66- Un segreto nel firmamento
P.O.V.
Ian
La stanchezza di questa giornata precipita addosso come un pesante mantello da dover sopportare.
Lotto per tenere gli occhi aperti e la mente sveglia mentre mi incammino lungo il sentiero in ghiaia che conduce al grande cancello di ingresso, l'unica uscita per sfuggire a questo posto, tornare nella mia stanza e dimenticare, ma l'attenzione è calata avendo perso l'adrenalina che la manteneva attiva dopo l'ultimo colloquio della giornata avuto con Richard.
Ed è per questo motivo che percorrendo questa strada nessun pensiero mi torna in mente, vengo privato delle parole, rimanendo in ascolto solo del mio respiro e del rumore del tracciato di passi, niente più elaborazioni mentali di situazioni troppo difficili da interpretare, solo il semplice desiderio di tornare a casa.
Sto raggiungendo il cancello pensando a questo, quando una figura pallida e molto lontana da me, persa nel punto più estremo del giardino, mi vieta di avanzare.
Affino lo sguardo tentando di capire, e quando scorgo la chioma di lei il fiato mi si spezza.
Volto la testa in direzione della casa tornando improvvisamente sveglio e in allerta, allo scopo di scorgere qualcuno, uno degli uomini a farle da balia o semplicemente William, ma non ricevo alcuna risposta quindi torno a studiarla.
Cade sotto i miei occhi finendo carponi a terra nell'istante dedicatole, e l'instabilità le comanda le movenze nella straordinaria somiglianza a un'animazione affatto ben riuscita.
Sbuffo spazientito dal suo ardore quando nel buio della notte il luccichio di una bottiglia in vetro nella sua mano destra mi ricongiunge alla sorpresa e alla rabbia.
Dannazione, è ferita e ubriaca, oltre che fuori dalla proprietà. Cosa ha intenzione di fare?
Non dovrebbe riguardarmi.
Non dovrebbe davvero.
Ma l'immotivata rabbia torna a raggiungermi vedendo i suoi tentativi di mantenersi stabile andare in fumo, aggravando i suoi passi ancora più del dovuto.
Nel buio del giardino la noto procedere spedita in direzione del lago, sempre più lontana dalla casa dunque mi affretto a raggiungerla pensando alle parole da dire.
Alle mie spalle la casa risponde con un silenzio di suoni che ci isolano nell'idillio di un mondo lontano, ma non siamo affatto su un'altro pianeta e lei non ha ancora perso le catene della sua prigionia.
Le vado incontro pensando a questo, a quanto la situazione non sia affatto cambiata eppure qualcosa deve essere successo: mai prima d'ora Dafne è arrivata così tanto a reagire, nemmeno prendendo le redini di Alhena e gareggiando contro il tempo.
Sono a pochi metri da lei quando con il piede commette un passo falso che le porta il corpo a sbilanciarsi indietro.
Non a cadere.
L'ho presa tra le braccia, e nella notte siamo occhi contro occhi.
I suoi lucidi, cristallini, della stessa composizione di questo specchio d'acqua.
I miei probabilmente arrabbiati e scuri, ma lei li osserva con interesse.
Dovrebbe essere arrabbiata anche lei per come l'ho trattata, perché mi fissa così?
Appare come persa in una fila di inaccessibili discorsi mentali.
<Che cosa stai facendo, Dafne?>, le domando con un tono insolitamente dolce e calmo, come non immaginavo essere.
<Sto camminando in giardino, che altro?>
<Non ti è concesso>
<Beh non mi importa>
E detto questo si libera dalla mia presa e si rialza in piedi, perdendo quella specie di curiosità con cui mi stava fissando.
Ancheggia debolmente nel suo vestito chiaro, con le braccia scoperte, tra i colori verdi scuro delle querce e il blu della notte. Il vetro contenente whisky ancora pericolosamente nelle sue mani.
<Dammi quella bottiglia, Dafne>
<Perché?> Domandandomelo si è ruotata nella mia direzione per tornare occhi negli occhi. <Se lo vuoi posso offrirtelo. Non devi ordinare e pretendere>
Immagino che il soggetto non sia l'ambrato liquore ma non mi interessa.
<Dafne, la bottiglia ...>, intimo, e lei in risposta la solleva solo per posare quell'apertura circolare sulle sue rosee labbra e bere da essa un sorso del suo contenuto.
Sorrido e mi dichiaro arreso. <D'accordo ... fai come vuoi. A me non interessa>, confesso, volgendole poi le spalle per andarmene presto da lì ma la sua voce non me lo permette.
<Se davvero non ti interessa allora perché mi hai salvata?>
Il corpo si immobilizza sentendo volteggiare nell'aria la domanda alla quale sinceramente ancora non ho dato risposta.
Ruoto la testa e parte del corpo verso di lei, sfidandola.
<Non sono un mostro. Stavi per morire>
<E allora? Avrebbe fatto differenza?> Tremo dentro di me nel non riuscire a rispondere mentre il suo tono di voce si abbassa ulteriormente di qualche ottava. <Che importanza può avere in fondo la mia vita?>
<Ogni vita è importante>
<Non la mia>
Questa risposta insensata mi manda su di giri.
<Perché? Perché William per un giorno non ti ha dedicato attenzioni?>
<Si può sapere da dove viene tutta questa tua rabbia nei miei confronti, eh?> Con un passo si è fatta vicina al mio viso, ed ora parla a metà di un respiro. <Io ... argh! Io la detesto!>, confessa urlando e stringendo la mano in un pugno, ed io della sua rabbia sorrido.
Non in modo mellifluo o arrogante ma sinceramente divertito per quel tono da bambina tornato ad affacciarsi sulla scena ed evito di rispondere, lasciandole sfogare tutte le sue frustrazioni.
<Da quando sei arrivato non fai altro che giudicarmi e credere di sapere tutto di me. Tutti voi fate così. William, Richard, tu, tutti quanti. Vuoi uomini siete tutti uguali, credete di avere sempre il controllo! Ma nessuno di voi lo ha davvero.
Date ordini a destra e a manca, esordite nelle vostre supposizioni e non permettete mai a nessuno di intercedere per voi o di dire la sua>
<E che cosa è che avresti da dire?>
<Che non siete perfetti affatto!> Urla con ancora quella bottiglia stretta in una mano.
Sorrido alla vista della sua aria imbronciata e del suo viso da bambina tanto incupito nonostante vi sia ancora un velo di preoccupazione a coprire questa scena.
<Non mi sento perfetto>, la informo.
<È l'impressione che sembri dare. Sempre nel posto giusto al momento giusto. Al capanno, all'ippodromo ...>
<Sai del capanno?>
<Ho sentito due guardie parlarne. Hai risolto anche allora la situazione. Che bravo>
<Solo fortuna>
<La tua è falsa modestia. La verità è che ti crogioli nell'autocompiacimento, esattamente come tutti loro>
<Smetti di paragonarmi agli altri>, sibilo trafiggendola con un tono duro.
<E che cosa ti rende tanto diverso?>
<L'essere davanti alla pistola, senza impugnarla>
Annuisce lievemente, osservandomi con attenzione.
<Vuoi passare proprio come me. Come una vittima. Ma non simpatizzo per i bugiardi.>
<Sei tutto tranne che una vittima>
<Tu dici?>, mi domanda, con gli occhi lucidi e le mani che le tremano assieme agli occhi simili al riflesso lunare sull'increspatura dell'acqua di questo lago. <Allora perché sono l'unica in quella casa a venire sempre frammentata?>
Taccio stregato da questa insolita confessione.
Se non fosse stato per l'alcol arrivato a sabotare i suoi verbali freni lei non mi avrebbe mai parlato con tanto ardore, e sono felice in parte di poterne beneficiare per quanto mi lasci senza parole o risposte saccenti da offrire perché sprovvisto di una situazione più globale a me completamente estranea.
Un rumore desta la mia attenzione in direzione degli alberi. Può essere stato un'animale quanto un uomo. Il buio non mi concede di saperlo.
<Avanti Dafne, dobbiamo rientrare>
<Non voglio venire>
<La vuoi smettere una buona volta di essere così testarda e seguire il mio consiglio? Se non rientri i tuoi padroni ti faranno passare un brutto guaio>
<Non ho padroni>
<Stz! In un'altra vita magari>
Senza darmi ascolto è tornata a camminare a passo lento lungo l'increspatura dell'acqua dopo aver sancito la sua definitiva posizione in merito alla questione, ma non dovrebbe pensare di averla vinta così facilmente con me.
Anticipo i suoi passi e arrivo dinanzi a lei, le tolgo la bottiglia dalle mani velocemente, tanto che in un primo momento non sembra affatto accorgersene, e poi resto immobile aspettando la sua infante voce caricata di rabbia, ma mi raggiunge una supplica.
Con un'espressione diversa stavolta torna a me con più sincerità di quanta ritenessi possibile.
<Ti prego Ian. Ti prego non farmi rientrare. Da qui si vede il cielo. Si vedono le stelle, e laggiù c'è la costellazione dei Gemelli. La mia stanza non ha finestre sufficientemente grandi, non potrei guardarla.
Ti prego ... non portarmela via>
Perché vuole rimanere a vedere le stelle?
<Che cosa ha di speciale questa costellazione?>
Muove la testa in direzione di un no categorico.
Non me lo vuole dire. <Hai infranto la nostra promessa. Nonostante la vittoria di Weeky hai gareggiato con Alhena>
<Non voglio dirtelo, nessuno lo sa, è un segreto, non posso!>
Una ragazza piangente lacrime alcoliche e con i capelli color del grano ha stipulato con il firmamento un accordo di assoluta segretezza.
Che cosa potranno mai nascondere questi corpi celesti, Dafne?
<Sai cosa succederà se William vede che sei uscita>
<Allora ti prego non costringermi alla mia stanza. Portami nella serra. Laggiù starò bene>
<Hai una serra?>, domando stupito, e l'immagine di Megan mentre recede steli di fiori nel negozio con la finestra del laboratorio affacciata sul nostro campo da basket torna prepotentemente nella mia memoria.
<A piano terra, la stanza infondo a destra>
Ma certo, la ricordo. Richard mi aveva parlato sulla soglia di quel posto un giorno. Le luci della stanza lo rendevano spettrale, o forse a intimorirmi erano state le sue glaciali parole.
Un altro rumore proveniente dalla boscaglia mi fa assottigliare gli occhi e tendere le orecchie mettendomi in uno stato di allerta.
<Andiamo allora>, incoraggio allontanandomi dal verde per avvicinarmi al sentiero di ghiaia all'entrata.
Dafne dietro di me oscilla, a causa del liquido ingerito probabilmente e della caviglia non ancora fuori pericolo.
<Perché ti sei allontanata tanto?>
<Volevo andarmene>
Spalanco gli occhi stupito da una tale svolta. <Non mi dire, ti sei resa conto del mondo in cui vivi?>
<Sono stati altri a farmene rendere conto>
<E non hai retto il colpo?> punzecchio, e scopro che nemmeno da ubriaca riesce a essere totalmente felice. <La bottiglia a cosa era dovuta invece?>
<A una presa di coscienza>
La fisso senza capire e lei vincola lo sguardo al mio mentre passeggiamo a fianco.
<Non potrò mai andarmene di qui. Persino questo lago non è un mare, girerei solo in tondo, e un giorno o l'altro tornerei.
Perché mi hanno costretta e perché ormai potrei non essere più così forte da andarmene>
Rifletto sulle sue parole mentre i lunghi minuti segnano la distanza percorsa avvicinandoci alla casa quando il piede di Dafne subisce un cedimento.
Geme di dolore e cade a terra senza che io possa fermarla e quando mi chino verso di lei ha il viso contratto da una smorfia.
<Tutto bene?>
<Ce la faccio da sola>
<No che non ce la fai!>
<Ian! Non ho bisogno del tuo aiuto da paladino!>
<Oh ne hai bisogno eccome>, constato divertito notando i suoi tentativi di rialzarsi andare a vuoto. Lancio un'occhio all'intorno, cercando la presenza di qualche guardia. L'uso dell'entrata secondaria ci consente l'anonimato.
<Stai mettendo un bel bersaglio sulla mia schiena, te ne rendi conto?>
<Nessuno ti ha chiesto niente>
<Ti lascio qui a strisciare finché non raggiungi la casa?>
<Si>
Dio quanto è testarda.
Sospiro e prima che possa continuare la prendo tra le braccia.
Come ringraziamento, prima di alzarmi, ricevo una serie di lenti pugno sul petto, abbastanza intensi per la verità, che mi dovrebbero far desistere e decidere di lasciarla andare, ma poco importa, il gioco è fatto.
Ho la principessa, prigioniera di questo castello, nella mia stretta, e la sto conducendo nuovamente verso le fauci della feroce bestia come la peggiore delle guardie.
Avvertire nuovamente la sua leggerezza fa tornare alla memoria il giorno in cui l'ho salvata stringendola a me e cadendo sulla sabbia dell'arena.
Sembrano passati secoli ormai ma le conseguenze di quel giorno sono ancora presenti, tra di noi quanto nel suo corpo.
Dal basso mi fissa ma non emette la più piccola parola, nemmeno dopo che l'ho fatta accomodare sul tavolo della sua serra interna, permettendole di tornare a fissare dal taglio in vetro del soffitto il cielo, la luna e tutte le sue costellazioni, universi infiniti che non conosco mentre petali di fiori macchiano di colore la stanza, ingrigita dal silenzio e dall'oscurità, occupando a intervalli irregolari piccole superfici al nostro fianco.
Con la testa gettata indietro Dafne tace restando in contemplazione mentre una domanda mi vieta di fare altrettanto, utilizzando l'elisir da lei bevuto come solo strumento in grado di offrirmi la verità.
<Perché non sei più in grado di scappare, Dafne? Che cosa ti tiene ancora qui?>
<Un sogno>, mi risponde rimanendo con gli occhi ancora rivolti in su. <Ho espresso un desiderio da bambina e sto aspettando che si realizzi>
Pronuncia queste parole mentre, con il capo all'indietro, i piedi oscillano nel vuoto smuovendo le sue candide vesti in un gioco ipnotico di luci e ombre nell'arricciatura creata dalla seta.
La sua dolcezza di bambina mi sconcerta. La sua forza di donna mi destabilizza. La sua provocazione costantemente bagnata d'audacia incendia la mia curiosità ... ma non rimane niente della guerriera quando, stanca, la ragazza dai capelli color dell'oro si lascia andare, stendendosi sul tavolo per poi rannicchiarsi in se stessa in posizione fetale, chiudendo gli occhi.
La luna dall'alto illumina la porzione di tavolo nella quale è presente, risaltandola come un abbagliante faro nel tetro e buio colore della stanza che mi ha inghiottito, lasciandomi prigioniero di questa sedia dalla quale la osservo cadere in un sonno profondo, con le mani intrecciate tra loro e premute contro le labbra.
Gli occhi registrano il quieto movimento del suo respiro, le lunghe ciglia prive di trucco e le pallide guance macchiate di piccole efelidi appena visibili mentre l'elegante dorso della mano mostra l'arcuata delle dita premute contro il legno, a fianco del suo viso, lasciandomi impietrito dinanzi a uno spettacolo che mai mi sarei immaginato di poter analizzare, affiancato da una bottiglia semivuota di whisky.
Passano delle ore tra i suoi sospiri e i miei pensieri.
Trascorre il tempo all'interno di questa silenziosa casa.
Le guardie al di fuori si scambiano di turno, l'ora tarda sopraggiunge senza preavviso e mi riporta in me, ancora su questa sedia, a lei, ancora stesa con il viso rivolto nella mia direzione, e a noi, ancora lontani dal mondo comune.
E lentamente, non appena sento ogni voce, ogni persona, farsi più lontana torno a prenderla tra le braccia.
Il gesto spinge Dafne ad aggrapparsi a me e a ciondolare con la testa fino a ritrovare il proprio posto tra il petto e l'avambraccio.
Inconsciamente, suppongo, una sua mano si stringe a pugno intrappolando la mia maglietta e rendendola più tesa sul petto mentre percorro la strada verso il piano superiore.
Supero le scale nel completo buio e mi avvicino a una stanza, ma risulta essere quella sbagliata.
Resto fermo senza capire, con ancora Dafne premuta contro il petto, cercando di ricordare cosa vi fosse dall'altra parte di questo infisso, ben conoscendo la disposizione delle camere e dei servizi, senza poter collocare però lo spazio ermetico dinanzi in una delle due categorie.
Riprovo, abbasso la maniglia ed ecco che il colpo va a vuoto, la stanza rimane bloccata, e mi obbliga a proseguire.
Pochi passi e la sua camera ci raggiunge. Depongo lentamente Dafne sul letto alzando gli occhi solo un attimo per studiare il ristretto panorama offerto dalla vetrata, completamente differente da quello presente in giardino, come lei aveva ben detto.
Sollevo una mano quindi e le sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, rimanendo così fermo su di lei per ancora quale minuto, cercando di capire, forse, tutti i misteri che il suo passato raccoglie, la vita che ha vissuto ed il suo rapporto con le stelle.
Risulta ancora impossibile da comprendere però, mancano ancora troppi indizi ma sarà lei a fornirmeli, e suo compito resterà quello di raccontarmi l'intera storia perché ormai nutro un insolito interessa nel conoscerla, sciocco e ingiustificabile ma presente.
Abbandono la stanza mentre un raggio lunare filtra oltre il tendaggio della finestra.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top