27- Una giornata al mare

P.O.V.
Caleb

Tengo la mano ferma sul volante mentre con l'altra mi torturo il labbro. Megan è seduta al mio fianco dal lato del passeggero, con il sole a illuminarle i capelli e nel silenzio che avvolge l'abitacolo la mia mente corre agli eventi di questa mattina, riportandoli a galla.

Le chiavi della macchina oscillano nell'altalena creata dalle sue dita, in un moto lento di divertimento misto a rimprovero, non appena scopre a cosa servono. Da che era partito per la città non avevamo avuto più modo di parlare, ma indipendentemente da questo è comunque il primo dei nostri amici a scoprire che io e Megan stiamo insieme: i miei occhi lo avevano rivelato, precedendo parole che non avrei mai voluto esprimere, ma Kevin è sempre stato bravo a interpretare, specialmente me, ed è forse per questo che la mia mente lo considera alla pari di un fratello maggiore, di Francis, in modo da offrirmi una seconda possibilità nel donare quell'amore che, un tempo, non ero stato in grado di esprimere. Ma non era solo Megan la novità: la felicità mi aveva trascinato nelle sue acque ma la preoccupazione era corsa a macchiarle di petrolio, togliendomi l'aria, e neanche questa apnea era passata inosservata. La presenza di Richard e William nella nostra città mi tormentava i pensieri, e mi rende irrequieto di fronte alle richieste di Kevin in merito a ulteriori dettagli ma lo aggiorno ugualmente, fino a deformargli il viso in una glaciale espressione di passività.

<Richard Lee, eh? Un pezzo grosso ...>

<Lo conosci?>

<C'è qualcuno che non lo conosce? Caleb ... è un uomo importante, un boss nel vero senso del termine, un mafioso, e se veramente l'ultimo caso di tuo fratello lo riguardava allora capirai da solo che la sua morte può non essere stata una semplice coincidenza>

<C'è dell'altro. Abbiamo conosciuto un uomo. Sembra far parte del suo passato e cerca giustizia. Ha detto di volerci aiutare>

<Per cosa?>

<Per incastrarlo ... Ian dovrà entrare nelle sue grazie mentre io prenderò il posto di Francis alla centrale>

<Basta così. Tutto questo è assurdo Caleb, non siamo in un film, perché lo vuoi fare?>

Alzo gli occhi di scatto al suono di quella domanda. <Non lo sai?>

<Francis è morto da tempo, ti voleva bene e avrebbe voluto che tu fossi felice con la donna che ami>

<Posso vendicarlo>

<Caleb...>

<Posso farlo! Posso rimediare ai suoi passi falsi, e riuscire dove lui ha fallito>

<Questa non è l'ennesima sfida per decretare il migliore tra di voi, lo capisci? Si tratta di mettere in gioco la propria vita, e rischiare di perderla. E' questo che vuoi, dopo aver avuto Megan?>

<Non si tratta di una gara, Kevin ... in realtà non lo è mai stata>, confesso, nonostante costi una fatica immane. Io voglio bene a mio fratello. Da sempre. Tanto da bambino quanto da uomo, adesso. Carlail lo aveva capito molto tempo fa. Prima ancora, forse, di quando potessimo farlo noi due. <Si tratta di far risorgere gli ideali di giustizia per cui mio fratello ha dato la vita, e farli risalire da questo mare di bugie. Non lascerò ad altri il potere di distorcere la verità>

Non concederò nuove omissioni. Non permetterò che l'ignoranza di persone semplici possa continuare ad essere uno strumento per altri.

<Dio, tutto questo è assurdo ...>

<Perché? Credi che non potremmo farcela? Non credi in noi?>

Kevin resta a fissarmi, in piedi di fronte a me, che me ne sto seduto su questo tavolo di legno in un parco di città, con il suono delle risate dei bambini, dall'altra parte della strada, in sottofondo.

<No ... no Caleb è il contrario. Tu e Ian vi equilibrate, ed è il pensiero che forse potreste realmente farcela a farmi paura. La gente non vi capisce al primo sguardo, ma io ormai ti conosco, conosco la persona che sei ... e sei una testa calda, che ama la passione molto più della ragione nonostante gli infiniti silenzi nei quali ti perdi e che fanno credere il contrario. Tu passi all'azione, non pensi troppo, e questo molte volte ti oscura la vista, ma ti muove sempre un'incredibile spirito di sacrificio, lo stesso di Ian, nonostante la maggior parte del tempo lui resti distante.

E' sempre stato così, tutte le volte me lo rivelavi con la rabbia ... e che fosse nei confronti di Francis o di Megan non faceva differenza. Eri arrabbiato con loro la maggior parte del tempo perché li amavi troppo, e saresti stato un problema anche per me se non fossi stato tanto in grado di capirti. Così come ha fatto Megan. 

C'è lei adesso, nel posto che chiami casa, ad aspettarti e ti ama. E' da anni che lo fa. Megan ti aspetta e tu non sei più solo. Quindi ho solo questo da dirti, ricordatelo quando ti troverai a soffrire: non sei più solo, lei soffrirà con te dei tuoi dolori come ha sempre fatto, e se veramente la ami fa che non debba versare le sue ultime lacrime sul legno della tua bara. Evitale ciò che hai passato tu nel corso di questi anni e falla felice. Ragiona con la testa ma fatti guidare dal cuore, ora più che mai. Quegli uomini sono solo comandati dall'avarizia e dalla fama di potere. Il vero amore che tu possiedi, nei tuoi ideali, nella tua libertà, loro non lo conoscono, ma è un bene, perché può essere la tua arma. Usa l'amore che provi e che Francis, tradito da tutti gli altri, non era stato in grado di manifestare, e li batterai. Tu e Ian avete il cuore puro, e se è la giustizia che volete ottenere allora sarete in grado di batterli, ad armi pari>

Un cuore puro.

Non ho mai pensato di averlo.

Mi sono sempre considerato il ragazzo sbagliato, quello macchiato di errori e sbagli volontariamente commessi, quello nato da un sentimento oscuro che lo portava a percorrere strade diverse e più tortuose dei semplici sentieri scelti da altri, il terzo ragazzo di un duo già perfetto, il solo non abbastanza capace di amare perché l'amore si era sempre manifestato come merce rara da offrire, e che donandosi si mutava in sottili granelli di polvere, tanto da risultare inesistente.

Da sempre ero quello odiato e mai compreso, che faceva a botte, che cambiava ogni notte la ragazza per poi rinchiudersi delle ore in un mutismo selettivo e allora perché sono qui? Perché sono seduto accanto alla donna che amo, e perché lei sembra sorridere? Cosa ho fatto per avere un dono del genere?

Sono stato tutto questo, rancore, rabbia e dolore, ma con lei ero anche altro. Solo a lei ho sempre riservato qualcosa di più, anche se alle volte in maniera inconscia. Un bacio, una carezza, una mezza frase piena di emozioni e altre parole che non ero in grado di pronunciare e lei se ne era accorta. Aveva sempre visto tutto ed era stata partecipe del mio gioco, l'unico che ci vedeva soli e a cuori aperti, in grado di portarci fino a qui. Fianco a fianco, in una calda e soleggiata giornata autunnale che ricorda molto l'estate, con addosso vestiti leggeri e occhiali da sole, mentre il vento dai finestrini passa le sue invisibili mani tra i nostri capelli, modificandoli a ciocche.

Che cosa ho fatto per averla? Era bastato davvero, semplicemente, mostrarle una piccola parte del mio cuore per spingerla a restare? Quella piccola, minuscola parte che le ho lasciato intravedere dietro dialoghi di pura gelosia e rabbia, guidati dalle grida? 

Che occhi hai avuto, Meg, per vedere dietro a tutto questo? Quanto sei stata in grado di scoprire, del mio amore? Adesso te ne rendo partecipe, quasi senza più paure, desideroso di scoprire sempre più del tuo, eppure avrei voluto tanto avere i tuoi occhi, perché di una cosa sono certo. Sei tu ad avere il cuore puro, più di tutti noi, più degli ideali di libertà che infiammano il cuore di Ian, più dei miei di giustizia, più di qualsiasi altra cosa che può esserci nel mezzo, perché sei tu che doni amore. Tu lo fai, ti spingi all'azione perché ami il South Side, per quanto con le tue tragiche e stanche parole la sera tardi vorresti far credere il contrario, tu lo ami, e lo vuoi proteggere. Ho imparato da te a vedere e sentire le vere parole dietro i mille discorsi, ed è per questo che non ti dico niente, per questo che non ti ho ancora rivelato di Damien e del suo piano per noi, perché la paura ancora una volta mi ha attanagliato la gola, perché ... tutto questo tuo amore ed il modo incondizionato con cui ti offri per gli altri mi fanno esitare dal donarti, sacrificarti a questo altare di comunione perché ho paura di veder versato il tuo sangue, ho paura che possa accaderti qualcosa di grave e che tu ci finisca in mezzo, forse senza accorgertene, a causa del tuo coraggio o della stupida audacia. Ho paura di ritrovarmi ancora una volta in piedi nella prima fila di panche di una chiesa tanto buia quanto fredda a fissare il tuo feretro. Ho paura di essere io a versare quelle lacrime.
Ti arrabbieresti se solo provassi a rivelartelo, mi daresti dell'egoista perché anche tu mi ami, e in quella chiesa nessuno dei due vorrebbe metterci più piede. Mi costringeresti a ritirarmi proprio come io sto facendo con te ... ma c'è molto altro in ballo, c'è il passato, quel fantasma di Francis che ancora mi vortica intorno ed il diavolo di Damien nel prossimo futuro, che ancora detiene nel suo calderone un miscuglio di segreti che desidero bere ed estirpare, così come esiste William, ed esiste Richard.

Non posso schierarti perché ti amo. Persino negli scacchi a cui mi ha insegnato mio padre a giocare funziona così: il re difende la regina, ed io l'ho sempre fatto. Ti ho protetta e ti ho amata. Non smetterò di farlo adesso.

<Caleb?>

<Mh?>

<Che cos'hai?>

<Non è niente, capricciosa>, le rispondo tornando a fissarla, e rimango stregato. Il sole le illumina il volto oltre che le gambe rimaste scoperte dal vestito a pois nero e bianco, in cui sono i pois a regnare sul nero, risalito dopo averla sentita accavallarle, e da minuti sono stregato dalla magia data semplicemente dalla sua presenza, nonostante continui ostinata la sua lotta al silenzio, serrando le sue belle labbra, ed è a loro che presto la mia totale attenzione dopo la tacita quanto mentale riflessione.

<Caleb? Guarda la strada>

<Lo sto facendo>

<No. Mi stai fissando le labbra>

<E' che ci sta proprio bene il mio morso lì sopra>, ammetto candidamente osservando il segno lasciato dai miei denti. Gliel'ho fatto sotto il portone di casa, avendola trovata imbambolata a fissarmi, o meglio analizzarmi da capo a piedi mentre ero vestito con questa semplice canotta e i pantaloncini corti e me ne stavo fermo ad aspettarla al fianco della macchina. Era stato istintivo, perciò mi ero fatto avanti ed ero tornato ad assaggiarla, anche se questo aveva provocato uno scatto d'ira da parte sua. Forse avrebbe preferito un bacio, ma la dolcezza non era passata dal cervello vedendo come mi guardava.

E poi mi piace da matti lasciarle dei segni addosso, ora più che mai.

<Non ci metto niente a ricambiare>, ribatte puntigliosa, alzando un sopracciglio.

<Sul serio?> Annuisce e io sorrido, tornando a guardare la strada. Mi serve proprio un po' di distrazione, così da estinguere tutti questi pensieri. <Forza allora, fatti avanti>

Esita in un primo momento, ed io spio con la coda dell'occhio ogni suo gesto, ma la capricciosa è decisa a ottenere ciò che ha promesso, così si fa più vicina, non alle mie labbra ma al mio collo, dove lascia un debole morso. Nel frattempo una sua mano si è posata sulla mia gamba destra, cercando stabilità, e quel contatto mi brucia la pelle al di sotto dei vestiti.

Sorrido, pensando che perderei se solo ammettessi di starmi facendo distrarre, così cerco quell'indifferenza capace di mandarla su tutte le furie, per quanto sia difficile richiamarla sentendo sulla pelle la morbidezza delle sue labbra.
Fiera del risultato mi abbandona con un bacio, per poi tornarsene sul sedile.
Sento ancora la sua presenza nel punto in cui mi ha marchiato, e capisco che la pace sarà impossibile da ottenere, ma non ho più pensieri in testa.
Merito della magia della piccola ragazzina al mio fianco.

Torno a spiarla con un mezzo sorriso, e la trovo con le braccia incrociate sotto il seno, mossa che inevitabilmente lo porta in evidenza distraendomi più del necessario, e con uno sguardo all'apparenza felice ma in attesa di una mia parola, che non intendo donarle. Non ha scrupoli però, e viene a cercarla.

<Allora, vuoi dirmi dove sei stato?>

Lo farei, se solo non equivalesse a mentirle di nuovo o a stabilire una verità che la mia mente e la mia bocca ancora non accettano sentenziare.

<Caleb> mi richiama nuovamente, con lo stesso tono di poco fa. <... non mi piace condividere>

<Credevo di averti fatto capire come la penso in proposito già ieri sera, nel bagno di quel ristorante>, confesso con voce calma e con schiettezza, ricordandole come i nostri corpi sono tornati ad unirsi dopo una distanza parsa eterna, e come mi sono intinto nel mare della gelosia vedendola insieme a Louis. Ma Megan non è dello stesso avviso. Pare proprio non capire e mi aspetta ancora, trepidante e preoccupata.

Decido di giocare con il fuoco, solo perché adoro bruciarmi.

<Accidenti, fai sul serio? E ora che dico all'altra ragazza?>

<Lasciami qui>, le sento dire, evitando il mio sguardo quanto il mio sorriso.

<Scordatelo>

<Accidenti Caleb, ti condivido con un'altra! Non voglio, non mi piace. Lasciami qui e dimenticati del mare>

Dunque può essere la sola a scherzare? Una volta, mentre ero dentro di lei, con un sorriso mi ha detto di stare pensando a un altro, ed io avevo capito che non stesse facendo sul serio, nonostante la frase mi avesse infastidito, quindi perché non si accorge che si tratta della stessa cosa? Come può credere veramente che ci sia un'altra?

<Megan ... >

<Che c'è?!> mi urla addosso, e nonostante il fastidio che mi procura la sua insicurezza, la sua rabbia è un nettare dolce da spalmarsi sulla bocca per poter essere assaporato.

Cerco, cerco sempre qualsiasi traccia del suo amore. E di quella mi nutro per continuare a vivere.

Decido di giocare pesante una volta che la strada si mostra completamente libera e rettilinea, solo per noi.

<Facciamo l'amore quasi ogni giorno, ed io ti ho aspettata per tredici anni. Credi sul serio che adesso vorrei un'altra, al posto tuo?>

<Anche io ti ho aspettato tredici anni non sei il solo!> mi urla addosso, ed io per una frazione di secondo spalanco gli occhi a quella riflessione, cercando di mascherarlo però l'attimo dopo. Il cuore batte come un pazzo nel petto.

<Quindi, cosa vuoi dirmi Meg?>

<Che voglio solo te ...> sussurra, forse sperando che non riesca a sentirla. Ma ci riesco eccome. 

<Anche io voglio solo te, nessun'altra>

<Allora dove sei stato quei due giorni in cui non mi hai cercata? Con chi eri?>

Prendo un profondo respiro, decidendo di rivelare, anche se in parte, la verità.

<Ci sono stati molti problemi, in casa quanto con Ian, l'ho aiutato a cercarsi un lavoro. Insieme abbiamo lasciato il suo curriculum in molti posti e l'ho accompagnato a fare dei colloqui ma ancora non ha avuto risposta. E per quanto riguarda la situazione in casa si tratta di mia madre ... è scappata da quelle poche responsabilità che le erano rimaste nei miei confronti, poco dopo la festa di paese. Entrando in casa ho visto il suo biglietto sul tavolo da pranzo e devo dire che ha concluso tutto in appena due righe in cui mi spiegava di essere stata accolta in casa di una sua vecchia amica, e di voler passare da lei le prossime due settimane. Non ne conosco il motivo ma avevo bisogno di stare un po' da solo. Diciamo che il mare è la mia espiazione per non averti cercata>

<Avremmo potuto affrontare tutto questo insieme, Caleb>

<Lo so ...>, confesso con un nodo in gola, finendo inevitabilmente a pensare anche a Damien, oltre tutto questo.

<Ehi guardami ... Caleb guardami> Sento le sue mani intorno al viso accompagnare la sua dolce voce. La macchina è ferma e noi siamo in fila, terzi dinanzi alla rossa imposizione di un semaforo, ma è solo il verde dei suoi occhi che trovo l'attimo dopo che con quelle flebili dita mi ha spinto a fissarla, e l'espressione che le scopro addosso mi rallenta il battito. <Io non sono una tua nemica, puoi ... parlare con me. Possiamo anche litigare perché stiamo insieme, e siamo complici, ma non voglio più che siamo divisi ... la tua assenza mi ha fatto male, come sapere che non mi parli. Tua madre è importante per te, e io lo so, è la sola famiglia che ti resta. Vorrei solo che tu capissi che non sono più la ragazzina che quando volevi ti trovavi a odiare e evitare, a tuo piacere, così da isolarti dal mondo. Sono la tua ragazza e non ti permetterò di scappare, specie dalle cose che possiamo risolvere insieme, hai capito?>

<Megan?>

<Si?>

<Avvicinati e baciami> Le ordino, mentre le macchine intorno a noi sono ancora imbottigliate dal traffico e il vento dell'autunno passa dai nostri finestrini introducendosi sotto gli abiti leggeri. E Megan si sporge, si fa più vicina mentre io non mi muovo affatto, bisognoso della sua prova d'amore come mai prima d'ora. Teniamo gli occhi fissi negli occhi durante quella breve tratta. Sostengo il suo sguardo e non cedo, attirandola sempre di più a me finché la sua presenza irreale e magica, circondata di luce, non si fa concreta percezione. Le sue labbra morbide arrivano alle mie e a quel punto chiudo gli occhi godendomi il loro tocco, e senza esitare nel portarlo su di un altro livello.

Cerco la sua lingua, e intrappolandola in un ballo ci gioco, scopro il suo respiro, e lo faccio mio, prendendo ogni cosa posandole una mano sul viso per tenerla vicina, ed è incredibile quanto possa non bastarmi. Ogni suo bacio è al sapore di pesca, mi fa impazzire, come la sua dolce morbidezza e il profumo di lavanda che riescono letteralmente a mandarmi in paradiso ogni volta. E in questa, in particolare, di volta staccarmi risulta ancora più difficile che in passato, ma ci riesco deciso nel tornarle a parlarle.

<Non fuggirò più da te, capricciosa>

<Dici? Allora vedi di non dimenticarlo>

Il traffico riprende a scorrere, e a noi manca solo un'ora per arrivare e non scorre lenta. Megan sembra essere catturata da tutto quello che ha intorno, facendomi arrivare a credere che forse pure a lei serviva una pausa, dallo stress del lavoro, da sua madre con la quale sembra aver passato il tempo mentre eravamo distanti e anche da quei pensieri capaci per brevi attimi di portarmela via.

Non permetterò neanche questo, oggi non andrà da nessuna parte.

Recupero dal portaoggetti gli occhiali da sole con un gesto studiato, sfiorandole la gamba senza far trasparire il mezzo sorriso, e non mi sfuggono i brividi corsi a incresparle la pelle. Serve così poco ...

<Siamo quasi arrivati>, comunico tornando alla guida con la visione oscurata dalle lenti nere.

Ruoto il volante imboccando l'ultima curva prima di arrivare alla pineta designata dove spengo la macchina. Sono appena le undici e stando a quello che ha detto Kevin la spiaggia non è lontana. E' un gesto spontaneo. Appena scesi prendo la mano di Meg e mi incammino, a passo lento finché non inizia lei a correre in quella che sembra essere a tutti gli effetti la direzione verso il mare. Il suono delle onde si fa più vicino, il vento cambia il suo sapore e ci entra negli abiti, e poco dopo siamo di fronte alla spiaggia.

Gli occhi non riescono a catturare per intero la bellezza di vedere per la prima volta, dal vivo, il mare.

Apro appena le bocca e quel sapore salmastro mi bagna le labbra, un gabbiano passa sopra la mia testa, nel suo volo, e continua la sua corsa verso l'orizzonte che non è definito come non è definita la terra dal cielo, mentre il sole già alto crea ombre fitte alle nostre spalle, dalle chiome degli alberi.

Il suono dell'acqua contro gli scogli è più forte di quanto pensassi ma il mare è calmo e cristallino, pieno nel suo fondale di piccoli sassi, presenti poco più in là anche nel nostro squarcio di paradiso mentre qui, ancora, regna la sabbia.

<Togliti le scarpe>, mi sussurra ad un orecchio la voce di Megan già scalza e l'attimo dopo anche di fronte a me a tenermi la mano. Lo faccio e le arrivo più vicino, accostandomi al suo viso, ma avanzando trovo la sabbia e per un attimo penso solo ad arretrare. E' calda ma non scotta, e dà una sensazione strana, come di leggerezza. Il piede affonda appena e i granelli sono tra le dita, ma la magia è il sorriso di lei, il fatto di essere insieme.

<E' strano, non è vero?>

<Si un po'>, ammetto, accostandola l'attimo dopo al mio petto, e posando il mento sulla sua spalla. La sua pelle già profuma di sole. <Sono felice di essere qui, con te>

<Anche io>

Passa la mano tra i miei capelli in una dolce carezza in grado di donarmi pace, mentre siamo ancora fermi, sprofondati nella sabbia.

<Beh ... non c'è nessuno>, constato, e riesco a farla ridere.

<Vorrei vedere, è novembre, è ovvio che non ci sia anima viva al mare>

<Direi che è una fortuna, sai?>

<Che avresti fatto se ci fosse stato pieno di ragazzi>, colpisce, dritta al punto, ed io divertito arriccio le labbra, arrivando vicino alle sue.

<Ti ci avrei portata a dicembre, o a gennaio>

E quindi, probabilmente, con un cappotto addosso.

Un piccolo bacio sul suo viso di rimprovero, e poi fermi così, a fissarci.

<Ce l'hai addosso il costume, capricciosa?>

<Non vedevi l'ora di chiedermelo vero?>

<Me lo fai vedere?>

<Sono indecisa se lasciarmi questo vestito tutto il giorno>

<Ricordati che è la giornata creata apposta per fare pace>

<Se la metti così allora ...> Lentamente si avvia verso un punto creato da quel tappeto di sassi che sembra aver già prestabilito e dalla borsa da mare estrae il telo, lottando per poco contro il vento. La osservo nel suo rituale, facendomi più vicino e togliendomi la maglietta, mentre affondo leggermente nella sabbia.

Arrivato a lei la vedo sfilarsi l'abito, rivelando lentamente centimetro dopo centimetro la sua pelle, ed io non mi perdo un attimo. Poco dopo mi sta fissando con addosso uno slip nero particolarmente sgambato a formarle una V che le enfatizza i fianchi, eppure passa quasi in secondo piano rispetto al pezzo di sopra. Non ha niente di appariscente, indossa un costume completamente nero ma io non ho visto niente di più bello. E a preoccuparmi è l'emozione che sento ogni volta che la vedo, nuda o leggermente esposta che sia non fa differenza perché sembra sempre la prima volta.

Meg ha un seno abbondante e nonostante il costume non riveli niente di sicuro non lo fa passare in secondo piano, ed io non posso che ringraziare la desertica spiaggia scelta e l'averla vista partire dal molo della sua vacanza a soli quattordici anni, e non con queste forme, perché altrimenti sarei uscito veramente pazzo. Ma il casino è di nuovo il modo con cui mi guarda. Sono tentato di lasciarle un altro morso ma non mi muovo, stregato da come sembra accarezzarmi con gli occhi e da come quei suoi capelli corti e mossi le corrono intorno al viso.

<Ti va se ci stendiamo accanto? L'asciugamano è grande per entrambi>, mi dice a voce bassa, perché se c'è una cosa che mi è mancata di più, oltre le sue labbra, in quei due giorni distanti è stato dormire con lei tra le braccia. Il letto era ridicolmente vuoto ma io adesso ne ho abbastanza di quella lontananza. Perciò mi siedo per primo, portandola con me, e l'attimo dopo siamo stesi vicini, su questo letto di minuscoli sassi, con i raggi del sole ad arrivarci contro e quell'odore sempre presente di lavanda che mi ricorda quale posto è veramente casa.

_____________

Meg ha gli occhi chiusi e la testa appoggiata al mio braccio steso, il volto rivolto verso di me e il corpo prono mentre il libro di poesie che ha tentato di leggere giace aperto, anche lui all'ingiù, segnalando il punto in cui si è fermata, essendo sprovvista di un segnalibro, e permettendomi di leggerne il titolo.
"A piena voce" di Vladimir Majakovskij. Giurerei di averne visto passare un altro, di oltre settecento pagine, tra le sue mani meno di cinque giorni fa ma non me ne sorprendo, appena può la trovo sempre con la testa persa tra le righe. Quello di cui mi stupisco è il fatto che ancora non abbia bisogno degli occhiali, e che la troppa lettura su di una pericolante sedia di una cucina quasi totalmente al buio non le abbia danneggiato la vista con il passare degli anni. A sentire sua madre però era un vizio anche del padre, come il fumo, e mi chiedo quante cose si possono realmente ereditare dai genitori. Se semplicemente tratti genetici o anche rituali, pur non avendoli mai visti compiere.

"Ci vuole veramente poco per cadere negli errori dei genitori" torna a perseguitarmi senza motivo la voce di Damien nella testa, ed io ho bisogno di lei per riuscire a mandarla via.

Dal telefono ricavo l'orario, scoprendo le tre del pomeriggio, e forse è il fatto di essermi voltato troppo velocemente a cercarlo ma Meg ora ha un occhio semi aperto e una voce leggermente assonnata.

<Caleb ... mi stavi facendo una foto?>

<Che?>, domando sorridendo. Lei si agita e per un po' non mi risponde, lottando tra il sonno e la veglia per poi decidere la seconda, alzandosi leggermente con la testa.

<Abbiamo solo un foto insieme e risale alle elementari, ricordi? In cortile>

<Si, me la ricordo>

<La tengo nel cassetto del comodino. Alle volte, quando litigavamo, mi veniva voglia di prenderla e fissarla>

<E cosa vedevi?>

<I nostri sorrisi. L'intesa che avevamo specialmente da bambini>

<Ed è importante per te registrare un ricordo con una foto?>

<Può sembrare una banalità, ma si, può essere importante>

<Meg?>

<Mh?>

<Vuoi fare una foto?>

<Te l'ho chiesto perché se me l'avessi fatta l'avrei cancellata.
Sono struccata e in uno stato pietoso, sai?>

Ah si certo, come potevo non notarlo. Oggi a causa del sole non ha nemmeno messo quel filo di mascara quotidiano in grado di allungarle per quel poco che crede le ciglia, ma le serve davvero? Uno spreco di tempo a mio avviso, da impiegare sotto il sole che sta facendo risorgere tutte le lentiggini del suo viso.

Con una mossa le porto la schiena contro il mio petto, senza che sull'istante se ne accorga, piego un gomito appoggiandomi sulla mano la testa e le scosto i capelli dal viso. Poi prendo il telefono facendola ridere e posare entrambe le mani sulla faccia mentre io metto la fotocamera nonostante la sua protesta. Provo a scattare.

Le mordo il collo tra le sue risa, per far in modo che allontani le mani ma non sente storie.

<Meg ... se non allontani le mani sarò costretto a baciarti per giorni, senza pause>

<E questa ti sembra una minaccia?>

Il buonumore mi avvolge, ma non la lascia vincere.

<Allora passerò direttamente a lasciarti dei segni sul corpo, sai ... come si fa con le proprietà>, la provoco, e reazione sperata la nostra prima foto immortala un suo scatto di puro odio. Sono costretto alla dolcezza per poter preservare con uno scatto solo dei bei ricordi.

<Avanti tesoro, non vorrai tenere il broncio di fronte alla telecamera>

<Una tua proprietà? Sul serio?>

<Proprio così>

Lotta con il telefono per potermelo togliere dalle mani, e pigia quale tasto ma non ho il tempo di capire quale. Sotto di me la sento girare ed eccoci faccia a faccia: io sul suo corpo con un sorriso, e lei sotto di me che si finge arrabbiata. Può anche esserlo ma vediamo di chiarire il concetto.

<Sei mia, Meg, rassegnati alla realtà>

<Lo sai vero che non sono un oggetto ma una persona?>

<No, dimostramelo>, la provoco restando immobile, e potrebbe fare un milione di cose la Megan arrabbiata ma cede a lasciarmi un bacio. La fisso poco prima di chiudere gli occhi, godendomi il suo tocco prima che me ne privi.

<Cavolo, si, sei reale. Allora mettiamola così: sei la mia ragazza, può starti bene?>

<Sai dovremmo sentire da Debora quello che è successo ieri sera quando l'hai riaccompagnata a casa, per sapere quanto realmente tu possa essere il mio ragazzo però ...>, alzo gli occhi al cielo di fronte alla sua tenacia, <... però si, diciamo che può starmi bene>, sussurra facendomi tornare a lei. Restiamo a fissarci ed io non ho occhi, ne cuore, che per lei, per la provocante ragazza che mi fissa con coraggio, e poi le cedo, donandole le mie labbra, e non è niente di casto, o minimante tenero quello che sto provando, è rifinito dalla dolcezza ma è un puro fuoco, e solo lei è in grado di accenderlo, solo lei mi tiene stretto così, come sta facendo adesso scorrendo le mani sulla mia schiena, scacciando così le paure alle mie spalle, o stringendomi con le gambe per tenermi più vicino a sé, e sarà la distanza o il fatto che sia la nostra giornata, che lei sia qui quasi completamente priva di rabbia a contatto con me, ma il cuore mi batte a mille, lo sento che vorrebbe sfuggire via per finire nel petto di lei, dove sarebbe più al sicuro probabilmente, non più schiavo dei timori che mi creo e che lo fanno sobbalzare come tuoni.

Lei sarebbe in grado di custodirlo con amore, lei forse potrebbe fare scelte più giuste di quelle che sto per compiere.

<Caleb promettimi una cosa ...>, sussurra interrompendo quel nostro bacio da pazzi ma continuando a parlare nel respiro delle mie labbra, <... io lo so che ci feriremo, lo so che arriverà un momento o più di uno in cui ci grideremo contro e forse nemmeno per scherzo. Ho temuto quegli attimi per tutta la vita perché litigare con te è sempre stata la tortura di settimane di infero in cui non facevo altro che soffrire, ma so che andando avanti in questa relazione ci troveremo a scontrarci di nuovo e mi sta bene, mi sta bene ma tu devi promettere di amarmi, sempre, e forse più di prima. Devi amarmi come l'uomo che sei e che sei stato per tutti questi anni aspettandomi, ma soprattutto per l'uomo che penso diventerai e che mi prometti con questi baci, ed io farò lo stesso, perché sono il riflesso del tuo di amore, e perché anche io ti aspetto da tutta una vita. Quindi se ci promettiamo quel tipo di sentimento, nessuno dei due avrà più motivi per andarsene, ed io ho bisogno di non averne perché ho l'insana insicurezza un giorno di non averti più vicino, che una parola o una mia scelta sbagliata possano allontanarti per sempre da me. E so che la pensi allo stesso modo, anche tu hai paura di perdermi ed io non voglio che accada>

<Meg ... ho una paura insana di perderti>, confesso, ed il cuore a quelle parole è impazzito nella sua corsa ai battiti. Dopo tutto quello che ci sta succedendo, sentire le sue parole mi fa venire voglia di piangere e abbandonare tutto, stringerla a me e ritornare in macchina per correre in un'altra città anche se so che non è possibile da fare. So, ormai, che ognuno ha le proprie responsabilità, e in questo momento vorrei solo dirle quelle poche parole che sento da una vita intera, ma qualcosa mi frena perché non è l'attimo giusto, non qui, non con la paura di sentirsi soli, non con le lacrime agli occhi. Voglio di più, quel giorno, voglio tutto, ma non adesso, perché, per l'incredibile, forse è ancora troppo presto, anche se è quello che sento. <Ma so che non accadrà perché non lo permetterò. Quindi te lo prometto Meg, te lo prometto. Un giorno avrai il tipo d'amore che meriti, il solo in grado di farti felice>

<Come stipuliamo questo accordo?>

<Che ne dici di un bacio?>

<No, ci vuole un oggetto, come un promemoria, che ci ricordi la promessa fatta. Ecco qua ...>, dopo una veloce quanto attenta ricerca dalla sabbia ha estratto una piccola conchiglia, dalla forma strana e dal colore rosato, attorcigliata in se stessa sotto i nostri occhi e piccola, appena pochi centimetri. E' il mio turno stavolta e con gli occhi, data la sua impazienza, colgo la prima cosa sotto tiro, e si tratta di un piccolo sasso colorato, probabilmente del vetro levigato dalle onde del mare, anche quello abbastanza piccolo da superare di poco l'altezza della conchiglia.

<C'è un piccolo pezzo verde di vetro, levigato dal mare, proprio sopra la tua testa, e fortuna vuole che sfoggi anche un foro, sai, capace di far passare una cordicella>

<Ah si?>

<Beh si ... tu volessi, non so, tenerlo al collo visto quanto sembri tenere a questo nostro promemoria>

<Mi farebbe piacere sai?>

<Si?>

Sorride e lentamente annuisce. <Occupati di quel sasso, occhi belli, io faccio un tuffo in acqua>, le sento dire e l'attimo dopo la sto già seguendo con gli occhi nella direzione da lei imboccata verso il mare. Studio come le onde la sfiorino prima di tornare a quel sasso levigato e provare a prenderlo, accorgendomi di avere una delle mani ancora occupata dal telefono.

Mi metto a sedere e studio la schermata, scoprendo la funzione attiva della registrazione. Il video sta ancora filmando da circa sette minuti, e adesso sono in primo piano. Deve aver ripreso le nostre parole, da che lei l'ha toccato. Non mi lascio sfuggire l'occasione e rivolgo la telecamera verso il mare, verso Meg che sta entrando in acqua.

Le onde le arrivano a poco più che il ginocchio ma lei leggermente va loro incontro, perdendosi nel loro richiamo, e sembra una bellissima sirena attratta dal mare, con i capelli mossi dalla brezza marina, il cielo limpido e gli scogli poco distanti.

Resto a fissarla, ignorando lo schermo e studiando la realtà, prima di tornare a quel vetro affogato nella sabbia, che mi richiama occhi e corpo, in un vero canto.

____________

Ormai l'acqua le ha raggiunto le spalle, e forse è anche troppo perché muove quale passo in direzione della riva, tenendomi gli occhi addosso.

<Non mi raggiungi?>, mi interroga la sirena. Mi offro modo di pensarci, solo pochi attimi, prima di lasciare il telefono ormai bloccato nel video da un pezzo all'interno della sua borsa, e solo dopo aver abbandonato anche quei brevi e distratti tentativi fatti nel trovare la cordicella giusta che potesse fare da collana a quel ciondolo verde scuro, e poi la raggiungo. Lentamente volendo continuare da lontano ad osservarla, ma poi è inevitabile l'arrivo delle onde.

I piedi sul bagnasciuga adesso sono ancora più affossati nella sabbia, venendo colpiti dalla schiuma, che osservo ritirarsi l'attimo dopo avermi sfiorato. Non ero mai stato in un posto simile, mai stato al mare nonostante disti poche ore da casa, e questo perché non avevo la macchina o motivi per andare, motivi che non fossero fare la pace con lei.

Meg mi segue con gli occhi, consapevole di queste nuove esperienze, ed io avanzo deciso a scoprirne altre ... per arrivare a lei che nel contempo avanza accorciando la distanza, finché non ci troviamo entrambi con l'acqua lambita intorno ai fianchi, vicini come se fossimo stretti in un abbraccio, i gomiti di lei sulle spalle e le sue mani bagnate tra i capelli.

<Cosa ne pensi? Ti piace il mare?>, si offre modo di scoprire, ed immerso dalla vita in giù nelle sue acque sento come la corrente mi tiri a se per poi spingermi via, come i sassi della riva siano presenti anche in continuità sul fondo nel quale nuotano anche piccoli e velocissimi pesci grigi che si allontanano verso un blu più scuro dopo aver fallo slalom tra le nostre caviglie, e sorrido all'emozione che regala, e a cui si aggiunge anche la carezza sul corpo bagnato di lei e il suo costume e la sua pelle venuti a sfiorarmi il petto bruciato dal sole, in quella che sembra essere a tutti gli effetti l'approccio di una seduzione.

<Si, è molto bello e diverso da tutto il resto>

<Come un mondo a parte, non è vero?>

Dannatamente vero. Ed io ora con lei sono in un altro universo, privo totalmente di contesto.

Le mani di Meg continuano a sfiorarmi lungo il collo, sulle spalle, ed io le lascio fare curioso della loro destinazione. Accorgendomi dannatamente bene della leggera pressione che sembrano esercitare.

<Meg, che vuoi fare?>

<Niente perché?Ti sto solo accarezzando>
Sorriso di un angelo, occhi di diavolo. Vuole farmi cadere. Ma io sono ben piantato a terra e deciso a vincere. Lo ha capito? Forse perché scopre le carte.

Finalmente arriva al mio petto e spinge, facendomi solo arretrare in una risata, ma se è la guerra che vuole è ora che rimetta la bambina apposto lasciandole capire chi vince.

L'afferro senza sforzo sotto le gambe, caricandomela in braccio come avevo fatto la notte delle confessioni in cui era ubriaca, e prendo slancio faccio per tirarla, ma come ho già detto ... in lei vive anche un diavolo. All'ultimo secondo riesce a farmi passare le braccia intorno al collo e spingermi giù, con lei. Riemergo boccheggiando e gli occhi rimasti aperti mi bruciano venendo a contatto con il sole, mentre la sua risata sovrasta il rumore delle onde. Per spingerla in mare siamo andati a largo, e adesso l'acqua ci arriva al mento.

Passo una mano sul viso pulendo con un gesto gli occhi, premendoci le dita, e rimango stupito quando mi accorgo del sapore rimastomi in bocca.

<Ma ... è salata?>, domando ingenuamente, e Meg annuisce, forse soddisfatta della sua riuscita. L'acqua del mare è salata, non potevo saperlo, avendolo solo visto in fotografia o in un film al cinema.

Visto Meg? Certe sensazioni non si intrappolano in un'istantanea.

Anzi ti regalano nuove emozioni vivendole per la prima volta, la sorpresa fa a gara con l'entusiasmo ed io adesso conosco il sapore del mare, ne sono immerso e lotto contro la sua corrente per non finire lontano, forse vicino all'orizzonte.

<Capricciosa?>

<Si?>

<Avvicinati, dammi le tue labbra>, voglio sentirle macchiate dal sapore del sale. Si fa più vicina fino ad arrivare a me, e sotto il mio comando arriva ad intrecciarmi le sue belle gambe intorno ai fianchi così da stare ferma mentre io sono immobile, piantato a terra, e questo la porta ad essere poco più in alto di me, con le labbra sporte in basso.

Passo una mano sulla sua schiena, che lo sento riesce a coprirsi di brividi, per poi accostarla ancora sottraendo la distanza, e lentamente, molto lentamente mi faccio più vicino, sempre di più alle sue labbra e una volta raggiunte ... riprendo le fila di quell'incredibile bacio interrotto poco fa, mentre le gocce fredde dei suoi capelli corti scorrono sulle nostre guance seguendo le loro trame, scorrendoci sui corpi, per poi ricongiungersi al mare.

Niente ci ferma e adesso siamo brividi, sensibili ad ogni percezione, suscettibili alle carezze ma implacabili nel gioco di stoccate delle nostre lingue, e devo stringere gli occhi, sforzando di contenermi quando la sento farsi sfuggire un debole gemito, capace di farmi a pezzi.

Avvolgo le braccia attorno a lei e la porto completamente contro di me, pelle contro pelle e brividi alla caccia di altri, e quello che veramente mi distrugge è trovare il suo viso leggermente arrossato quando mi allontano. Leggere il sentimento che prova, solo dopo un mio bacio.

<Sono stato uno stupido, Megan. Avrei voluto che tu fossi la prima per me, in ogni cosa>

Resta ad ascoltarmi, con le labbra semiaperte che richiamano il mio sguardo.

<Il primo bacio, la prima fidanzata ... la prima volta>

<Sono stata il primo amore>

<Si ... sei il primo amore. E avresti potuto essere tutto il resto, se non avessi avuto paura>

<L'abbiamo avuta entrambi>

Sfortunatamente era vero, ed anche per troppo tempo.

<Hai mai amato, veramente, qualcuno?>

<No ...>, no confrontato a quello che provo adesso.

<E la tua prima volta ... con chi è stata?> Non vorrebbe fissarmi ma è costretta a farlo, perché non le permetterò nemmeno per un attimo di fuggire via.

<Rachel>

Sorride battuta, afferrandone la memoria. <Ah ... Rachel, me la ricordo. Immaginarmela come una ragazza stronza e piena di trucco mi avrebbe fatto stare meglio>

E Rachel non lo era, era una di quelle ragazzine acqua e sapone, bionda e con dei capelli mossi a mezza spalla, per niente il mio tipo, o il tipo con cui anni dopo sarei andato a letto, eppure mi aveva attratto. Era stata la prima veramente in grado di cogliere la mia attenzione, oltre a Megan, e per un breve periodo quel fatto era riuscito a incuriosirmi e avvicinarmi tanto a lei da avere la mia prima esperienza. Inutile da dire ma l'idea di Megan, anche se arginata, anche in quei momenti era radicata, eppure con Rachel era stata una delle poche volte in cui da sobrio non l'avevo pensata mentre facevo l'amore, ed era un progresso per quegli anni.

<Era anche la sua prima volta, eravamo giovani>

<Tredici anni, sbaglio?>

Sorrido. No, no che non sbaglia. Era stato un anno prima che lei partisse per il mare e incontrasse il caro Quentin. Dopo appena due mesi io e Rachel ci eravamo lasciati, ed io avevo avuto altre ragazze prima di quella partenza. Ricordo ancora la voglia di farla mia quella notte, per lasciarmi un nostro ricordo.

<Avevo voglia di fare l'amore, la notte in cui dormimmo insieme prima del tuo traghetto>

<Lo so, eri diverso. Quella volta fui io ad avere paura>, ammette, ed io non stacco gli occhi dai suoi, ma un ricordo mi modifica le labbra, un boccone amaro spinge nella trachea con forza, non volendo passare inosservato in questa nostra giornata di libertà.

<E io vi ho visti quella notte al Brunett, tu e Ian che vi baciavate. Ho assistito ... al tuo primo bacio>

Spalanca appena le palpebre, mentre le mie braccia ancora la stringono.

<E' capitato, stavamo giocando ad obbligo o verità, e Nicolas mi aveva imposto l'obbligo. L'ho baciato per questo>

<E ti era piaciuto?>

<Mi aveva appena sfiorata ...> Attendo per ricevere la verità. Sono pugnalate inferte al cuore, ma meglio provocarle adesso e far scorrere il sangue in modo che lo porti lontano il mare, che a terra ferma dove potrei non avere più il suo corpo addosso. <Si ... per essere stata la prima volta, con lui mi era piaciuto, e settimane dopo era ricapitato, in casa sua, mi stava insegnando a ballare, un valzer che mi ricordi>

Vorrei ridere di tristezza ma non mi riesce bene, così lei si interrompe a causa del mio distacco, lasciandomi spiegare alle volte l'ironia della sorte.

<Lo aveva imparato da mio padre, gli aveva dato qualche lezione nei pomeriggi che passava da noi. Avevamo una radio, e mio padre gli aveva detto che era il modo migliore per conquistare una donna. Farla ... ballare>

<Mi disse che era per fiducia>

<E poi ti baciò>

<Si mi baciò>

<Come ti bacio io adesso?>

Arrossisce e scuote leggermente il capo. <No>

<Così allora?>, domando leggero, appropriandomi delle sue labbra, desideroso di sapere, ma non abbandonando quella passione che ci contraddistingue in ogni passo.

<No nemmeno così>, risponde staccandosi, con un leggero affanno. <Era solo la mia seconda volta, non ci fu altro>

<Lui ti ama, Megan. Ti ama dal primo giorno che ti ha vista. Ti ama ancora prima di me>

Resta in silenzio, tra le mie braccia, nel mio sguardo.

<Lo so, l'ho scoperto quel pomeriggio passato insieme, prima di tornare a casa e ritrovarti ferito dallo scontro con William>

E non ho bisogno di chiederle cosa prova. Non dopo quello che mi ha detto poco fa. Non conoscendo la ragazza che è, consapevole e desiderosa di non ferire nessuno, almeno che non sia certa della scelta, ed io non voglio parole di sentenza. Non voglio che mi dica che non lo vuole e che ama me, solo per farmi felice. Voglio che vengano da lei quelle frasi, come saranno mie quelle che pronuncerò, ma è ancora troppo, troppo presto.

<Il primo giorno in cui trovammo mio padre a ballare il valzer Ian mi rivelò che vivevi al mio fianco, ed io non riuscivo a crederci. Eri accanto a me, ma a causa dei turni di tua madre non ti avevo mai vista, non giocavi mai con gli altri bambini del condominio sulle scale ed io non sapevo chi fossi>

<Nemmeno io sapevo che eravamo condomini. Vicini, addirittura, è stata una sorpresa>

<Megan? Se potessi tornare indietro ... ti bacerei il giorno stesso in cui ti ho difeso da Julia e dalle altre, nel cortile parrocchiale. Ti bacerei, anche in modo ridicolo, anche appoggiando solo le labbra, ma lo farei, fin da quel momento, ti bacerei>

E forse lei me lo lascerebbe fare, forse se solo potessimo tornare indietro ci troveremmo con un'altra storia da scrivere. Ma il passato è il passato e non c'è tempo per cambiarlo, si può solo vivere il presente e Megan questo lo sa.

<C'è una cosa che non ho mai fatto, e penso che non l'abbia fatta neppure tu>, si fa avanti, avvicinandosi poi al mio orecchio che sfiora con le labbra.

<Non ho mai fatto l'amore in mare>, mi dice, e resto per poco con gli occhi aperti prima di sentire le sue labbra posarmi dolci baci lungo il collo.

Le sue gambe sono ancora strette alla mia vita, la sua bocca è sulla mia pelle e mi sta facendo impazzire, mentre le sue mani sono tra i miei capelli che smuovono dolcemente, a dispetto delle mie immobili e aperte sulla sua schiena, per non allontanarla da me. 

Quei baci continuano, quella lingua non arriva a darmi pace, e a Meg non serve niente per eccitarmi, non serve niente per ridurmi nello stato in cui mi porta, niente solo la voce, solo poche briciole delle sue labbra, ed io sono così, eccitato e duro come il marmo, desideroso di entrarle dentro, pur volendo sempre più lei, prima.

Scorro le mani dalla sua schiena alle sue spalle in modo da abbassarle i lacci del costume impostato a reggiseno così da far uscire i seni e i capezzoli, già rigidi e puntati nella mia direzione. Forse per il freddo, forse per il contatto con l'acqua, forse per il desiderio che ha di me, non posso saperlo, ma arrivo a pizzicarli entrambi sentendo un suo debole gemito, che mi spinge a far scorrere una delle mani al centro delle sue gambe, regalandole ulteriore piacere. Afferra tra i denti un pezzo di pelle alla base del mio collo nell'attimo esatto in cui arrivo con le dita al di sotto del costume, e entro in lei, dopo dolci carezze.

Megan si irrigidisce e si raddrizza a seguito di quella spinta, costringendola quindi a fissarmi negli occhi e a cessare le dolci cure che stava riservando al mio collo. Contro le dita la sento calda, e stretta come non potrà mai smettere di essere. Godo nell'andare con le dita avanti e indietro, stuzzicandola mentre le torturo un seno e la fisso in viso.

Eccitata se possibile è ancora più bella.

Dopo attimi di esitazione Megan sembra riscuotersi e volermi ricambiare il favore, e con le mani la sento esplorarmi il corpo. Sfiora i pettorali, scende lungo le costole, gli addominali, fino ad arrivare al costume. Un tempo si sarebbe fermata li. Adesso le regole sono cambiate. Con una mano tende l'elastico mentre con l'altra mi cerca al di sotto della stoffa, ed io non riesco a trattenermi dal rabbrividire quando l'attimo dopo mi sento nella sua mano.

E' così dolce quando mi sfiora, così delicata ma affatto leggera, mi ama almeno quanto mi tortura, impartendo il suo ritmo dolce e ondeggiante che mi costringe a seguire con i fianchi.

Ricambio la moneta e porto le due dita ancora più a fondo, piegandola in un gemito appena percettibile che le impone di stringere gli occhi, e di riflesso forzare di più la presa intorno a me, ma non mi dispiace affatto.

E in tutto questo sento il disperato bisogno di baciarla. Disperato come la voglia che ho di trovare un posto nel mondo capace di ospitarci così per sempre, e non solo per pochi giorni. Vorrei vedere ad ogni ora il suo viso contratto di piacere, rosso per l'eccitazione che arrivo a darle e maledettamente lussurioso per ogni espressione che riesco a rubarle.

Spingo altre due volte, avanti e indietro le mie dita mentre lei prosegue la sua tortura, e dopo mi prendo il mio bacio, decidendo che per il momento questi preliminari sono anche troppo. Sfilo le mani costringendola a fare lo stesso, e scostandole il costume resto ad afferrarlo con una mano di lato, afferrandole il sedere.

La porto sopra di me, allineata, e l'attimo dopo ... sono dentro di lei.

Vedo le stelle. Il fiato mi si spezza. Cerco le sue labbra e inizialmente non le trovo. Le ha spalancate al seguito del mio ingresso, ed io sfrutto il gesto per appropriarmene per intero, prima di iniziare a spingere.

Stare dentro di lei è sempre infero quanto paradiso, è stretta probabilmente di natura ma mi vuole in un modo che mi spinge a non prenderla mai con troppa gentilezza, arrivando solo pochi minuti dopo fino in fondo, completamente in lei, a godermi la sensazione che mi dà il vivere dentro il suo corpo.

Sto impazzendo, la voglio troppo e l'acqua come immaginavo rallenta i movimenti dei nostri corpi, facendomi rabbrividire di piacere, ma a un tratto sento Meg ricambiare, puntando i gomiti sulle mie spalle mi inizia a spingere contro, ed io credo seriamente di non riuscire a resistere.

E' troppo in questa posa, è troppo vederla così, eccitata e stretta a me nel nostro mare, con gli occhi chiusi e il seno offerto, la bocca aperta ai miei baci, le gambe ancora più ferree nella loro stretta. Vorrei vedere come siamo uniti in questo momento, ma l'acqua non ce lo permette e probabilmente la vista mi ucciderebbe, perciò mi limito a spingere, ruotando in modo alternato il bacino finché non sembro aver raggiunto un punto che la fa bloccare all'improvviso portandola a un piccolo urlo che tenta di soffocare.

Spalanco gli occhi appropriandomi delle sue labbra mentre lei continua a tenerli chiusi, e torno a spingere contro quel punto registrandone la posizione. Le sue unghie si conficcano nella mia pelle ma non me ne importa, sentendola stringersi contro di me sempre di più con le pareti della vagina, provata fin nel profondo dal piacere, contorcendosi fino quasi farmi male ma non mi importa, non mi importa perché la sto amando con tutto me stesso. La sto amando con tutto ciò che posso ed il cuore da questa sfida non ne uscirà vincente o simile rispetto a come l'aveva affronta, e non mi importa. Assolutamente. Niente. Voglio lei. Voglio solo. E unicamente. Lei.

Affondo le mani nel suo sedere spingendola a me un'ultima volta e penetrandola con un'ultima e feroce spinta, proprio in quel punto. Si contrae e geme, geme più volte il mio nome, affonda le unghie e veniamo insieme, una volta che le sono arrivato in fondo, una volta completamente parte l'uno dell'altro. Forse è stato troppo.

Forse ... non era abbastanza.

Regoliamo i respiri senza allontanare le mani, senza lasciare la presa rimanendo così per un altro po', preziosi minuti di un eterno ricordo perché la memoria registra il momento e mai arriverà a cancellarlo. Le sensazioni non spariranno: il respiro di lei sulla spalla, il suo corpo caldo, il mio che si è sciolto nel suo corpo, i battiti feroci dei nostri cuori, le piccole bollicine emesse dai nostri movimenti a bordo dell'acqua che corrono via, tornando a donarci la giusta pace.

Non dimenticherò mai niente di tutto questo.

Perché prima di Megan io non avevo mai fatto l'amore.

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