52- Dolci sorprese e soffici nuvole
P.O.V.
Nicolas
Ispeziono con un'occhiata l'ingresso del locale, prestando particolare attenzione all'alto energumeno a protezione della porta, quasi fosse una statua sacra di qualche tempo egizio.
Testa gli dico chi sono e cosa faccio.
Croce mi invento una balla colossale.
Che sia il fato a decidere la via migliore per farmi credere dal sospetto fattosi persona, lancio la mia monetina argentea da collezione in aria per poi afferrarla dopo quel breve slancio pirotecnico, invertendo sottosopra il risultato, una volta rimasto nel mio palmo.
Sorrido pensando a quanto gli dei amino farsi beffa di me, e quindi avanzo tra le nuvole di fumo e calori emessi dai soffioni esterni al locale, arrivando fino al colosso al quale sorrido divertito.
<Buonaseraa>, proclamo in una cantilena come farebbe la persona più felice a questo mondo e se solo mi lasciasse passare potrei divenirlo sul serio, ma Hulk frena lo slancio dato dal mio entusiasmo.
<Salve>
Salve. Gran bel modo di apparire distaccato.
Come mi approccio? Vediamo ... Infastidisco? Faccio qualche battuta ironica e poi colpisco? Le capisce Hulk le battute? Forse è il caso di pensare ad altro, un piano di ingegno. Cosa posso essere, un fattorino? Il commerciante degli alcolici?
<Sono uno dei musicisti>
Come diavolo può essermi uscita? Di peggio non potevo fare, e lo crede bene pure Hulk osservandomi dall'alto del suo fastidio.
<E il tuo strumento?>
Giusta considerazione, un musicista, senza lo strumento, non suona.
<Beh è dentro?>
<E che ci fa dentro?>
E che ne so io? Sta dentro, fammi entrare.
Lorelan è dietro questo muro.
<Me ne sono dimenticato la scorsa notte>
<Eravamo chiusi la notte scorsa>
<Ma certo, intendevo quella prima>
Ed almeno che le puttane non abbiamo dichiarato uno sciopero nazionale si spera che almeno il SaPlaya un giorno all'anno resti aperto e venga incontro alla mia fortuna.
<Vedi di non infastidire il personale, stanno ancora facendo le pulizie>
<Ma certo, suonerò giusto un poco, per esercitarmi>
<Esercitarti?>
<Ma certo>
<Nessuno si aspetta che tu faccia la nona di Beethoven, vedi di non creare troppi guai>
Non volevano la nona, ma di sicuro qualche musica di tango la pretendevano.
<Certo, vedrò di stare attento>
Ora Hulk per favore mi lasci passare?
Probabilmente mi legge nel pensiero, o è solamente stufo, ma eccolo che si sposta di lato, permettendo il mio ingresso una buona volta.
C'è da dire che una cena a due con una ragazza, specie quella in questione, o lo scambio delle nostre proficue chiacchere, non mi era mai tornato più utile: chi poteva immaginare che in un posto del genere, un bordello di alta classe, venisse richiesta musica dal vivo? Non erano sufficienti le casse, un Dj abbastanza esperto o che so io una base quantomeno decente? No, musica dal vivo, e solitamente emessa dalle flebili dita di quei poveri musicisti non abbastanza bravi da entrare alla Scala, specificatamente richiesti dal nostro signore di gran classe, il signorino William Lee.
Come se la classe si potesse guidicare da certi modi, mah.
Si tratta sempre di prostituzione ed io la detesto, questa specie di aberrante schiavitù che lega persino le mani della mia malinconica.
A proposito dove si trova? Sono alla sua ricerca da diversi minuti ma ancora non riesco a vederla in giro.
<Ehi! Non è un po' troppo presto per le entrate?>, mi chiede il ragazzo dietro al bancone degli alcolici, intento a pulire un calice di vetro vuoto con un panno bianco.
<Sono il musicista della serata>
<Sul serio? Non ti avevo mai visto, prego, accomodati. Mi chiamo Joffrey>
Dovrei dire il mio nome? E perché no, lo sguardo vigile di William non può controllare sempre tutto, ed inoltre Lorelan non mente, quindi ...
<Nicolas, piacere mio>
<Che ti prendi, Nicolas? Ti avverto solo che il whisky è riservato per persone importanti, quindi proprietà privata!>
Mi immagino il tipo di persone, ed inoltre il whisky l'ho sempre detestato, dunque mi serva ciò che vuole!
<Ti lascio carta bianca>
<Non te ne pentiraii>, cantilena posando il bicchiere che poco prima aveva monopolizzato le sue cure, occupandosi subito dopo della creazione relativa al mio ordine.
Immagino che la sua richiesta provenga solo dalla pura passione che ha per il lavoro, e che mi porta a confermare ciò che già so di lui: viene considerato il confidente del locale dalle ragazze, testa e prova tutti i nuovi arrivati, dunque io dovrei essere uno di loro, ma al contrario dei precedenti uomini che in passato si sono seduti sul mio stesso sgabello sono al corrente dell'indagine, e già a conoscenza dei trucchi per sviarla, anche se non le presto attenzione.
Sono ancora direzionato con gli occhi verso il rosso scuro della sala, specie in direzione della scalinata dalla quale si manifestano le ragazze, quella attigua immaginariamente ai loro camerini nei quali si preparano per la serata.
<Cerchi qualcuno in particolare?>, mi domanda Joffrey, avendo, immagino, seguito la stessa direzione del mio sguardo.
<E' così>
<Chi è lei?>
<Una ragazza incredibilmente triste, che sto provando a far sorridere>
<Ci sono molte ragazze tristi tra di noi, non limitarti alle apparenze. Sono le migliori attrici che io conosca, questo posso garantirlo>
<Le conosci tutte?>
<Una ad una>
<E sai dirmi quale di loro abbia il cuore più puro?>
<Sei un'amante della purezza? Nonostante la fama del locale sappi che qui la vendiamo>, confessa sporgendosi nella mia direzione come il peggiore dei commercianti, pronto a trafficare in desideri.
<Voglio solo avere una riprova di quello che credo. Sto cercando una ragazza, dal cuore puro ed uno sguardo da malinconica che tento sempre di scacciarle via. E' bella come una perla rara, ed elegante, in modo del tutto naturale>
<Parli della nostra principessa triste, non c'è dubbio>, sorrido a quella affermazione vedendo il barman rialzarsi, posandosi lo straccio su una spalla. <Il suo nome è Lorelan ma devi sapere che come donna non si concede a tutti, al massimo ti può privilegiare con le sole chiacchere. Fino ad ora non ha offerto niente di più, ai clienti interni al locale o a qualsiasi altro uomo che tentasse di approcciarla fuori>
Il cuore mi scoppia all'interno del petto, smosso da uno strano moto di pura felicità. La mia Lorelan è una principessa che non si concede, non a gente del genere, non a tutti. Che cosa ne pensa di me? Sono il suo tipo? Le piace che tenti di farla ridere? Abbiamo passato una perfetta serata dopo il nostro volo sotto la pioggia. Il ristornate era fantastico ma lei era particolarmente bella dinanzi alla flebile luce di candela posta tra di noi.
Muoveva la testa facendo scivolare sulla schiena i suoi dolci capelli, ed il gesto per tutta la sera le aveva scoperto il collo nel parlare, attirando inevitabilmente il mio sguardo, attraendomi tanto quanto sono state in grado di fare le sue parole, aderenti e corrosive, in grado di bruciare qualsiasi altro pensiero rimastomi in testa.
<Temo proprio che sia lei>
<Allora ti sei cacciato in un dolce guaio. Ma lei è la migliore. A quanto pare però tu sembri conoscerla, sicuro di essere un musicista?>
<Ho mentito per poter entrare>, confesso, tanto da farlo ridere di una gioia sincera.
<Ne sarà contenta, ecco a te>
Con due dita ferme sulla base scorre il mio cocktail dentro un alto calice, facendomi saggiare il suo grado alcolico ... e non avendo di che lamentarmi, sotto il suo sguardo indagatore, posso arrivare ad immaginare di aver superato il suo importante test di prova. La gola mi brucia, ma è una piacevole abrasione posato il bicchiere sul bancone, mi rende svegli i sensi e particolarmente spediti i pensieri, fin troppo nervosi di essere stati introdotti in un posto del genere senza essere stati consultati.
<E' bellissima, non trovi?>, gli domando, pensando ancora al sorriso della fata.
<E' così, lei è speciale>
<Chi è speciale?> E la domanda non può venire che dalla sua voce, bella, calda, incredibilmente gentile, dunque mi volto verso il suo richiamo trovandola, e scorgendo a chiaro viso la sua sorpresa nel vedermi qui.
Per poco non rischio un attacco cardiaco.
Non è vestita, direi anzi è quanto più vicina alla nudità e alla sensualità possa esistere nonostante non sfoggi unicamente l'intimo ma uno dei suoi vestiti lunghi che tanto le piace portare, eppure, nonostante i centimetri di stoffa, il fiato viene a mancarmi come qualsiasi altra capacità cognitiva, nell'esatto momento.
Non è un vestito, ma una trappola, e lei sfoggia maledettamente bene la mia morte, nel nero tessuto della stoffa che le accarezza, cingendole alla perfezione, le curve ed aprendosi su entrambi i lati delle gambe lasciando intravedere il reggicalze e quel dolce spazio tra la grammatura fine, scura, e lo slip, scoprendo la nuda pelle visibile già dal vertiginoso scollo al seno, che corre sempre più giù quasi sopra l'ombelico, con un taglio a V in grado di far correre più veloce il sangue all'interno delle arterie, mandandomi in confusione la testa, subito dopo il cuore.
<Bel vestito>, commento, perso nella mia tachicardia.
<Che cosa ci fai qui?>
<Ti sei dimenticata di avermi detto dove lavori?>
<Nicolas non puoi restare>
<Perché?>
I suoi occhi si alzano in direzione del vetro di una stanza sospesa, sopra di noi, come la sala di proiezione di una pellicola all'interno del cinema, e forse, in questo caso, il paragone ne sintetizza anche il fondamentale scopo.
<Perché ho paura>, confessa con i suoi occhi dolci più del miele, ma a me non importa, avendo intravisto anche la sua felicità. Non posso non credere che sia felice di vedermi, almeno quanto lo sono io.
E' scattato qualcosa tra di noi e da quel giorno non sono più lo stesso.
Vorrei tanto avere qualche certezza da parte sua ma lei esita a darmene, per cui sono sempre io a offrirle, non mi perdo nel farlo, per quanto continui a desiderare molto di più da quella sua bella bocca.
<Non mi muovo da qui ormai>, esordisco con audacia, e poi mi sporgo un poco di più per parlare a lei soltanto: <volevo vederti>
Ti prego ... non mandarmi via dopo che ho lottato tanto.
Gli occhi di lei si perdono all'interno del nostro contatto.
Quello che prova la destabilizza, lo vedo, lo capisco, perché per me vale lo stesso, eppure deve capire che è ancora più bello lasciarsi andare, godere della corrente del mare facendosi trascinare alle sue onde, in un maniera totale, nostra.
Chiudi gli occhi sirena, lasciati andare. Rendi il tuo corpo immobile scoglio contro cui far infrangere le onde, goditi il mare, il sole, le mie mani che non ti abbandonano e ti sorreggono, affinchè tu non possa andare troppo lontano.
<Joffrey ...>, chiede lei in una supplica allontanando la sua attenzione, e alle mie spalle immagino il mio nuovo amico sorridere.
<Andate, vi copro io>
Mi mordo un labbro usando la sua distrazione per poter osservare ancora più da vicino cosa questo vestito mi offre, prima di venir afferrato per una mano dalla sua, debole e fredda, ed essere trascinato all'interno di uno dei prive a piano terra con tanto di tende divisorie oscuranti, una porta, un tavolo rotondo e delle poltrone alla vista imbottite.
Lorelan chiude il portone e tira le tende, per evitare a chiunque di vederci attraverso l'oblò bucato dell'infisso, curiosa trovata, vincolandoci all'interno di questo spazio microscopico con una luce blu scura, altamente, elevatamente ... eccitante.
<Si può sapere che genere di ragazzo sei?>
<Che intendi?>, domando affatto turbato dal suono agitato della sua voce.
<Non mi aspettavo di vederti qui, noi ... abbiamo scherzato, abbiamo riso, mi hai fatto sentire una ragazza normale>
<Sei una ragazza normale>
<No non lo sono, sono una prostituta>
<Sei una ragazza normale, bellissima, e di piacevole compagnia. Ho passato un'ottima serata la scorsa notte, pure tu?>
E' dolce come riesce a perdersi in ogni mio discorso, sembra privarsi completamente delle parole o dei sentimenti prepotentemente proposti, appena poco prima, e mi piace dannatamente tanto questo controllo che sento di avere, e che desidero sfruttare per quanto ami essere pure una vittima, in mano sua.
<Si ...>, quasi geme, vinta dall'imbarazzo, ed io sorrido con il cuore che ancora mi batte a mille. <Non avrei voluto tu mi vedessi così>
<Io invece sono contento di averlo fatto, perché volevi nascondermi un vestito tanto sexy?>
<Nicolas ... >, mi beffeggia in un sorriso, ed io la ricambio.
<Te lo ripeto, non sono affatto dispiaciuto>
<Qui dentro sono debole, e oppressa>
<Sei forte invece, e lo pensa pure Joffrey, per quanto come me ti consideri triste>
<Quanto hai parlato con quel pavone?>
<Abbastanza da scoprire una cosa importante ...>
Il suo viso sbianca, forse dalla paura, e si ricopre di una lieve tensione che per qualche momento ignoro, deciso a proseguire.
<Che cosa?>, chiede mentre io avanzo sempre di più, arrivando ancora più vicino a lei sfiorandole una guancia. Me lo lascia fare, continuando a guardarmi in un modo, al centro degli occhi ... che se solo avessi meno forza di volontà mi obbligherebbe a baciarla.
<Tu non ti concedi, malinconica. Con gli uomini sei solita parlare solo. Si tratta di una specie di fobia verso il nostro sesso o c'è dell'altro?>
<Brutte esperienze>
<Sai, potrei aiutarti ad esorcizzarle>
<In che modo?>
<Qualsiasi tu voglia>
Sono sincero, mi andrebbe bene qualunque cosa.
La mia risposta le fa tornare l'allegria, ed io con un pollice traccio il confine delle sue labbra, trovandole arricciate.
<Sei arrogante, lo sai?>
<Fino ad ora sono stato solo accusato di essere un'infantile ragazzo solito a usare l'ironia come scudo per ogni cosa, e di costruire alti muri, quando non dovevo>
<Chi è stato a dirtelo?>
<La mia migliore amica>
<Ha un nome?>
<Nicole. Lei ti aveva previsto>
<Me?>, chiede confusa, arrivando ad indicarsi perfino ed io rido, stringendomi per un attimo un labbro tra i denti. Da quassù ho una vista niente male.
<Proprio così, mi aveva detto che sarebbe arrivata una donna in grado di buttare giù tutti quei muri>
<Non sono nemmeno abbastanza forte da fuggire da qui>
<Io dico che non si è sbagliata. Non vuoi credermi?> La malinconica scuote la testa, in direzione di un lento no. Un po' mi ferisce. <Perché?>
<Perché avremo un problema se lo faccio>
<Di che tipo?>
Tace per lunghi secondi, permettendomi di continuarla ad analizzare. <Potrei arrivare ad innamorarmi di te>
<Fai pure>
<L'avevo detto che sei arrogante>
<Lorelan ...>, afferro una sua mano e la posiziono al centro del mio petto prima che possa andarsene, proprio qui, sul mio cuore, facendole percepire il ritmo furioso con il quale batte. <Riesci a sentirlo? Non vuole saperne di rallentare da quando ti ha rivista>
<Patetico>, ci tiene a sbeffeggiarmi, e come darle torto.
<Giusto un po', ma è così>
Finalmente il clima di tensione tra noi due ha subito un dolce regresso, spinto quasi al confine della pace ed armonia, ed anche Lorelan lo percepisce poiché persino lei si mostra più tranquilla, ed incline a ricambiare le dolci carezze che sto offrendo al suo viso, arrivando ad accarezzarmi la pelle ancora coperta dalla stoffa della maglietta e mai come ora sono tentato di toglierla per gustarmi a pieno il suo calore, per quanto mi attirino ancora di più le sue labbra, al momento.
Sollevando gli occhi verso di me, la mia piccola e tentatrice fata passa entrambe le braccia oltre le mie spalle, arrivando ad intrecciarle quindi dietro il mio collo, avvicinandosi sempre di più a me, con quel suo sguardo, poco più in basso che mi osserva come i peggiori dei demoni.
Seguo la linea del suo trucco al limite delle ciglia, su di esse, sopra le palpebre, meravigliandomi di quanto, aggiunto un poco di trucco, possa apparire perfetta come una dea vivente e irraggiungibile per un ragazzo come me, alto, con i jeans scuri in certi punti scoloriti dall'usura, la maglietta nera a maniche corte, qualche collana, i tatuaggi su entrambe le braccia, i capelli tagliati corti ma mossi e gli orecchini a entrambi i lobi.
Non mi riesce difficile credere che Hulk sia riuscito a scambiarmi per un musicista, sono sgangherato al pari loro mentre lei è così perfetta, di classe, elegante, nel suo fisico perfetto, nei tacchi alti e in questi abiti lunghi che per la prima volta mi fanno scorgere la perfezione delle sue bellissime gambe.
Ho pensieri poco casti. Quindi, se non vuole subire un attacco indesiderato, dovrebbe farsi da parte e retrocedere, perché sono assuefatto dai suoi occhi da gatta e dal suo profumo, tanto da avere un giramento di testa.
<Lorelan ...>
<Come sta adesso il tuo cuore?>
<Anche peggio di prima>
<Sul serio?>
<Non provocarmi così>
<Lo sai che non mi concedo>
<Lo so>
<Dovrai resistere>
Per poco non gemo osservandola avvicinarsi e parlarmi ad un centimetro dal viso. <Lo so>
<Sarai in grado di farlo?>
<Per quanto tempo?>
<Chi lo sa ... >
Resto fermo e perso nei suoi occhi, valutandone il rischio. <Si>, si, per lei vale la pena farlo.
<Si?>
<Non te lo aspettavi, malinconica?>
Farei per te questo ed altro. Ma ora per favore allontanati.
<Non mi piace molto che mi chiami così>
<Perché?>
<Mi dona un aspetto triste ed io in tua presenza non sono mai triste. Trova un nome nuovo>
<Non sono un genio con i soprannomi>
<Io però ti ho già dato il tuo ... arrogante ti va proprio a pennello>
Si, ma con lei sono un caleidoscopio di specchi colorati e sentimenti, e presto, da sola, riuscirà ad accorgersene.
<Vedrò cosa fare>
<Vorresti che ti baciassi?>
Dio, se lo vorrei. <Vorresti un bacio?>
<Sono io per prima che l'ho domandato>
<Mi piacerebbe, si>
<E se ti dicessi di aspettare?>
<Lo farò, ed anche tu>
<Che intendi dire?>
<Ti bacerò per primo, quando meno te lo aspetti>
Non ora, non qui, ma al sicuro. Lontano da questo peccaminoso vestito. Lontano dal centro della tua tristezza ma all'interno del nostro cuore, può andarti bene?
<Dici sul serio?>
<Sul serio>
<Credi di poterci riuscire? Non sono una ragazza che si sorprende con poco>
<Ci riuscirò, stanne certa>
<Va bene, dunque se è una promessa ...>
<Possiamo uscire di qui?>
<Non resisti più chiuso qui con me?>
La domanda non poteva essere più scontata. E la tentazione arriva a infrangersi come mare contro gli scogli sentendo le sue dita afferrare le mie collane, e poi correre per poco al centro del mio petto.
Solleva il capo, in attesa di una risposta da parte mia, ed io recupero il fiato.
<Usciamo ... ho detto alla guardia che sono uno dei musicisti, dovrò restare per l'intera sera e suonare>
<Che cosa?>, scoppia a ridere, appianando involontariamente un palmo sopra il mio pettorale destro, uccidendomi con poco.
<E' così ...>
<Sei pazzo ... sai almeno suonare qualcosa?>
Il mio viso parla da solo, la vedo scuotere il capo. Come ci si può aspettare che un ragazzo dei bassi fondi riesca a suonare uno strumento? E' già tanto abbia ricevuto la mia prima bicicletta come regalo di compleanno ai miei tredici anni, non ho certo avuto la gloria o tantomeno il desiderio di sapermi elogiare in pubblico attraverso un sottofondo di note.
<Ne ho la conferma. Sei pazzo>
<Si>, di te. Ma non lo dico perché risulterei senza dubbio troppo smielato e la mia ex malinconica, alias fata, adora prendermi in giro in più di un modo, quindi attendo per riuscire ad aprirle il mio cuore, al fine di garantire per la sua fragilità.
Ci sono un mondo di cose che ancora lei non sa su di me, oltre al mio desiderio di renderla felice, ma forse sapremo ricavarci il giusto tempo per condividerle.
<Andiamo di là?>, mi interroga sul da farsi, e la paura di poco fa è finita per rifugiarsi lontano, in un angolo, impaurita dalle nostre risate di comune allegria, e adesso trema, timorosa della propria estinzione. Vorrei dare il colpo di grazia a quel randagio gatto nero che ci minaccia di sfortuna ma sono troppo distratto e occupato per badarmene, dunque torno a lei, riuscendo ad avanzare un piano.
<Direi di si>
<Sarà una serata divertente>, proclama aprendo la porta, ed io convinto le sorrido, seguendo i suoi passi.
<Come non ne hai viste mai>
P.O.V.
William
A braccia conserte, in silenzio, osservo la pietosa scena che prende vita dinanzi ai miei occhi.
Mi trovo in un campo da caccia, insieme a Monty e mio padre, per un qualche motivo a me sconosciuto, vivendo in un vero e proprio incubo dal quale non mi riesce scappare.
<Hai portato anche i secondi fucili, Monty?>
<Si, signore, li ho lasciati nella sua auto parcheggiata>
<Molto bene>
Ciò di cui mi domando è il motivo insano che spinge Monty a parlare con una simile riverenza nei confronti di mio padre. Ormai sono certo del loro comune passato, addirittura della loro amicizia, dunque che cosa può rendere tanto servile un uomo da abbassarlo e condurlo alla stregua di un misero verme? Per quale genere di uomo, poi. Un assurdo bugiardo e manipolatore, gelida statua incurante dei bisogni, all'infuri dei suoi.
<Che cosa mi dici del ragazzo?>
<E' nella sua stanza d'hotel>
<E' controllato?>
<Giorno e notte>
<Ieri che ha fatto?>
<E' andato al maneggio signore, si è preoccupato dei cavalli. C'era anche Dafne con lui>
Al nome del mio angelo mi raggelo, ben consapevole della carogna della quale stanno parlando.
Mio padre è altresì sorpreso, abbassa l'arma fissando in un modo del tutto stupito il viso ancora assorto di Monty.
<Dafne? E che diavolo ci faceva lì?>
<Si occupava della giumenta, signore>
Ma certo, quella dannata cavalla che tanto ama.
E lui? Che cosa ha fatto? Le ha parlato? Di più? Ha tentato un approccio?
Le mie domande rimangono all'interno della mia testa ma ad ogni modo Monty risponde solo alle richieste del signor Lee, dunque è una fortuna che per una volta coincidano con le mie, avendo la situazione poco più distante dalla nostra stretta di mano.
<Che cosa hanno fatto?>
<Non lo sappiamo signore, immaginiamo che abbiano parlato, non ci sono telecamere interne al maneggio>
Che vengano messe, con un uomo di guardia, armato di un'arma, pronto a sparare.
<Preghiamo che non le abbia riempito la testa di idiozie>
<Pensavo di piacesse>, commento inserendo i proiettili in canna, mentre mio padre fa lo stesso, a testa china, accennando a un breve sorriso.
<Ma certo che mi piace, è un tipo sveglio>
<Dunque?>
<Voglio tenerlo sotto controllo, so bene il ragazzo che è. Un uomo del genere non si lascia comandare>
Al contrario tuo, pare dirmi, in un odio affatto celato e con cui sono sceso a patti, ormai da tempo.
<Vuoi che mi occupi di lui?>
<Non ce ne sarà bisogno, lascialo parlare. In fondo le parole non hanno mai ucciso nessuno giusto?>
No, ma hanno sempre dato inizio a una guerra, penso con fastidio, puntando il proiettile verso il cielo seguendo il volo di una rondine. Seguo il suo percorso, intercetto la sua metà, e poi a metà del volo faccio leva sul grilletto, sparando il mio colpo.
Il volatile cade a terra morto.
Mio padre mi fischia.
<Però ... a che distanza Monty?>
<Trentacinque metri>
<Niente male non avendo un obbiettivo a precisione>
<E' ciò che mi hai insegnato a fare, no?>
Domando, riprendendo la mira per tornare a colpire. Mai prima d'ora mi è stato donato altro, non da lui, dal suo strategico calcolo di funzione in grado di vedermi come una pura e semplice macchina.
Osservo il cielo, notando il movimento di uno stormo. Quella macchina nera è troppo lontana, ma so bene che vi sono altri, come loro, in attesa di congiungersi al gruppo.
A quaranta metri, ore dieci, due piccoli cuccioli abbandonano il nido su di un ramo tentando un breve volo. Non sono niente di speciale, oltre che semplici tacche. Affino quindi la vista, e nell'attimo in cui uno dei due si sovrappone all'altro colpisco, lasciando il proiettile passare nel corpo del primo, per poi raggiungere quello del secondo.
La coppia precipita al suolo ondeggiando debolmente, dopo aver emesso un ultimo respiro. Cadono a terra, e la spoglia foresta mi permette di capire che sono stati portati a farlo rimanendo vicini, l'uno steso al fianco dell'altro, in un emblema di morte che desidero più di tutta la gloria.
<Questo gioco mi ha stancato>, confesso, lanciando il fucile in direzione di Monty senza rimettere la sicura, ma lui con un gesto veloce lo afferra, nonostante la schermatura degli occhiali.
Studio i suoi riflessi, tentando di catalogarli, osservando anche il profilo di mio padre, voltato di lato, mentre punta verso quello stormo lontano, certo di venire protetto dal suo fedele servitore, pronto a impedirmi di attaccarlo.
Mostro le spalle a quei due folli collaboratori entrando nel cupo clima verde scuro della foresta, tentando di far luce sui vari indizi che sono riuscito a raccogliere.
P.O.V.
Megan
Con fierezza mi vanto del risultato, al fianco mia madre e le sue notti passate insonni.
<Sei bellissima Meredith, quando il tuo futuro marito ti vedrà gli mancherà il fiato>, esclama entusiasta mia madre, ed io non posso essere più d'accordo con lei. E' un incanto, di natura, e non solo grazie all'abito cucito, ed ha una dolcezza di futura madre, di perfetta donna, che tanto mi porta ad esaltarla.
<Dite sul serio?>
<Sul serio ragazza mia, sei bella davvero!>
<Io vi ringrazio di cuore, entrambe, per ciò che avete fatto!>
<E' stato un piacere, Mere, lo abbiamo fatto con passione>, confesso stringendo sotto braccio mia madre, avente a giro collo il suo metro da sarta.
<E cosa non fate con passione voi due? Siete la mia forza, sul serio>
<Ohh, via non esageriamo>, generalizza mia madre scuotendo su e giù una mano e chiudendo gli occhi, da perfetta donna tutto fare.
Fiera di lei mantengo il suo decoro mentre continuo a cercare eventuali errori ad un sistema che a prima vista, tramite cuciture, drappi, e ricami, appare perfetto, volendo puntare al massimo per lei.
Non trovo niente però, tutto mi sembra al posto giusto, al momento giusto, in un perfetto anticipo sulla scadenza annunciata.
<Se è tutto ti lasciamo ai prossimi preparativi, Meredith, sarà una cerimonia fantastica>
<Lo credo bene, ci sarà una sorpresa!>
Mia madre sobbalza, avendole sempre odiate. <O di che tipo?>, si interroga, nella sua comica abitudinarietà.
<Una bella, e vi riguarda tutti. Ho deciso di fare un bel favore, ma lo vedrete da soli>
<D'accordo allora donna, tieniti il tuo mistero, e se hai bisogno di me o di mia figlia prova a cantare affacciata alla finestra, che gli uccellini ed i topi correranno a vestirti, Cenerentola>
<Lo terrò presente, grazie ancora>
<Di nulla>, e così usciamo di scena, sottobraccio ed in un perfetto ritmo di gambe che mi diverte. Mia madre riesce sempre a strapparmi il malumore e spedirmi in un vociare tranquillo di risate, mi piace proprio per questo; perché è una donna forte, come aspiro a divenire, tutta d'un pezzo e intransigente ma tenera, dolce, la maggior parte delle volte. Mio padre ci ha abbandonate ma lei ha riempito bene il suo vuoto e non potevo sperare in niente di meglio.
<Mamma ... ho da farti una domanda>
<Esci con Caleb?>, azzarda invece lei, camminando per strada.
<Cosa?>
<Anche la mia è una domanda>
<Potrebbe crearti dei problemi?>, mormoro appena in un tremolio, ben cosciente di avere già una madre problematica con cui fare i conti.
Ma la mia si volge nella mia direzione e con un sorriso furbo mi sorride, niente di meglio dalla signora tornado.
<Adoro quel ragazzo>
<E' una cosa successa da poco>
<Ahhh!! Allora lo confessi!>, urla tra i vicoli di queste case, arrestando la nostra tratta. Guardo con sconcerto la sua rabbia, prima di lanciare uno sguardo alle finestre dei paesani proprio sopra di noi.
<Si può sapere che hai da gridare?>
<E a te cosa ti passa per la testa? Una madre deve saperle certe cose! Avresti dovuto invitarlo a cena, e farlo sedere a tavola, insieme a noi. Avrei capito le sue intenzioni con mia figlia>
<Ci amiamo>
<Oh si, anche io e tuo padre ci amavamo e guarda come sono finita. Mi ha abbandonata non appena ha scoperto che tenevo te in pancia, gli uomini sono tutti così>
Sorrido soddisfatta mentre la vedo tornare a incamminarsi in direzione di casa nostra.
<Caleb non lo farebbe>
<Ne sei certa?>
<Si>
<E come lo sai? Ne avete mai parlato? Cosa pensate di fare, vivere per sempre come dei bricconcelli? Se vi amate tanto datemi la giusta sicurezza! Vi conoscete da una vita, fate un passo avanti. Sposatevi o mettete su famiglia, non mi importa quale delle due viene prima, ma voglio che mia figlia abbia la giusta sicurezza da parte sua>
<Andare a vivere insieme non basta vero?>
<Vivere insieme? Mi prendi in giro ragazza? Sei cresciuta in casa sua e lui nella nostra! Che differenza farebbe?>
Una sostanziale mamma, adesso lo vedo con occhi nuovi, e non devo più frenare le mani quando ho voglia di abbracciarlo.
<Vedremo, per ora non siamo ancora pronti per un passo simile ...>
<Mh mh ... tu cosa avevi da dirmi?>, prosegue il nostro discorso, ed io cerco la giusta dose di coraggio per farlo. Cammino poco dietro di lei e mi torturo le mani, cercando il giusto inizio a un discorso del genere. Ma non esiste, quindi mi faccio forza.
<Mamma ... ti ricordi Damien?>
<Chi?>
<Damien ... giocavo con lui nel parco>
<Ma certo, Damien! Come ti sei rammentata di lui?>
<L'ho visto pochi giorni fa passeggiare per strada>
<Impossibile, è partito>, mi conferma i ricordi, continuando ad avanzare spedita sciogliendosi il metro intorno al collo di cui aveva dimenticato di disfarsi. Il cuore all'ascolto di quelle parole un poco si spezza.
<Non è vero, è ancora qui>
E forse è il modo con cui riesco a dirlo, quella velata sofferenza che mi traspare dalla voce a far suonare i campanelli d'allarme ma mia madre si ferma nuovamente, facendo assomigliare questa breve strada verso casa come un percorso santo di Via Crucis, con tanto di soste di genuflessione, nelle quali piangere lacrime di dolore, senza alcun freno.
<Oh piccola mia ... gli volevi tanto bene>
<Te ne ricordi dunque>
<Ma certo che me ne ricordo! Era una bella persona! Un oratore nato, tanto innamorato di questo posto. Quanto avrà avuto, venticinque, trent'anni più di te? Ti trattava come una sua pari, era dolcissimo e ricco di premure, sempre disponibile a giocare con te mentre non c'ero. Devo ammettere che in un primo momento ero reticente a lasciarti con un personaggio tanto più grande, un uomo per giunta con cui prima di allora non avevo mai parlato, ma poi l'ho visto parlare sul pianerottolo con Francis e la madre di Caleb ... a lei poi parlava con dolce cura, mentre con Francis la maggior parte delle volte litigava, ma chi non lo faceva con un tipo come lui?>
A questa rivelazione rimango senza le dovute parole, cercando di riprendere fiato ed avanzare le dovute domande.
<Damien conosceva Francis?>
<Era spesso in casa loro ma non so di più, non ho mai avanzato troppe domande, lo sai che tipo sono. Per quanto apparisse spigliato Damien non si lasciava andare alle confidenze, restando sempre nel suo, a parte che con te. A te voleva proprio bene>
<Chissà come mai>
Mia madre si stringe nelle spalle, divertita. <Lo incuriosivi. O meglio lo disarmavi proprio. Quel matto non trovava mai le giuste parole per controbatterti e tu eri una bambina sveglia, riuscivi sempre a incastrarlo. Ho sempre pensato che una figura maschile simile ti facesse bene e che ti fosse di compagnia. Come un fratello oppure persino come padre ...>
<Ed era così che lo consideravo, mamma. Damien era mio fratello, ed ero felice per lui quando scoprii che sarebbe andato a vivere la sua vita felice, con la donna che amava, molto, molto lontano>
<Sfortunatamente non tutti ottengono il loro classico finale, vedi noi. Io e te siamo una madre scatenata e una figlia pestifera ma ci vogliamo bene, tanto basta. Tuo padre avrebbe potuto farne parte ma ha deciso di volarsene via.
Meglio così, noi i codardi non li vogliamo e la sua presenza sarebbe stata di troppo.
Ricorda sempre: l'amore di un madre per il figlio che ha in grembo può essere incommensurato e impossibile da paragonare. Io per te avrei fatto di tutto e lo rifarei. Ti proteggerò sempre ... quindi vedi di trovarti un uomo per bene! Anche se Caleb è sulla giusta strada per essere l'uomo dei nostri sogni ...>
Scaldata da quelle parole, riempita d'amore sorrido a mia madre e lascio che mi stringa a se, con una mano dietro la schiena in modo da spalmarmi contro il suo fianco mentre continuiamo a percorrere la nostra amata città, e non posso sentirmi più ricca in un giorno come questo, nonostante il passato sia arrivato a macchiarci di un sapore acido il palato della memoria, ma viene presto scacciato via da un futuro pieno di aspettative, e da uno spropositato sentimento di pace interiore.
<Si ... si è sula strada giusta per diventarlo>, confesso mentre il sole mi illumina il viso e i capelli, portandomi a sporgere il capo all'indietro ed osservare il candore delle nuvole, nella loro libertà.
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