64- Riprenderò la corona
«Negli inferi è precipitato il tuo fasto
e la musica delle tue arpe.
Sotto di te v'è uno strato di marciume,
e tua coltre sono i vermi.
Come mai sei caduto dal cielo,
astro del mattino, figlio dell'aurora?
Come mai sei stato gettato a terra,
signore di popoli?
Eppure tu pensavi nel tuo cuore:
«Salirò in cielo,
sopra le stelle di Dio
innalzerò il mio trono,
dimorerò sul monte dell'assemblea,
nella vera dimora divina.
Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all'Altissimo».
E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell'abisso!»
-Nona Vulgata (Bibbia), Isaia
P.O.V.
Ian
Pace. E' il sentimento che provo. La pace, non mi capitava da molto. Poter dire, una volta chiusi gli occhi la sera tardi, che non vi fosse alcun pensiero tormentoso a governarmi la mente, e so bene quanto il merito vada alla dolce creatura al mio fianco, casualmente tornata nella mia vita nell'esatto momento in cui ne avevo più bisogno.
Per quanto continueremo a fingere, Megan?
Ci facciamo bene.
Stare insieme acquieta i nostri animi, conducendoci in un mondo a parte, solo nostro. Non mi avresti cercato altrimenti, anche se fa male pensare che tu lo abbia fatto solo in seguito a un litigo con Caleb.
E' stato solo quello a mandarti qui? Dove finisce e inizia il tuo sentimento, dolce ragazza? Cosa siamo?
Funzioniamo, è la sola cosa che so. Da questo letto non mi vorrei mai alzare, rimandando gli impegni a un indefinito domani. Vorrei rimanere a fissarti, stesa su un fianco e con il sole giunto sul tuo viso dopo essere filtrato dalle scadenti tende tirate di questo posto, senza riuscire però a destarti.
Azzardo un tocco ai suoi capelli con una tranquilla mano.
Mi piace. Averla qui, poterla toccare. Osservarla mentre sorrido e tento di dimenticare.
Ma deve andare via, non è al sicuro.
Rientrando, poco prima della sua sorpresa, ho notato Xavier fare da guardia sull'altro lato della strada sottostante, e ciò significa che Richard è a conoscenza della sua presenza qui, e forse, di conseguenza, anche William.
Deve andarsene, ma ancora non voglio svegliarla.
Non averla al mio fianco è stata una tacita sofferenza, accentuata dalla poca fiducia impossibile da riporre in qualsiasi altro essere umano, persino in Damien. Non mi rimane che lei e Wendy da dover proteggere.
Probabilmente è stata disturbata dalla sovrapposizione dei miei contrastati pensieri perché, seppellendo di poco ancora di più la testa nel cuscino, Megan apre leggermente gli occhi trovandomi steso supino al suo fianco, con il volto rivoltole.
<Ciao ...>
<Ciao>
<Sei sveglio da molto?>
<Non troppo, come vanno i postumi della serata? La testa ti fa male?>
<Giusto un poco, non sono al massimo della mia forma fisica>
A questo potrei contrattaccare.
E' bellissima con addosso la mia maglia ed i pantaloni della tuta abbinati blu scura, i corti capelli confusi sul cuscino e gli occhi affilati e dolci.
<A che cosa stai pensando?>
<Dovresti rientrare>, cedo, <tua madre potrebbe essere preoccupata>
<Sei già stanco di avermi qui?>, domanda ridendo, probabilmente conoscendo da sola la risposta. <Non vieni con me?>
<Non ancora>
<Mancano pochi giorni al matrimonio di Meredith>
<Non posso assentarmi da lavoro, Meg>
<Va bene, non preoccuparti ... significa che ci vedremo lì. Dammi il tempo di cambiarmi e me ne vado>
<Ti accompagno alla stazione>
<Okay ... >
<Okay ...>
Compie per prima il lento movimento capace di allontanarla dal rifugio di questo letto che abbiamo condiviso e dalla mia postazione studio le sue mosse mentre si occupa di recuperare i vari capi d'abbigliamento. La maglietta, i pantaloni, le scarpe ...
<Ian ...>
<Si?>
Costretto dal suo tono a fissarla in viso scorgo la serietà dietro le parole che sta per esprimere, e che mi rivela senza esitazione.
<Sarei comunque venuta, nonostante tutto>
Posso realmente credere? Solo il cielo sa quanto desideri farlo.
Per questa volta le concedo il silenzio del mio dubbio lasciandola libera di prepararsi, sentendomi però in petto il cuore stupido e credulone prendere il volo, incline alla fiducia.
Non fosse stato per la sua buona fede adesso sarei un uomo diverso, un uomo sicuro di se sotto tutti gli spetti della vita, specialmente, in particolar modo, nel tema riguardante l'amore.
Avanzo rapidamente, volendo lasciarmi il sentiero percorso alle spalle e la mia furia è distinguibile a chiare lettere sul mio viso interpretato da questi due strani soggetti divenuti ormai miei compagni di avventura.
<Tutto bene amico?>, chiede per primo Bjorn non appena prendo posto al suo fianco al tavolo e ordino un bicchiere di Scoth.
Questa nuova vita mi sta iniziando sempre più all'alcol, in modo da farmi smaltire le amare giornate. Non so quanto questo possa realmente essere un bene, ma poco importa, paga Richard Lee.
<Non hai una bella faccia>, aggiunge la Sokolov aspirando il fumo di una sigaretta nera e rifinita in oro.
<Voglio portare a termine questa storia il prima possibile>, le rispondo facendole nascere un sorriso. Lo stalliere, dalla sua, non capisce il casuale riferimento.
<Anche io>, commenta poi la russa, e a quella risposta sollevo un sopracciglio.
<Qualche idea?>
<Una o due, da valutare ... Ti manca casa? Sei impaziente di tornare?>
Casa, e le persone che ho lasciato. Loro soprattutto.
<Vuoi parlarmene?>, domando, ma lei scuote il capo.
<La discrezione è fondamentale e poi ... adoro fare sorprese>
Annuisco a questo punto, buttando giù d'un sorso il bicchiere di scotch e vedendo la macchina di Monty fermarsi a poca distanza da noi. Alla guida Xavier.
<Devo andare>
<Corri dal tuo capo?>, mi torna a beffeggiare lei.
<Non è il mio capo>
<E chi può gestire una testa calda come te?>
Irritato mi alzo in piedi, deciso a mettere fine a questa sceneggiata ma la voce della Sokolov torna a parlarmi.
<Ian ... ti prego, sta attento>
Resto immobile a fissarla per alcuni istanti, prima di raggiungere la macchina di Monty e salire al fianco di Xavier, diretti verso villa Lee.
Con una pazienza che ormai non mi compete attendo paziente il sopraggiungere di ordini, al piano inferiore della casa. Xavier è salito per primo e in maniera discreta mi ha fatto intendere la necessità di ricevere un impartito comando da parte di Richard per potermi permettere di salire, ed io ho accettato di buon grado, mostrandomi sereno e calmo come non potrei mai arrivare ad essere.
<Il signor Lee è impegnato in un'importante riunione. Mi dispiace ma non ha dato indicazioni>, mi avverte l'ex marine di ritorno dal suo incarico.
<Che cosa sta succedendo, Xavier?>
<Non ne ho idea, non si era mai comportato così prima d'ora>
<Non si fida di me?>
Il soldato stringe le spalle, con in viso un'espressione ancora riconoscente per quella mia mossa di assistito salvataggio al capanno con la polizia.
<Questo non possiamo saperlo, ma sei appena entrato. Di sicuro si sta assicurando di poterti affidare un compito di media importanza, e poi sei un allibratore. Non sei impegnato tutto il giorno. Aspetta la prossima corsa dei cavalli per tornare a lavoro>
<Non voglio aspettare con le mani in mano. Voglio guadagnarmi i soldi>
<E le puntate non ti sono bastate? Però ... sei avido>
Lee vuole condurmi verso il burrone della follia, ne sono certo. Vedere quanto riesca a vivere sotto le leggi di questa tortura.
<Quindi cosa devo fare?>
<Aspettarmi qui ...>, commenta, <ho un incarico da svolgere, questione di mezz'ora, poi torno e ti ripoto in hotel>
<Mi stavi facendo da guardia, ieri sera?>
<Si>
<Te l'ha chiesto William o Richard?>
<Ha importanza? Non hai colpe, no? Ti sei portato in camera una bella ragazza, niente di sbagliato per la tua età>
Rimango immobile nell'espressioni e nel corpo, senza riuscire a farmi contagiare dal suo buon umore.
<Avanti, aspettami qui e non combinare casini, presto torno a prenderti>
Si incammina al seguito di queste assurde parole in direzione del portone, lasciandomi solo dentro questa patetica reggia.
Sospiro sconfortato e vinto da questa ridicola situazione e mi passo le mani sul viso, pregando di riuscire a resistere ancora quanto basta a vincere, sentendo però al contempo gli occhi di Richard Lee fissarmi dall'alto in attesa di vedermi cadere.
P.O.V.
Caleb
Vincolo le dita in un gioco a ritmo dal suono inesistente di note per riuscire in qualche modo a distrarre i miei pensieri, dirottandoli altrove, ma il prestigio non è sufficiente e gli occhi non si allontanano mai troppo da quel punto della stanza che sto osservando fisso, senza potermi completamente liberare.
Un'infermiera entra con sottobraccio la sua cartella e nel completo silenzio valuta i valori provenienti dagli irritanti schermi e dalle analisi conseguite, poi pazientemente recupera la mia attenzione per rendermi partecipe delle novità.
<I valori sono nella norma, signor Dowson, ma dovremmo tenerla qui un'altra notte per essere certi che l'intervento non abbia avuto ripercussioni negative su di lei>
<La ringrazio, è venuto qualcuno oggi?>
Vorrei che almeno Ian fosse dietro a questa porta per poter parlare insieme del sogno che ho fatto, quello strano ricordo, ma con quale dignità potrei fissarlo? Tra me e Megan è finita, eppure c'è stato qualcosa ed io gliel'ho nascosto, spinto dal volere di lei e dal reale desiderio di poter tenere qualcosa veramente solo per noi. Mi sento sporco e ora più che mai indegno di lui, ma è comunque la delusione che mi raggiuge quando la gentile infermiera torna a parlare.
<No, nessuno, ma ho notato che questi giorni c'era sempre un uomo in corridoio, intento a camminare su e giù di fronte alla porta di questa stanza. Gli ho chiesto se volesse entrare, in uno dei nostri incontri casuali, ma ha sempre rifiutato>
Damien.
<E non le ha detto il perché?>
<No, ma sembrava veramente preoccupato, sa ... è stato lui a trovarla>
Quindi è così ... sono ancora vivo grazie a lui.
<La ringrazio molto>
Annuisce dolcemente prima di sistemarmi per l'ultima volta il cuscino e sparire lasciandomi nuovamente solo nella stanza.
Studio per lunghi momenti la porta chiusa della camera, il sovrapporsi di voci nel corridoio mentre i pensieri corrono, corrono, corrono, senza trovare pace.
Scosto le coperte e mi alzo in piedi, ricevendo la puntura di mille aghi all'altezza della ferita non appena tendo un braccio per potermi appoggiare al comodino a fianco. Stringo gli occhi e trattengo un rabbioso gemito di dolore, e poi continuo ad avanzare, diretto verso quell'inutile ostacolo intraposto tra me e la verità.
La maniglia è fredda e per lunghi istanti immobile, serrata, nella mia mano, mentre sono perso a fissare la cromatura della porta grigio chiara, indeciso sul da farsi quanto incerto riguardo la nuova svolta dei fatti.
Quando la spalanco le voci prima intrappolate in una spessa membrana invisibile mi raggiungono come uno schiaffo in pieno viso, investendomi con i loro rumori, i passi, i suoni, i discorsi, ma in tutta questa confusione lui non c'è. Non c'è nessun uomo ad attendere in pieno stato di agitazione l'apoteosi della mia resurrezione, Damien non è presente, ed i segreti si ostinano a non voler essere rivelati.
<Che cosa sta facendo? Il medico le ha impedito di alzarsi, faccia attenzione ai punti ...> L'infermiera è tornata e sembra essere realmente preoccupata del mio stato emotivo, quanto di quello fisico.
<Sto bene>
<L'aiuto a stendersi>
<Devo vedere quell'uomo>
<Tornerà, glielo assicuro, ma ora deve stendersi, la prego>
Tornerà davvero, o ha ripreso il controllo del suo ruolo?
Avanti Damien, avanti ... mostrami chi sei.
Torna da me, riportami dei sassi. Se sarai convincente non andrò via, e ti prego, fai in modo di esserlo, perché sono affogato in un mare di dolore essendomi strappato di dosso l'amore, ed ora più che mai risulto incline al dono di qualsiasi tipo di affetto. E tu me ne volevi, mi volevi bene.
Torna ... e raccontami la fiaba della bella verità.
P.O.V.
Ian
Ruoto su me stesso, spazientito dall'attesa, osservando con fare arreso e stanco gli arredi che ormai ho imparato a conoscere a mente di questo largo corridoio e delle sue quattro annesse stanze, pregando, in un modo o in un altro, di andarmene presto via da qui.
Proprio nel momento in cui il mio desiderio sembra aver raggiunto il traguardo dettato dall'impossibile dei passi mi raggiungono cogliendomi del tutto impreparato, e sorpreso mi volto, immobilizzandomi non appena noto la sua figura.
Non manca mai nell'apparire impeccabile. Con il suo fazzoletto da taschino. I capelli bianchi come la neve tirati indietro scoprendo l'alta fronte. Il suo completo di marca. Le sue scarpe lucide. Il suo sorriso, sicuro di se, con il quale sfoggia un'apparente stato di ordinarietà, quasi non si fosse prestato come bersaglio all'interno di un mirino. Richard Lee appare sorridente a pochi passi da me, probabilmente divertito dalla mia confusione.
<Buongiorno>
<Buongiorno Ian, ben trovato ...>
<Pensavo fosse impegnato in una riunione>
<Mi sono liberato presto. I clienti sono persone di fiducia, non ho dovuto contrattare molto>, commenta avanzando in direzione di una stanza che sembra essere il terzo soggiorno di questo piano terra, arricchito da ampi divani imbottiti probabilmente di una costosissima oca.
<Invece tu che mi racconti? Come te la stai vivendo questa vita da gran signore?>, chiede a un tratto voltandosi verso di me con un sorriso dipinto in viso.
<Va tutto bene, non posso lamentarmi>
<Ah ah ah ... tutto qui?>
<Tutto qui>
<Sei intraprendente>
<E' una mia colpa>, ma proprio per questo l'ho colpito il primo giorno al cantiere, no? Per questo ho creduto che si fosse in qualche modo fidato di me, nel ruolo che stavo per interpretare.
<Ma anche mia. Sai ... da ragazzo ho sempre voluto il massimo, da ogni cosa, nonostante facessi un lavoro di merda e le mie maglie fossero, di norma, bucate costantemente in prossimità dell'orlo, come le mie tasche, senza soldi. Ti dico solo che è stato un bene. Spingere al massimo l'acceleratore ti porta sulla vetta della montagna ma, ecco, c'è anche il pericolo di sbandare ... di farsi male ... addirittura di rischiare di morire> Con poco meno di tre passi accorcia la distanza che ci divide arrivando a parlare incredibilmente vicino al mio viso, occhi negli occhi ed ecco che trovo i suoi fermi, immobili dall'instabilità che li avvince quotidianamente, macchiata di falsa allegria e buon umore.
Questa è la realtà. Questa freddezza la vera anima in grado di trasparire dai profondi oceani blu scuro trovati al posto delle sue iridi e non vi è alcuna menzogna in merito. I giochi sono finiti ed arrivo a temere che Xavier non avesse davvero ottenuto un incarico a mezz'ora da qui, che il suo ruolo, per la verità, fosse di lasciarci soli a noi stessi, in una casa vuota, dove regna la sua forza.
<Perché hai impedito a Monty di portare a termine il suo incarico, Ian?>
Analizzo immobile il suo viso e glacialità nel rispondere non mi è innaturale quanto non è estranea.
<Aveva il compito di colpire Alhena o Dafne?>
<C'è differenza?>
<Non voglio morti sulla coscienza>
<Non sarebbero rimasti a ballare sulla tua, il mio uomo si sarebbe preso un tale compito>
<Ho dovuto comunque impedirlo>
<Perché?>
<Perché non fa parte della mia etica. Non uccido mai, colpevole o meno che sia, e non impartisco sentenze di morte. Potevo evitare che qualcuno si facesse male e l'ho fatto, senza esitare>
Quei gelidi oceani valutano la risposta offerta, masticandola tra i loro denti per capirne la qualità e poi la sputano a terra, sorpassando questo discorso per poter procedere con un altro.
<Conosci il "Rapsody"?>
<Si tratta di un ristorante?>
<Un locale, iscritto nei nostri registri>
<Non lo conosco>
<Ne sei certo?>
<Si>
Rimane immobili per alcuni attimi, fermo dentro i miei occhi, prima di sorridermi.
Ed ecco tornata la maschera dell'ironia e del buonumore.
Con una mano batte contro il mio braccio delicatamente, colpi leggeri ma sicuri, quasi di una familiarità inadeguata e che ancora non sono riuscito bene a comprendere ma che adesso sembra divenuta più certa di se stessa e di me, arrivando a una convinzione a me sconosciuta.
<Bene ... volevo solo essere certo che tu non centrassi con questa storia. Sono felice che sia così ... domani riprendi a lavorare, Xavier ti darà indicazioni del carico da trasportare, partirete insieme>
Non aggiunge altro.
Volta le spalle e se ne va, trascinando dietro con se una fila di irrisolte domande ancora intrappolate in un vortice eterno, interno alla mia testa.
P.O.V.
Kevin
Attendo che tutti gli studenti si siano ritirati dall'aula per poter raccogliere il marasma di fogli sciolti lasciati dal professore nel corso della spiegazione, spegnendo al seguito anche il proiettore, al fine di togliere qualunque gravante incarico al mio capo che se ne sta con la testa china in direzione del foglio delle presenze, facendo i conti con la firma di un tipo che sostiene non si sia mai nemmeno presentato.
Piccoli problemi al confronto con i miei che al momento mi fanno esitare a rompere questo silenzio creatosi tra di noi, coinvolgendomi a una caccia di appropriati termini con i quali farmi avanti.
<Professore ... mi scusi, posso parlarle?>
<Qualcosa non va Kevin? Ci sono problemi con le lezioni?>
<No, nessun problema, ma volevo chiederle se si ricorda di quella domanda che mi ha fatto un giorno, mentre camminavamo per il campus, riguardo la vita che voglio vivere>
<Certo che me la ricordo, sei arrivato a una conclusione?>
Prendo un profondo respiro, ammettendo la mia scelta con un sorriso.
<Si ... vede, c'è una donna ...>
<Ahhh ...>, commenta divertito, posando il foglio delle presenze sul tavolo in uno dei suoi tanti gesti stanchi, riflessi della veneranda età che riporta persino la cute grigiastra ma non l'espressione, quella è rimasta birichina e invariata, appartenente a un bambino dinanzi alla marachella fatta.
<Si, proprio così...>
<E da quanto state insieme?>
<Nove anni>
<Però ... si dice che al nono ci sia la crisi di coppia, non l'avete sentita arrivare?>
<Affatto, se non fosse che ora io e lei siamo distanti. Celine abita nel South Side>
<E tu vuoi tornare da lei>, comprende con gli occhi divertiti ma la bocca serrata.
<Non prima del tempo!>, sopraggiungo, preso dall'angoscia senza dubbio molto più di lui. <Rimarrò fino alla fine dell'anno scolastico ma ecco volevo chiederle ... se mi potesse fare una lettera di raccomandazioni, per quando avrò finito qui>
<Sei un bravo assistente Kevin, penso proprio che te la farò>
<Sul serio?>
<Si ... se scopri chi è quel cornuto che firma al posto del signor Collin>
<Ma certo, lo farò>, commento divertito mentre lo vedo annuire.
<Bene ... bene, voglio proprio vedere chi è>, continua fissando accigliato quella maledetta firma falsa.
<E la tua donna di cosa si occupa?>, esordisce prendendomi di sorpresa poco dopo.
<Insieme a un mio amico ha un negozio di tatuaggi>
<Non deve guadagnare molto>
<È la sua passione, adora disegnare>
<Ed è brava?>
<Da impazzire>
<Non è che sei di parte?>
<No, assolutamente, dovrebbe vedere i suoi disegni, così da ricredersi>
<Non sono un amante dei rose e scheletri>
<Non mi riferivo ai tatuaggi ma ai ritratti che ha prodotto ... ogni volta riusciva a intrappolare la scena nel sentimento scaturito dal momento ... è un vero portento, le posso garantire>
<Mi hai incuriosito>, ammette afferrando la ventiquattr'ore. <Magari un giorno portami uno di quei disegni, così ti dirò cosa ne penso>
<Volentieri signore, grazie>
<A presto ragazzo>, mi saluta dirigendosi verso la porta secondaria dell' auditorium, destinata alla sua uscita di scena, ed io sorrido trovando di nuovo il mondo sorridermi, tornando dalla mia parte.
In passato ho sbagliato, essendomi affidato a persone sbagliate, ma ora ho modo di rimediare e ritornare alle origini, risalire, rivivere nuovamente la mia vita con più ardore e rispetto verso tutta la ricchezza che ho e che non ero riuscito a vedere, volendomi circondare di superfluo senza comprendere cosa fosse la vera ricchezza.
Una casa con Morisot dal tetto rosso, una famiglia, l'amore, un lavoro rispettabile ... non chiedo nient'altro, nulla di più, nulla di meno.
P.O.V.
William
La testa abbandonata sulla gambe di lei mi permette di perdermi nell'intricato affresco presente sul soffitto di questa cupa stanza, arredata con stoffe cremisi, tendaggi in panna, mobili marrone scuro come si addice ad un posto del genere, di pura perdizione, e mentre mi solleva con entrambe le mani la manica della maglia, recuperando il cordone di gomma, la siringa e la piccola bustina in plastica, io vedo solo quella pittorica scena rappresentata da tinte scure, ammalorate nel tempo; la caduta di Lucifero dal paradiso, e la mano tesa del Padre Celeste in una sentenza di giudizio, finale, decisiva.
Dove era la compassione dell'amore?
Dove ... il sanscrito perdono?
Vedo, rimanendo steso su questo letto a baldacchino, la piegatura delle ali di quel maledetto angelo, comprendo il suo dolore nel venire allontanato dal Paradiso, intuisco la sua rabbia quanto l'ira che indossa nell'aver sfidato il padre ed essere stato oppresso dalla supremazia della sua forza.
E poi il suo volo, il bandimento, l'esilio.
Nel dipinto l'angelo figura tanto forte quanto triste, nella posa assunta nell'incrociare le braccia al petto mentre rivolge le spalle al lettore del suo errore, sicuro di se poco prima di essere bandito ed io non vedo altro, mentre la droga passa dalla canula all'ago che Natalie ha inserito nel mio braccio, nella vena centrale opposta al gomito e in diretto contatto con il cuore, pochi istanti dopo febbricitante di questo rallentamento lento, onirico.
Fisso quel dipinto, il padre e il figlio.
Vedo il loro confronto.
E non posso non immaginarmi nelle vesti della Stella del Mattino in aperta competizione con il suo creatore, capo della famiglia e della sua comandata vita.
Quando hai smesso di amarmi, padre?
Quando hai deciso, da solo e senza alcun confronto che questa vita fosse la più giusta per me da vivere?
Rendermi la tua macchina mi ha ucciso ... ha stroncato la mia volontà, mentre precipito lontano dal tuo volere, cadendo in un baratro di vergogna che non mi vedrà mai all'altezza del tuo confronto.
Mi domando come io abbia potuto vivere sottoterra per tutto questo tempo.
Nascondere il viso dietro un'arma ed il corpo dietro i trasparenti veli di questa casa.
Come abbia potuto anche solo accontentarmi di questo stato di mediocrità, ben sapendo che mi aspetti altro.
Quanto ho patito per questo amore non pattuito?
Quanto sono arrivato a odiare riuscendo, nonostante tutto, forse infondo anche ad amare?
Perché mi hai spinto fino a questo punto, padre?
Ora che è tutto deciso, risolto, fatto, sono steso su questo letto a ridestare alla mente momenti di iconico dolore che non credevo più di possedere.
Assurdo che si presenti adesso, e che non sia, ad ogni modo, abbastanza forte da fermare ciò che ho deciso di fare.
Evidentemente il tempo modifica tutto e il folle esperimento mi ha portato realmente ad essere quell'arma di distruzione incapace di comprendere a fondo l'emotivo impatto umano, percependolo come la visione di una fiamma viva, senza riuscire a intrappolarne il calore.
Così distante ... così lontano ... il mondo si fa sfocato adesso e balla divertito un ritmo di tamburi tribale, mi accosta all'idillio spostando le nuvole dalle quali sono stato bandito per indicarmi la via.
Avevo cercato per molto quel sentiero in passato, persino nelle più piccole cose, quella specie di fascio di luce che mi avrebbe ricondotto alla vittoria e nella ricerca ho trovato ben altro: una ragazza dai capelli color del grano ed i vestiti candidi che volteggiava serena in un purgatorio che non era né cielo né terra, perfetta metà in grado di stregarmi per la sua purezza e perversione, ne sono rimasto incantato.
Ho provato a tagliare le sue ali, per poter cadere insieme, ed ho ricevuto sulle mani il suo sangue puro, la rottura della sua innocenza macchiata dalla mia colpa.
Le ho fatto del male, ma con lei l'inferno non era impossibile. Tra quelle rocce interne alla Terra ho creato il mio nuovo mondo e li ho vissuto, nell'ombra delle tenebre fissando attento verso l'apertura creata dal mio arrivo sul terreno per poter scorgere nuovamente la mano di mio padre ordinarmi l'incarico.
L'ho amata e rispettata quella mano così tanto da piccolo, nella purezza dell'età ....
Ma adesso la detesto e vorrei tagliarla via da quella finestra di creato, farmi strada volando con il mio corpo sporco di sangue tra le nuvole macchiandole del mio colore, raggiungere la luce, valicare il confine dell'ignoto, trafiggere il cielo e raggiungere infine il punto massimo celeste, già pronto ad accogliermi.
Riprenderò la corona.
Salirò in alto, di nuovo, verso l'empireo e ne riacquisirò il comando, gestirò quel regno e dominerò con la mia mano, sancendo ancestrali ordini inconfutabili dagli altri angeli, e vedrò mio padre cadere verso il luogo che gli spetta.
Mi riprenderò ... ogni cosa.
La mia vita.
La mia casa.
La mia volontà.
Il mio regno, nuovamente nelle mie mani.
Ormai è solo questione di ore, prima che gli occhi del grande comandante vengano chiusi per sempre, portandosi con se nella bara i suoi segreti lasciandomi solo a gestire il rimanente, con ottime carte da poter giocare.
[Dovrebbe esserci un GIF o un video qui. Aggiorna l'app ora per vederlo.]
Emperor's New Clothes
Panic!At the disco
Finders keepers, losers weepers
Chi trova tiene, chi perde piange
Welcome to the end of eras
Benvenuto alla fine delle ere
Ice has melted back to life
Il ghiaccio sciolto torna in vita
Done my time and served my sentence
Ho saldato il mio debito e scontato la mia condanna
Dress me up and watch me die
Vestitemi e guardatemi morire
If it feels good, tastes good
Se fa bene ed ha un buon sapore
It must be mine
Deve essere mio
Dynasty decapitated
Dinastia decapitata
You just might see a ghost tonight
Potresti vedere un fantasma stanotte
And if you don't know now you know
E se non lo sapete ora lo sapete
I'm taking back the crown
Riprenderò la corona
I'm all dressed up and naked
Sono tutto vestito e nudo
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
The crown...
La corona...
So close I can taste it
Così vicina che posso assaporarla
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
Sycophants on velvet sofas
Adulatori su divani di velluto
Lavish mansions, vintage wine
Sontuosi palazzi, vino d'annata
I am so much more than Royal
Io sono molto più di un Reale
Snatch your chain and mace your eyes
Afferra la tua catena e accecati
If it feels good, tastes good
Se fa bene ed ha un buon sapore
It must be mine
Deve essere mio
Heroes always get remembered
Gli eroi vengono sempre ricordati
But you know legends never die
Ma sai, le leggende non muoiono mai
And if you don't know now you know
E se non lo sapete ora lo sapete
I'm taking back the crown
Riprenderò la corona
I'm all dressed up and naked
Sono tutto vestito e nudo
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
The crown...
La corona...
So close I can taste it
Così vicina che posso assaporarla
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
Mortal kings are ruling castles
Re mortali dominano i castelli
Welcome to my world of fun
Benvenuti nel mio mondo del divertimento
Liars settle into sockets
I bugiardi si abituano alle prese della corrente
Flip the switch and watch them run
Premi l'interruttore e guardali scappare
Oh yeah
Oh si
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
I'm taking back back, taking back back the crown
Riprenderò, riprenderò la corona
I'm all dressed up and naked
Sono tutto vestito e nudo
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
The crown...
La corona...
So close I can taste it
Così vicina che posso assaporarla
I see what's mine and take it
Vedo quello che è mio e lo prendo
(Finders keepers, losers weepers)
(Chi trova tiene, chi perde piange)
Oh yeah
Oh si
Finders keepers, losers weepers
Chi trova tiene, chi perde piange
Finders keepers, losers weepers
Chi trova tiene, chi perde piange
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