18- A due passi da te

P.O.V Caleb

Sei anni prima

I sospiri gelidi della notte sono anime urlanti capaci di far cadere aghi di pino, al confine di questo bosco nel quale aspetto il suo ritorno. Sono su una panchina, ad attenderla: credo il mio volto parli per me ma nel caso non bastasse anche il cuore si schiera, volendo la sua parte.

Megan deve essere scesa dal traghetto da poco più di dieci minuti, dopo quelle due settimane in cui non ha fatto ritorno. Due settimane di inferno dove l'immaginazione è stata la mia peggior nemica, e di lei mi sono nutrito, abbeverandomi disgustato dalla fonte di quegli stessi discorsi troppo inclini al masochismo giunti alle mie orecchie tramite le parole di Celine, troppo di parte, troppo femminili, troppo simili alla voce di Megan che mi sono immaginato lei stessa potesse pronunciare.

Ed è una possibilità, quella che ci sto offrendo. Ho pensato che prima o poi sarebbe dovuto accadere, perché di lei non ci se ne libera facilmente anche se una parte di me desidererebbe farlo, puntano a un'indipendenza ormai impossibile da raggiungere perché ormai sono connesso a Megan, sono parte di lei, della sua storia, della sua vita, e per quanto alle volte lo detesti, per quanto questo mi ferisca e mi faccia impazzire nei momenti in cui lei è assente, il legame è presente, ed è a lui che con rispetto mi rivolgo: nonostante la mia rabbia, nonostante il disgusto e la voglia di urlare sono qui ad attenderla, per sentire la verità.

Qui, e non al molo, perché sapevo che così l'avrei ferita. Non vedermi tra la folla appena scesa ... non sarà niente, ma è una promessa infranta, che spero di riuscire a rimediare se solo lei mi convincesse con le parole. Tutto al solo scopo di nutrire anche quella parte di me rimasta piena di speranza, che la notte si ripete ancora un mantra di false illusioni impossibili da cogliere, perché se lei morisse perderei per sempre Megan, se lei morisse tornerei ad essere quel bambino bugiardo che scappa dai propri errori e non la persona migliore che lei mi porta ad essere. E non voglio tornare indietro, vorrei camminare, al suo stesso passo come riesce Ian, vorrei riuscire a parlare nonostante mi venga da urlare, vorrei solo essere capace di dirle ... che mi è mancata. Ma non lo farò. Perché non ci riesco. Perché non sono Ian. Non sono l'uomo perfetto tanto ricco delle sue certezze da donarle agli altri. Io non avrei mai tirato quella palla, mai costretto un'infantile sconosciuto reticente a giocare a calcio, mai instaurato un rapporto tanto bello con una ragazza simile ... non l'avrei mai fatto, sarei rimasto steso sotto la mia tela di nuvole a pensare con odio al mondo e con ardore ai miei successi, senza migliorare mai. Ed è per non essere quell'arida persona proiettata nel mio futuro, certa della sua mentalità, che sto aspettando con compromesso altre nuove parole, nonostante frema di rabbia.

Le lunghe settimane passate, noto subito, non mi hanno fatto dimenticare il suono dei suoi passi delicati, anche se attutiti in parte da questo tappeto di foglie ... quei passi, persino loro sono diversi sulla sabbia.

Quanto sei cambiata di fronte a quel mare, Megan?

Sollevo lo sguardo domandandoglielo con gli occhi e la trovo abbronzata, raggiante di gioia, con dei pantaloncini molto corti ed una maglietta a mezze maniche nera, che le scopre la pancia, felice di trovarmi qui ... finché non mi vede davvero. Su questa panca a elemosinare parole, con un viso che richiama tempesta mentre scioglie maniacalmente nodi di dolore da matasse infinite, rigirate intorno al mio corpo.

Parla Megan ... parla altrimenti potrei impazzire.

<Ciao> esordisce in un tono macchiato dal suo vecchio sorriso, e dal suo nuovo timore.

Cerco tutta la calma che ho in corpo per poter rispondere nel giusto modo. <Ciao>

Ciao paranoia, torni a farmi visita dopo aver trafugato i miei sogni.

<Pensavo tu fossi al molo ... sono arrivata dieci minuti fa>

<Ti trovo bene>, sibila la mia voce di serpente, prima rivolta a terra e poi verso lei. <Come sono andate queste vacanze?>

Inclino la testa osservandola con attenzione, cercando il cambiamento nel suo corpo e poi nel volto, per non farmi distrarre troppo da quella pelle fin troppo nuda.

Avanti Megan ... avanti parla.

<Tutto bene, grazie>

<Ti sei annoiata, sola con tua madre?>

<Affatto, mi ha fatto piacere passare del tempo con lei>

<Non c'era nessun altro?>

<No nessuno>, il sangue bolle all'interno delle vene. Percorro con le unghie la conformazione interna della piccola foglia che ho stretta tra le mani, focalizzando la mia calma su quel piccolo tracciato.

<Ed il mare? Era bello ... il mare?>, chiedo ironico, ma non può capire la squallida battuta priva di emozione che mi è uscita. Forse, forse invece potrebbe ... alzo a mezz'asta le ciglia, squadrando le sue emozioni, e così decido di giocare il tutto per tutto, volendo smettere con questo stupido gioco. <E la capanna, sulla riva? Era bella anche quella, giusto?>

<Di che stai parlando?>

Non ci vedo più, mi alzo di scatto e le arrivo tanto vicino al viso da farla sussultare.

<Non c'era nessun altro in vacanza con te?>

<No>

<Mi stai mentendo, e lo stai facendo guardandomi in faccia>

<Che cosa vuoi Caleb?>

<Mi piacerebbe la verità, anche se sono tentato di continuare a vedere dove ti conducono tutte queste bugie>

<Come sai di Quentin?>

<Ohh, ma guarda, finalmente è uscito un nome>

<E' il figlio della donna che ci ha accolte>

<Ed è stato un bravo ospite?>

<Non come sembri voler insinuare tu>

<Certo Megan, continua pure, tanto ormai non mi interessa, me ne vado> Ho avuto le risposte che cercavo alla fine no?

No sono solo un vigliacco, che non vuole sentire fino in fondo la verità.

<Che cosa?Vai via così ma perché? Caleb perché non mi parli, perché ti chiudi in te stesso?>

<Io?Richiuso in me stesso?> Rido di lei. Mi faccio beffa della sua fragilità. <Prova a dirlo alle ragazze della nostra scuola, vediamo se sono d'accordo>

In sua assenza sono stato con molte di loro, e possono confermarlo allegre se avanzasse domande.

Le vedo storcere la bocca, disgustata al suono di quelle parole, inghiottendone il sapore. Si, è così che mi sono sentito tutto il tempo dolce Megan, come se dell'acido nitrico mi scorresse giù per la gola, e tutte quelle sigarette accese pensandoti non hanno fatto che innescare un meccanismo a bomba, proiettato verso la mia distruzione.

Non è bello sentirsi così .. non trovi?

<Non ti ho parlato di lui solo perché sapevo che avresti reagito in questo modo>

<Quanto mi conosci bene, ma perché evitarlo? Che paura puoi avere di me? E soprattutto che fine ha mai fatto il coraggio con cui sei presa, e andata via? Non sapeva nuotare, l'hai fatto affogare in mare?>

<Basta con questo mare, Caleb!> urla stridula, sull'orlo del pianto.

<Ti avevo pregato di restare!> le grido in risposta contro, ed il mio tono gutturale la porta a tremare. <Ma tu te ne freghi, giusto? L'importante è che tu sia la sola a stare bene>

<Quanto sei ipocrita! È la prima volta che mi decido a fare qualcosa per me stessa, la prima e tu vuoi rinfacciarmela così!>

<Sapevi che io ero contro, e lo hai fatto lo stesso, per andare dal caro Quentin>

Le sento dire qualcosa sotto voce, e a quel suono spalanco gli occhi, non volendoci credere.

<Come hai detto?>

<Ian è felice per me! Lo ha ammesso prima di partire. Perché non puoi esserlo anche tu?>

Non so se ridere di lei oppure far scoppiare una nuova lite.

Ian ... felice di questo? O è incredibilmente stupido o finge fin troppo bene, c'era anche lui mentre Celine ha fatto quei discorsi, ed io ho visto il modo con cui la osservava parlare.
C'ero io al suo fianco ad undici anni sdraiato su quell'erba a ricevere le sue confessioni e mi riesce molto difficile credere che lui sia felice per lei al momento , almeno quanto sono certo di non esserlo io.

Forse, quello che mente meglio tra tutti noi .. è proprio lui.

<Ed è perfetto così, vero? Fare una piccola cosa e sentirsi battere le mani perché Ian non fa che questo, ti incoraggia anche quando sbagli, resta in silenzio mentre gli urli addosso le tue paure ricevendole come schiaffi, e a te piace ma non ti fa crescere! Non hai un minimo di confronto, è come parlare con la parte migliore di te, riflessa in uno specchio>

<Se lui è la parte migliore, tu senza dubbio sei la peggiore>, sibila solo perché ferita, e stavolta sono io a ricevere quello schiaffo, ma colpito le sorrido.

La peggiore può sempre migliorare.

<Lo hai già detto anche tu no? sono una persona cattiva>

<Si Caleb sei una persona cattiva, l'ho capito da anni ormai!>

Ed io in risposta ... inizio a battere lento le mani.

Lei mi fulmina con gli occhi ed io trascino lento l'applauso.

<Ma vedi quanto sei brava? Sei bravissima quando ti applichi> la prendo in giro, simulando quello che mi immagino essere l'apice di un discorso tra lei e Ian, anche se so non esserci andato tanto vicino. Come riesce a sollevarla tanto in alto, ad elogiarla in quel modo?

Lui la innalza sempre per farle raggiungere un gradino più alto mentre io la incoraggio a correre al mio fianco per raggiungerlo insieme, solo che questo la maggior parte delle volte ci stanca, e c'è da dire che pure il percorso non è affatto semplice.

<Me ne torno a casa>

<No non lo fai, dobbiamo finire> le dico prendendola per il polso e rimettendola a posto.

<Finire cosa? Sei il solo a parlare e pretendi che ti sia data ragione!>

<Allora dimmela tu una verità, ti è piaciuto?>

Se le è piaciuto, tra di noi è finita.

<Che cosa?>

<Con Quentin ti è piaciuto?>

Arrossisce da capo a piedi, e abbassa lo sguardo.

Quindi era vero! La capanna, la spiaggia ...

Ti ha fatta godere, piccola Megan?

<È stato solo un bacio ...>

Non le credo. No. Non le credo.

Gli intoccabili ... quando mai lo siamo stati? Leonard, Ian, Quentin, Julia, tutte le ragazze da una sola notte si sono messi tra di noi, nei nostri discorsi che somigliano sempre più a dei litigi ed io so per certo di non voler continuare così.

Nessun altro le si deve avvicinare tanto.

E nelle mie grida è questo che vorrei dirle, vorrei ammetterle la mia gelosia ma al solito riesco a trasmetterle solo l'odio che, nonostante venga indirizzato ad altri, finisce inevitabilmente su di lei. Mentre lei dalla sua tenta di parare i miei colpi, alle volte innescando anche precisi affondi.

Quella notte non la dimentico, è stata la peggiore di tutta la mia vita ... e quello che è successo dopo, tutto quel nostro silenzio era stata una delle solite torture che ci siamo autoimposti. Finché una sera, nella macchina di Kevin, noi due dietro, Kevin e Jo davanti non ci siamo riavvicinati.

<Avanti intoccabili, fate la pace su! Non ce la facciamo più di vedere le vostre facce brutte> ci prende in giro Joseph mentre dal retrovisore, nel suo posto guida, trovo Kevin sorridere.

Nessuno dei due parla, stiamo tornando da un breve giro dalla città degli snob e la strada è totalmente dritta ... quindi non si spiega dove Kevin abbia trovato quella curva assurda.

La macchina compie la sua rotazione e lei mi finisce addosso, involontariamente.

Senza esitare, o tantomeno accorgermene, avevo aperto le braccia ad accoglierla e lei è lì che sta, a due centimetri dal mio viso, semi seduta sulle mie gambe, e dopo settimane in cui mi sono costretto a non guardarla, a non sentirla, a non notarla, averla qui a un centimetro mi fa uno strano effetto: il cuore mi schizza in gola e saltano i tempi del respiro, ma non importa, trovo abbastanza fiato da tornare a parlarle, certo che stavolta tocchi a me farlo.

<Mi dispiace, Meg> mi dispiace, tutto qua, ma costa uno sforzo tremendo mettere da parte l'orgoglio, essere il primo a farlo, e lei al seguito non dice nulla, si avvicina ancora di più e chiude gli occhi, appoggiando la testa sulla mia spalla e intrecciando più forte le sue esili braccia attorno al mio collo.

Fisso il tettuccio della macchina con un cuore impazzito, stordito dalla lavanda e con delle proteste lontane, non sentite ed emesse da Joseph, cado con gli occhi sul retrovisore, trovando Kevin ancora sorridente, e con lo sguardo diretto verso noi.

Due mesi prima

Non perdiamo mai tempo per festeggiare, è ciò a cui penso fissando Joseph e Nicole ballare sul ritmo di questa festa improvvisata a festeggiare il nuovo anno ormai passato da un mese, ma nessuno si è sottratto. Il ragazzo a mio fianco continua a parlare, vorrebbe un lavoro all'officina ma al momento il signor Bing è molto occupato, dovrebbe discuterne con lui ma si tratta di un'ex studente della mia scuola con cui, nel corso del tempo, ho imparato volentieri a scherzare, e la conversazione diviene molto più leggera assumendo i toni dello scherzo, motivo per il quale continuo volentieri a rimanere al suo fianco in quest'angolo sperduto della sala, finché un movimento non mi cattura.

Dalla porta di ingresso Megan fa la sua entrata, seguita da Nicolas, e nonostante la distanza vedo come mi sorride, trovandomi. E corre verso di me.

<Megan ...> ho solo il tempo di dirle, prima di riceverla tra le mie braccia. La musica è alta, ma nonostante questo noi siamo tanto vicini da sentirci, a parole, a gesti. Le sue labbra mi sfiorano il collo, e mi fanno rabbrividire da capo a piedi.

<Ciao ...>, mi risponde, mentre momentaneamente ad occhi chiusi tento di assumere di nuovo il controllo. Nicolas in quel momento ci raggiunge, notandomi.

<Caleb! Ci sei anche tu, non avevo capito dove andasse tanto spedita>

<Va tutto bene?>

<E' un po' ubriaca>, commenta mentre vedo il mio amico delle superiori allontanarsi richiamato dall'altro lato, così torno con l'attenzione su Megan. Dannazione se è ubriaca, gli occhi sono tanto lucidi da far sembrare che abbia pianto, ed il sorriso è piegato in una curva divertita. Mi viene da risponderle allo stesso modo, il suo buon umore contagia il mio.

<Perché? Eravate a una festa?>, domando tranquillo, e tra le mie braccia lei ridacchia, sola partecipe della sua stessa battuta. La guardo con le sopracciglia sollevate, ridendo dello stato in cui si trova. Dio, ma dove è andata questa? E al pensiero anche una nota di preoccupazione cala sulla scena. Che hai combinato Megan?

<Sono al sicuro adesso Nicolas, no? Puoi andartene ora?>

Non sono convinto sia proprio al sicuro, dipende dalla stronzata che ha fatto, ma tutto questo non coinvolge Nicolas, solo noi due.

<Vai Nicolas, bado io a lei>

Aspetto di vederlo sufficientemente lontano prima di tornare a prestarle la giusta attenzione. Con due dita le sollevo il mento, catturando l'attenzione dei suoi occhi, e cerco tutta la persuasione di cui dispongo per riuscire a farmi dire la verità. E' capricciosa e polemica quando beve, alle volte estremamente stancante, eppure ci sono questi momenti in cui la sola cosa che riesce a fare è sorridere, vittima di un eccessivo buonumore. Non dico niente di nuovo affermando di amarla in entrambi i casi.

<Adesso vuoi dirmi che succede?>, modello la voce in un tono dolce, come si fa con i bambini, ed è così che sembra la mia capricciosa, mentre sbatte le sue lunghe ciglia osservandomi.

<Mi sono fatta fare un tatuaggio da Nicolas>

Sgrano gli occhi senza riuscire a crederci, stupito e positivamente orripilato. Che fine hai fatto, pudica? Dove hai messo la mia Megan?

<Ti prego, dimmi niente per cui arriverai ad ucciderlo, appena ti è passata la sbornia>

Già mi immagino tante piccole stelline dietro al collo, come la moda delle trentenni madri, o uno di quei tatuaggi con tanto di ali alla fine della schiena, da tamarri. Anche se devo ammettere che sarebbe seducente su di lei. Poco sotto le fossette di Venere che possiede ... no non mi dispiacerebbero.

La vedo scuotere la testa mentre sensualmente fa prigioniero un labbro, ed io non mi perdo la scena, vittima del suo nuovo gioco.

<Che cos'è?> Ho la voce roca causata dai suoi occhi, dalle sue labbra ...

<Vuoi vederlo?>

Esito prima di rispondere, fissandola bene in volto. Le sue guance rosse, il suo modo di torturarsi il labbro, l'imbarazzo totalmente andato via mentre si rivolge a me senza schemi ... c'è qualcosa di diverso in lei stasera, ed è afrodisiaco. La bambina se ne è andata e al suo posto ... trovo una donna estremamente sensuale.

<Credo che se rispondo si, la cosa mi si ritorcerà contro>

Che hai combinato Megan, quale stregoneria mi rende immobile sotto i tuoi gesti, mentre ti vedo sporgere ed il tuo respiro mi accarezza il viso, mentre sento i tuoi denti afferrare il mio lobo, torturandolo come stai facendo con il mio corpo? Che hai fatto per rendermi tanto vittima tua, stasera? Sono sottoposto al tuo gioco più del solito, e non voglio scappare.

<Prendi coraggio e scoprilo>, mi dici solo, gettando benzina su di un fuoco che spento non lo è stato mai.

Osservo come il tuo viso si comporta, sottoposto all'indagine del mio, e ciò che vedo mi delizia: la bambina è tornata a fare capolino e mi spinge a voler giocare, nella sua timidezza mescolata ad un'audacia da donna, e dunque mi arrendo a tutto, lascio che questa parete prenda il calore dei nostri corpi, lascio che siano le luci blu di questa stanza a macchiarci la pelle, mentre le tue mani fanno razzie e prendono ogni cosa che gli è concessa.

Parti sfiorandomi il viso, ed è una bella sensazione quella che mi doni, prima di donarmi la sola pace che un tempo possedevo, e che tu su un campetto da calcio mi hai rubato. Sfiori il mio petto, il mio cuore, scendi e finisci sotto gli abiti, alla ricerca di un contatto più profondo, e mi stai facendo a pezzi. Le tue mani sono gelide ma il tuo respiro è caldo, ed io non chiudo gli occhi mentre ti vedo osare, sempre di più, percorrere i mei fianchi e salire lungo le mie costole, scontrandoti con un respiro impazzito prima di scendere in picchiata, e con flebili dita tracciare il profilo dei miei addominali, lentamene, con inattesa cura.

Ed è questo tuo modo di toccarmi a farmi impazzire.

Tu non prendi senza chiedere. Tu domandi solo, e ti fai audace, pur non trovando alcun tipo di barriera contro cui batterti se non quei falsi schermi che ti pongo davanti, timoroso e impaurito da te, dal tuo modo di comandarmi, gestirmi, ordinarmi. Ma non hai niente da chiedere, io stasera potrei darti tutto, ma non qui ... non così.

<Megan non mi provocare>

<Perché?>

<Perché sei ubriaca>

No non ti basta, e come ti sei autoinflitta prima il tuo gesto cade su di me, i tuoi denti mi hanno arpionato un labbro ,e ancora una volta dolcezza e audacia, mix lentale che potrebbe farmi impazzire, seduta stante.

Potrebbe sembrare un bacio, vista la tua tenerezza, ma ecco che arriva anche un piccolo morso sulla spalla, e io non so chi amare di più, se tu da donna, o tu da bambina. Ma sei sempre tu e mi fai gemere.

<Basta. Adesso ti porto a casa>

La frase la fa ridere, e nemmeno io so per quale motivo l'ho emessa. Cosa voglio fare a casa? Di sicuro non voglio sottrarmi a tutti questi baci che la Megan ubriaca mi regala.

<E con quale macchina? Non puoi usare quelle dell'officina, e poi mi avevi promesso che mi avresti portata anche al mare> Il mare ... già proprio bei ricordi, un giorno mi piacerebbe esorcizzarli.

<Un giorno ti ci porto, per adesso ti carico anche in braccio se necessario>

<Non ti piace come ti sto sfiorando?>

Con che coraggio me lo domanda? Sono pongo nelle sue mani.

Sta continuando a toccarmi, ed è leggerla la sua carezza, mi fa impazzire.

<Megan ... è il contrario, credimi. Per questo dobbiamo andarcene>

Sussulta e mi domando cosa abbia capito, quindi rigiro la domanda.

Cosa vuoi fare, tu, a casa, Megan?

<Devo portarti via da qui, da questa stanza buia, devo allontanarmi dalle tue mani, e metterti in un letto al sicuro da altro alcol. Domani sarai uno straccio>, dico a lei e a me stesso, ripetendomi come un mantra che è la cosa giusta.

<Ci sarai pure tu, in quel letto?>

Non aiuta per niente, ed io faccio finta di non capire.

<Vuoi che dormiamo insieme Meg?> Non mi risponde, lo fa il suo sguardo. <Allontanati Meg>

Nemmeno mi sta a sentire.

Di nuoto troppo vicina, di nuovo sull'orlo della provocazione. Se continua così metterò davvero fine a questo gioco. E' quello che vuole?

Troppo troppo vicina. Sta sporgendo le labbra. Richiama un bacio ma io non glielo dono. Non voglio che accada così, anche se sono divertito da lei ed ho addosso tanta allegria ed eccitazione da deviarmi, sono certo. Non molla, continua la sua richiesta di un bacio, e a quel punto sono io a ridere, forse riuscendo anche un po' a intaccarle l'orgoglio.

<Si può sapere che hai bevuto?>

<Solo del vino rosso>

Notevole, non c'è che dire. <Deve essere stato molto, per ridurti così>

La trovo che si perde nei suoi pensieri, infiniti pensieri perciò sbuffo <Hai finito di fissare il vuoto?>, mi fissa come se mi vedesse per la prima volta. <E va bene ragazza, adesso ce ne torniamo a casa>

Non aspetto una sua reazione perché ci vorrebbe davvero troppo tempo. Me la carico in braccio accostandomela al petto, lasciando i suoi piedi penzoloni oltre il contorno delle mie braccia, e mi viene da sorridere pensando che allo stesso modo sto trasportando una bambina e una sposa, così rimango a fissarla mentre cade nel vortice di una sonnolenza dettata dall'alcol. Le guance così rosse, eguagliano le labbra, stasera fin troppo tentatrici.

Si sveglia però quando arriviamo a casa. La sua stanza ci accoglie ma Meg trova non poche difficoltà con le stringhe delle scarpe, così mi decido, e ancora una volta cedo.

<Avanti, vieni qui>, siedo a terra, a fianco del letto, in attesa di una sua mossa. Mi chiedo come possa apparire tanto seducente con addosso solo un paio di Jeans e una maglia nera, ma ci riesce eccome, specie ... quando viene a sedersi su di me.

<Ciao di nuovo>, sussurra divertita, e stavolta non dico niente perché questa stanza, la vicinanza a un letto, mi devia dal divertimento, facendomi raggiungere altri stadi.

<Giuro che mi impegnerò, a finché tu non beva più un'altra goccia d'alcol in tutta la tua vita>

<Posso farti una domanda?>

<Non hai parlato abbastanza per oggi?>

<Faresti l'amore con me?>

Sorrido. <In questo stato? No>

Mi rimprovera con gli occhi, la bimba mette il broncio.

<Caleb ... >

<Chiedimelo quando sarai sobria, e avrai la tua risposta> ammetto in tutta sincerità, arrochito dal desiderio, e questo sembra in parte sconvolgerla.

Sei tanto sorpresa, capricciosa?

<Non usare la voce così ... siamo amici, non dovremmo pensarci>

Quasi rido della sua testardaggine, e penso a Francis, penso a mio fratello morto che già da quando ero bambino mi aveva ordinato di non dire più le bugie, perché la verità era la sola cosa in grado di farci stare meglio, e per il benessere, per un po' di quella calma che cerco, io a lei mi rivolgo, e mostro a Megan la realtà.

<È tutta una bugia, Megan. Un'enorme bugia che abbiamo preso a raccontarci ormai da anni. Quello che abbiamo non è solo un'amicizia, altrimenti tu non reagiresti così ... quando ti tocco>, vendicativo scorro lento la mano lungo le sue costole come ha fatto prima lei, arrivando poco sotto il seno, senza perderla di vista. Il fiato le esce a tratti, ed io sono stregato da lui, dalla sua bocca, dalla lingua che vi intravedo. <Ed io non mi sentirei tanto a pezzi, al momento, di fronte alle tue labbra. Ma se vuoi credere che sia normale, per due amici, continua a farlo. Basta che tu me lo dica guardandomi negli occhi>

Prova a mentirmi adesso, Megan. Prova a farlo mentre sei sopra di me a elemosinare un mio tocco.

Non ci riesce e lo capisco ancora prima che riesca a parlare.

<È tutta una bugia Caleb. È da sempre solo una bugia>

Ascoltare quelle parole, dopo tutto questo tempo, mi fa bene all'anima. Siamo diversi adesso, stranamente più vicini del solito, con la mente, gli occhi ...con le labbra. Lascio che me le sfiori leggera, e intorno al suo corpo la presa si fa più stretta, incontrollata.

Domani, domani parleremo e chiariremo tutto, finalmente questo periodo di sofferenza, di bugie, è finito, e da domani potremmo dircelo chiaramente.

Ma stanotte ha solo bisogno di riposare.

Allento la presa data dal desiderio di lei intorno al suo corpo, e torno alla delicatezza con cui decido di abbandonarla sul letto. Megan dal basso mi guarda mentre compio quelle poche mosse per spogliarla, le scarpe, i calzini e dopo i jeans. Tengo gli occhi puntati nei suoi mentre le abbasso la cerniera, per poi lentamente farli scivolare lungo le sue gambe nude, e rimango senza parole.

<Era questo che mi volevi mostrare?>

Arrossisce e lo credo bene. <Ti piace?>

Poco sotto il fianco, nello spazio tra l'inizio della coscia e l'inguine questo diavolo si è tatuato un papavero con solo i contorni, in cui riconosco subito la mano di Celine, e una gelosia ceca mi annebbia, al pensiero che Nicolas l'abbia vista senza vestiti, e sia arrivato tanto vicino a lei, ma passa subito notando come mi guarda.

Espiro profondamente cercando la giusta calma, e di nuovo un mezzo sorriso. <Posto un po' particolare per farlo>

<Ho perso una scommessa con le ragazze, volevano che facessi una pazzia, non mi era venuto in mente altro>

<Mi piace> ammetto, perché mi piace tutto di lei, il fatto che si sia voluta far fare un tatuaggio per scherzo in un punto folle, che abbia concesso a una sua amica di disegnarlo e che poi sia venuta per mostrarmelo. Pazza, pazza ragazza. Che sorridi e arrossisci, spendendomi n un altro mondo.

<Forza, a letto ora>

<Tu rimani?>

<Non voglio più andare via>, ammetto felice, e pronto alla mattina successiva.

Ma quando il sole sorge lei non ricorda più niente, l'incantesimo si è riversato su di lei e mi ha strappato il sorriso, la felicità a un palmo dal viso, perché è così che dobbiamo essere, perennemente in equilibrio tra felicità e dolore.

Due settimane prima

Nell'officina ogni rumore è uno stridio che mi raggiunge e tagliai i pensieri, tenendoli lontani. Stamani non la smettevo di pensare a quella festa, poco più di un mese fa, a quello che mi ha detto Megan, a quello che ha fatto in confronto al nostro vivere quotidiano, che ci appiattisce.

Non ho la forza per provare a ricordarglielo. Temo che possa essere stata solo una piccola illusione dettata dall'alcol e ho un'incredibile paura all'idea di perderla, oppure di continuare ad averla ma sicuramente ... solo come un'amica.

Mi aveva detto che era tutta una bugia. Eccome se lo era, da sempre, perché non se ne rendeva conto? Dove erano quei baci e tutte quelle confessioni?

Come riavere tutto indietro?

<Caleb, sono contenta di trovarti qui, vengo per ritirare la macchina che ho lasciato qui da voi, è pronta per caso?>

Volto la testa cadendo sulla perfetta figura di Julia, la mia distrazione ben vestita e il mio adolescenziale sfogo, del quale niente mi è rimasto.

<Si, aspetta qui ti porto le chiavi>

<Come sta Megan?>

Domanda ipocrita per una Julia dodicenne, ma ormai come tutti noi era diventata una donna, e aveva lasciato da parte i vecchi rancori, o almeno è quello che credo. Nell'incertezza non le rispondo affatto.

<Sei ancora innamorato di lei?>

E' stata la prima a capirlo, la prima, dopo di me, a rendersene conto.

<Non sceglierà mai te, Caleb, non quando Ian rappresenta la perfezione che cerca. Sono sempre stati giusti loro due insieme, lo sai perfino tu>

<Queste sono le chiavi, la macchina aveva dell'intaccature sullo sportello di destra ma le abbiamo riparate>

<Caleb guardami ...> , lo faccio, trovandomi persino ad ascoltarla. <Sai che quello che ti dico è vero. Sono cambiata ormai, e non mi interessa più ferire Megan. Quello che voglio è solo che tu sia felice, tutto qui>

<Grazie Julia, ne terrò di conto> dico mostrandomi deciso con un ghigno, ma non attacca.

<Ci sarò sempre per te Caleb, sempre>, sussurra piano e si avvicina posandomi un debole bacio sulle labbra.

In quel momento ogni cosa torna a galla, la nostra infanzia si paragona al presente e Julia torna essere uno sfogo per ciò che non comprendo. La ricambio e la stringo a me, cercando di scacciare via tutte le paure che tengo, il timore di perdere Megan contrapposto al pensiero, al tempo steso, di non poterla avere ed è baciando lei che torno alla ricerca della pace. Ma è sbagliato, perché non siamo più ragazzini ed io non posso più nascondermi. Perché all'entrata c'è Megan con un cestino del pranzo che ci fissa immobili per un secondo prima di scappare via, convinta di non essere stata vista.

Prendo le distanze da Julia con uno sospiro, lasciandole in una mano le chiavi della macchina.

<Può anche essere vero, Julia, ma io non smetterò di provare. Prendi le chiavi e torna solo se c'è qualcosa che non va nella macchina, sapranno come aggiustarla, buona giornata>, la congedo dandole le spalle, e tornando al mio lavoro.

Con la coda dell'occhio la vedo esitare alcuni istanti con le chiavi tra le dita, prima di andarsene, ed io torno alla postazione di nuovo avvolto nei pensieri, ma non appena accendo uno dei macchinari finalmente scompaiono, lasciandomi per qualche istante solo, a lavorare.

___________________

Sono infiniti gli scalini che mi portano fino al nostro pianerottolo, ma una volta arrivato non provo nemmeno ad avvicinarmi al portone di casa mia, arrivo direttamente dinanzi al suo, a cercare risposte. La mano batte in un pugno contro il portone, e Megan si rivela a me con lo stesso abito che ho intravisto quando è passata da me.

<Sono tornato adesso da lavoro e volevo farmi una doccia, ma l'acqua nell'appartamento ha problemi ... Posso entrare?>, mento appoggiandomi allo stipite della porta, e la osservo squadrarmi con timore.

<Certo>, si sposta appena lasciandomi entrare, ed io come un automa raggiungo il suo bagno. <Aspetta, il bagnoschiuma è finito, ne ho comprato uno nuovo>le sento dire, prima di entrare nella stanza con un flacone tra le mani mentre io mi sto togliendo la maglia. Lo faccio apposta, voglio vedere se mi guarda, e non mi sfugge il fatto che lo faccia. Forse ... c'è ancora speranza.

Si mette ad aggiustare le cose come una pazza mentre io seminudo apro il doccione al di sopra della vasca, e mi viene in mente un'idea fanciullesca, che ci ricordi un po' la nostra età e stemperi tutta questa tensione. La afferro in un solo passaggio, e lei in automatico si stringe a me emettendo un piccolo grido che mi fa sorridere, prima di finire seduta sul fondo della vasca, attaccata al mio corpo.

Annaspa e mi viene da ridere, vorrei tanto vederla in viso per rubarle l'espressione furiosa, ma come se mi avesse letto nel pensiero decide di farmela intuire a parole.

<Si può sapere che vuoi fare?>

<Ma come, non lo sai? Si fa sempre in due la doccia ... così si risparmia l'acqua>

<Ah si? Da vestiti?>

Megan ... non hai che da chiedere.

<Se volevi che mi spogliassi bastava chiedere>

<Preferisco sprecarla l'acqua, piuttosto> Certo, come no. Vediamo se riesco a estrapolarti delle verità. Le chiedo come è andata la giornata, e lei mi racconta per filo e per segno come è andata, tralasciando l'officina. Immaginavo che l'avrebbe fatto, così la metto alle strette.

<Ti ho vista passare in officina stamani, all'ora di pranzo>, sussurra al suo orecchio, scoprendo il suo gioco. <Perché sei corsa via?>

Sembra essersi arresa e diventare immobile, quando a un tratto prova ad alzarsi. La trattengo e questo la fa imbestialire.

<Ian mi stava aspettando, ho pranzato con lui> sibila provando a ferirmi, e ci riesce ma non le permetto di notarlo.

<E non avevi nemmeno il tempo per un saluto?>

Non mi risponde. Corro con le mani ad afferrarle il mento come ho fatto quella sera che era ubriaca, con la sola differenza che stavolta mi sfugge.

Dunque la metti così, Megan. Adesso ti ritrai.

Ripeto il gesto a vuoto, decidendo poi di spostarla.

Se non ha intenzione di ricordarsi quella notte gliela farò ricordare io. La porto a cavalcioni su di me in un attimo, e ci sono morsi e graffi, ma nascono senza la dolcezza di cui ho bisogno. Le intrappolo quindi le mani dietro la schiena, deciso a farla ragionare.

<Perché te ne sei andata?>

<Non volevo vederti>

<Sei venuta fino a lì ... la casa di Meredith non era di strada>, le faccio notare, ricordandomi i suoi impegni precedentemente elencati.

<Ti avevo nascosto del pranzo con Ian, per quanto ne sai potrei aver fatto molto altro>

<Iniziamo anche a mentirci adesso?>

<Non sei così cristallino come vuoi far credere>

<Di cosa stai parlando? Non ti ho mai mentito>

<Nemmeno una volta?>

La frase mi blocca. Certo che le ho mentito, è una vita che le mento, sui miei sentimenti, sull'emozioni che provo avendola vicina ma nient'altro, solo questo.

<Non ti ho mai mentito ... su Julia>

<Io infatti sono ceca>

<Non è stato niente>

<Quella donna mi ha fatto male, Caleb>

<Lo so>

<E tu eri su di lei>

<Lo so ... ma non è stato niente, non la vedevo da anni>, ho sbagliato e me ne rendo conto, ma non credevo di arrivare comunque a ferirla. Cosa significa? Quello che ha visto le ha fatto male perché si trattava di Julia o perché ero io quello su di lei? E' semplice tradimento o gelosia, Megan?

<E di solito saluti così?>

Ti prego dimmi che sei gelosa, dimmi che lo sei da sempre e non solo per possesso. E' tutta una bugia ricordi? E' una bugia da sempre.

<La stai sprecando, in questo modo non ne rimarrà molta per la doccia>, commenta chiudendo l'acqua della doccia e alzandosi per allontanarsi da me, mentre io rimango contro questa vasca a cercare di regolare il flusso dei miei pensieri, osservando il vuoto prima del suo corpo bagnato, sul quale il vestito si è attaccato come una colla, sfiorandole le gambe.

Mi faccio vicino alzandomi, bagnato anche io, fino a raggiungerla alle spalle, mentre è di fronte a questo specchio che ci ritrae e uso tutta la sincerità possibile, per aprirle di nuovo una parte del mio cuore.

<Non avrei mai voluto ferirti, non sapevo che saresti passata e lei era venuta a ritirare la macchina. Abbiamo parlato ... mi ha chiesto di te, non le ho detto niente. Poi si è avvicinata ... Non so cosa è successo, è accaduto e basta, l'attimo prima stavano parlando di te, e quello dopo..>

Si volta di colpo facendomi scorgere qualcosa sul'orlo di quelle lacrime.

<Mi fai male>

Te ne faccio da sempre Megan, e tu ricambi.

<È la verità, volevi saperla. E devi capire che per me non ha significato niente, è stato solo uno sbaglio. Avrei voluto fossi rimasta, per chiarire> Devi farlo, perché altrimenti non ne usciamo vivi.

<Non restare più da solo con lei, non farla più avvicinare. Sai che non lo sopporterei>

<Te lo prometto>

Abbassa gli occhi ed io aspetto che aggiunga altro ma c'è ancora tempo prima di sentirla tornare a parlare, troppo prima di riavere quelle parole confessate in una notte.

<Devo cambiarmi. Ti lascio alla tua doccia>

Annuisco lasciandola andare, e una volta voltata affondo le mani tra i capelli cercando un modo per pensare ma sento il suo sorriso, sul ciglio della porta.

<Che cosa?> le domando, e lei solleva le spalle.

<Sono troppo lunghi>, replica. Sorrido come un'idiota dopo questa lunga giornata.

<Non ho avuto il tempo di occuparmene, ci pensi tu?> Si morde un labbro, furba brigante. <Solo un poco, Meg, non farmi pelato>

Me lo confermano i suoi occhi, prima di essere chiusi dietro il legno della porta, lasciandomi solo.

Finisco di spogliarmi e mi avvicino alla doccia, aprendo nuovamente la cascata di acqua calda, e tra i flaconi trovo quello della lavanda. Sorrido annusandone il tappo, e versandomene un po' sulla mano, spargendomelo lungo il corpo. E' una cosa che faccio, a volte, quando sono da lei. Mi piace avere il suo profumo addosso, così, chiudendo gli occhi, immagino sempre di averla a fianco.

Persino adesso lo faccio, tornando con la mente a quella fatidica notte di bugie crollate, pregando che torni presto ad essere quella ragazza capace di arrossire e allo stesso tempo incendiarmi con le sue labbra, e la sua verità.

_____________

La faccia brucia riarsa da un fuoco interiore che non mi lascia in pace mai. Le botte prese non sono che parte del dolore: mi sento ferito e allo stesso tempo un'incapace, e Nicole e Jospeh non aiutano, facendomi da badanti. O Megan che è rimasta al posto loro.

William e gli altri sono passati all'officina, ci siamo scontrati, siamo venuti alle botte, e la mia faccia è il giusto risultato di uno scontro impari. Sono sempre stato bravo a picchiare, ma quelli probabilmente hanno sempre preso lezioni di boxe, eccessivamente pagate. Ottimi risultati comunque, i soldi fanno la differenza, niente da ridire.

Mentre a me non resta che evitare un'eccessiva compassione dalla donna da cui meno la desidererei.

<Non sono niente, solo due graffi. Ho la cassetta del pronto soccorso e l'acqua ossigenata ... posso riuscirci da sola>, le sento dire rivolta ai nostri due amici, prima che questi ci lascino soli, abbandonati a noi stessi.

La fisso con odio, appoggiato a questa parete.

<Non ho bisogno nemmeno di te. Puoi andartene>, dico solamente, ma lei non cede.

<Nemmeno se mi pregassi>

<Vuoi proprio sentirtelo dire eh? Non. Ti. Voglio. Qui> scandisco bene, sperando che questo l'allontani, ma non accade. <Cosa c'è? Sei masochista? Ti piace sentirti rifiutata?>, si capirebbe perché è rimasta al mio fianco per tutto questo tempo ... Si avvicina al bagno, alla ricerca della cassetta di pronto soccorso.

<Dico seriamente, vattene da casa mia>

<Quindi è così che funziona? Ti metti a dare ordini adesso? Entri in casa mia, ci mangi, ci dormi, ti ci lavi ed ora io non posso restare qui nemmeno per un minuto?> mi urla addosso, ma io non sento niente perché i miei occhi hanno registrato solo un piccolo particolare: il fiore che ha posato dietro l'orecchio, un papavero.

Ho saputo che oggi pomeriggio era rimasta con Ian, e che se ne sono andati in sella a una sola bici, abbracciati, e la paura prende possesso di me, mentre un malato pensiero corre inevitabile: ha visto anche l'altro fiore, Megan? Ian ... ha visto pure il tuo tatuaggio? Non potrei continuare a vivere se così fosse, se nell'ultimo periodo quel ragazzo odiosamente mio amico le sia arrivato tanto vicino da impedirmi di avvicinarsi.

Il ricordo della sera di San Lorenzo preme pesante sulle mie spalle, ma tento di scacciarlo via.

<Dove sei stata?>, la sola risposta che mi interessa.

<Non risponderò a questa domanda>, la sola che non mi offre.

<Allora vattene, non mi servi>

<Seriamente Caleb?>

<Si seriamente>

<Neanche ti reggi in piedi, cosa credi di fare? Quelle ferite vanno curate>

<Chi sei, mia madre? Fai la crocerossina a Ian, lui si che ha tanto bisogno delle tue attenzioni> sputo fuori con odio, e la vedo incendiarsi.

<No, non sono tua madre, ma vorrei tanto che tu ne avessi avuta una vera che non ti trattasse come uno straccio da terra perché così sapresti cosa vuol dire prendersi veramente cura di qualcuno, e mi lasceresti fare!>

No, non può dire davvero ...

<Come prego?> mi volto lentamente, scagliandole fiamme.

<Hai capito bene, tu non sai cosa vuol dire prendersi cura perché se così fosse saresti stato in grado di prevederlo! Se tu avessi parlato anche solo una volta di problemi con lui prima che te lo ammazzassero sapresti cosa vuol dire amare! Tu non cerchi confronto ma prevaricazione, allontani tutti credendo di farcela sempre da solo, perché gli altri non sono alla tua altezza mentre continui la tua estenuante corsa verso l'apice di una montagna di problemi che ti sei costruito da solo, sulle spalle degli altri! Sei solo rabbia, odio, e un terreno tanto arido da non far crescere nemmeno quel germoglio di bontà che mi darebbe la speranza un giorno di vederti diverso! Non sei in grado di amare, perché nessuno ti ha mai amato!>

Queste sono le parole che più mi feriscono.

Un concentrato di emozioni che mi annienta, l'insieme di tutti i mie errori, mio fratello, mia madre, lei, e per di più ... il finale.

Crede veramente che non sia in grado di amare?

Crede sul serio ... che questo non sia niente?
Può dire quello che vuole ... ma non questo. Non glielo permetto.

<Se tanto mi disprezzi perché sei ancora in casa mia? Qual è il tuo piano ragazzina? Ian è rimasto sul pianerottolo? E' con lui che eri? Resti qua dentro perché vuoi lasciarlo fuori a immaginare cosa sta succedendo in queste quattro mura?> Non è la prima volta che lo penso, il fatto che lei mi usi solo per provocare qualcosa in Ian, è uno dei miei più grandi timori e gliel'ho servito. <Se è così hai sbagliato approccio, l'immaginazione è pericolosa e crudele ma ancora di più lo sono le certezze. Posso scoparti qui in piedi, su questa parete, con tutti i vestiti ancora addosso, e farti emettere dei gemiti capaci di raggiungere le sue orecchie, quelle del vicinato, per far sapere a tutti che stai godendo di me, mentre mi tieni dentro ... di questo mostro senza cuore capace solo di prendersi il tuo corpo, esentando la tua mente, ma che ha trovato una belva persino più malvagia di lui che gioca con i cuori della gente, sbranandoli a morsi, facendosi scorrere il sangue lungo le mani ...>, richiudo a coppa il suo seno, e quella che diviene una vendetta non si tramuta che in ennesima passione, destabilizzandomi per la sua ferocia. <Te la fai con entrambi?>

Non importano le ferite, lo spirito da crocerossina finalmente le sparisce dallo sguardo e un colpo, proveniente da lontano, finisce per abbattersi contro la mia guancia.

Ed era quello che volevo, la verità. Vediamo se riesco a ricavare qualcos'altro.

Le mie mani da sole, provocatrici, corrono al bottone dei suoi jeans prima di lasciarla di colpo nuda con solo gli slip e la camicia di flanella. Intravedo il tatuaggio tra le sue gambe e prendo un profondo respiro prima di issarmela addosso. La accosto alla parete in un colpo, tenendole spalancate le gambe e mettendomi nel mezzo ad esse, perché sono incredibilmente ferito dalle sue parole, e adesso voglio la verità.

Piange e urla come un pazza, vorrebbe allontanarsi da me ma non glielo consento, ha intravisto la furia con la quale sto compiendo tutti questi gesti, con la quale sto bruciando le tappe e non l'accetta. Vorrei sentire dire il motivo, perché non vuole un mio bacio adesso? Perché non così? Che cosa vuole veramente?

<Caleb no!>, urla ma non mi fermo, riuscendo anche a slacciarmi la cintura per farle vedere che faccio sul serio, che sono di sposto a prendermi pure tutto in questo patetico bagno, se lei non si rimangia quello che ha detto, ma sto solo recitando l'ennesima parte, con il solo scopo di metterla in un angolo. Solo quando è alle strette Megan riesce a dire la verità.

Riesco a raggiungerle un seno e il contatto con la sua pelle mi fa morire, mi uccide saperla comunque eccitata, con quel piccolo bottoncino che mi preme contro il palmo della mano, senza lasciarmi indifferente.

E non mi importa se mi colpisce, non importano le lacrime perché io non farei niente contro il suo volere ma la verità sta proprio nella mia mano, la sua eccitazione, la sua emozione, perché sono sul suo seno sinistro e le sto toccando il cuore.

Mi piace che batta così veloce, arrivo a credere che non sia solo paura. Se sentisse il mio adesso potrebbe davvero spaventarsi.

Quanto oltre mi devo spingere, a finché lei parli?

Proprio in quel momento ricordo come abbia lottato per mantenere probabilmente un bel ricordo del ostro primo bacio, e lo stesso ho fatto pure io, per lungo tempo, ma è stato vano se lei continua a credere che non sono in grado di amare. Quindi ennesima strettoia, le afferro il mento e l'avvicino molto alla mia bocca, e devo ammettere di essere fin troppo tentato.

<Ti sei decisa adesso ... a voler andare via?>

Se non è la verità che otterrò, almeno mi privi della sua compassione. La voglio fuori casa, lontana dal mio momento di fragilità.

<Non mi muoverò da qui. Se avermi così è quello che vuoi allora fallo, non mi darai che ragione quando dico che non sei in grado di amare. Ne me, né tanto meno te stesso>

La capricciosa ha sfoderato gli artigli ... forse ha capito il mio gioco. Guardo in basso e resto incantato dai suoi capezzoli tesi contro la stoffa, e cerco un modo per respirare. Mi vuole, almeno quanto la voglio io, ma ancora non è in grado di dirmelo, per cui la lascio andare, e mi volto dandole le spalle, perché la visione di lei, eccitata e ferita, da troppa noia al mio di cuore, confuso e spaventato.

<Voglio sapere chi ti ha fatto quei lividi>, insiste a un tratto, ed io sospiro esasperato.

<Megan ... come puoi ...>

<Parlami>

<Non voglio farlo, non adesso>

<Caleb ...>

<Cazzo Meg guardati! Come puoi chiedermelo ora? Come puoi chiedermelo ancora?!> Addosso ha il segno delle mie mani, ma dice che non le importa. <A me si dal momento che ci facciamo solo del male, sempre!>, e non ne posso più, cerco la pace Megan, offrimi quel poco di pace. <Come può non interessarti? Questo tuo carattere ... mi fa impazzire, riesce a mandarmi fuori di testa, ogni volta. Bastava solo che tu te ne andassi da quella porta e invece mi porti sempre a reagire, a farti male>

<Sono stati altri stavolta a farne a te, e voglio sapere chi sono>

Scuoto la testa negativamente, ma il mio corpo bisognoso le si fa più vicino.

<Non te lo dirò adesso, ma se veramente mi vuoi ... > soffio fuori, e la vista ancora dei suoi capezzoli mi fa tremare dal pensiero che mi voglia > se ti interessi a me ... allora resta. Ti prego resta e non andartene via. Te lo chiedo questa volta, non l'ho fatto mai, ma dopo oggi ... Dopo questo ho bisogno di sapere se ancora una volta sei abbastanza forte da rimanere con un mostro come me>

<Tu non sei un mostro>

<Allora rimani e dimostramelo. Io vivo tirato dai tuoi fili, Meg. Credo in ciò che mi dici, per questo reagisco quando mi fai del male, ma se ... se mi dimostri che non è vero allora io ci crederò. Basta che me lo dimostri Meg ... dimostramelo e io ci crederò> sussurro prima di baciare lentamente il suo collo tremando.

Non odiarmi Megan ... non odiarmi più non resisto.

<Caleb ...> sospira e chiude gli occhi, poco prima di sfiorare i miei tagli con i suoi baci. Vorrei alzare le mani e sfiorarla, afferrarle il volto e baciarla deciso perché lei con le sue labbra sta passando ovunque tranne che sulle mie, le sole alla ricerca di attenzioni, che la vogliono con tutte loro stesse.

<Adesso curerò questi tagli come avrei già dovuto fare quando hai superato la porta di questa casa, ti cucinerò cena e dopo, se vorrai, parlerai con me, riguardo agli aggressori. E spero che tu lo faccia perché non sopporto quando mi nascondi le cose>

<Megan io ...>, il cuore mi esplode ma lei posa un dito sulla mia bocca, bloccandomi dal continuare.

<Non adesso, adesso mi occupo delle ferite. Dopo parliamo>

Megan ... io ti amo.

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