17- Adolescenza di promesse infrante
P.O.V Caleb
Nove anni prima
Non ce la faccio ... se lei continua così .. Non ce la faccio.
Forse sono ridicolo ma ho come l'impressione che qualcosa tra di noi sia cambiata, e non saprei stabilire precisamente l'attimo in cui l'ha fatto ma so che è successo, e lo detesto: Megan si sta allontanando a me, sempre di più, ogni giorno che passa ... ed io non so se sono in grado di accettarlo. Non per molto almeno. Probabilmente neanche un po'.
Mi alzo di scatto dalla sedia e raggiungendo la porta afferro il mazzo di chiavi che pende da promemoria al di sopra di un mobile antico, ed esco solo per compiere quei pochi passi che mi portano fino a lei, anche se una volta arrivato aspetto ad annunciarmi.
Da quando Ian mi ha rivelato tre anni fa che Meg vive praticamente da sola, ogni giorno, non ho mai esitato nel farle compagnia. Passavamo interi pomeriggi insieme nella sua stanza, a parlare di tutto, a parlare di niente, ... ma adesso quei momenti scarseggiano, quindi, ricordo a me stesso, sono venuto per riaverli indietro.
Batto con tono sicuro le nocche contro il decrepito legno laccato che per nessun motivo lei, o quanto meno la madre, si decidono a cambiare, e aspetto.
Quanto? Un'eternità almeno, ma non appena quel divisorio si fa da parte mi trovo a ricredermi: non sono stati che secondi, questi sono i puri e interminabili minuti.
Megan indossa i suoi soliti pantaloncini da casa, con abbinata sopra una flebile maglietta che lascia intravedere tramite la luce che le arriva da dietro il profilo del suo corpo, mentre i capelli sono in disordine, tanto da farmi credere che stesse dormendo prima del mio arrivo, cosa che mi confermano anche i suoi occhi, e la sua voce bassa, incerta.
<Caleb va tutto bene? Che ci fai qui?>
Che ci faccio? Niente ... come sempre ... ma avevo voglia di vederti.
<Stavi riposando?>
<Mi sono messa sul divano ed ho acceso la tv, c'era un bel film ma non sono proprio riuscita a vederlo>
<Sono la giusta alternativa a un bel film ... posso entrare?>
<Ti è mai stato negato?>, lo dice rassegnata, e nella mia testa rispondo negativamente, quasi con un sorriso.
Ancora una volta è sola in casa, aspetto della sua vita che cambierei volentieri con il mio fin troppo ricco di indesiderati familiari, e in questo sacrale silenzio nemmeno interrotto dal rumore del televisore mi accomodo, aspettandola fare lo stesso.
<Va tutto bene?>
<Me lo hai già chiesto>
<Tu non mi hai risposto>
<Si, è tutto okay ...>
<Okay allora ...>
Che cos'è? Imbarazzo? E da quando?
<Che cos'hai?>
Le guance le si imporporano.
<Come?>
<Meg.. sei arrossita e non mi parli da tempo, quindi che cos'hai?>
<Non è che non ci parliamo da molto, Caleb, che stai dicendo?>
Perché. Mentire?
<Due settimane>, quasi mi esce come un ringhio. Detesto che mi menta.
<Avevo voglia di vedere le mie amiche>
<E non potevi passare del tempo anche con me?>
<Sto sempre con te e Ian, ho bisogno anche di fare delle cose da ragazze..>
<No che non ne hai bisogno>
<Ma cosa vuoi saperne?>
<Sei diversa dalle altre, e da settimane non fai altro che voler somigliare a loro, perché?>
Furia, la sola cosa che abbonda nel suo sguardo. Ero entrato con le migliori intenzioni, lo giuro.
<Forse mi sono stancata di essere tanto diversa! Sono una donna anche io>
<E il seno dov'è?>
Peggio ancora ... ricevo un cuscino addosso senza, in allegato, alcun tipo di divertimento. Non so perché ferirla mi riesca tanto bene, probabilmente il solo motivo è il fatto di essere guidato dalla rabbia. Mi ha ignorato per settimane, ed ora scopro che l'ha fatto con una scusa ridicola.
<Nemmeno tu sei tanto bello, e di certo non sei tanto maschio>
Undici anni. Pessima età. Piena di paragoni con gli studenti dell'ultimo anno delle medie, già formati di fisico, di maturità.
Preferisce uno di loro al suo fianco?
Un'idea mi serpeggia per la testa, e fa correre un brivido lungo la schiena.
Si fa bella ... per loro?
Non so il modo con cui la stia fissando, ma è in grado di modificare anche la sua espressione, d'un tratto preoccupata.
<Meg ... dimmi la verità>
<Che cosa? Te l'ho detta, l'hai capita!>
<Hai un ragazzo?>
<Come?> le guance divenute ancora più rosse ... tutto quest'imbarazzo.
La sto odiando. Ma muore sotto il mio sguardo solo quando il campanello di casa suona.
Capisco da come mi guarda .. che non si tratta di sua madre.
<Caleb..> prova a fermarmi ma io già sono scattato in piedi e mi sto dirigendo verso la porta. <Caleb!>
La apro con troppa irruenza, per questo il malcapitato dall'altra parte sussulta davanti a me, e quasi ringhio vedendomi Leonard davanti ... solo che stavolta porta una divisa da postino, ed una lettera tremante tra le mani, tesa nella mia direzione.
Gliela strappo e chiudo con la stessa prepotenza la decrepita asse di legno posta a dividerci, lanciando quella che credo essere la bolletta del gas su di un mobiletto della casa.
<Caleb!>
Mi volto verso di lei deciso a fare chiarezza, ma vedo come crede già di aver detto tutto. Non l'ha fatto voglio la verità. Megan però mi brucia solo con quegli occhi verdi, ed io sono disposto a passare tra le fiamme.
<Devi smetterla di fare così. Non ho il ragazzo, nessuno mi vuole, perché credono che stia con uno di voi due! Mi siete sempre addosso, specialmente tu!>
<Vuoi altra compagnia quindi> butto fuori arrabbiato e puramente ironico.
<Smettila, non scherzare>
<Ti stiamo troppo addosso no? Anzi mi correggo, ti sto troppo addosso. Meglio spettegolare con un gruppo di ragazzine sceme in quello stupido cortile di scuola, vero? Vederti mentre ti abbassi al loro livello, perché sennò spiccheresti più di tutte loro messe insieme. Meglio che nessuno ti dica questo, che sei speciale, intelligente e sicuramente più forte di quelle quattro oche, e se devo dirtela tutta forse si, forse quella forza ti è venuta stando proprio con noi, ma tu non lo ammetterai mai giusto? Perché non vuoi affatto essere speciale, vuoi parlare di smalti, di giochetti da confraternita, dei ragazzi dell'ultimo anno, sperando tanto che uno di loro ti noti.
Ti dico questo però: quelle ragazzine ti tradiranno, non hai visto come ti guardano sono invidiose>
<Non hanno niente da invidiare>
<Invece ce l'hanno eccome, anche se tu non te ne rendi conto. Sono gelose di te e ti metteranno presto da parte, dopo averti usata>
<Sono parole cattive, Caleb!>
<Sono loro quelle cattive>
<Vuoi dirmi che tu non hai guardato nessuna delle ragazze dell'ultimo anno?>
E questo cosa c'entra? E comunque no, non l'ho fatto, nemmeno ne so il motivo. Sono tanto strano?
<Di quello che vuoi dire, Megan>
<In giro si è sparsa la voce che Julia Sanders ti voglia>
<Io non voglio lei>
<Riesce sempre ad ottenere quello che desidera>
Come se io non avessi una volontà.
<Perché siamo finiti a parlare di Julia? Stai facendo tutto questo ... solo per somigliarle?>
<La vogliono tutti, anche i ragazzi più grandi. E sono certa che alla fine la vorrai anche tu, perché è quello che fa ... prende tutto quello che vuole>
Le sue parole ... mi fanno male.
<Adesso mi stai sottovalutando, Megan, vuoi aggiungere altro a questo meraviglioso discorso?> tace. Dovrei essere più comprensivo riguardo ai suoi dubbi e paure, ma come li ha lei ... li ho pure io, ed oggi dopo tutti questi giorni distanti, non ho voglia di esserlo affatto.
<Ti starò lontano visto che è quello che desideri. Spero solo che Ian sia una compagnia più gradita.
Quando le nuove amiche ti tradiranno non venirmi a cercare, non ci sarò>
Perché tu, per tutto questo tempo, non ci sei stata.
Siamo lontani, eppure vedo chiaramente il suo stupore, non mi ero mai rivolto a lei così, prima d'ora non le ero mai andato contro mentre invece adesso ... sono riuscito a ferirla.
Esco dalla sua casa senza aggiungere altro e invece di dirigermi verso la mia, certo che lei mi venga a cercare, svolto lungo le scale in direzione del portone. Stamani io e Ian ci eravamo dati appuntamento in un parco poco distante da qui, giusto per staccare la testa dalle lezioni.
Il sole è calato da un pezzo e quando arrivo lo trovo già in compagnia di Nicolas, sinceramente uno dei caratteri che più detesto delle nuove conoscenze.
Ian e Megan non hanno un gruppo, sono sempre per i fatti loro ma non manca mai una terza persona al loro fianco, che si tratti di Nicole, di Nicolas o di quel famoso Joseph tanto caro a Ian che ancora non sono riuscito a incontrare, e devo dire che la cosa è altamente stressante per uno come me, alla ricerca di pace.
<Ian, è arrivato Caleb> la mia presenza si fa evidente, e il biondino dalla sua posizione supina volge appena la testa nella mia direzione, squadrando il mio umore.
<Ti stavamo aspettando...>
Forse erano davvero in attesa, ma noto come già non manchi nelle mani di entrambi lo spinello gentilmente offerto dalle buone compagnie di Nicolas.
<Eccomi qui>
Raggiungo con loro il tappeto d'erba, sdraiandomi sulle lacrime di pioggia che pendono dagli steli dei fili, e fisso con loro il mondo coperto dalle nuvole, afferrando lo spinello che mi viene offerto.
Ho il cuore che mi scoppia dalla rabbia, ma il volto non ne fa trasparire l'arsura, nonostante la testa non offra altro che il rimbombo della prima discussione avuta con Megan.
Sento appena i discorsi degli altri due nel corso della notte a farmi compagnia, ma non entro mai nei loro scambi, presente ma assente, finché Nicolas non ci lascia.
Ho la mente appannata, ed il cuore privo di alcuni massi pesanti ma lei, dalla mia testa, non se ne è ancora andata.
Spero che Ian se ne sappia prendere cura, quando gli altri la deluderanno, proprio come ho fatto io.
<Come mai tanto ritardo stasera, Caleb?> parla a un tratto la sua voce, strisciando le parole.
Non regge molto ma questo non lo ha mai fermato dal continuare. La cosa lo diverte, credo l'abbia presa come una sfida.
<Ho dovuto aiutare in casa, mio padre non è ancora rientrato>
<Sei riuscito a vedere Megan?>
<Appena, di sfuggita>
Tra le dita non ci è rimasto niente, solo i respiri dell'aria che ci smuovono anche le vesti. Nasce un silenzio privo di parole ma carico di emozioni perché a un tratto lo sento sorridere mentre fissa questa cupola blu scura che ci fa da coperchio, beato sotto le stelle di una vita tranquilla, nel suo animo nobile, buono e calmo, sempre schierato nella direzione del vento, ed io incantato resto a studiare la sua pace per degli attimi, prima di precipitare nel mio caos.
Ed è lui a spedirmici, con sole poche parole che sciolgono la matasse dei misteri di tutti questi anni, stiletto affilato grondante del mio sangue mentre lui mi uccide, prendendosi pezzo dopo pezzo.
<Credo di essermi innamorato di lei, Caleb... sono innamorato di lei da sempre>
Capisco di aver sbagliato ogni cosa, l'attimo dopo che la sua voce mi abbandona, di essermi fatto indietro e di averla lasciata tra le sue braccia in un momento tanto delicato da essere decisivo, ma è questo che faccio, sbaglio e basta, mento, ferisco e tutto questo adesso mi si sta rivoltando contro tramite un pugno che mi deforma il viso e mi accartoccia le membra, mentre lui al mio fianco sorride, fissando la sua buona stella.
______________
Sono sdraiato sul divano di casa mia con addosso solo il debole respiro gelido dell'inverno, visto che mi sono dimenticato la coperta, ma ormai da minuti credo che a quello si siano aggiunti un bellissimo paio d'occhi immobili. Ho riconosciuto subito il suo profumo non appena sveglio.
Cerco di assumere un'espressione neutra e non mi viene tanto difficile, sfortunatamente la sua lontananza spinge la mia parte più cattiva a voler emergere, ed è con lei nel cuore che dopo settimane torno a fissarla.
Come immaginavo è inginocchiata al mio fianco, tanto vicina da farmi esitare per degli attimi, a farmi credere al suo viso ferito che so essere vero.
Maledizione Megan ho patito le pene dell'inferno aspettandoti.
<Ciao...> sussurra, ma io non le rispondo. Continuo ad aspettarla fare ancora la prima mossa. <Sei ancora arrabbiato con me?>
Questo gioco non funziona a domande.
Taccio ancora, voglio sentirla parlare.
<Davvero mi consideri speciale?>
Non so perché continui a porgermi dei quesiti, avendo capito che non risponderò. Che siano troppo evidenti sul mio viso le risposte?
<Davvero ... non vorresti più esserci per me?>
Principessa crudele. Ora so per certo che lo faccia per leggermi dentro. Ma io a queste domande come potrei mentire?
Sospira come a volersi togliere un pesante masso dalle spalle, e il suo respiro mi arriva più gelido dell'inverno sul viso.
<Mi sei mancato> sussurra, anche se in questa casa ci siamo solo noi. <Vorrei solo tu capissi che ne avevo bisogno: mi servivano quelle ragazze, anche se lo ritieni stupido, per sentirmi un po' più donna perché siamo così, perché anche io un po', seppure potresti ancora non vederlo, sono così, un po' frivola e forse banale ma è quello che sono, nonostante non mi piaccia il gossip e parlare di tutto quel trucco, e vorrei tanto sbattere da sola la testa nei miei sbagli senza che tu me li anticipi perché mi farebbe sentire più indipendente, nonostante tu lo faccia per me. Altrimenti non sarò in grado mai di fare niente da sola e avrò continuamente bisogno del tuo aiuto, e questo non mi farà crescere riesci a capirlo?>
Vorrei non farlo. Vorrei che lei avesse continuamente bisogno di me e al contempo la vorrei forte, sicura di se stessa.
<Questo non vuol dire che tu non debba darmi consigli ma solo che non devi anticipare i miei passi... e ti prego, ti prego, non abbandonarmi. Sono stata insieme a Ian nelle ultime settimane, e con le ragazze ma sentivo la tua mancanza, non facevo altro che ripetermi nella testa quello che ti ho detto l'ultima volta che ci siamo visti e ti giuro che metà di quelle cose non le pensavo, erano solo mie paure, non avrei voluto nemmeno litigare o tanto meno starti lontana per tutto questo tempo, e non voglio che riaccada>
Ian ti ama, Megan.
Ian ti ama mente io non so nemmeno cosa provo.
Ma non riesco a lasciarti andare e non so perché ne dovrei soffrire.
Ian ti ama e riesce a starti vicino quanto basta mentre invece io sono solo in grado di soffocarti con tutti i miei pensieri confusi e i miei silenzi.
Ma non ti lascio andare.
Non ti lascio andare mai.
Il cuore mi scoppia in petto mentre le afferro il braccio e con una mossa riesco a farla sdraiare a fianco a me, prima di prendermela tra le braccia, assaporando quel profumo in grado di stordirmi da che ne ho memoria.
La tengo stretta e sento come si modella nella mio abbraccio, come con il suo piccolo corpo si fa largo nel mio e finalmente circondato dal calore torno a chiudere gli occhi, guidato dal suo respiro.
Quando il giorno dopo ci svegliamo i nostri corpi sono ancora stretti e illuminati dalla luce del sole. Un raggio le sfiora la guancia e le mie dita sfiorano lei, la sua pelle, forse il suo cuore. Mi guarda con quegli occhi verdi poco più in basso del mio mento e non si ritrae al mio tocco. Dopo degli attimi la sua voce mi avverte di dover tornare a casa, da sua mamma e prepararsi per la scuola, e così senza volerlo la lascio andare, osservandola dal divano uscire di casa.
<È molto bella ... te la sei scelta bene>
Non l'ho scelta, ma questo non lo poteva sapere.
Francis compare nel mio raggio visivo con una sigaretta accesa in una mano e la tazza di caffè nell'altra e se ne sta in piedi, dietro lo schienale del divano.
Ha una pessima cera e delle indomabili occhiaie che gli invecchiano lo sguardo, eppure mi sorride come non sono mai riuscito a fare.
<Non l'ho scelta, e di certo non voglio che sia la mia ragazza> dico solo liquidando la questione e alzandomi in piedi diretto alla mia stanza, ma durante quei passaggi lo intravedo sorridere.
<Stai mentendo di nuovo, Caleb>
<Non hai un lavoro a cui tornare tu?>
<Sono appena rientrato, e vi ho visti abbracciati. Esco da un turno di sedici ore>
<Già, si vede>
Sorride della mia strafottenza, aspirando una boccata di nicotina e fissandomi, oltre il successivo fumo.
<Davvero non ti piace? Se ti piace non dovresti esitare a dirglielo. Anche se non l'hai ancora capito è stata una delle prime lezioni che ti ho lasciato, mai mentire. Non porta altro che guai>
<Nostro padre non la pensa allo stesso modo, secondo lui alle volte è meglio mentire, ci fa sentire desiderati no?>
<Lascialo perdere nostro padre>, sibila abbassando gli occhi e penso che forse il motivo per cui fin da subito ho apprezzato papà era perché Francis lo disprezzava. E ad oggi non è cambiato, seppure mi sembra tutto diverso: non ne conosco il motivo ma nell'ultimo periodo tra di loro c'era una forte distanza.
<Dove vai?> chiede riemergendo dall'abuso di pensieri nel quale sembrava essere caduto, non appena mi muovo dal salone.
<A prendere le cose per la scuola, tra un'ora iniziano le lezioni>
<Mamma mi ha detto che ti stai impegnando> sorride, e in effetti è vero. Da quando ho conosciuto Ian vado più volentieri a scuola, seguo meglio le lezioni e inevitabilmente, per il solo scopo di riuscire a superarlo, mi impegnavo il massimo nello studio e i voti crescevano, portandomi a pensare che in fondo la conoscenza non era tanto male.
<Si, ultimamente mi sta piacendo>
<Bene, mi fa piacere ... e come amicizia? Come si chiamava quel ragazzo, Ian?>
<Insomma cosa vuoi Francis? Non abbiamo mai parlato così, che vuoi sapere e perché tutto questo improvviso interesse?>
Ancora una volta sono io quello arrabbiato mentre lui è stoicamente sorridente.
<Ma non è niente, non ti scaldare tanto, volevo solo sapere cosa combinava il mio fratellino, se stava sulla giusta strada e stesse bene ...>
<Va tutto bene, Francis, niente di cui tu ti debba preoccupare>
<Mi fa piacere>
Posa la tazza e il pacchetto semivuoto delle sigarette sopra al tavolo, attirando per un attimo il mio sguardo sui suoi gesti, poi va a sedersi su una delle due poltrone finendo di fumare.
<Ho sempre voluto il meglio per te, fratellino, anche se tu eri totalmente contro. Vorrei te lo ricordassi, quando non sarò lì a dirtelo>
<E come posso dimenticarmelo? Sei talmente fastidioso che troverai comunque un modo per continuare a ripetermelo ogni giorno, nonostante tu sia chiuso in centrale> ribatto arrabbiato e in parte anche confuso dal suo strano atteggiamento.
<Me lo auguro...>
È la sola cosa che dice, prima di vedermi andare via.
_____________
Fu il nostro ultimo discorso tra fratelli, lui che ancora una volta mi dà del bugiardo ed io che ancora una volta gli mento.
Ora accanto alla sua tomba ci siamo io e la mamma. Mio padre non è venuto, non si è più fatto vedere a casa ma sono certo che qualcuno in paese lo abbia avvertito.
Tornato a casa quella stessa sera ho trovato la polizia sotto il portone principale, e le luci blu e rosse delle volanti tingevano la facciata assieme ai sussurri dei vicini, in piedi poco distanti da mia madre, caduta nello stesso silenzio nel quale alberga ora.
Fino all'ultimo gli ho mentito ... fino all'ultimo lui mi ha fatto capire di volermi bene.
Che io non abbia un cuore? Perché mi è tanto difficile dire cosa penso, cosa provo?
Perché continuo a mentire?
Persino ora sto fingendo, stringo le mani al prete che ha celebrato la funzione, agli invitati, ai conoscenti ma all'improvviso ogni cosa mi precipita addosso, facendomi fuggire da tutto.
Improvvisamente capisco che tra noi due ... il migliore era lui.
E che forse quello strano discorso del soggiorno era una specie di addio, che io ho sporcato con l'odio e la rabbia.
Vorrei tirarle via, vorrei strapparmele di dosso come una corazza e gettarle lontano, per far posto a qualcosa di nuovo.
E ci provo, quelle emozioni sono tanto adesive che staccarle mi porta alle lacrime, ma correndo per la navata laterale della chiesa riesco a privarmene e di colpo ... precipito in un paio di braccia. Sono esili, calde, e profumano di lavanda.
Chiudo gli occhi, accolto in quel nuovo mondo che mi ha preso fragile, e troppo instabile.
Sfioro con le labbra il suo collo morbido, da cui nasce la lavanda.
<Sono qui ... non ti lascio, capito Caleb? Non ti lascio> mi dice la voce di lei, e io la stringo più forte perché è tutto ciò che posso sperare, perché oltre lei non è rimasto nessun altro, ne mio padre, ne mia madre, nessuno solo lei.
Nessuno, tranne Megan.
Sette anni prima
Sento la schiena a pezzi, dopo questo turno di dodici ore nell'officina. L'apprendistato non è affatto semplice eppure mi trovo lo stesso a percorrere questa strada in direzione del Brunett dove so già che troverò gli altri, a festeggiare.
Non sono molto dell'umore, ma è sempre meglio che restare in casa, con mia madre, nel completo silenzio. Il signor Bing non sembra male, anzi forse il contrario, e non vedo l'ora di raccontare a Megan quello che mi ha detto, sul mio modo di lavorare, giusto per vantarmi con lei. Probabilmente non lo crede, ma per me la sua opinione è importante. Forse ... necessaria. Vederla di nuovo felice di una mia vittoria, come il giorno del nostro incontro, mentre mi fissava dalle gradinate a bordo campo, è una delle poche cose in grado di farmi star bene, e il solo ricordo mi fa nascere il sorriso.
Mentre mi avvicino sento già le loro voci, e noto dai riflessi con l'intorno il colore delle fiamme di quel piccolo farò che arde al centro del cerchio da loro formato, e finalmente li vedo dalla schermatura prodotta dall'enorme albero, al fianco della casetta a un piano, e sono pronto ad unirmi a quella piccola congrega quando una scena mi blocca ... e vorrei non essere mai arrivato tanto in tempo.
Ian e Megan si stanno baciando, e intorno a loro i nostri divertiti amici li incoraggiano battendo le mani, mentre io nel buio della notte sono immobile, a fissare le loro bocche, l'una sull'altra, a plasmarsi senza neppure unirsi ... ma tanto basta. La scena mi ha gelato, e quell'enorme muro che mi divideva da loro corre a schiantarsi di nuovo al suolo, separandoci totalmente quando, una volta fattasi distante, lei gli sorride dolcemente, prima di abbassare lo sguardo.
Sono a corto di fiato e come improvvisamente ... svuotato. Osservo l'uno, l'altra e non posso che sentirmi ferito.
Quello che vorrei fare sarebbe correre al centro di quel cerchio e separarli, i loro occhi, le loro labbra, ogni cosa, tenerli staccati per poter tornare a pensare.
Era il suo primo bacio ... il suo primo bacio e lei lo aveva donato a lui.
Sento la fragilità corrermi lungo tutto il corpo, ma quella maledetta è troppo lenta e viene sostituita dalla rabbia.
Provo qualcosa per Megan, ormai è una verità, l'ho capito da un anno circa. Un anno, maledettamente tanto. Avevo pensato di poter essere il primo, forse l'unico ... ma Ian mi aveva battuto. Lei ... mi aveva tradito.
Arretro nella direzione da cui sono venuto e ripercorro la strada, con tanta rabbia in corpo da incendiarmi le vene, e cammino, cammino finché non sono dinanzi a una porta che conosco fin troppo bene, tante erano state le volte che mi aveva costretto a riaccompagnarla a casa.
Julia mi apre con addosso una camicia da notte molto sottile e bianca, a valorizzare la bellezza che già sa di avere ma non è quella che guardo, non guardo niente di lei. Precipito sulle sue labbra baciando la sua confusione, prima di venire ricambiato.
Non è il mio primo bacio ma è il primo dato a Julia, l'ho sempre tenuta distante prima di allora, non volendo ferire Megan, e capisco benissimo di usarla solo come ripiego, sento come le sue labbra non profumino nemmeno un po' del sapore che cerco, come la sua pelle non trasmetta l'aroma della lavanda, e ne tanto meno le sue labbra siano quelle su cui Ian aveva appoggiato le proprie. Ma sono giuste quanto basta, sanno di vendetta e di rabbia, sono mie, ed io mi nutro della loro consistenza, della loro resa, del mio dominio, prendendomi tutto quello che mi offrono, fino a privarle.
Mi approprio del suo corpo, della sua anima e lo faccio in una ripicca, in un modo infantile, pensando per tutto il tempo ... ad un'altra.
Sei anni prima
Vuole andarsene. Mi dice di voler partire per un viaggio, e vedere il mare. Costretti dalla musica troppo forte delle casse a parlarci a un palmo dal viso, la prego di non farlo, ma non sembro averla convinta.
Siamo alla festa di compleanno di Nicolas, confinati su di un divano fortunatamente solo nostro.
Non riesco a convincerla a non partire, solo a dormire insieme, prima di andare.
Il giorno dopo l'avrei accompagnata al porto ma stanotte ... sarebbe stata sola con me.
Poche ore dopo apre il portone di casa sua senza esitare. L'alcol è passato nei nostri bicchieri, ma nonostante questo siamo lucidi e soli nella sua casa.
<Domani per le sette parte il traghetto. Dovrei svegliarmi un'ora prima, se ti sta bene>
Mi stava bene? No, ma annuisco lentamente, fissandola camminare per casa, rimanendo incantato a fissarle il corpo, stretto in quell'attillato vestito nero e seguendola fin dentro la sua stanza.
Si volta a fissarmi ed io non allontano gli occhi, cosa che la fa arrossire.
Facciamo l'amore, Megan. Stanotte, prima che tu parta. Facciamo l'amore e dimmi che sei mia. Fammelo almeno credere, mentimi non mi importa, ma fammici credere.
Ci saranno dei ragazzi che ti fisseranno in costume... E io sarò troppo lontano per impedirgli di inchiodarti con lo sguardo, ti desidereranno ed io non voglio che tu passi sotto altre mani, sotto altri occhi. Già Ian ti ha baciata ... permettimi di averti, solo per questa notte, di lasciare a entrambi un segno che sia ricordo o graffio sulla pelle, ma quanto basta per non scordarci.
Megan ... è già passato così tanto.
<P-potresti voltarsi? Dovrei cambiarmi>, sussurra, piccola preda vittima dei miei occhi.
<Tra non molte ore già un sacco di ragazzi ti vedranno mezza nuda, in costume, quindi no, non mi volto, non ha senso fare la timida adesso, specialmente con me>
<Vuoi smetterla di fare il bambino? Te l'ho già detto, partirò, ormai è già tutto organizzato quindi ti volti, per favore, altrimenti vado in bagno?>
Alzo gli occhi al cielo e faccio finta di obbedire e non appena percepisco la sua zip abbassarsi, lo prendo come un chiaro segnale per cui posso tornare a fissarla, mentre mi è di spalle. Accarezzo con gli occhi la sua pelle e mi sento male al pensiero di quanti la vedranno, e a come lei mi mancherà, mentre sarà via.
Non appena è pronta torno alla parete dietro di me in attesa del suo segnale che mi raggiunge in un piccolo colpo di tosse, gesto timido, per niente simile al mio: sotto il suo sguardo mi tolgo la maglietta e la getto lontano, facendo finta di non badare al modo con cui mi guarda, ma mi surriscalda, obbligandomi a non fissarla oltre e a cercare rifugio sotto le coperte. E quando anche lei arriva non mi volto. Attendo paziente, come sempre, una sua prima mossa, e la trovo tanto timida da non volermisi avvicinare.
<Alla fine non sarò così lontana, almeno non troppo> prova ad aggiustare la situazione, e vorrei tanto dirle che se veramente fosse tanto vicina ci saremmo potuti andare insieme, ma non sente storie, perché è un'opportunità unica, ed io gliela sto rovinando.
Ma non deve partire così ... vorrei che lo facesse con un po' di me addosso, e non ne trovo il coraggio.
Inizio con il suo viso e poi scendo con le mani sulle sue labbra che separo piano, incantato dalla loro forma, dalla loro morbidezza, e nella notte sento come persino il suo fiato si spezzi, in risposta alle mie carezze.
<Non andare> la prego con un filo di voce, e il suo sguardo cambia.
Ho sbagliato totalmente, la vedo ritrarsi ma non la faccio andare tanto lontano.
Protesta tentando di sfuggirmi, ma me la intrappolo addosso, e nel farlo sento il suo cuore arrivare a battere contro il mio. Mi piace, potrei abituarmici.
<Se pensi di convincermi con questi trucchetti ti sbagli di grosso>
<Di solito funzionano?>
<No mai!>
<Un vero peccato ...>
<Caleb ...>
<Ti sto pregando di non andare Megan, perché vuoi così tanto partire?>
<La tua è solo gelosia, Caleb, l'hai detto tu, pensi solo ai ragazzi che mi guarderanno. Perché non puoi essere solo un po' felice per me? E' una cosa che voglio fare, insieme non lo vedremo tanto presto il mare, potrei persino passare anche altri giorni con mia madre finalmente, e tu non vuoi concedermelo>
<No>, dico, senza nemmeno esitare. Perché io sono questo, e non ho filtri, almeno non con lei, confinati in un letto.
<Sei una persona cattiva, Caleb>, le sento dire, e con poche mosse riesce a scivolare via dalla mia presa e darmi le spalle. Mi ammazzano, quelle parole, mi ammazza la sincerità con cui le ha dette ... mi ammazza sapere che è la verità.
Lentamente torno a farmi vicino a lei, con il cuore che mi scoppia in petto.
<E' vero, sono una persona cattiva, specie quando non ci sei. Perché vuoi lasciarmi da solo? Nemmeno hai accennato al fatto che staremo separati per due settimane>
<Credi che non mi mancherai?>
Finalmente si volta di nuovo, ed io le parlo con tutta la sincerità di cui dispongo. <Non mi hai mai dato motivo per non crederlo>
<Sono sempre la prima a cedere quando litighiamo. Le mie amiche aspettano sempre che siano i ragazzi a farsi avanti>
<Che begli esempi che porti> perché Megan era tornata a parlare con le ragazzine di scuola di smalti e ragazzi, anche se crescendo con l'età a quanto pare i discorsi si erano fatti più seri.
Per di più erano state proprio loro a convincerla a partire.
<Lasciamole perdere per stanotte, è già tardi ed ho bisogno di dormire>, commenta spegnendo la luce del comodino al suo fianco, rimasta accesa per tutto il tempo. Osservo come la maglietta le si alza al seguito di quel gesto, scoprendo buona parte della schiena prima che la stanza precipiti nel buio attraverso il quale percepisco i suoi movimenti inquieti, mentre io rimango stoicamente immobile, a pensare a come mi piacerebbe sfiorare quella pelle.
Se con le labbra, con le mani oppure con il corpo, non più tranquillo in sua presenza, ormai da un po'.
Facciamo l'amore Megan ... anche solo stanotte. Anche se non mi basterà per averti.
Ho bisogno di te, così da zittire i miei timori, conquistare nuove certezze perché tu lo saresti, saresti un indomabile punto fisso, impossibile da far vacillare.
Con le dita già sto sfiorando la sua schiena, ma me ne accorgo solo al suo richiamo.
<Caleb che fai?>
Dio ... le trema la voce. Se solo avesse idea di ciò che questo mi provoca.
Salgo sempre più in alto sfiorando il gancetto del suo reggiseno, indeciso se aprirlo prima ancora di sentirla scalpitare.
<Caleb...> si volta e la mia mano rimasta immobile finisce per sfiorarle il profilo del seno, e stavolta sono io a tremare, da capo a piedi.
<Niente, non sto facendo niente, non riesco a dormire>
Specie se ci sei tu nel letto, da mesi ormai.
Vorrebbe dire qualcosa, forse ripetermi nuovamente di non dovermi preoccupare, ma io non le crederei neanche un po' per questo la anticipo e con una mossa la porto a cavallo del mio corpo. Una posizione nemmeno troppo favorevole alla mia pace mentale ma devo dire che vederla seduta sul mio ventre con la maglia stropicciata e i capelli sciolti, a incorniciarle il viso illuminato dalla luna, è talmente tanto bello da non volerla lasciare andare.
Posa entrambe le mani delicate e fredde sul mio petto nudo, in modo da non cadere, e facendolo mi spezza il respiro, incendia l'aria.
<Caleb ... è tardi, possiamo parlare domani>
Non voglio parlare. Quello che voglio sono le sue labbra, e già da troppo tempo.
Solo come riuscire ad averle? Era tanto sbagliato ... desiderarla?
<Vieni giù, Megan>
<Come?>
<Stenditi su di me>
Le si imporporano le gote. <Perché dovrei?>
Staresti più vicina alle mie labbra.
<Voglio dormire con te addosso>, mezza verità, ma poteva essere vero mi sarei accontentato di un bacio.
<Come fai a dire certe cose con tutta questa tranquillità?>
<Non vuoi?>
<Si ... forse, non lo so>
<Se lo fai ti giuro che dopo me ne sto buono, non parlerò di domani> Alla fine era impossibile convincerla poco prima della partenza, mi sarei accontentato del poco che mi dava, e avrei pregato la pioggia per non farle sfoggiare il nuovo bikini per il mare.
Sospira e lentamente cede alla mia richiesta. La osservo scendere lentamente fino a stendersi completamente su tutto il mio corpo, stendendo le gambe ai lati delle mie e chiudendo gli occhi posandomi la testa sul petto. Continuo a sfiorarle la schiena e non ricevo protesta, così continuo leggero quel movimento mosso a carezza, fino ad incontrare il suo sguardo.
<Promettimi che ci sarai al molo, non appena ritorno. Significherebbe molto per me>
La sto odiando con tutto me stesso sentendo il suo desiderio di lasciarmi, ma nonostante questo annuisco, vicinissimo alle sue labbra. Io fisso le sue e lei fissa intensamente le mie. Il giorno dopo ho esaurito le parole, le avevo promesso che non avrei più parlato di quella storia, così mi limito solo ad accompagnarla e a non ferirla, pregandola con lo sguardo di cambiare idea, ma lei non lo fa, sale su quel molo e scompare. Una settimana dopo, al parcheggio della palestra usata dalla scuola, esce un nome tra noi ragazzi, di un certo Quentin.
<E' il figlio della donna che ospita Megan e sua madre al mare, la casa è loro, abiteranno insieme, mia sorella dice che è un bel ragazzo>
<Si, pure la nostra Celine ha avuto una mezza tresca con lui, no?>, commenta Kevin e la Celine presente alza gli occhi al cielo sbuffando.
<Insomma Kevin, non sei il mio ragazzo vedi di piantarla di seguirmi ovunque! E si, Quentin è un bell'uomo, persino più grande, ha avuto un sacco di storie ed è impossibile resistergli, ha proprio il fascino del bello e dannato, quindi se ci voglio dare una ripassata lo faccio, e sicuro lo farà anche la nostra Megan, con addosso quel costume lui non saprà resisterle per molto!>
Nemmeno me ne accorgo la ma mano si è stretta forte in un pugno, e le unghie si sono conficcate nella carne, tanto da far uscire il sangue.
<Di certo quello non è uno che esita, se vuole una cosa la ottiene, niente giri di parole o frasi contorte, e per di più sembra anche sia ricco, niente di meglio no?>
Mi stacco con forza dalla macchina e me ne vado da li lasciandoli soli e tornando come una furia a casa, per rovinarmi con le mie mani. Perché è questo che succede, se non sono con Megan, gioco ad autodistruggermi e mi riesce incredibilmente bene, ma anche lei ci mette molto del suo: perché non mi aveva detto di quel ragazzo? Lo sapeva, doveva saperlo, eppure ha esitato. Un uomo che non esita ... che prende ciò che vuole. Il contrario di me, e sicuramente più veloce nell'ottenere risultati, nell'esprimere desideri. Era sempre stato così, ombre più grandi mi tappavano il volo, quella di Francis, quella di Ian, quella del nuovo Quentin-ragazzo perfetto.
E se ciò non bastasse a far urlare a gran voce i miei rimorsi nei giorni successivi in cui tempo cambia i propri orari facendomi provare a non pensare a loro, agli sguardi di quel ragazzo perfetto sul suo corpo seminudo, alla felicità di lei nel trovarsi in un nuovo mondo distante da tutti i nostri casini, alla possibile complicità che potrebbe avvicinarli eppure non basta, il pensiero torna sempre lì, alla mia fonte di tortura.
Giorni dopo al mercato si è sparsa la voce di loro due in vacanza insieme. Quentin sembrava essere stato visto baciare una ragazza fin troppo simile a Megan, sul bagnasciuga della loro spiaggia nella casa a mare, poco prima di accompagnarla in una casetta di paglia, a bordo della riva, e una cosa arrivo a saperla per certo: lei non mi troverà su quel molo, non sarò li ad accoglierla a braccia aperte una volta di ritorno perché il sangue mi sta bollendo feroce nelle vene, e non vuole saperne di perdono.
Perché io non sono in grado di non farla piangere, io riesco solo a farla soffrire, in corrispondenza del dolore che provo. Niente vie di mezzo, niente chiarimenti ma solo discussioni, niente incontri ma solo battaglie, alla fine prive comunque di una vittoria ma ricche di sconfitte, perché è questo che facciamo, lottiamo per vedere chi per primo tra di noi riesce a toccare il fondo, e a questo giro ho ottime carte per costringerla a riuscirci.
Anche se sono io il solo ... a sentirmi già morto.
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