56-Una lezione da impartire

P.O.V.
William

Godo delle sue urla di dolore mentre nel resto della casa serpeggia la preoccupazione.

<Avanti, forza! Portatemi degli stracci puliti e una bacinella con dell'acqua calda, un bisturi e qualcosa con cui afferrare il proiettile. Veloci!>, urla la voce preoccupata di Monty sopra il corpo, steso sul tavolo della sala, di mio padre mentre urla e perde sangue.

La sua mano ormai è intinta di rosso mentre preme, per salvarsi in una strada di puro egoismo, sulla ferita a quanto pare nemmeno troppo profonda.

<Si può sapere che vuoi fare, William? Te ne starai lì impalato?>, domanda quindi sempre la snervante ed ogni presente voce di Monty al di sotto di quei comici occhiali.

<Proprio così. Sono stato attirato dalle grida ed ero venuto a vedere quanto il capo famiglia stesse male: sinceramente, pensavo peggio. Quindi ... direi che è ora di andarmene>, commento, ritrovando la presa persa con la sigaretta ed aspirandone avaro il fumo.

Monty mi osserva con sdegno prima di tornare alle sue operazione di salvataggio ma sinceramente me ne frego della sua opinione, avendo una situazione ben più grave da dover sistemare.

So anche già dove trovarla.
Le stanze per quell'uccellino in gabbia sono divenute veramente poche.

Dafne sta curando i fiori del soggiorno, al piano superiore. È voltata di schiena, ed ha i capelli raccolti, un paio di pantaloni stretti con sopra un maglione particolarmente largo che mi fa venir voglia di nasconderci le mani dentro ma non posso farlo, non ancora, direi ... che in base alla risposta che mi offre posso concederglielo ma che per ora mi basta riassaporare il suo profumo tramite quest'abbraccio che le strappo, braccando su di lei da dietro e provocandole una risata, mentre sprofondo il naso contro il suo collo.

<Che fai?>

<Non lo vedi? Mi occupo dei fiori!>, mi fa notare, sollevando il secchiello in una mano, poi torna a farsi seria. <Ho sentito delle urla poco fa>

<Come di un cane che latrava?>

<Era tuo padre?>

Però ... l'angelo mi conosce proprio bene.

<Si era lui>

<Che gli è successo?>

<Ha ricevuto un colpo di pistola>

Il suo silenzio mi da da pensare. <Sei stato tu a farlo?>, mi chiede infatti, ed io mi avvicino al suo orecchio per poterle rivelare la verità.

<Se così fosse ... allora non avrei mancato il colpo>, faccio notare e alle mie parole, inevitabilmente, Dafne rabbrividisce, portandomi alla questione da prendere in analisi.

<Come stava Alhena?>

<Alhena?>

<Ho saputo che sei andata da lei due giorni fa>
E quindi da lui, ovviamente.

<Stava bene, l'ho portata a fare una corsa>

<Ed eri da sola?>

<Che intendi?>

<C'era qualcuno al maneggio con te?>, le domando più specificatamente e grazie al cielo Dafne ha capito una cosa molto importante: non bisogna mentirmi, mai, principalmente perché odio le bugie ma anche perché conosco quasi sempre la verità delle azioni, quindi sarebbe inutile storcerla in qualsiasi modo.

<C'era Ian>

<E avete parlato?>

<Si>

Si? Si.

Questo non avrebbe dovuto farlo, ma si sa, una ragazza tanto cocciuta non può arrivare ad apprendere tutto, nonostante siano passati anni. Tenta comunque di imporre il proprio volere su quello degli altri anche se gli altri, desiderosi come sono di vederla star bene, la mettono in guardia da una possibile minaccia, come quella rappresentata dal giovane Ian, novizio della nostra banda.

<Che cosa ti ha detto?>

<Abbiamo parlato della gara>

<E?>

<E niente, mi ha detto che secondo lui Alhena non poteva vincere>

<E questo ti ha ferito?>

Le parole di Ian hanno qualche peso per te?

<No. So quanto vale la mia cavalla>

Una buona risposta.
Ma non può essere la totale verità.

<E vuoi dimostrarlo?>

<Tuo padre mi ha impedito di gareggiare>

<Ma tu puoi fare sempre quello che vuoi, non è vero?>, le chiedo, facendo scorrere finalmente le mani al di sotto della maglia come tanto desideravo fare, scoprendo con piacere la totale assenza di reggiseno e il contatto diretto con la sua pelle. Le pizzico entrambi i capezzoli da dietro e la bella geme, posa la testa sulla mia spalla.
Tenta di resistermi, ma è quanto ci sia di più vano, non può farlo, perché lei è mia come inevitabilmente io sono suo.

<Riesci sempre ad ottenere ciò che vuoi. Hai avuto me, un posto in questa casa, l'attenzione di mio padre, il rispetto del personale. Hai tutto quello che vuoi perché vieni considerata una persona buona>

Scendo con una delle mani, afferrando la zip dei suoi jeans e facendola scendere.

<Will ti prego ...>

<Ma se veramente sei una persona buona>, parto nel domandarle, finendo con le dita contro le pieghe del suo sesso, dentro di esso, mentre lei espira l'ultimo fiato. <Allora perché mi ami tanto? Perché desideri un uomo come me?>

E lo fa. Dannatamente tanto. Dafne è bagnata fin nel profondo tanto da farmi desiderare di possederla, come non mi limito più a fare.

Con l'altra mano faccio scendere i jeans lungo le cosce, e lei prova invano a fermarle.

<No ...>

<Non devi rispondere, so la verità>

<Will ... la porta è aperta, potrebbero vederci>

<Sei eccitata anche per questo, Angelo>, le faccio notare, arrivando a farle posare i fianchi contro lo schienale di una poltrona imbottita e voltare all'opposto nostro, in direzione del caminetto.
La posa la fa piegare, permettendomi di far scorrere le dita dentro lei, esponendo il suo fantastico e pallido sedere alla mia più totale mercé.

<Mi desideri Dafne, perché sei proprio come me, una donna senza scrupoli, guidata dalle proprie voglie ...>

<William ti prego, il personale, tuo padre...>

Non mi importa niente di entrambi. Voglio lei. E non desidero negarmela.

Tiro fuori il cazzo già pronto per affondare dentro il suo corpo, accarezzandolo con un'unico gesto per permettere e concedere al tempo il compito di torturarla.

Poi mi piego su di lei.

Finisco dentro di lei ed è una sensazione celestiale.

Prova a ritrarsi, e non glielo consento.
Deve prendermi tutto, senza provare a fuggire.

Affondo fino a l'elsa suscitando un suo grido soffocato, mentre al piano di sotto mio padre da gran voce al suo dolore, aggiungendo piacere a questa situazione già di per se perfetta.

Mi ritraggo e sprofondo ancora, godendomi il modo con cui il suo corpo ha imparato ad accogliermi.

Ancora ed ancora.

Ad un tratto la sculaccio, giusto per vedere l'impronta del mio palmo sulla sua natica, in un gesto di marcato possesso, e di denigrazione per lei da essere adorabile.

<Will ... mi stai facendo male>, mi dice perché d'un tratto ho velocizzato il ritmo, ben consapevole delle conseguenze, e notando quanto nonostante le sue parole il suo corpo si bagni maggiormente lasciandomi avvicinare al delirio più totale.

<Non è niente di più di quanto tu non faccia a me, quando parli con un altro>, le dico, e fatto ciò sprofondo con un colpo ancora più in basso, nel profondo, accentuando la mossa con un'altra inevitabile sculacciata, per poi metterle un dito nell'ano.

<No. No!>

<Oh si, eccome>

<Will, ti prego, non gli ho parlato>

<Allora cosa avete fatto?>

<Niente>

Niente non poteva essere vero.

Esco di colpo da lei e sprofondo con il mio membro nel piccolo buco tra le sue natiche, provocando a entrambi del dolore, leggero da parte mia, molto più intenso dalla sua. Dafne grida lacerata, ed immagino di vedere persino le sue lacrime, anche se non è la prima volta che la punisco così. Ormai dovrebbe sapere come posso arrivare a farlo.

Senza alcuna pietà o tantomeno amore.
Solo possesso. Forza. Direi ardore, che è quello che le sue azioni mi portano sempre a manifestare.

<Will ...>

<Si?>, la beffeggio muovendomi con forza dentro di lei nonostante riesca a percepire le sue contrazioni, il modo con cui non vuole accogliermi, mandandomi via.

<Ti prego basta>

<No, finché non sarò venuto>

Senza lasciarti lo stesso beneficio, perché per stavolta, Angelo, non lo meriti affatto.

Sprofondo ancora, mi ritraggo, godendomi a pieno il rapporto e poi d'improvviso il piacere si avvicina, portandomi a chiudere gli occhi.

Lampi di luce si interfacciano nel buio dato dalle palpebre, mio padre al piano di sotto grida di dolore, Dafne supplica il mio nome, affinché smetta, ed io vengo, stringendomi con forza ai suoi fianchi da dietro vengo, dentro di lei, dentro il suo minuscolo e tentatore corpo, imponendomi sopra ogni cosa e su di lei, riprendendomi anche il suo cuore, per quanto tenti sempre in tutti i modi di non donarmelo.

Esco e la vedo rabbrividire. Lasciata la presa cade a terra, sfinita, ed io la abbandono così, mezza svestita ma con una lezione impartita.

Non dovrà più arrivare a parlargli.

Altrimenti potrei fare molto peggio e lei non dovrebbe rischiare, non sapendo di cosa sia realmente capace, anche se inizia a farsene un'idea dal tempo prezioso passato insieme.

P.O.V.
Nicole

Sono passate delle ore ma finalmente, come aveva previsto Nicolas, Megan riesce ad uscire dalla sala operatoria.
È particolarmente bianca ed ha il viso scavato più del solito, a causa della stanchezza.
Lo stress per lei deve essere stato troppo, persino noi veleggiamo sulle spinte ma ora è il momento di dirci cosa è successo là dentro ed informarci delle novità.

<Hanno finito?>

<Non ancora, ma non mi hanno permesso di restare>, e a quella risposta io, Nicolas e Joseph ci scambiamo una veloce occhiata.

Celine è ancora seduta e come noi sta ascoltando le parole di Megan, al centro del nostro cerchio stazionario intorno a lei, mentre Ian e Kevin ancora non ci hanno raggiunto.

<Ma come ti sembrava la situazione?>

<Sotto ... sotto controllo>

<Ti va di sederti Megan?>

<Mi gira la testa>

<Ci credo ragazza>, confesso, correndo per metterla a sedere prima di vederla cadere a terra. <Ci credo>

Gli occhi cadono sul nastro di carta al braccio, a contenere la morbida presenza di cotone, il buco del prelievo al di sotto ed io sorrido di fronte all'ennesima prova d'amore che quei due sono stati portati a esprimere.

<Dove è Ian?>

<È uscito un attimo, torna subito>

<Voi state tutti bene?>, domanda presa dall'angoscia e noi altro non possiamo fare che annuire, lentamente.

<Certo, Meg, non preoccuparti>

Accarezzo la sua mano con amore per i minuti che passano poi il dottore supera le porte di quell'inferno da cui attendiamo risposta, togliendosi la tuta e i guanti.

Il suo viso stanco fa stringere più forte le mani di Meg alle mie, mentre immobile osserva quell'uomo con lo stesso timore che si ha dinanzi ad un tremendo colpo, ma io sono pronta per sorreggerla, qualsiasi cosa possa accadere.

<Megan ...>, la chiama il dottore, imparatola a conoscere. Si approccia a lei con un sorriso dolce. <Caleb è stabile ma dovremmo fare dei controlli>

E a quelle parole il corpo della mia amica, come quello di tutti noi, Ian compreso affacciatosi sulla scena, si sgonfia come un palloncino, lasciando scivolare via l'aria nervosa.

<Posso vederlo?>, chiede lei, mettendo l'uomo in difficoltà.

<È ancora troppo presto, rimarrà incosciente per diverse ore>

<La prego>

Per istinto, in cerca di aiuto, il dottore si rivolge a me ma io sono troppo distante. Mi stringo nelle spalle, dicendo solo: <la prega>

E quindi l'uomo cede, annuendo distrattamente.

<Va bene, ti aspetto nella sua stanza>

<Arrivo dottore>

Sorridendo la vedo osservare la sua lenta uscita di scena poi rivolgersi verso di me con un sorriso da un orecchio all'altro.

<Lo sapevo. Lo sapevo!>

Io non ne ero troppo certa. Ma è sempre stata lei quella piena di speranze.

<Immagino tu ci voglia prendere casa in quella stanza>, il suo viso parla da solo. <E va bene allora farò un salto a casa tua e ti porterò un cambio di abiti. E anche qualcosa da mangiare. Devi aver fame dopo una trasfusione del genere>

<Nicole?>

<Si?>

<Fammi andare da lui>

Sorrido, arrendendomi. <E va bene, forza, vai>

Ma è ancora troppo presto. Una volta in piedi si dirige verso Ian dopo un'esitazione iniziale, dovendo giustificare in qualche modo le sue azioni.

<Ti aspetto dentro se vuoi>

Il viso di lui traspare, solo adesso, un certo scetticismo nei suoi confronti, una freddezza che prima la paura, la tensione, non gli aveva permesso di rivelare.

<Va bene>

Megan annuisce, come me, senza capire e poi si avvia verso la stanza designata, mentre io mi occupo di prendermi a carico il compito promesso, fino in fondo.

<Joseph? Mi accompagni? Pensavo di salire anche da Caleb tanto che c'ero e portare anche a lui nuovi vestiti, per quando si sveglierà>

<Ma certo, andiamo>

Afferro la mano che mi tende e lanciando uno sguardo verso Nicolas mi assicuro che spetti a lui il compito di rimanere con Celine e Kevin in questo primo turno in ospedale.

P.O.V.
Nicolas

I due innamorati, tranquillizzati dalla situazione, non smetto di farsi gli occhi dolci, arrivando a infastidirmi.

<Ma insomma!! Mi dite da quanto non vi vedete? Due giorni? Prima non eravate nemmeno così>, esclamo a un certo punto, ma la mia rabbia non riesce a produrre altro fine che non sia farli divertire.

<Sei un po' irascibile>, nota Kevin, quasi come un'attento terapeuta.

<È perché gli ho detto quello che hai detto a me>

<Davvero? Lo sa?>

<Certo che lo so! Adesso volete smetterla per un secondo di farvi gli occhi dolci?>

Forse lo domando con un fine di speranza ma direi che è totalmente inutile visto lo sguardo che poi Kevin ci tiene a rivolgermi.

<Penso che la continuerò ancora per un po'>, mi fa sapere, prima di ritornare come un avvoltoio sulla sua donna.

Ma certo, passato il periodo Caleb in rischio di vita ora sono tutti più tranquilli! Come se non avessimo altri problemi a cui pensare!

Eppure a quanto pare pure la mia cura è venuta a farmi visita, lasciandomi dipingere un sorriso idiota, e del tutto non calcolato, in viso come un perfetto imbecille. Tra i baci alla sua dama a Kev non sfugge questo particolare dunque si slancia in un'istinto di curiosità non appena Lorelan si avvicina a noi, guardando ovviamente solo me.

<Come sapevi dove trovarmi?>, le domando, ricordando di non aver emesso il nome dell'ospedale al seguito della mia chiamata.

Anzi di essermene andato proprio come un perfetto barbaro, con poco più di tre parole.

<Mi dispiace per come ti ho lasciata, non dovevo>

<Non preoccuparti, un tuo amico era ricoverato, lo capisco>, mi dice in un mezzo sorriso ed io non potrei essere più fiero di lei.

Noto che i miei due amici ci studiano con interesse, quasi assumendo la stessa posa complice.
Sospiro di frustrazione, essendomi dimenticato per un solo momento di loro due.

<Non ce la presenti, Nicolas?>

E chi altro lo poteva chiedere se non Celine? Mentre Kevin continua a osservare tutto troppo divertito, ben consapevole di non avermi mai visto fare questi occhi dolci a una donna.

Ma forse la cosa può andare a mio vantaggio, perché avanzo con le presentazioni.

<Ma certo, Lorelan loro sono Kevin e Celine, stanno insieme. Kevin e Celine, Lorelan, la mia ragazza>

E provo davvero un insano piacere nel dirlo.

Lei si volta nella mia direzione, colta per un attimo dalla sorpresa ma non lo deve essere.
Mi ha detto che la marco stretto: lo faccio eccome e me ne vanto, fossimo per lei avremmo finito di conoscerci in quello stesso locale dove ordinava Martini, in una liquidazione di gesti formali che mi avrebbe dato la nausea.

<Il piacere è tutto nostro Lorelan>, parla tranquillo e malizioso Kevin, alzandosi in piedi per tenderle la mano seguito dalla sua ragazza.
La mia fata ricambia, per poi osservare me con sguardo colpevole.

<Non ho portato dei fiori>

<Ci penserà Megan a farlo!>, commenta Kevin, e Lorelan a quel nome pare perdersi per un attimo.

<Megan?>

<Certo, la nostra amica. Ora non c'è, è entrata dentro un attimo e tra poco anche Ian la raggiunge. Eccolo lì, Ian!>

Celine indica al richiamato in causa di avvicinarsi in modo tale da farsi conoscere.
A quanto pare non è ancora andato via a causa del lavoro, starà aspettando di rivedere Caleb svegliarsi, per cui lo troviamo ancora qui, che ci viene incontro.

<Ian, questa è la ragazza di Nicolas, Lorelan>, continua con le presentazioni Celine, e Ian lentamente, dopo un attimo, tende la mano.

<Piacere di conoscerti>

<Piacere mio>, sussurra Lorelan, a voce bassa.

Che cosa succede qui?

Osservo l'uno, poi l'altro.
Lorelan ha gli occhi bassi, fissi a terra, mentre Ian appare strano, distaccato.
Il timore che si fossero già conosciuti balena per un attimo nella mia testa, ma lo dimentico presto, giustificando questa situazione come evento strano, quale è. Caleb sta male, è naturale che Ian sia preoccupato per lui. Per quanto riguarda Lorelan invece può essere semplice approccio a un ragazzo single che non conosce. Non siamo nel suo locale, fuori può provare ancora più disagio, riesco a crederlo.
Infondo Kevin sta con Celine, e a lei non è ancora passata la paura degli uomini.
Tutto ha un senso quindi lascio correre.

<Manca solo Megan>, nota tranquilla poco dopo.

<Ti accompagno da lei se vuoi, così te la presento>, avanza richiesta Ian.

<Ti sta bene Nicolas?>

<Ma certo, ti aspetto qui>

Può pure arrivare a conoscere tutti i miei amici, non è certo un problema. In quella stanza non si può entrare in troppi, sarà questione di minuti.
Dopo la porterò a prendere un caffè fuori, in segno di scuse per quel mio abbandono forzato al parco.

Assieme a Ian la vedo quindi raggiungere la stanza di Caleb dove li attende Megan, lasciandomi nuovamente solo con questi due, che ora più che mai indossano in viso uno sguardo furbo, divertito dalla mia doppia faccia.

<Carina la ragazza>, mi beffeggia infatti Kevin, ferito nell'orgoglio per essere stato rimproverato di aver fatto gli occhi dolci alla sua Morisot.

<Ahh, ma piantala!>

P.O.V
Ian

Lascio prendere al silenzio lo spazio richiesto per poterci garantire la distanza assoluta, per quanto relativa, dal mio gruppo di amici, al fine di non lasciare udire quello che le sto per chiedere.

<Che cosa ci fai qui Lorelan?>

Come puoi trovarti in questo ospedale nel mezzo di un simile casino?

<Sono venuta per Nicolas, non sapevo vi conosceste, o che ci fosse anche ... Megan>

Come poteva anche solo pensarlo?
Ci aveva visto in situazioni differenti.
Aveva da poco scoperto che io e Megan ci conosciamo ed ora è entrata nelle nostre vite affiancata da Nicolas.
Un'altra persona con la quale mantenere l'ennesimo segreto, in grado di farci soffocare.

<Ascoltami, visto che sei qui devo parlarti ti devo parlare di una cosa. Il nostro amico era ... senza assistenza medica dunque ho dovuto pagargli io le cure, e questo ha apportato un duro colpo ai soldi che avevo messo da parte. Ci vorrà più tempo del previsto per liberarti>

Nel confessarlo la vergogna mi fa sentire terribilmente in colpa, come quella lieve espressione triste che sono certo non mi avrebbe voluto rivelare.

Conosce Nicolas, sta insieme a lui.
Saremo una famiglia, si unirà a noi al Brunett vivendo costantemente però sotto il mio degradante controllo, che non posso liberarla dall'avere.

Magari sperava di scappare via con i soldi di Richard che avrei offerto, ottenere la libertà e vivere una vita felice in compagnia di Nicolas ma purtroppo per adesso tutto ciò non le può venire permesso.

Ed inevitabilmente mi fa male.

<Va bene, non preoccuparti io ... lo capisco. Troverò un modo>

Attraverso la prostituzione, dalla quale avrei voluto portarla via.

<Ci riusciremo Lorelan, te lo prometto>

Annuisce, forse riesce a credermi, spero vivamente possa farlo.
Poco dopo apro la porta trovando Megan seduta accanto al letto di Caleb. Non percepisce subito il rumore del nostro ingresso, ma quando ci riesce si volta stupita, trovandola.

Poi tenta in tutti i modi di nascondermelo, ma non dovrebbe proprio perché conosco il casino in cui si è messa. Non mi può mentire.

<Ciao!>

<Ciao, io ... sono Lorelan ... la ragazza di Nicolas, e conosco Ian>

<Sul serio?>
Riesce a perdere persino quelle poche tonalità acquisite in viso, chiudendosi in un cipiglio di attenzione.

<Si ... per puro caso, non sapevo si conoscessero tra loro> , corre a celarsi Lorelan dietro ulteriori spiegazioni.

<Il mondo sfortunatamente è troppo piccolo>

Il riferimento a Rachel non è velato.

Osservo il mio amico, steso su questo letto, l'espressione triste di Megan, la tensione di Lorelan e capisco che non è il momento adatto per poter parlare.
Ma ci sarà tempo per farlo, lo otterrò.

Non mi sfuggi Megan, ti obbligherò a smettere di giocare a questo patetico imbroglio, ti costringerò a farti da parte.

Il viso di Caleb è un monito, come la ferita al centro del suo petto.
Farò in modo che non accada a nessun altro, lo impedirò.

Dobbiamo uscirne vincenti, essere più furbi di Francis e lottare per non fare la sua stessa fine.

Io e Caleb insieme siamo più attenti, sempre.
La rabbia solo per un momento lo aveva accecato ma io non le permetterò di raggiungermi.
Giocherò con nuove e gelide carte e porterò a casa la vittoria ma solo dopo aver costretto Megan a ritirarsi dal tavolo.

<Torno tra un attimo, ho una chiamata da fare>, dico rivolto a entrambe per poi chiudere la porta vincolandole all'interno.

Permettendo loro un ultimo e inutile confronto oltre il quale non avranno modo di operare.
Rimarranno sotto la mia protezione, entrambe.
Per quanto il loro carattere le spinga ad impedirmelo, dimostrandosi come il più forte, sempre.

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