43- Un gioco pericoloso
P.O.V.
Megan
Fogli macchiati di colpe risiedono nello spazio tra me e la mia migliore amica, che mi osserva con tacita attenzione.
Le ho spiegato tutto quanto, le ho raccontato della notte della festa, del mio incontro con William, di quello che ci siamo detti e quello che ho provato, che ho scoperto, arrivando fin qui, in un aperto conflitto con un passato scomodo dell'uomo più odiato e verso il quale ci stiamo muovendo, in modo da batterlo.
<Sei sicura di quello che vuoi fare Meg? Non sappiamo cosa potremmo aspettarci>
<Si, Nicole, sono sicura, ma ho bisogno di te, oltre che di un passaggio. Potremmo chiedere a Joseph?>
<Io e lui abbiamo litigato, non ci ascolterebbe mai>
<Allora Nicolas>
<Anche Nicolas al momento è un argomento da non affrontare>
<Che sta succedendo Nic?>
<Un gran casino, Meg, grande quasi quanto quello in cui ci stai per mettere>
Abbasso gli occhi verso i due vestiti scelti e rimasti inanimi sopra le coperte, in attesa di una nostra decisione.
<Se non vorrai venire lo capirò. Non devi preoccuparti per me, Nic>
<Lo faccio invece, sempre, e da sola non ti lascio andare. Però dovremmo usare l'autobus>
Annuisco distrattamente mentre la amica si alza andando ad afferrare uno degli abiti per poi tenerselo stretto contro il petto, osservando il risultato.
Potrebbe mettere indosso qualsiasi cosa e risulterebbe comunque perfetta, un punto a nostro vantaggio dovendo passare inosservate stanotte.
Nicole volge la testa nella mia direzione, verso la mia esitazione e in confronto aperto con la mia paura, e accenna un sorriso tranquillo che però nasconde vari timori.
<Beh? Non ti prepari?>
La notte è più scura del solito e l'unica luce ad illuminarla è il pallido neon della stazione degli autobus.
Provo freddo, anche se non tanto da tremare a differenza di Nicole occupata a tenere le mani a coppa per soffiarvi dentro aria calda, provando a riscaldarsi, almeno un poco.
La corsa è in ritardo e le persone al nostro fianco hanno iniziato a fissarci, già da un po'.
Non ho preghiere in testa, oltre che una supplica. Spero che Caleb non lo scopra. Spero che non si domandi insistentemente che fine abbia fatto. Gli ho lasciato un biglietto, come in passato, con su scritto che passavo la notte da Nicole, per altro una mezza verità non essendo casa sua il posto verso il quale ci stiamo dirigendo.
Le scarpe a tacco alto della mia migliore amica risuonano sul marciapiede in una camminata di impazienza e tremori.
Alzo gli occhi in direzione della luna, supplicandola con le mie tacite richieste, prima che l'arrivo dell'autobus la oscuri e ci costringa a salire su quelle fredde sedute in plastica, a due dei posti più vicini all'autista.
Un'ubriaco dal fondo della vettura ci fischia in un lurido richiamo di apprezzamento, ma viene da entrambe ignorato mentre ci accomodiamo.
Per tutta la durata del viaggio tengo gli occhi fissi sull'oscuro asfalto della strada, che corre via veloce, tirando con se anche i miei pensieri.
Ancora lontane una volta scese siamo costrette a fare il resto del percorso a piedi, e nel più timido silenzio. Nessuna delle due parla avendo già chiarito ciò che c'era da dire in casa, dinanzi a quelle carte, per cui lasciamo che sia il resto adesso ad agire per noi.
La porta del locale ci si rivela dinanzi alla stregua di un rito di magia, sorretta da un uomo alto e grosso che rimane, solo per pochi istanti, ad osservarci dalla sua imponente statura.
<Siete in ritardo. Le altre vi aspettano dentro, muovetevi, tra pochi minuti inizia lo spettacolo>
Nemmeno osiamo replicare, passiamo il cordone appositamente aperto dal bodyguard e entriamo all'interno del SaPlaya.
Il rosso è il primo colore a raggiungerci. Gli arredi, le sedute, il tendone dietro il parco, la moquette ... tutto incredibilmente rosso, macchia di peccato sulla quale passeggiano nere figure di uomini in smoking e di donne coperte da semplice lingerie in alternativa a ambiti sottili.
<Ragazze! Ma che fate? Natalie non vi ha dato una maschera? Correte qui!>
Quella voce concitata ci raggiunge destandoci dal torpore, troppo agitata per provenire dal sottile corpo di ragazza rivelatoci, immobile a lato del bancone del bar poco prima di arrivare fino a noi catturandoci per le mani.
<Siete nuove, non è vero? Non vi ho mai visto in giro>
<Si, siamo state assunte da poco>, mi faccio avanti rompendo quello stupido mutismo che ci ha colto entrambe.
<Allora si spiega tutto, Natalie non deve aver fatto in tempo a lasciarvele ma non c'è problema, ne teniamo sempre qualcuna in più per sicurezza, ecco a voi!>
Tornata dritta ci porge con le sue piccole mani due maschere rifinite, una delle due contornata da piume.
<Sapete le regole, vero? Niente nomi con i clienti, usate pseudonimi e se qualcuno di loro prova a farsi avanti in maniera ... beh, più esplicita, dovete portarlo in uno dei privè e farlo pagare il doppio.
Si ai discorsi, no alle troppe domande personali. Questi avvoltoi si attaccano alla tua vita se permetti loro di conoscerla, e credono di poter avanzare grandi diritti, solo pagando. Domande?>
Ne abbiamo veramente molte, dovremmo metterci a sedere.
<Cosa dobbiamo fare?>
<Visto che siete inesperte potete pure rimanere qui con me a bere, per un po'. Siete belle, gli uomini si faranno avanti da soli>
<Come ti chiami?>
<Trilli, non si nota?> Osservo il suo vestitino simile a un body, completamente nero, le calze scure, i capelli conciati in una crocchia e chiusi da un piccolo nastro, il corpo piccolo e formoso. Si, è molto simile a quella maliziosa fata. <Non chiederò i vostri nomi, vi darò modo di pensarci su, nel frattempo accomodiamoci, vi andrebbe del Martini?>
<Molto volentieri, grazie>, risponde al mio posto Nic mentre mi guardo intorno.
Il locale sembra essere pieno, ogni uomo seduto sulla sua postazione ha preso in custodia una ragazza, alle volte più di una, ma non è questo a interessarmi. Alzando gli occhi trovo l'ufficio di sua madre, visibile solo grazie a una parete completamente in vetro, in affaccio sulla sala, tramite la quale posso scorgere la sua assenza.
<Trilli, scusami ma la padrona non c'è?>
<È uscita, come alcune delle nostre ragazze, non siamo certe che torni qui>
<Ha un altro lavoro? Dove può essere andata?>
<Nessuno lo sa, ma molte volte la nostra signoria non presenzia a queste particolari cene, le ricordano troppo il suo periodo di prigionia, quando anche lei era una di noi>
<E questo la infastidisce>
<Sembrerebbe di sì>
<Se lo fa allora perché non ha deciso di cambiare lavoro? Perché continuare a essere la madre di una casa come questa?>
Trilli sorride ed arrossisce appena, abbassando lo sguardo, in quella che scovo essere per la prima volta un accenno di timidezza.
<La nostra signora è una persona buona, si prende cura di noi, ci raccoglie dalla strada e ci garantisce un posto in cui stare. Le dobbiamo molto. Viviamo nell'agio, a differenza di quanto è accaduto a lei, nel suo passato. A quel tempo, persino in posti come questo, non c'era alcun rispetto verso la donna>
<Anche qua dentro ho potuto scorgere molti clienti intenti ad allungare le mani>, nota Nicole al mio fianco, e Trilli è costretta ad annuire.
<Si ma si tratta semplicemente di consolazione, o di approccio sessuale. Nessuno dei nostri clienti è incline alla violenza>
<Lo è William>
La frase sfugge dalla mia bocca come un ricercato dal carcere, portando persino l'audacia di Trilli a rallentare.
<Però ... e io che credevo non sapeste, molte bene. Si, si per lui questo discorso cambia>
<Cosa vi porto ragazze?>, ci domanda il giovane barman dietro il suo tavolo da lavoro. Osservo i suoi occhi vispi, ed il suo volto di uomo, particolarmente curato. Barba, capelli lunghi quanto basta per essere legati in una coda, camicia bianca e gilet nero, come i pantaloni e i guanti con i quali serve.
<Tesoro tre martini, ti ringrazio>
<In arrivo signore>
<Lui è Joffrey, il porto sicuro di tutte noi. Quando siamo stanche ci fermiamo a parlare in sua compagnia, confidando segreti nostri e dei vari clienti. Joffrey è un vero impiccione>, ci confida sottovoce divertita la voce di Trilli, posando una mano all'angolo delle labbra, quasi non si volesse far sentire.
<Vi conosce all'infuori di questo posto?>, chiede Nic, e Trilli alza le spalle.
<E' stato inevitabile. Non sarebbe dovuto accadere ... ma è successo, e gli vogliamo bene. Con lui sappiamo di essere al sicuro>
<Al contrario dei clienti>
<Al contrario dei clienti>
<E voi ragazze, avete modo di parlare come stiamo facendo adesso, oppure stiamo trasgredendo ad altre regole imposte?> Nicole si sta mostrando interessata a quello che dovrebbe essere a tutti gli effetti il nostro nuovo lavoro, ristabilendo la giusta conversazione che la mia audacia ha portato a rompere, ma non posso farci niente, devo sapere, fare domande, avanzare ipotesi, chiedere che genere di persona sia l'uomo a cui stanno ubbidendo.
Trilli ride, divertita dalla questione smossa.
<Ma certo, si tra noi possiamo parlare, ma non troppo altrimenti lasciamo soli i clienti, e si sentirebbero abbandonati>
<Non stento a crederlo>, prende in giro velatamente la mia amica, mentre io continuo ad osservare l'intorno, in attesa di un'apparizione.
<Ci sono altre regole, in questo posto?> La mia mente sta seguendo i suoi passaggi, e attraverso queste piccole richieste avanzo nelle teorie.
<Niente di troppo eclatante, hai qualche dubbio in particolare?>
<Volevo chiedere se veniva praticato il bondage, ai clienti o al personale di questa casa>
Voglio sapere cosa significano quelle corde intorno alle vittime.
<Solo su richiesta, e per persone particolarmente facoltose da permetterlo. Sei una fan?>
<Al contrario, odio essere manovrata>
<Non hai lo spirito della sottomessa, deve essere una malattia che accomuna tutte le nuove arrivate>, ragiona Trilli bevendo un sorso del suo Martini, il primo ad essere stato servito, prima dell'arrivo dei nostri.
Con particolare fascino Joffrey posa i restanti due bicchieri sul bancone, per poi strizzarmi un'occhio. Tento di sorridere senza riuscirci in maniera esemplare, ed in soccorso accorre Nicole, con una studiata esperienza alle spalle.
<Grazie Joffrey>
<Prego dolcezza>
<A chi ti riferivi Trilli?>
<A me>, entra in gioco una nuova voce, glaciale e ferma, come avrei voluto tanto risultare io stessa essere.
Sposto gli occhi a quel richiamo precipitando all'entrata e alla figura, contornata da altre quattro, che ha fatto il suo ingresso in un vestito di seta blu scuro. Il suo sguardo appartiene a una tempesta ed i capelli lunghi, lisci, la slanciano di importanza, rivelandola in una bellezza apparentemente incontaminata.
E' una donna di carattere, e incredibilmente triste, mi viene da pensare, mentre alle sue spalle una di loro, rimasta indietro, si accende una sigaretta, una volta entrata, espirando il fumo nel contorno dell'aria e disturbando la capo fila in blu scuro, che chiude gli occhi infastidita dai suoi modi.
<Eccovi! Ben arrivate, come è stato il giro in città?>
<Noioso, quanto inutile sfortunatamente per noi. Dovremmo ripetere l'esperienza, per la gioia di Lorelan>, dice divertita la donna con la sigaretta in mano, appoggiandosi con i gomiti sul bancone, alle spalle di Trilli, per poi lanciare un'occhio alle nostre bevute. A differenza della prima che ha parlato questa sembra avere più anni, ma ad ogni modo niente che sia riuscito a gravare sulla sua estetica provocante, o sul viso ancora totalmente privo di rughe, nonostante immagino vada per i quaranta e non abbia più il respiro di un tempo. Il fumo la soffoca, facendole stringere di occhi da sfinge, ed aprire la bocca senza emettere alcun suono vivendo in una specie di apnea.
Osservo il gesto fissando rapita quella mancanza d'aria mentre quella che sembra essere la Lorelan in questione si viene a sedere al mio fianco, il più lontana da tutte.
<Jo, mi porti due dita di bourbon?>, chiede la più anziana fumatrice incallita, ed io non posso non notare il riccio di fastidio comparso anche stavolta sul labbro superiore di Lorelan.
<Ma certo Natalie, ormai lo conservo apposta per te e Will>
Natalie. La donna che si prende cura di tutte queste ragazza. Conosce Will ...
<Vorrei ben credere, l'ho iniziato io al vizio>, confessa ridendo mentre io spalanco gli occhi sperando che la maschera non lo mostri, e Lorelan al mio fianco stringe tra le mani uno dei tovaglioli del locale, arricciando in un pugno la carta.
Saetto gli occhi tra lei e l'altra, dimenticandomi momentaneamente di Trilli, Nicole, e delle altre tre accompagnatrici, rimaste alle nostre spalle.
Natalie è alla stregua di Lorelan. Il suo corpo sembra essere stato modificato dagli anni, vittima del molto fumo che ha ingrigito la sua pelle, della vita costretta a condurre e di quegli ori pendenti dal suo braccio come visibili catene che la dettano all'obbligo, una costrizione che può essere arrivata ad apprezzare, negli anni.
Lorelan invece mi appare come una perla, ancora chiusa nella sua conchiglia. Spostando lo sguardo verso lei non posso non notare il suo mutismo o dimenticare le parole, riguardo alla sottomissione mancata, pronunciate da Trilli.
Ho di fronte a me una guerriera, anche se appare sconfitta.
Ma non è una novizia che cerco quanto quell'assurda maestra di vita che vive nel passato ...
<Sarah è arrivata?>
<No, la maîtresse non si farà viva per questa sera>
<Un vero peccato, avrebbe potuto divertirsi con questi balli>
<Lo sai che non fa più cose simili, Natalie>
<Ma certo, ne va del suo onore. Solo a volte mi chiedo, quale onore? Quale dignità? Dove l'ha trovata la dignità una donna del genere, una ex prostituta proprio come noi? Se solo si rendesse conto che non basta sottrarsi alla propria vita e alle persone che si è scappando ... forse si rassegnerebbe al destino, e deciderebbe di presenziare, una buona volta>
<Vacci piano con le parole, Natalie, lei è nostra madre>
<Se è nostra madre allora dovrei dirle di tenere anche più di conto il proprio figlio. Non ha nemmeno idea dell'uomo che ha cresciuto, se solo si accorgesse della sua perversione non se ne starebbe ferma così, come una passiva bambola, come è stata in passato, come non smetterà mai di essere>
<Di che genere di perversione parli?>, avanzo, e Trilli mi fulmina con lo sguardo. Devo aver commesso un'errore, e tutte le presenti me lo fanno intendere.
Natalie, che aveva appena recuperato il bicchiere dalle mani di Joffrey, si volta a fissarmi con curiosità e divertito distacco.
<Sei nuova, non è vero?>
<E' così>
<Allora vedi subito di imparare una semplice regola, che qui vige come il comandamento della Bibbia per un'innocente cristiano: qui non si fanno domande. Io non sono la tua confidente, sono il tuo capo, proprio come tutti loro, ed il tuo compito è semplicemente svolgere il lavoro per cui vieni pagata. Sei una puttana, rassegnati a questo, ma vedi di tenere per te un piccolo pezzo che nessuno di loro potrà mai arrivare a prendere, solo così ti salverai. Io mi nascondo dietro l'intelligenza ma tu hai solo l'audacia, e quella ti spedirà tre metri sottoterra se non impari a tenerla a bada>
<Dovresti gestire tu questo posto, Natalie>, commenta rapita Trilli, tranquillizzata dalla sua reazione, e questa sorride divertita, continuando a sorseggiare il suo cocktail.
<Si, ci sto pensato, e probabilmente Will me lo lascerebbe fare, se non fosse per sua madre. Non la priverà mai del trono sul quale l'ha lasciata il padre>
E detto questo ragionamento e qualche minuto di successivo silenzio si allontana, seguita dalle altre mentre Trilli e Nicole trascinano il loro sguardo senza perderla di vista, proprio al contempo mio, che lo vincolo a Lorelan ancora con la testa china e completamente priva di parole dopo questo discorso fatto.
<Avanti ragazza, è il momento di entrare in gioco. D'ora in poi tu ti chiamerai Beatrix e seguirai i consigli che ti ho lasciato, sono stata chiara?>, domanda Trilli prendendo a braccetto Nicole, costringendola a scendere dall'alto sgabello sul quale si era seduta. La mia amica mi lancia uno sguardo, chiedendo conferma, ed io la lascio andare volendo rimanere sola con la piccola guerriera.
<Mi sta bene, vada per Beatrix!>
<Non lasciamo troppo a lungo soli questi giovani signori>
Giovani non è l'aggettivo che avrei dato loro, vista l'età media a gravare intorno ai cinquant'anni e provo un moto di fastidio di fronte alle occhiate che lanciano a loro due, mentre avanzano sempre più vicine al grande palco.
Le osservo sedersi a due poltrone vuote, di un tavolo per quattro, e intrattenere il discorso con clienti nel mio immaginario abbastanza tranquilli da poter essere considerati il giro di prova per una nuova recluta come Beatrix.
<Non stare a sentire tutto ciò che Natalie dice>, esordisce a un certo punto Lorelan non appena Joffrey si allontana, rimanendo a capo chino. <Quella donna è stata la dominatrice di William per molti anni, l'ha iniziato al sesso, prima di passare dalla parte della sottomessa. Hanno avuto una lunga storia, e adesso può ritenersi l'unica persona salva della sua lunga lista di sicario sulle persone da uccidere. E' un deviato, un uomo perverso ... niente affatto uomo quanto più mostro>
<Perché dici questo?>
<Ha ucciso mio padre di fronte ai miei occhi, ha portato al suicidio mia madre e mi ha violentata, sotto l'attenzione della mia famiglia, a quel tempo rimasta viva>
Apro la bocca inconsciamente, ma non ne escono parole, ne di conforto ne di alcun tipo. Perché sono tanto sorpresa? Si tratta di William, è quello che stavo cercando, eppure sentirsi dire la verità da questa voce trascinata dal dolore è simile a una stilettata.
<Io ... non lo sapevo>
<Come potevi farlo? Nessuna delle altre ragazze ne è a conoscenza, figurati tu ... una ragazza che non è nemmeno una puttana>, mi gelo sul posto e lei pare notarlo. Il suo sguardo si alza in direzione del mio, smuovendo quella cascata liscia di castani capelli. <Mi sbaglio?>
<Come lo sai?>
<Semplice istinto, sei diversa, aggraziata. Con questo non voglio dire che sei infantile ma che non sembri macchiata di tristezza come tutte noi. Puoi aver sofferto, ma è niente in confronto ai dolori che ci vengono trasmessi qui, verbali quanto carnali. Questo posto è una continua tortura, ed io non riesco ad uscire dal suo meccanismo. Non posso uscirne>
La sconforto l'ha raggiunta, intrappolandole le mani in un gioco ipnotico creato al fine di catturare tutte le venature di questo basamento marmoreo, trascinando anche i suoi occhi nell'impresa.
<Cosa intendi dire?>
<Sono debitrice a William di una grossa somma di denaro, e rimasta la sola della mia famiglia a poterla estinguere sono costretta a lavorare in questo posto per lui. Se solo potessi ucciderlo lo farei. Se solo ... provasse a rimanere nuovamente solo con me non rimarrei immobile, lasciandomi colpire. Userei quell'attimo donato come una benedizione, e lo priverei della vita, con un colpo di pistola, dritto alla tempia. Proprio come ha fatto con mio padre>
<Solo parole pericolose, non temi che qualcuno possa sentirti?>
Lorelan ride, in maniera maledettamente triste. <Che sentano pure, io sono già morta. Non ho niente per cui rischiare, e niente che mi spinga a vivere. Lotto solo per la vendetta, e per un riscatto che possa allietarmi il respiro della morte, una volta giunta>
<Non puoi pensarla veramente così. Sei giovane, hai ancora una vita davanti>
<Sei tenera a pensarlo>
<Non lo penso, lo credo. Devi lottare. Non per la vendetta ma per te stessa>
<A qual scopo?>, chiede, osservandomi con quegli occhi immobili e diffidenti.
<Lo troverai lo scopo, però adesso devo dirti una cosa>, confesso, per poi osservare velocemente lo spazio intorno a noi e notare che il barista ancora risiede lontano dal nostro piccolo confessionale. <Hai ragione, non sono una prostituta di alto borgo, non sono una prostituta e basta, sono una ragazza, vengo dal South Side, sono povera e William vuole portarmi via tutto>
<Io sono diventata povera>
<Possiamo batterlo insieme, tu da dentro io da fuori, devi solo raccontarmi quello che vedi, e scoprire quanto puoi su di lui>
<Che cosa per esempio?>
Tentenno nel rivelarlo, ma poi mi faccio avanti.
<Hai detto anche tu che si tratta di un sicario, ed io aggiungo che è anche un sadico maniaco che uccide spesso le donne, soffocandole con delle corde, dopo aver lasciato loro evidenti tagli, sulla pelle e in ogni centimetro di nudità. Credo che le vittime siano le prostitute di questo bordello ma tu potresti confermarlo, e aiutarmi a incastrarlo. Te la sentiresti?>
<Dovrei stare attenta a non farmi scoprire. William mi tiene sotto stretta sorveglianza>
<Se non vuoi non importa, troverò un modo per farcela, e ottenere la nostra vendetta>
Lorelan resta ferma a fissarmi, facendo scorrere le mani lungo il gambo in vetro del bicchiere, ragionando con attenzione alle mosse future.
<No. No, lo farò. William viene a trovarmi solo in certi momenti nonostante mi controlli costantemente. Cercherò di osservare con più attenzione i momenti in cui viene a farci visita qui al SaPlaya e te lo riferirò. Soggiorno in un motel pagato dalla matresse, come tutte le ragazze qui presenti quindi sarei libera di raggiungerti, nel tuo South Side, e parlarti>
<Sembra perfetto>
<Per trovarti avrei bisogno di un nome>, sorride. La ricambio e dopo un momento porgo la mano.
Il gesto è fatto tanto di nascosto da farci apparire delle bambine, nella loro ora di merenda scolastica, intente a scambiarsi segreti.
<Mi chiamo Megan. E tu?>
<Lorelan> Spalanco gli occhi, avendo pensato si trattasse di un soprannome e lei ride, in un modo bello, gioioso, lasciando cadere la testa indietro. <Sono una temeraria, non ho un soprannome>, confessa, poi si fa più seria e sussurra: <come ti ho detto, non ho niente da perdere>
E detto questo si alza, incamminandosi in direzione della sala con il bicchiere ancora tra le dita.
Osservo il suo ondeggiare degno di una grande dama, femminile e agguerrita tanto da essere ammirata con particolare invidia, prima di tornare a porre le spalle in direzione del resto della sala, schermandomi dal mondo.
<E' davvero bella, non è vero?>, mi domanda Joffrey indicando con un cenno del capo Lorelan, ed io sorrido.
<Ed è anche forte>
<Prima d'ora non l'avevo mai vista così. Abbiamo sempre parlato molto, era solita sedersi proprio dove sei tu ora, ma in tutte quelle occasioni il suo viso era abbattuto, sconfitto. Per caso tieni la gioia di vivere nascosta da qualche parte? Che cosa le hai offerto per farla tornare a sorridere così? E' agguerrita come non mai e la vedo pure parlare con quel gruppo di uomini!>
Sorrido voltandomi per constatarlo, contrapponendo la sua immagine di ragazza forte a quella descritta da Joffrey poco fa.
Vendetta. Ecco che cosa le ho offerto.
Piatto prelibato che non può permettersi di rifiutare.
<Chi lo sa, magari nascondo il trucco per il buon umore>
<Allora non abbandonarci mai, Dio solo sa quanto ne abbiamo bisogno qua dentro>
Alle mie spalle sento la porta di ingresso aprirsi lentamente, lasciando entrare un freddo gelo.
Sto assaporando il liquido trasparente rimastomi quando una voce, con un tono calmo e imparziale, sferza l'aria, togliendo il respiro.
<Due dita di Bourbon, Joffrey>
<In arrivo, signore>
Pochi passi. Pochi passi e sento la sua presenza vicino. Alle mie spalle avverto il calore del suo corpo, il suo respiro sfiorare la mia nudità in più punti.
Per l'occasione ho indosso un vestito nero, simile a quello dell'ultima volta in cui ci siamo visti, che mi lascia scoperta la schiena dalla quale percepisco il gelo. Ai piedi calzo tacchi tanto alti da farmi raggiungere terra, oggetto scenico del quale mi vorrei privare per riuscire a correre via lontano da questo assassino di speranza.
Distante ... da questo cacciatore di farfalle.
<Grazie Joffrey. Hai finito il tuo turno per stasera, giusto?>
<Giusto signore, mi vado a cambiare allora>
<A domani>
<A domani signore>
Il cameriere mi abbandona lasciandomi a lui, ancora in piedi alle mie spalle. In volto porto la maschera ma non occorre niente per sciogliere il nodo che la tiene ferma. Lo sento sporgersi, allungando una mano in direzione del cocktail. Tremo nell'attimo in cui il suo petto tocca la mia schiena e rabbrividisco, trattenendo un sussulto.
Lo vedo sorridere, e poi cercare di nasconderlo mordendosi un labbro.
<Perdono>, sussurra al mio orecchio, ed io percependo il suo divertimento cerco di darmi un contegno, recuperando la mia vera maschera di indifferenza, la sola che può tenerlo lontano.
William si allontana con tra le mani il cristallino bicchiere di bourbon, salendo quindi le scale dell'ufficio superiore attirando il mio sguardo, che tento di mascherare dietro il vetro del mio bicchiere.
Assottiglio gli occhi non perdendolo di vista mentre apre la porta, arrivando nella stanza della madre. Un rumore di vetro rotto però attira la mia attenzione.
Nicole è in piedi con uno sguardo di pura furia dipinto in viso mentre Trilli sembra impaurita e dispiaciuta, seduta ancora al suo fianco.
<Che cosa ha osato dirmi, vuole ripetere?>
<Calmati, puttana, ti paghiamo per quello>
<Che cosa?>
<Beatrix, per favore calmati!>
<Non mi calmo affatto, non si deve permettere!>
<Beatrix ...>
Un uomo si alza, e ne segue anche il pervertito che le si era rivolto. I due discutono parole che non riesco a sentire. Parte una rissa e Nicole è nel mezzo.
Le altre ragazze si sono immobilizzate e osservano stupite il teatrino venutosi a creare, e capendo che non si tratta di un'evento abitudinale tento di fermarlo, alzandomi in piedi senza riuscirci.
La testa mi gira, e mi sento cadere a terra, ma prima che precipiti al suolo delle mani mi afferrano, dolci braccia mi stringono ed un'odore familiare, che ricorda il sole, mi raggiunge in un contorno privo di immagini.
Sento la voce della mia amica, e un sovrapporsi di suoni. Schiaffi, pugni e vetri rotti all'interno del locale, e poi più nulla, l'aria fredda mi sferza il viso, la voce della mia amica mi è tornata vicino.
<Come sta si stente bene? L'ho vista svenire, starà bene?>
Non percepisco risposta, cadendo nel vortice nel mio oscuro buio, circondata però ancora da quel paio di familiari braccia.
Quando riprendo contatto con la realtà riconosco la mia stanza. La tenda è tirata, la luce dall'esterno non filtra, ma quella del comodino è stata appositamente scelta per rischiarare la stanza. Trovo Nicole seduta sulla poltrona presente in un angolo, con una faccia preoccupata.
<Meg! Meg, grazie a Dio stai bene!>
<Che è successo?>
<Sei svenuta, non lo ricordi?>
<Ricordo che cadevo ... stavo cadendo ma qualcuno mi ha fermata>
<Ci ha riportate qui con la sua macchina>
<Chi?>
<Non lo so, non lo conoscevo, ma tu eri tranquilla in braccio a lui>
<Di chi stai parlando Nic?>
<Di un uomo sulla quarantina, con un filo di barba e gli occhi verdi, i capelli un po' lunghi e arricciati dietro l'orecchio. Era davvero bello e affascinante, diceva di essere il barista in sostituzione a Joffrey che aveva finito il turno, ma io non gli ho creduto e lui mi ha ignorata.
Mi ha chiesto la via di casa e ti ha messo a letto, senza svegliare tua madre.
E' una fortuna che Caleb non ci abbia incontrato per le scale, non avrei saputo che dirgli. Tu continuavi a dormire tranquilla e non ti ho voluto svegliare. Chissà chi era quel nostro salvatore, certo è che ci ha portato via dai casini, in quel locale è scoppiata una vera e propria rissa ... mi piacerebbe conoscerlo, così da ringraziarlo>
Non puoi conoscerlo, Nicole, quell'uomo era un uomo del passato, non è più vivo oggi.
Quell'uomo era il mio soldato dell'amore senza guerra, che adesso però sta marciando nella sua lotta della quale io non so più niente.
Il mio soldato, il mio confidente. Il fratello ed il padre che non ho mai avuto e che un tempo vegliava su di me.
E che adesso vuole farmi credere continui a fare.
Spegno la luce cadendo nel buio della notte, senza preoccuparmi di cambiare gli abiti.
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