26- L'intimità di brevi attimi
P.O.V.
Megan
Sono passati due giorni dalla notte della festa. Due interi giorni nei quali non ho visto né Caleb, né Ian da nessuna parte. Ho passato i pomeriggi in casa con mia madre, ricreando le fila di quel rapporto che, a seconda delle giornate, era solito allentarsi vista la nostra distanza. Ma ero preoccupata e non perdevo l'occasione di cercarli: a ristornate fuori dagli orari di lavoro, al bar di paese la mattina preso, al campetto da basket per la partita del venerdì, al Brunett, eppure ... era passata inosservata la loro presenza, erano fantasmi, ma per me soltanto. Nicole continuava a vederli, e quando le chiedevo nello specifico in che posti le mete erano sempre diverse e squilibrate. Desertiche, se poi mi vedevano tornare.
Era stata la preoccupazione la prima a prendere posto nel mio corpo, ma acquietata da Nicole e dagli altri era stata quindi spodestata da un lieve rabbia, e incomprensione per quello che stavano per fare.
La notte della festa, dopo aver finito di mettere apposto, ci eravamo fermati per parlare: una pausa inutile visto che nessuno aveva ammesso di aver notato qualcosa di sospetto. Non parlai di William, quindi parve che oltre alla sua inquietante presenza altre, estranee al contesto cittadino, non si erano manifestate, portandomi quindi ad arginare per il momento la questione "Richard Lee" e concentrarmi sui miei obblighi di figlia unica, all'interno delle mura di casa.
Al momento è mia madre, insieme al ristorante di Nino, a risucchiarmi completamente le fibre vitali della mia essenza, fino a prosciugarmi. Il lavoro da fioraia è divenuto marginale a causa della stagione: Novembre infatti non è il periodo migliore per fare grossi affari. L'autunno macchia di colori la scena, ed oltre a rose rosse non vi sono molti altri fiori passabili nel commercio, oltre a quelli dei funerali, per enfatizzare il lugubre e triste scenario che dona l'inverno. Eppure è un periodo che amo e che solitamente vivo a pieno a differenza della primavera, alla quale arrivo distrutta e piena di allergia per il polline. Sarebbe dunque un momento perfetto, se solo non avessi l'umore sotto terra, non sapendo cosa sta succedendo alle due persone più importanti della mia vita, divenuti degli estranei.
<Meggie, ciao ... Ti volevo chiedere, per caso ... sei libera stasera?>
Louis, il mio amico cameriere, il solo che mi chiama con il soprannome affidatomi da Kevin, si è affacciato sulla scena e sta chiedendo la mia attenzione, ed io totalmente colta impreparata non capisco cosa vuol dire.
<Stasera?>
<Si ecco, pensavo ... che mi farebbe piacere uscire insieme, se ti va?>
<A-a-a ... cena?> Cos'è questa voce tremante, quando mai sono stata incerta? Eppure la richiesta è tanto insolita da prendermi in contro piede.
Gli occhi di Louis si fanno luminosi, quasi avessi già accettato. <Si, a cena. C'è una pizzeria poco distante da qua, se non hai impegni potremmo passarci insieme>
Ne avevo? Di costruiti o di reali, intendo. Ne ho? A casa mi aspetta solo mia madre che si è presa un bel periodo di meritato riposo, visto che anche un tornado a quanto pare ne aveva bisogno, e credo proprio che potrei cadere in depressione a sentirla di nuovo lamentarsi per il disordine della casa o per la voce squillante della vicina, come era accaduto nella durata di queste lunghissime e ininterrotte ventotto ore, di puro inferno da parte mia e della vicina.
Quindi perché non accettare? Si trattava solo di un'uscita tra amici, no?
<Va bene Louis mi farebbe piacere. Ci passiamo appena stacchiamo?>
<Hai il tempo già di prepararti se vuoi. Nino ha detto che sei libera, vista la poca gente>
<Perfetto, allora mi cambio. A dopo>
<A dopo Meggie>
Sorrido dirigendomi verso lo spogliatoio così da prendere le mie cose e volare a casa, dove avrei potuto trovare il vestito adatto alla serata.
______________
Semplice, non troppo elegante, adatto ad un'uscita in pizzeria. E' verde bosco ed ha una cintola in vita, le maniche larghe come piacciono a me a tre quarti, plissettate e particolarmente di scena. Sembra starmi bene con il nuovo taglio. Osservo la porchette dei trucchi, pensando a quanto poco la usi e al fatto che, ogni tanto, andava bene viziarsi. Alla fine se il tuo uomo non ti cerca devi continuare a volerti bene per te stessa. Io non dipendo da lui.
Se essermi lontano è una sua scelta, che se la tenga pure la sua scelta di merda.
Applico un po' di mascara, evitando totalmente l'eyeliner che tanto, di fare due righi dritti,, non ne sarei minimamente capace, e tra le mani mi capita il rossetto. Faccio passare quel piccolo cilindro tra le dita, sicura al cento per cento di non volermelo mettere viste le mie labbra, ed il ricordo di quel pomeriggio con Caleb ad elencare la lista dei difetti torna a fare capolino nella memoria, sorprendendomi per la nostalgia che porta.
No ... non dipendo da lui, ma mi manca.
"Sono pieno di difetti, ma me ne accorgo solo quando sono con te", è ciò che mi disse, dopo avermi totalmente scoperta di tutti i miei timori e insicurezze.
Torna, scemo, torna da me. Dove diavolo sei finito?
Poso il rossetto mordendomi un labbro per evitare di piangere e tentare di riacquisire la giusta rabbia. Non so cosa mi prenda, ma la verità è che non siamo mai stati tanto lontani oltre ai giorni dei nostri litigi, e visto il rapporto che si è andato a instaurare mi manca. Pochi anni fa avrei preso in giro Nicole se solo mi avesse detto che una persona sarebbe arrivata a mancarmi così, dopo che mi ci ero messa insieme, ma era capitato, stava succedendo e la verità è che nessuno può veramente sapere cosa si prova se non vive quel genere di intimità. E Caleb è sempre stato una parte del mio corpo, da cui traevi solo dolore se si voleva staccare.
Sospiro e guardo questo riflesso, pensando a questa serata, fatta solo per me. A come il vestito mi stia bene e all'amico che sto per incontrare amichevolmente per cenare insieme, niente di più semplice.
Afferro la borsetta e mi incammino fuori, dirigendomi verso il punto stabilito nell'incrocio della strada, dove trovo già Louis in attesa.
<Megan ... wow, sei bellissima>
<Grazie Louis, anche tu> , ammetto notando subito questi nuovi abiti mai visti addosso a lui. Gli dona particolarmente questo maglione a collo alto blu scuro, per non parlare dei pantaloni stretti che indossa. Sta molto bene. A braccetto raggiungiamo la pizzeria. Nel breve tragitto riesce a farmi ridere e alleggerirmi il cuore come non lo sentivo più da tempo. Ho sempre amato il divertimento e chi riesce a farne un'arte sincera, e Louis in particolare si rivela essere un tipo buffo e incredibilmente alla mano, cosa che mai avrei detto. Al ristorante si riesce a scorgere solo una piccola parte delle persone, intente nel servizio, ed è sempre bello approfondirle in un altro contesto, sono felice di aver accettato il suo invito a questa serata.
<Buonasera, un tavolo per due>, si procura a chiedere il mio accompagnatore al cameriere in attesa, vicino alla porta di entrata.
<Mi spiace ma libero ne è rimasto solo uno da quattro>
<E quale?> Ci viene indicato un tavolo al centro della sala, rotondo e già apparecchiato.
<Ti va bene? Lo volevi più appartato?>, domanda chinandosi al mio orecchio.
<No perché? E' perfetto, ci accomodiamo> La posizione in particolare è perfetta, si vede tutta la sala, e anche l'esterno grazie a una finestra alta quanto l'intera parete, lunga quindi fino a terra, più stretta di un normale infisso, quasi come una feritoia.
In generale, il locale è carino. Non c'ero mai stata. Si trova vicino a casa mia e già ne avevo sentito parlare, ma raramente uscivo fuori a cena. Di solito il mio ruolo si limitava all'accompagnare i pasti.
<Allora, che ne pensi, ti piace il posto?>
<E' molto carino, e stranamente elegante per il South Side, c'eri già stato?>
<Si, mio padre mi ci portava spesso da bambino>
<Ah, capisco>, commento, afferrando il menù che il cameriere si procura di offrirci, seguendoci al tavolo.
<Prenditi pure il tempo che ti serve, non c'è fretta. La scelta è molto ampia qui>, commenta Louis, ed io lo prendo alla lettera. Vengo totalmente assorbita da quelle minuscole scritte tra parentesi al di sotto dei nomi, anche se a distrarmi veramente sono quella marea di inutili pensieri che accompagnano i miei momenti di calma, portandomi a estraniarmi completamente dalla scena e non sentire quel sovrapporsi di voci che sembra aver raggiunto il nostro tavolo.
Odo a mala pena il suono di alcune sedie che vengono spostate, ancora immersa in pensieri e parole, chiedendomi se veramente ho fatto bene a venire qui, e se Louis, con quei sorrisi che mi aveva lanciato scherzando, non volesse altro da questa serata. Alla fine, nessuno sapeva che mi ero messa con Caleb, e ultimamente era sparito dalla scena, dandogli il coraggio di farsi avanti quindi che avesse pensato, o voluto altro da me, portandomi fuori?
Non credo di volerlo. Sono indecisa e arrabbiata ma non voglio usare Louis, non lo merita. Dovrei mettere le cose in chiaro.
Una mano distrugge i miei pensieri. Delle dita si incastrano nella piegatura del grande deplian che tengo davanti, e il cuore mi si arresta, riconoscendole.
Il menù mi viene chiuso davanti lasciandomi priva di scudi ... e di difese, di fronte a un paio di occhi verdi.
Caleb è al mio fianco, sporto nella mia direzione e immobile nel fissarmi. Recupero un po' di fiato, tornado a guardarlo dopo due giorni di distacco, e non posso non notarne la bellezza.
Indosso porta una giacchetta nera e al di sotto una maglia grigio scuro, i capelli all'indietro perfettamente sistemati e quel suo profumo che non dimentico e che in un attimo riaccende le mie sinapsi, arrivandomi dritto al cervello.
Arriccia le labbra in un sorriso divertito, notando la mia reazione, e decide di darmi il colpo di grazia, accarezzandomi, oltre che con il suo sguardo, anche con la voce.
<Ciao ...>
Quel verde scende a sfiorarmi da sopra i vestiti il collo, il seno, le gambe, lasciando fiamme al suo passaggio, ed io lancio un'occhiata a Louis dall'altra parte del tavolo, visibilmente a disagio e per niente felice dell'interruzione, e solo in questo momento mi rendo conto di Debora alla mia destra.
E' un attimo prima che la me arrabbiata si faccia spazio nel mio corpo, recuperando il suo giusto posto che le compete, tornando a quel verde a cui non vuole rivelare niente, che non sia celato distacco.
<Avete deciso cosa volete, ragazzi?> Come nei migliori sketch comici il cameriere arriva proprio nel momento di alta tensione a chiedere le ordinazioni, e per di più non ho ancora deciso.
<Prendo quello che prendi tu>, dico semplicemente, rivolta a Louis che se ne prende carico.
<Due "Bella Napoli" allora>
<Bene, per lei signorina?>, domanda rivolto a Debora, e questa fa la sua ordinazione.
Poi l'attenzione viene rivolta a Caleb.
<Una capricciosa>, dice solo, ed io che avevo staccato gli occhi torno a lui che non li aveva minimante spostati.
Lo vedo studiare ogni mia reazione, e quello sguardo diviene troppo.
<Vado un attimo alla toilette, scusatemi>, avverto gli altri alzandomi garbatamente per non rivelare la furia che mi brucia il viso, e a passo spedito mi dirigo verso i bagni.
Mi appoggio al lavandino in marmo con entrambe le mani, fissandomi allo specchio al solo scopo di pensare, e troppo tardi arriva l'idea che lui possa avermi seguita. Alzo gli occhi in direzione della porta e mi avvicino per bloccarla ma proprio in quell'istante questa si spalanca, lasciandolo entrare, per poi chiudersi di colpo con un giro di chiave.
Forse, in fondo, volevo che mi seguisse. Che mi cercasse con gli occhi che ha adesso.
<Bella scelta, quel colore ... ti mancavo per caso?> ha il coraggio di chiedermi, dopo essersi riferito al vestito, ma io non gli rispondo indietreggiando.
<Esci>
<Vuoi che io ti stia lontano mentre permetti a Louis di portarti fuori a cena?>
<Proprio così>
<Non ci penso proprio>
Avanza di diversi passi mentre io arretro quasi inconsciamente.
<Sei proprio bella, vestita così>
<A quanto pare era bella pure Debora no? Hai scelto di portare a cena fuori lei, piuttosto che me>
Sorride impercettibilmente. <Credevo di essere il solo geloso qui> mi dice ormai a un centimetro dalle mie labbra. <Debora mi aveva chiesto di staccare, dopo il lavoro. L'ho portata solo perché tenesse un po' di compagnia a Louis, mentre io sarò intento a baciarti>
<Sei sparito per due giorni, come credi che sia stata?> tremo a causa della sua vicinanza, ma non riesco ad allontanarlo.
<Anche a me sei mancata. Pensa come mi sono sentito venendo a sapere che uscivi a cena con lui>
<Era una cena tra amici>
<Louis non ti è amico Megan. Nessuno riesce a restare tuo amico, mai>
<Adesso sei ridicolo>
<Ti sei pure truccata..>
<Basta, me ne torno di là>
Non me lo permette, faccio appena due passi prima di sentire la sua mano afferrarmi il polso e voltarmi verso di lui, che con occhi diversi, privi di certezza e pieni di bisogno, che mi fissano rimanendo immobili.
Riescono a stregarmi. E quando mi tira a se è anche peggio.
Precipito sul suo petto e all'improvviso le sue labbra arrivano sulle mie, e mi stanno baciando.
Spalanco gli occhi, e inconsciamente apro un po' di più la bocca per respirare, ma questo non lascia che spazio alla sua lingua che in un secondo fa razzia di me.
Tremante mi aggrappo a lui, come se fosse il mio unico appiglio, e il suo desiderio mi annienta... mi incendia, facendomi vendicare di lui. Su di lui, sulle sue labbra, che torturo e faccio mie dopo questo distacco.
Con un gesto Caleb mi gira incastrandomi tra il suo corpo e il lavandino, salendo con le mani lungo le mie cosce nude, sollevandomi il vestito, fino ad arrivare allo slip in pizzo. Lo scosta di lato, giungendo con le dita dentro il mio corpo mentre io gemo e mi aggrappo al lavandino per resistere ai suoi attacchi.
Chiudo gli occhi incurante del fatto che possa vedermi riflessa nello specchio, cosa che per altro fa perché non appena cedo al piacere il suo tocco si dimostra più violento portandomi alla pazzia, finché è troppo. Non mi basta, e nemmeno a lui.
Le dita scivolano via, la sua lampo scorre lenta, e l'attimo dopo Caleb torna nel mio corpo, dopo questa distanza.
Gemo a questo nostro contatto e mi fermo, perché la sensazione di averlo dentro mi dona una nuova pace .. e allenta la rabbia intorno al mio cuore, lasciando sentimenti che già prima lo governavano.
Lentamente Caleb inizia a spingere, e sembra che anche lui voglia godersi questa nostra unione. Da dietro di me gli vedo chiudere gli occhi e rallentare, forzando la presa sui miei fianchi fino a lasciarmi i segni quasi.
Lentamente mi piego, facendo congiungere il seno alla superficie in marmo ed il freddo di questa mi fa tremare.
Caleb apre gli occhi, mi guarda, con la testa già rivolta nella sua direzione, e non appena lo fa muovo i fianchi contro di lui, che si era fermato.
Vado avanti un po', stuzzicandolo senza smettere di guardarlo negli occhi, studiando la mascella tesa e il respiro intrappolato nel suo torace mentre tenta di immagazzinare l'aria.
Lentamente torna a spingere, per poi velocizzare, tanto da annullare i movimenti e portarmi a essere immobile e tremante di piacere su questo ripiano.
<Cazzo...>
Esce da me, di colpo e mi tira su. Mi volta e circondandomi il volto con le mani mi bacia. Accolgo le sue labbra, e questa tacita richiesta mentre mi spinge a sedere, e sollevare una gamba in modo che si posi sul suo avambraccio piegato.
Con un colpo di reni torna dentro di me, ed io lascio cadere indietro la testa, vinta dallo stesso bisogno.
Averlo di fronte, poterlo baciare mentre facciamo l'amore è qualcosa di impagabile, e che ora come ora pretendo.
Spinge nel mio corpo sempre più velocemente, portandomi alle porte dell'orgasmo ma non voglio essere una semplice marionetta del suo passionale gioco. Voglio farlo impazzire come lui sta facendo impazzire me, mostrandogli veramente quello che evita di provare, decidendo di non starmi accanto.
Ricambio i suoi colpi trovando la giusta sincronia, e lo sento sibilare. È tutto ancora più bello in questa posa.
Continuo con quel ritmo, andandogli contro.
<Cazzo Meg rallenta ...> non ne ho l'intenzione. Sembra capirlo. <Mi fai impazzire> mi dice sulle labbra, afferrandomi poi anche l'altra gamba e portando entrambe ad avvolgergli il bacino.
Le sue mani si rendono partecipi del nostro gioco, sfiorano i miei seni per poi finire sul punto della nostra unione, sfiorandoci. La sua bocca invece acquisisce impazienza e mi cerca vorace, come fa la mia con la sua, tanto da mancarmi per lunghi istanti il fiato.
Il piacere sopraggiunge di colpo tra di noi, come corrente elettrica passa nei nostri corpi, facendoci rabbrividire.
<Caleb... sto per ...> non riesco a finire, cerco le sue labbra in aiuto.
<Anche io...> espira dopo il mio bacio, poi con una mano mi sollecita a sollevare il volto fissandolo. Ed è proprio in quell'istante, alla sua vista, che l'orgasmo arriva, trascinandomi in un'infinita spirale di piacere nella quale, poco dopo, sento anche lui precipitare e insieme cadiamo, tenendoci stretti mentre io gli mordo la spalla per non urlare, lasciando il segno dei miei denti sulla sua pelle chiara.
Infiniti istanti dopo stiamo ancora abbracciati. Le gambe mi tremano così come le braccia, ma non voglio ancora allontanarmi.
<Riesci a farmi smettere di pensare, Megan. Tutte le preoccupazioni, i dubbi ... te li porti via lasciandomi i tuoi baci>
<A cosa hai paura di pensare, adesso?>
Scosta una ciocca di capelli dal mio viso, guardandomi con occhi dolci.
<Più niente, ormai> Sorrido e lentamente lascio che i suoi occhi mi guardino mentre bacio le sue dita, ancora intente a giocare con le mie ciocche. <Domani ti voglio con me, staremo insieme tutto il giorno. Mi farò perdonare per non esserci stato. Accetti la proposta?>
<Dipende dove mi porti..>
Deve esserselo aspettato, di colpo la malizia torna a regnare nel suo sguardo, lasciando però che sia ancora la dolcezza a sorridermi.
<Ti porto al mare ...>
Pronuncia, ed io posso solo immaginarmi lo sguardo con lui lo sto fissando. Sorrido scoprendo i denti e lo guardo, guardo il mio uomo mentre mi regala i sogni.
<È Novembre>
<Non mi importa, domani è una bella giornata. Vorrà dire che avremmo tutta la spiaggia per noi>
<Non so se ti voglio perdonare>
<Dimentichi lo scherzetto che mi hai fatto con questa cena>
<Era un'uscita tra amici>
<Lo pensi davvero?>
Annuisco, sincera con lui e con me stessa. Se Louis non la vede allo stesso modo sarà un'occasione importante per chiarire.
<Questo mi convince a non portarti vis a forza da questo ristorante>
<Non te lo avrei permesso in ogni caso>
<Sei troppo bella per lui stasera>
<Sono ancora più bella quando sono tua ricordi?>, gli domando posandogli un piccolo bacio a stampo sulle labbra. <Lui non mi vedrà mai come mi vedi tu>
Con la testa si allontana di poco, rimanendo a fissarmi. Io invece lancio un'occhio ai vestiti ancora sui nostri corpi.
<Ti volevo troppo, non avevo tempo per spogliarti> si giustifica in un sorriso che ricambio.
<Valeva lo stesso per me>
<Si, ho visto>
Lo stringo tra le gambe, rendendolo ancora più vicino.
<Non farmi pentire di averti lasciato con lui da sola in questo ristorante. Torna a casa e cercami, possiamo dormire insieme>
<E con Debora che si fa?>
<Immagino tu abbia qualcosa da suggerire> commenta pieno di ironia.
<La accompagni a casa finita questa cena, e non la sfiori nemmeno con un dito. Poi le dici che io e te stiamo insieme, e che non deve fantasticare su qualcosa che non le appartiene>
<Immagino capirà tutto una volta che ci avrà visti uscire di qui>
Volto la testa fissandomi nel riflesso dello specchio, e trovo il marchio del suo passaggio, i suoi baci, il piacere che mi ha donato, scritti a chiare lettere sul mio volto.
Con le dita mi sfiora la schiena, continuando a fissarmi, ed il cuore mi galoppa come un pazzo nel petto, improvvisamente timido dinanzi alla sua audacia.
<Ti aspetto a casa, non fare troppo tardi>
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top