48- La sfida
P.O.V.
Nicole
Mai prima d'ora siamo stati così pochi attorno a questo tavolo, per cui mi domando cosa possa essere successo al resto degli altri.
La pendolare presenza di Celine a questa serata mi getta nello sconforto, le sue sorridenti passeggiate da una parte all'altra mentre si prende cura del giardino in modo da smorzare l'attesa, si occupa della pulizia dell'unica stanza della casetta radunando vetri rotti o cenere di sigarette dai posaceneri, tutto quanto è una stilettata dritta al cuore che non mi consente di respirare poiché mi lascia sola dianzi agli occhi di Joseph. Alla sua furia, affatto stemperata.
<Celine si può sapere che stai facendo? Vieni qui a sederti con noi, probabilmente gli altri tarderanno>, la prego di raggiungerci ma traditrice la sua voce mi augura tutt'altro.
<Non posso, devo finire di pulire! Tra poco ci raggiungeranno, ne sono sicura>
Si e a quale scopo? Nicolas a quanto detto da lei se ne era andato a metà della giornata, sospendendo il lavoro probabilmente per correre dietro alle farfalle, che so io, mentre per quanto riguarda Megan e Caleb scommetterei sulla loro poca propensione nel volerci raggiungere.
Certo è che se il desiderio della mia amica risiede nel mantenere il segreto della loro storia dovrebbe ragionare sull'evidente assenza che queste loro due sedie esaltano, accentuando stormi di dubbi.
Dovrebbe giusto, ecco, imparare a non chiudersi a chiave in camera con "Caleb-maestro-del-sesso", e venire a salvare me, una buona volta.
<Cosa c'è, sei agitata per colpa mia? Perché abbiamo litigato?>, ha persino il coraggio di chiedere trascinando le parole questo maledetto quanto arrabbiato diavolo.
<Non sono agitata>
<Dove è il tuo ragazzo?>
<Non è il mio ragazzo>
<Scusami, mi sbaglio. Dove è il tuo svago?>
M'incendio. Solo nel corpo però, perché la voce non ha ancora ottenuto la giusta grinta. Riesco a fulminarlo con lo sguardo, ricevendo però la sua sola e immorale aria divertita.
Non dovrebbe compiere azioni simili.
Principalmente perché sono in grado di farmi arrabbiare ancora di più.
Secondariamente perché, in maniera del tutto involontaria, mi portano a struggermi come un panetto di burro al sole.
<Ed il tuo invece?>
<Intendi la mia ragazza? L'ho accompagnata a casa, era stanca>
<Devi averla sfinita>
<Puoi girarci>
Tremo all'imprevedibile piega di questa assurda conversazione, tentando in tutti i modi di non immaginarmelo a letto con lei, a comandare le loro capriole ma lo faccio, inevitabilmente, portando a ferirmi ancora più nel profondo con domande in cerca di una immediata risposta.
Che tipo di uomo è Joseph a letto?
Romantico e appassionato? O tutto il contrario?
Come sarebbe con me?
Arriverò mai a saperlo?
No, se questa rabbia non si dirada come nebbia su di un colle.
Quanto ancora devo arrivare ad odiarlo?
<Io e lui non stiamo insieme>
<Pochi giorni fa mi hai detto il contrario>
<Non stiamo insieme, non siamo nemmeno usciti>, confesso e mi sento incredibilmente debole nel farlo, mentre lui marcia spietato, proseguendo.
<Vi siete toccati tutto il tempo quella sera, lo ricordo, non la smettevate di guardarvi>
<Eravamo d'accordo. L'ho fatto per farti ingelosire, sono stata sciocca>
Non posso reggere il confronto con lui. Abbasso la testa affinché non possa ferirmi. Ma il suo silenzio è un'arma e sa come usarla.
<Perché?>
Chiede la cosa più difficile da dover esprimere, e poi non sono certa di volerla esternare. Non se penso di dover essere l'unica obbligata dal proprio spirito a farlo. Non se non ho una conferma che almeno lui prova lo stesso, come immaginavo nei miei sogni.
Dunque evito la domanda, offrendone una non meno importante.
<E tu stai davvero con lei?>
<Si>
Tento di non far vedere quanto tutto questo mi possa sconfiggere.
<Dovresti sapere che quando decido di fare una cosa la faccio per bene>
<E perché l'hai fatta?>
<Perché no?>
Non posso dirtelo io. Prendi la forza e dimmelo tu, se solo hai qualcosa da dire. Prego affinché tu ce l'abbia e che non sia un immaginario sogno.
Ormai sono senza armi, ma sto giocando come vuole lui, senza stratagemmi perché lui non li adotta. Il suo pseudo fidanzamento è reale per cui io non ho niente contro cui obiettare.
Ciò mi ferisce? Più dell'immaginabile.
Mi sento troppo esposta, come non mai.
Satura mi alzo dalla sedia, percorrendo a ritroso il percorso che mi aveva portato fino a qui.
<Dove stai andando?>
<Ad avvertire gli altri di una festa da Freddie, siamo stati invitati. Ci sarà musica e di che ubriacarsi, porta pure la tua donna ... se non è troppo puritana>
Casa e chiesa, come si suol dire.
Nel frattempo almeno io avrò di che bere e di che fumare.
In certi momenti l'assenza di Nicolas diviene pesante.
P.O.V.
Megan
In attesa ascolto il rimbombo proveniente dalle scale, tenendo ferma con un piede la porta concedendomi poi un sorriso, non appena odo il rumore dei suoi passi.
Questo crocevia di scalini rimane completamente al buio come da lui designato, e ciò va a mio vantaggio assicurandomi la sorpresa poiché, non appena mi raggiungere, corro a lui stringendolo tra le mie braccia, e prendendo dentro me tutte le sue sensazioni e il battito del cuore.
<Hai visto? Pure io sono in grado di darti il benvenuto>, mormoro con le labbra accostate al suo orecchio in un tentativo di seduzione.
Lo sento sorridere e stringermi più forte, affondando il viso nei miei capelli.
<Era proprio ciò che cercavo>, confessa, e la sua schiettezza mi manda in confusione.
Almeno quanto le sue labbra quando, poco dopo aver parlato, recupera con le dita la presa attorno al mio mento, costringendomi a fissarlo per poi precipitare in me con un bacio profondo e passionale.
Mi tremano le gambe nel confronto mentre tento di stargli dietro, e lui si prende la mia aria, il mio fiato, la mia anima, ogni cosa, richiamandola a se.
Apro ancora di più la bocca per agevolare la danza delle nostre lingue mentre stringo in una ciocca i capelli della sua nuca, per forzarlo a non muoversi da me, mentre sento le sue agguantarmi i fianchi in una richiesta imprescindibile.
<Caleb ... va tutto bene?>, riesco a chiedere non appena mi consente di mettere fine al nostro contatto senza abbandonare però la stretta attorno la mia vita.
<Volevo solo mettermi alle spalle questa tremenda giornata, e tu sei il rimedio migliore>
<Ho qualcos'altro da offrire, di ben migliore>, commento entusiasta, evitando di fare domande al fine di non guastare il suo buon umore, e vengo ricompensata dalla sua maliziosità.
Gli occhi gli brillano mentre mi osserva.
<Ah si?>
Non faremo sesso. O forse sì, ma non è questo il punto.
Dovrebbe veramente smettere di guardarmi per non farmi andare in confusione.
<Nicole ha detto che siamo invitati ad una festa da Freddie>
<Potrò ancora baciarti?>
<Siamo tutti invitati>
<Continui con questa storia? Ti ho avvertita, sappi che ti si ritorcerà contro>
<In che modo?>
<Potresti vederlo stasera se continui a stuzzicarmi ... come ti vestirai?>
<Non mi vestirò>, provoco, ben sapendo che una qualsiasi altra risposta avrebbe comportato un radicale cambiamento, secondo le sue leggi, del mio armadio.
<Attenta, capricciosa, siamo alla prima provocazione>
<È una gara? Di che tipo?>
<Direi di resistenza>, mormora, avvicinandosi ancora di più, ed io tremo nel continuare a domandare.
<Resistenza a cosa?>
<A me>
Ispiro di scatto, venendo colta da un fremito.
<Alle mie labbra, a ciò che vuoi. Mi ascolterai, e a fine serata vedrai che avrò avuto il meglio da questa competizione>
<Ne sei certo?>
<Dannatamente>
<Io non voglio perdere>
<Nemmeno io>
Osservo con attenzione la sua sicurezza, certa di un pensiero.
<Forse questo gioco può andare contro a entrambi>
<O a favore>
<Vuoi mangiare da me?>
<Preferirei passare al dessert>
<Spiacente, a quanto pare stasera si dovrà lottare per ottenerlo>
Ed è una tortura affatto piacevole, che lui impone anche se il fastidio viene da me sola perché lo trovo a sorridere, divertito dal mio malcontento.
<Mi prenderò giusto un assaggio>
E se fossi una guerriera gli scapperei, ma non posso farlo. Non ho superpoteri ne armi, o tantomeno la forza di allontanarmi quando so che è lui a richiedermi.
Dunque mi prendo quest'ennesimo bacio che sfocia nella passione, in maniera incontrollabile.
<Non è solo un assaggio>
<Sono avaro>
Lo è, eccome, ma siamo in due. Attaccati improvvisamente alla parete di confine delle scale, spostati sullo stesso gradino, uno addossato all'altro.
Lo schiocco dei nostri baci rimbomba nella tromba delle scale, accentuano il nostro bisogno come poco dopo fanno persino le sue mani.
L'anziana signora Wiltman sceglie proprio questo momento per salire al suo appartamento con le buste della spesa, evidenziando con disappunto la nostra mancanza di controllo ma Caleb se ne fa beffe.
Allontanatosi con la bocca da me le sorride, cordiale.
<Buonasera signora Wiltman>
La premura non è ricambiata perché lei continua la sua ascesa con sempre maggior dibattito.
<È stato un bel rientro>, ci tiene a informarmi Caleb, accostandosi di più, <ma la prossima volta vedi di presentarti con meno vestiti>
<Devo aspettarti mezza nuda sul pianerottolo di casa?>
<Hai le chiavi della mia, potresti attendermi li>
<E rischiare che tua madre ci scopra?>
<Le prenderebbe un infarto eh?>
<Potrebbe arrivare ad odiarmi più di quanto già faccia>
Ammetterlo pesa maggiormente sulla mia anima ma è un dato di fatto ed io devo capirlo.
Abbasso lo sguardo tenendo gli occhi puntati al marmo dei gradini ma Caleb non mi permette di sfuggirgli, usando le sue arcuate mani per impedirmelo.
<Non mi importa di cosa pensa mia madre. Io non potrò mai odiarti>
Può dirmelo, affermarmelo, promettermelo ma io non potrò mai smettere di esitare nel credere. So quant'influenza può esercitare un genitore, solo la mancanza di mio padre mi ha gettato in un continuo vortice di insicurezza e mi ha fatto convivere con la paura di rimanere sola, cosa che mi ha portato ad avere loro due, i miei due guerrieri al mio fianco quindi come posso anche solo pensare che riesca a non darle retta?
Forse non ora ma un giorno, quando sbaglierò.
Come posso non pensare che la sua voce tentatrice sia incapace di spingerlo verso nuovi dubbi?
<E' la verità, Meg,la sua opinione non è niente per me>
<Si dice che i figli amino la propria mamma>
<Direi che è una brutta generalizzazione, non trovi?>
<Io ho amato mio padre>
<Ed io ho amato il mio, ma la loro vita non ci riguarda, siamo solo noi. Non riesco a volerle bene se il suo solo scopo è ferirti. Ferirci>
<Stai scivolando sul sentimentale>, faccio notare, asciugando con il dorso della mano il principio di un'uscente lacrima. <Ti avevo offerto un ritorno a casa allegro, no?>
<Direi sensuale, piuttosto>
<Un semplice abbraccio?>
<Le tue labbra, Meg. Loro sono il peccato>
E allora macchiati di colpe.
Fammi dimenticare questa brutta parentesi.
Ma non puoi perché, sembri dirmi, si è trattato solo di un assaggio.
<Andiamo?>
<Sei sicuro di voler uscire?>
<Direi che voglio ancora vincere. Tu no?>
Ha già vinto ma probabilmente non se ne rende conto, o non gli basta.
Sorrido maliziosa mordendomi un labbro tornato il buon umore e lui sorride, accogliendo questo guanto di sfida.
<Bene, dunque ... dopo di te>
L'anima della casa ci raggiunge sotto forma di musica dance, ridicola da ballare come da sentire ma poco importa perché suscita il divertimento degli invitati.
<Nicole!! Quanto tempo...>, precipita su di lei l'avvoltoio ubriaco di Freddie, stringendo la mia amica con estremo candore.
Lancio un'occhiata a Joseph, proprio alle loro spalle, osservando il modo con cui lo guarda.
<È un piacere, Freddie, e che bella festa!>, commenta da buona ospite lei, ruotando la testa intorno verso le luci multicolore e la folla accalcata di persone al centro dell'enorme sala.
Freddie è uno di quei pochi, fortunati di noi, a vivere in una delle vecchie case coloniali, a costo zero contrapposto a un'elevato esponente di degrado, necessitando di una manutenzione mai offerta.
Per questo motivo la sua fredda casa, con gli intonaci crepati dall'usura e forse dal suono continuo di quest'orripilante musica, è sempre il posto migliore dove andarsi a sfogare nel caso una quotidiana serata possa non essere altrettanto divertente.
Un ragazzo che a malapena conosco passa uno spinello a Caleb, che ne fuma la pagliuzza tranquillamente, certo ormai di saperla reggere. Poi osserva Joseph, e divertito lascia che persino lui giovi di quel rito di iniziazione.
<Sai vero che l'erba non mi uccide?>, domando al mio adone, risentita che non abbia pensato a me per quella premura ma che abbia invece alimentato la rabbia di Joseph, per vedere dove lo porti.
<Come sappiamo entrambi che il tuo corpicino non la regge.
L'ultima volta a una festa del genere, dopo qualche bicchiere di vino stavi per venire a letto con me, te lo ricordi?>
Inizia il gioco delle provocazioni, e fortunatamente siamo i soli partecipanti e ascoltatori.
<Sono già stata nel tuo letto, dunque non hai altro da temere>, ribatto maliziosa, ma lui non si lascia vincere.
<Ti voglio con me quando ti straccerò a questo gioco. Beerai, sotto il mio controllo, ma non fumerai nemmeno un quarto di sigaretta o altro>
<Nemmeno se è dalla tua bocca?>
<Nemmeno se si tratta del mio respiro, capricciosa>
Divertita lascio perdere questo veloce scambio di battute, certa che la sua attenzione costantemente innalzata non va che a favore della mia impresa, la sua mania del controllo riflette la risposta alla mia imprevedibile audacia e decreto che sarà lei il piatto principale con cui servirlo.
Può pure credere di averla vinta ma io ho ottime carte.
Freddie sta ancora spiegando a Nicole dove trovare il necessario, erba, alcol, coca, tutta la schifezza che si commercia qui da noi, ed io so bene quanto una delusione può spingere la mia amica verso l'alcol. Anche lei sostiene bene, essendo cresciuta di quello, ma dovrò comunque stare attenta che non esageri.
Che la colpa sia di Joseph? O di Nicolas, quel cretino che ancora non è arrivato?
Dove diavolo è finito?
<Ecco qui, ho portato altri amici!>, esordisce Celine, presentandosi con tre maschioni che un tempo hanno frequentato le nostre scuole, tre nostri amici, tanto belli quanto incredibilmente scemi.
Sollevo un sopracciglio guardando Caleb, e lui divertito da me lascia vivere la mia provocazione, assaporando altro fumo dal recuperato spinello.
D'accordo allora, se è tanto convinto di poter vincere ...
Anche Nicole sembra sinceramente contenta di questa bella trovata, e spalanca le braccia per esordire in un saluto verso il più alto dei tre, uno dei suoi migliori amici, all'epoca.
Joseph allontana infastidito gli occhi arrivando a guardarsi circospetto intorno, forse cercando in cestino nel quale vomitare.
<Ma che bella sorpresa, e brava Celine!>
<Hai visto? Erano di strada e che festa è senza loro tre?>
<Ben detto, ma non lo è nemmeno senza alcol, favoriamo?>
Lancio un'ultima occhiata a Caleb che probabilmente nella testa ha già fatto scattare le lancette di inizio gioco, dunque recupero la mia migliore amica, già incamminata verso il tavolo con le bottiglie stappate.
<Nicole! Vuoi dirmi cosa succede?>
<Oh, ti sei decisa a chiedermelo? Allontanarti dal tuo bel ragazzo ti permette di preoccuparti anche di noi altri?>
<Sei cattiva adesso>
<Sono solo arrabbiata>
<Con chi?>
Se la ride, servendosi quindi da bere. <Con me stessa>
<Joseph ti ha fatto qualcosa?>
<Sono più le cose che non fa rispetto a quelle che fa>
<Avete litigato?>
Annuisce tristemente, allontanando il bicchiere.
<Io e Nicolas abbiamo giocato. Volevamo farlo arrabbiare e ci siamo riusciti. Non so cosa fare per avvicinarmi a lui se persino la gelosia non lo riesce a far smuovere>
<La considera una cosa infantile, lo sai. Prova a parlargli sinceramente di quello che provi, e a quel punto ti ascolterà>
<Lui non mi ama, perché dovrei passarci da scema?>
<Non sarai scema ma sincera>
<Odia esporsi>, nota con rammarico.
<Per questo motivo dovrai farlo tu>
Muove appena la testa, nella direzione di un no.
<Non ce la faccio>, ammette, prima di allontanarsi e scivolare via dall'ultime parole di conforto, incitazione, che vorrei tanto dirle.
Celine si intercambia a lei, servendosi da bere, mentre alle sue spalle i cinque ragazzi se ne stanno in piedi vicino all'entrata a parlottare.
<Anche tu sei arrabbiata perché non sono stata più presente?>, le chiedo per spirito di conoscenza e lei sorride.
<Tutt'altro, non sono mai stata più felice>
Sollevo le sopracciglia, stupita nel costatarlo.
<Per caso hai accettato qualche tipo di ago oltre quelli del tuo lavoro da qualche sconosciuto? A cosa si deve questa dose di allegria?>
Divertita stringe tra i denti la plastica del contenitore semipieno, nella sua bellezza eterea di dama bianca, capelli dorati e sguardo sincero che per anni ha fatto girare tanti sguardi.
<A Kevin, chi altri?>
<Che cosa ti ha fatto?>
<Una promessa, e una richiesta>
<Mi parlerai di una delle due?>
<Direi che è troppo presto, lasciami vivere nel mio idillio>
<E va bene, felice ragazza, torna sulla tua nuvola di marzapane>
Prende alla lettera, abbandonandomi a me stessa, sotto uno sguardo altrettanto diverto di un Caleb pronto a non allontanarsi mai troppo.
D'accordo dunque, gioco di seduzione. Quali sono le armi e quali le regole? Mi faccio passare una di queste fragole in decoro all'alcol sulle labbra? Oppure scopro ancora di più una coscia?
Risulterei patetica in entrambi i casi e gli donerei vittoria facile dunque non mi resta che adottare la sua stessa strategia e vedere che succede.
Rimango a fissarlo in un mezzo sorriso, appoggiandomi al tavolo dietro me, e nella mossa la gamba comunque si scopre, rivelando le nere calze dallo spacco del vestito di stoffa nera, su di un lato, e il gesto attira il suo sguardo.
La distanza mi rende desiderosa di un suo tocco dunque immagino che provi lo stesso.
Faccio correre i polpastrelli della mano destra, quella che non regge il bicchiere, lungo il bordo della circolare plastica, ed intrappolo la sua attenzione. Segue ipnotizzato quei gesti circolari desiderandoli probabilmente sulla pelle, come vorrei facessero persino le sue mani su di me, al momento.
Giocando sporco intrappolo un mio dito all'interno della bocca succhiandone l'estremità imbevuta di alcol e mi godo la sua espressione mentre stavolta posa il filtro di una sigaretta accesa sulle labbra e ne aspira il fumo.
Per un primo momento vengo calamitata dalle sue morbide labbra e sogno di averle nella trappola delle mie, come sta accadendo per questo dito, ma poi la rabbia mi raggiunge ricordandomi il discorso fatto in merito della salvaguardia reciproca.
Vorrei correre dall'altra parte della stanza e strappargliela dalla bocca, probabilmente spegnerla nel mio bicchiere e poi... sostituirla con le mie labbra.
Finisce sempre così, prima la rabbia e poi un'inconfessabile desiderio di averlo vicino.
Allontano la mano, tornando dritta e facendo scorrere la tortura alcolica lungo la gola, costatando di essermi versata nella distrazione del rum, che francamente odio, ma poco importa, non mi provoca disgusto e mi arde all'interno, proprio come desideravo.
Abbandono la plastica vuota, incamminandomi verso la pista.
P.O.V.
Nicole
Parlargli con sincerità, posso veramente provarlo? Perdere il coraggio e assumere una sottospecie di controllo, andandogli più vicino di un respiro.
Quanto potevo riuscire ad umiliarmi?
L'alcol mi avvicina sempre di più al traguardo massimo ma poco importa perché sono passate delle ore, e mai prima d'ora mi ero sentita così bene.
Nicolas entra proprio in questo momento dall'ingresso principale, accolto da una serie di divertite esclamazioni e pacche sulle spalle.
Sorrido, barcollando ma riuscendo comunque ad arrivargli dinanzi.
<Nicolas! Aspettavo proprio te>, biascico quindi, spalancando, come un'abitudine questa sera, le braccia per accoglierlo contro di me, senza dare importanza a quel bell'allocco di un mio vecchio amico rimasto solo a ballare.
<Sicura che non volessi un bel bicchiere d'acqua?>
<Non mi piace>
<Si era inteso>
<Dove sei stato?>
<L'ho conosciuta, Nic>, confessa con una strana luce negli occhi che mi obbliga a socchiudere i miei, per non rimanerne accecata.
<Chi?>
<Lei ... la donna della mia vita>
<Ma di che parli?>, domando ridendo, vinta da un bel capogiro che mi obbliga a distaccarmi un po'.
<Si chiama Lorelan. Dovresti conoscerla è una ragazza fantastica>
<L'hai trovata quindi, eh?>, proseguo capendo, d'un tratto.
<E avevi ragione, su tutto, non devo consentirle di nascondersi. Ha molto dentro di se ma sono certo che posso funzionare. Sento che può funzionare>
<Sono contenta per te Nicolas, davvero ...>, mai prima d'ora l'avevo visto così convinto, o appassionato e questo mi fa bene al cuore, ma lui non sembra aver affatto finito.
<Ti meriti lo stesso, Nicole. Parla con Joseph, chiarisciti, digli quello che provi>
<Lui non mi ama, non lo farà mai>
<Se così fosse allora perché mi sta crocifiggendo sul posto?>
Rido senza alcuna ironia. <Perché è un masochista, ama ricevere e far subire dolore>
<Prova qualcosa, Nic. Da una vita, ascoltami. Parlagli, digli ciò che sentì, anche solo per stare meglio>
<Ma guarda ... un breve incontro con l'amore e già ti senti di dare dei consigli>, beffeggio, facendolo d'un tratto ridere.
La sua felicità è contagiosa, mi fa stare bene, per cui la cerco come una disperata intrecciando le braccia intorno al suo collo.
Lotta per obbligarmi a slacciarle ma io sono più forte e felice di lui e non può riuscirci.
<Smettila di prendermi in giro e assumiti le tue colpe>
<Responsabilità>
<No, colpe. Solo una pazza come te verrebbe a letto con me per quanto sia innamorata di un simile pezzo di ghiaccio!>
<Ti ho detto di non parlare di lui così!>
<Allora prova a farmelo vedere sciolto. Corri, Nicole, è la tua occasione. È appena uscito nel cortile sul retro>
E la tentazione sale fino alle stelle, facendo passare d'un tratto tutta l'ubriacatura.
Decisa muovo un passo, ma eccolo che mi arresta.
È incredibile ma che vuole?
A quanto pare porgermi un bicchiere d'acqua, e verificare che non sia totalmente ubriaca da capire quello che sta per succedere.
Non sono ubriaca, solo celestialmente brilla, ed improvvisamente triste, piena di timori, mentre osservo l'uscita che da sul retro.
<Avanti nanerottola, fagli vedere di che pasta sei fatta>
Frolla, e direi sufficientemente cotta, ma darò a Joseph il compito di giudicare.
Mi incammino verso la mia meta, incredibilmente senza traballare e qualche minuto dopo sento già la leggera brezza dell'esterno raggiungermi.
Addosso ho una gonna piuttosto corta, svolazzante e celeste chiara, mentre sopra una semplice canottiera ad imitazione della seta, lucida e bianca quanto basta, senza reggiseno al di sotto a causa delle mie cope troppo piccole e inesistenti, da risaltare contro i brividi di un leggero freddo.
I tacchi evidenziano i miei passi incerti e mi portano fino a lui, bello come è sempre stato per me, concentrato su un punto indefinito all'orizzonte verso il quale stabilisce tutta la sua rabbia.
<Ti posso parlare?>, tentenno, non sapendo bene che cosa dire.
Come immaginato la sua ira mi raggiunge in un soffio di risposta, stretto tra gli aguzzi denti.
<Di che cosa?>
Semplicemente di noi, se solo tu volessi un noi.
<Nicolas è tornato>, prosegue, continuando a guardare in avanti, <ma ho già avuto modo di constatare che tu l'abbia notato>
<È un mio amico, Joseph>
<Un amico con cui sei stata a letto!>
Si volta, trafiggendomi con la sua faccia.
<Si parla di una vita fa, non lo volevo davvero>
<Ma l'hai fatto>
<Solo per dimenticare>
<Che cosa?>
<Te>
Solo a questa risposta il suo viso trova un principio di calma. D'improvviso sembra ascoltarmi ma io non ho un discorso preparato da poter riferire, per cui parlo a braccio, come ho sempre detestato fare.
<Da piccoli ti seguivo ovunque. Passavo con te dall'entrata secondaria del Brunett, per quanto odiassi farla. Avevo sempre un vestito di mezzo, o scarpe troppo scomode per superare quell'enorme cancello in ferro che tu varcavi con facilità, e detestavo esserti sempre seconda, vederti riuscire dove io miseramente fallivo perché mi faceva sentire inadatta.
Ti ho sempre considerato troppo per me e continui ad esserlo, con la maturità che porti e che io sento sempre di non avere, per ogni più piccola cosa.
Tu non ti arrabbi, mai.
Ti chiudi in un mutismo inaccessibile senza sfociare nella maleducazione.
Porti sempre rispetto verso il prossimo, nonostante lo detesti e tenti sempre una pacifica convivenza tra noi.
Io invece sono proprio il contrario. Mi infastidisco con nulla, mi arrabbio, scalpito e urlo affinché tu possa sentirmi, ma per tutto questo tempo sembra che tu non l'abbia fatto mai.
Ho paura di dirti quello che sto per dire ma sento di essere costretta a farlo, quindi per favore non prendermi in giro, o tantomeno non considerarmi una pazza o ingrata, verso tutto quello che abbiamo passato>
La voce che possiedo non ha mai raggiunto un tono così debole, in accordo con la mia anima, ma sento che sforzarla mi ridurrebbe in pezzi, una volta per tutte.
<Ho continuato a seguire i tuoi esempi perché ti considero una persona migliore, un prototipo da raggiungere capace di farmi guadagnare la giusta calma interiore, anche se ultimamente sei sempre così arrabbiato e scostante.
Abbiamo sempre battibeccato molto, ed abbiamo anche riso tanto, c'era sintonia ed io ti giuro che non ho mai provato una cosa simile con nessuno. Non ci sono stati altri ragazzi capaci di offrirmene anche solo un pezzo, tantomeno Nicolas che per anni non ha fatto altro che alimentare il mio fuoco di rabbia e dolore come io facevo con lui.
Nessun altro, Joseph solo tu, e questo per me significa molto, significa ... che non potrò mai trovare qualcuno che ti somigli, dunque questa sarà la mia sola possibilità per farmi avanti>
Lui non parla, mi guarda e basta in un modo che non so definire, ascoltandomi nella sua calma che tanto conosco e apprezzo, nel rispetto del quale si circonda e che lo caratterizza, ed io mi torturo le mani, torturo gli occhi quando abbassandoli li faccio correre da una parte all'altra prima che tornino da lui, cercando di rimanere fermi e fissi nei suoi, decisi, come poche altre volte.
<Sono innamorata di te Joseph. Ti amo, in un modo patetico e umiliante come solo una scema come me può fare, ma è così, persino da troppo>
Un peso scivola via dal mio cuore, Nicolas aveva ragione.
Ammettere l'emozioni ci fa sentire liberi per quanto poi il dolore si alimenti con questo silenzio innaturale.
Ma in cambio non ricevo niente.
Se non ennesima e patetica onda di tristezza.
Si sente persino il rumore dei grilli, lo sfrigolio delle foglie ma nessuna voce, in grado di raggiungermi.
Annuisco dopo pochi minuti di questa infinita attesa, e tendo di far passare il gesto di asciugare le lacrime come una mossa del tutto naturale, maledetti moscerini che vorticano nel pieno di Novembre ma chi può arrivare a crederci? Non di certo Joseph informato ormai di tutto.
<Ho capito ... scusami se ti ho disturbato, me ne torno dentro>
Come una principessa codarda dinanzi alla sofferenza corro via da questo principe che non mi vuole.
La musica della mia sala da ballo mi precipita contro, la calca di persone impedisce la mia veloce uscita di scena mentre la mia fata madrina, il mio Nicolas, mi afferra con una mano tentando di capire cosa stesse succedendo ma io scappo persino da lui, non volendo ottenere alcuna responsabilità a gravarmi addosso, non volendo alcun tipo di legame, ormai.
Scappo come da sempre sono stata brava a fare e corro via, lontano, facendo volare i piedi lungo l'asfalto.
Le lacrime mi rigano le guance, passano tra i capelli che la corsa fa oscillare da una parte all'altra contro la mia schiena in sferzate di vento, e brividi mi percorrono, di freddo e di timore, cercando di velocizzare sempre di più il passo.
Maledetti ricordi e maledetto il cuore che già nella partenza ha decretato il finale.
Senza fiato mi trovo dinanzi alle sbarre della secondaria entrata del Brunett, quel posto un tempo magico e che ora odio, con tutto il mio cuore, manifestato in una presa in giro dinanzi.
<Nicole ...>
Quella voce ... mi fa tremare più del vento e mi obbliga a voltarmi, e vederlo in piedi alle mie spalle con il fiato spezzato, i capelli sconvolti ed il petto intento a fare su e giù al pari del pomo di Adamo.
<La vuoi smettere di sfuggirmi?>
Dalle labbra scivola via una risata arresa che non sono stata in grado di trattenere, e che smuove persino la sua bocca verso un sorriso.
D'un tratto Joseph si fa più vicino e nello spazio di un'istante la sua mano è già intorno al mio viso, decretando la mia fine.
<In futuro non scappare più via, prima di aver sentito la risposta>
<Quale risposta?>
<La mia>
E con questo, in un gesto, china la testa ed unisce le nostre labbra.
Cedo a lui, ed arresi siamo portati a retrocedere di un passo, facendomi sbattere la schiena contro le sbarre dell'entrata.
Sulla mia bocca Joseph sorride, mi prende le mani, le intreccia alle sue e le porta in alto, a stringere quelle aste in ferro freddo per impedire a entrambi altri contatti oltre quello delle labbra.
Il cuore è impazzito ed il mio cervello arreso.
Mi prometto di non scappare più d'ora in poi.
Anche perché non ho più motivi per farlo.
Ho attenuto il mio lieto fine ed il mio delizioso, quanto atteso, inizio.
P.O.V.
Megan
Passo con le braccia sulle spalle di questa giovane e alta roccia, ovvero uno dei tre bellocci e amici che Celine ha portato con se, osservando attenta il viso divertito di Caleb alle sue spalle.
Che cosa ha tanto da ridere? Un tempo un gesto del genere lo avrebbe infastidito, ed ora se la ride placidamente, appoggiato a bere un sorso di birra contro la parete sul fondo della stanza.
Dovrei osare di più per ottenere un risultato, è questo che vuole dirmi?
Ma come posso pensare di tornare a baciare labbra che non sono le sue?
Come posso pensare di instaurare un contatto con questo gradasso?
<Belli bene>, ci tiene a comunicarmi, ed io ancora attiva partecipante di questo sadico gioco sono costretta a sorridere per lasciare intendere al terzo di noi che mi stia divertendo.
<Grazie, pure tu>
<È una vita che non ci vediamo, che ne dici di andare in un posto più tranquillo e parlare?>
<La musica mi piace, preferisco rimanere qui e continuare a ballare>
<Come preferisci, principessa>
Per poco non vomito a quello squallido appellativo.
Niente a che vedere con "capricciosa", come mi chiama Caleb.
Niente a che vedere Kartal con lui, persino direi dalle elementari.
Distratta un attimo dalla conversazione mi trovo a constatare una macabra sorpresa: dall'accumulo di persone è sorta come un fungo velenoso la figura di Debora, ed ora Caleb ci sta ballando insieme in un modo piuttosto lento per una musica simile.
Deve pensarlo anche lui, o lei, maledetti entrambi, perché a un certo punto, impercettibilmente si lasciano andare sempre di più, persino troppo.
Caleb non stacca gli occhi da me, ancora appollaiata sulle spalle di Kartal, e poi con un sorriso si fa più vicino a Debora.
Per poco non la bacia.
La sua bocca si posa su una guancia di lei, mentre mi fissa in divertita attesa.
Fumo di rabbia ed è impossibile non notarlo, mentre Caleb si ciba della mia libido repressa e dell'ira al tempo stesso, spostandosi sempre più vicino alla bocca di lei, come tanto vorrei che facesse con la mia.
Stringo più forte la nuca di Kartal avvicinandomi a lui, ma ciò non guasta il suo buon umore, mentre continua la sua discesa.
Adesso direi che stiamo davvero esagerando.
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