>
Nella mia testa l'immagine delle bocce di Megan e Caleb unite attraversa come un lampo qualsiasi altra, facendomi tremare per i sentimenti che comporta. Anche io ho dei paletti.
<Ti dispiace se non te ne parlo? Non me ne avere>
Stavolta nel sorriso scopre anche i denti, e si dimostra più spigliata. Avanza nella mia direzione finché non siamo sufficientemente vicini da poter sentire l'uno la fragranza dell'altro.
Direi ... che sulla sua pelle c'è la presenza di un costosissimo profumo fruttato, dall'odore intenso, e mescolato dall'impreziosimento della nicotina che rende la sua presenza all'interno di una stanza pressoché indistinguibile.
<Forse è stata solo la disperazione a spingerti fino a chiedere il mio aiuto ma non posso non che dirti che hai fatto bene. Tengo molto a te, mi piace se siamo amici>, commenta strizzandomi un'occhio per evidenziare il concetto, <e poi tu sei un membro prezioso della squadra. Sei a conoscenza di quello che è successo al Rapsody, quindi ben sapendo che la notizia non è riuscita a raggiungere che l'orecchio di pochi curiosi, totalmente estranei dal tuo giro operativo, e quelle dei familiari direi ... che è stato Richard a parlartene. Almeno che tu non abbia preso a scoparti la piccola Dafne, quella ragazza sa più cosa di tutti dentro la casa, ascolta ogni cosa, anche se non se ne rende conto>
<Non me la scopo>, sibilo tra i denti vedendo sostituita l'immagine delle bocche dei miei amici con quella del suo corpo teso dall'estasi.
<Un vero peccato, ma questo vuol dire che sei solo mio>
<Non sono di nessuno, Illiya>
<La libertà ... che ridicolo, dovevo immaginare fosse il tuo scheletro. Sei spigliato, sicuro nelle tue scelte perché vuoi essere libero da padroni, ma ti prego dimmi che c'è dell'altro, non saresti tanto interessante altrimenti>
Osservo con odio la sua certezza e la strana ironia che manifesta, rendendomi conto di quanto vederla a capo di certi traffici mi abbia contagiato nel giudizio dei suo confronti, e quel qualcosa che mi ha smosso deve accendermi lo sguardo perché Illiya intrappola la mia fiamma come una piccola bambina che racchiude nelle notti di luna piena una lucciola sotto una campanula di vetro, studiandola con attenzione e ammirazione.
<C'è ... c'è! Quello sguardo, dannazione ho già visto quello sguardo ... molto bello, ed estremamente pauroso>
Mi volto percorrendo gli ultimi gradini di queste scale, deciso a buttare giù anche la porta se necessario ma la sua voce torna a bloccandomi, vincolandomi per pochi istanti ancora qui con lei.
<Ti aiuterò, Ian, lo farò. Insieme distruggeremo quella famiglia, è una promessa che sono in grado di farti>
Non accenno nient'altro avendo ottenuto quello che cercavo, quando ecco ancora una volta arresta la mia ritirata con un tono che ha perso la sua riflessiva certezza, cedendo il posto allo sbarazzino fastidio.
<Vuoi sapere una curiosità, caro? Anche William chiama Dafne "piccolo Angelo", ma nessuno ne sa il motivo. Molto dolce, non trovi?>
Trattengo un gemito di frustrazione ed un respiro di rabbia, arrivando adesso a fare i conti con questa porta che esita ad aprirsi. Basta un cenno affermativo proveniente da dietro le mie spalle e l'ingresso si spalanca, permettendomi di andarmene da quella cantina nella quale era iniziata a venire improvvisamente e d'un tratto meno l'aria.
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