14- Alle porte del sogno
La sola cosa che rammentavo della mattina dopo quella serata, fino adesso, era stata la sua apprensione, ma ora che i ricordi sono tornati a galla non c'è spazio per nient'altro che per la rievocazione della sua delusione, non appena gli avevo confidato di non aver memoria di come fossi tornata a casa, o tanto meno del perché fossimo insieme.
E lo odio per non avermi aiutato a farlo.
Lo odio per averci tolto una delle poche possibilità che ci siamo offerti.
Ma non lo odio e basta.
C'è dell'altro, da sempre, ed è sufficiente a farmi fuggire dal suo sguardo e dal centro esatto di questa pista.
Vorrei dire di non essermene mai resa conto prima d'ora, ma già dal funerale di suo fratello quel sentimento sconosciuto aveva messo le sue radici, e in quell'occasione avevamo undici anni.
Ora ne abbiamo venti. Quanto possiamo essere testardi? Oppure pieni di paure?
Era servito dell'alcol per togliere freni e dubbi in modo da aprire i nostri cuori, e una volta fatto cosa succede? Io dimentico, e lui non riprova, perché? Non crede possa essere possibile? Crede che abbia detto quello che ho detto solo perché spinta da una voglia momentanea, desiderosa di essere soddisfatta? Dopo tutto quello che abbiamo passato? Pensa questo?
E come potrebbe non farlo, io non ho certezze in lui tanto quanto lui non ne ha in me. Non ci siamo donati altro che dolore, dell'altro abbiamo colpito i punti deboli solo per dimostrare di esserne capaci, mentre il resto lo abbiamo dimenticato ... non abbiamo mai confessato il modo con cui amiamo, almeno non apertamente quanto mostrato per l'odio, tramite i nostri litigi, e forse così ci siamo fatti più male di quanto pensiamo.
Ma è il caso di continuare a soffrire?
Per cosa?
Completamente assorta nei pensieri mi sono fatta vicina allo stanzino dedicato ai musicisti del locale, e solo ora mi rendo conto della serie di passi che ha seguito la mia ritirata.
Per questo, per loro, decido di aprire quello stanzino ed entrare.
La stanza si dimostra già illuminata, la luce gialla e fatiscente dell'unica lampada appesa mostra il divanetto e il tavolo, rispettivamente riempiti di strumenti e fogli dove su quest'ultimo è scritto il testo della canzone che oltre queste pareti ci accompagna in un pallido sottofondo.
La porta si chiude.
Mi volto verso Caleb ed ecco che finalmente vedo quell'accenno di dolore nato dai fogli di Celine, nonostante lui si ostini tanto a volerlo celare c'è, è lì e soffre, almeno quanto ho sofferto io, di questo distacco.
La sua bocca è obbligata in una linea dura, il corpo appare rilassato eppure è nervoso. Deve esserlo, lo sono anche io.
Il petto gli si gonfia appena alla ricerca d'aria, sta per parlare ...
Ma non è quello che voglio.
Quello che voglio ... è prendere la mia felicità.
Faccio un passo avanti arrivando fino a lui, e un secondo dopo le mie labbra e le sue sono attaccate.
Sono morbide, e lisce come avevo immaginato.
Avverto la sua sorpresa prendere le sembianze dell'immobilità, così mi decido ad alzare le mani, in modo da far passare le dita tra i suoi capelli ... ed è così che il bacio si fa più profondo.
Dopo qualche istante di esitazione Caleb ricambia, le sue labbra si muovono sulle mie con sapienza e le sue braccia mi stringono forte contro il suo petto ... una fortuna, altrimenti a quest'ora sarei già stesa a terra priva di sensi.
La sua lingua picchietta sul mio labbro e rabbrividendo la lascio passare.
Non ha pietà.
Prende tutto di me, invitando la mia allo stesso gioco, e tra di loro si instaura un ballo che non sono in grado di controllare, so solo che non è sufficiente.
Le mani scendono dai suoi capelli per accarezzargli le spalle, il collo, il petto, fino a raggiungere l'orlo della camicia. Lui ne tiene una dietro la mia nuca e una sul sedere, e entrambe mi spingono verso di se, mentre le mie, curiose, percorrono insieme il tracciato che dai suoi fianchi porta alle costole, e il contatto diretto con la sua pelle è qualcosa che non mi sarei mai potuta immaginare.
Lo sento gemere sulle mie labbra.
Mi spinge a doverlo guardare, e quando lo facciamo sento freddo e allo stesso tempo caldo sulla bocca bagnata della sua ma infuocata dai suoi denti, dalla sua passione, la stessa con cui mi sta fissando.
Faccio scorrere le mani di nuovo verso il basso, accarezzo con la punta delle dita il profilo dei suoi addominali ed esito arrivando all'orlo dei pantaloni, ma lui non pare accorgersene mentre mi studia affondo.
<Perché?> esala, con la presa ancora ferra sul mio corpo, ad impedirmi di andarmene.
<Perché non voglio più vivere una bugia>
Mi osserva attentamente, prima di issarmi contro il suo corpo.
La parete mi arriva alle spalle mentre le gambe sono corse a circondargli la vita, schiave del suo volere, e non c'è tempo per la dolcezza. Torna con la bocca sulla mia a reclamare un nuovo bacio che non gli vieto.
A causa della posizione il vestito mi è scorso fino in cima alle gambe ... e non indosso le calze. Per questo tremo ancora di più quando la sua mano gelida va a posarsi prima su un fianco, e dopo sulla mia pelle.
Con la lingua si spinge fino in fondo in un modo perfetto, come sta facendo con il corpo.
Tremo sentendolo eccitato per me. Il suo desiderio è tra le mie gambe e con un movimento dei fianchi lo sfioro .. togliendoci il fiato.
Afferra con entrambe le mani il mio sedere allontanandomi dalla parete, poi fa qualche passo in direzione del tavolo. Carte e fogli finiscono rovinosamente per terra per fare spazio a me, ma non per molto. Subito dopo Caleb si siede a uno dei posti intorno al tavolo e con lui mi trascina, portandomi a cavalcioni.
Così è anche meglio. Sento tutto il suo corpo. Vi sono spalmata sopra e la cosa non mi dispiace affatto.
Muovo di nuovo i fianchi su di lui, spinta da un'emozione che non so descrivere, e quasi mi si ferma il cuore quando gli sento sussurrare il mio nome.
<Megan ...>
La mia bocca di nuovo è la sua, il mio respiro il suo.
Stavolta però siamo ancora più audaci o almeno .. lui di sicuro.
Fa scivolare il suo tocco su entrambe le mie gambe nude, appena più in alto del solito a causa dei tacchi, e arriva sempre più in su fino al mio seno che stringe a piene mani facendomi morire, prima di passare alla schiena, e li vi esercita la giusta pressione in grado di farmi cedere.
Con questo bacio mi sovrasta, e ho come l'impressione che lo faccia solo in risposta a quello che sto suscitando sul suo corpo, continuando a muovere leggermente i fianchi quasi in maniera inconscia.
Se continuiamo così non ne rimarrà molto di me.
Lo sento mordermi un labbro, per poi stringermi un seno e sfiorami tutta la gamba, fino a passare al di sotto del vestito.
Un sospiro mi esce in automatico in risposta, e lo porta a guardarmi negli occhi.
È bellissimo in questo stato, con il respiro affannoso e le labbra gonfie dei troppi baci, i capelli stropicciati dalle mie mani, gli occhi quasi lucidi e soprattutto tanto vicino ... con il corpo, con il cuore.
Delicatamente gli sento raggiungere l'orlo dei miei slip in pizzo, sfiorandoli da un lato, e poi procedere per abbassarli.
Sono pronta a tutto, basta che sia con lui.
Anche se tutto è così confuso, anche se non so spiegarmi più niente so solo una cosa: quello che ci siamo fatti altro non era che un preludio al momento che stiamo vivendo, e non c'è orgoglio e difesa personale capaci di portarci fino a questo stadio, in cui quasi tocco il cielo, solo con un dito.
<Cosa vuoi fare Meg?>
Fatica a parlare, e il tono con cui gli esce mi fa arrestare il cuore.
<Tutto quello che vuoi>
<Qui?>
Accosto la mia bocca alla sua, in risposta. Non riesco più a farne a meno. Qui, altrove, dove vuole, basta che non si allontani e mantenga per sempre questo suo respiro spezzato su di me.
Non me lo vieta, provo ancora la gentilezza del suo tocco sul viso e tra i capelli mentre approfondisce il bacio, portandolo su di un alto livello.
Mi stringo forte a lui mentre mi mette nuovamente seduta sul tavolo: nel passaggio le nostre labbra non si staccano, producendo nell'aria piccoli schiocchi abbastanza forti da farmi tremare le ginocchia prima che si allontani.
Quando mi osserva lo fa con occhi nuovi, attenti e pieni di lussuria, ed io ricambio volentieri il favore. La camicia nera che indossa gli sta perfetta, almeno quanto i jeans scuri avvitati che gli evidenziano le gambe mentre al polso ha quel braccialetto con le piccole pietre verde scuro che gli ho regalato ... ma forse sta meglio senza tutto questo vestiario.
Lo afferro per i passanti dei pantaloni e lo incito delicatamente a tornare il più vicino possibile, cosa che per altro fa senza staccarmi gli occhi di dosso, seguendo il movimento timido delle mie mani. Ho avuto modo di vederlo senza la maglietta in più occasioni, ma adesso mi sembra tutta un'altra storia, principalmente forse perché non devo più vergognarmi del mio sguardo.
Riesco a sfilare dalle asole i primi quattro bottoni della camicia prima che l'impazienza prenda il sopravvento, portandomi verso nuove mete: il bottone dei suoi jeans si dimostra una sfida ardua, ma riesco a superarla in poco tempo, senza perdere i suoi occhi.
Mi sembra tutto così impossibile e magico.
Lascio che la mia schiena scivoli indietro, fino a stendersi sul tavolo, e in un bacio lo porto giù con me, fino a toglierci il fiato.
E' questo che siamo, respiri rotti, anime bruciate che si infiammano a vicenda, e che al momento non possono più fare a meno del contatto. Caleb ha una linea diretta con ogni nervo del mio corpo, lo comanda in pochi gesti piegandolo a se, e se la cosa da un lato mi fa paura dall'altro mi strega, perché forse ... pure io posso fare lo stesso.
Con una mano afferra delicatamente la mia gamba destra in modo da circondargli il fianco, e così siamo ancora più vicini, basta una piccola mossa e le nostre anime prenderanno presto fuoco.
<Megan, so che sei li dentro, Joseph ti ha visto entrare!Esci che c'è bisogno di una mano qua fuori>
Spalanco gli occhi che senza rendermi conto, nel momento, avevo chiuso, e lo osservo sovrastarmi.
Non si cura della voce, si china a posarmi un altro debole bacio sulle labbra, e con quello scioglie ogni mia resistenza.
I colpi si fanno più decisi alla porta.
<Caleb, devo andare o non la smetterà>, non dice niente. Nella cassa toracica il mio cuore esplode quando con le labbra scende lungo il mio collo. <Caleb ...>
Altri colpi decisi contro quel legno che cade a pezzi. <Meg, se te la stai facendo con uno dei musicisti sappi che non è da te, e se si tratta del cantante biondo su cui ho posato gli occhi più di un mese fa considerati già morta>
Vorrei ridere di lei, ma avere lui qui a un passo dal mio viso non rende la cosa facile.
Mi fissa negli occhi, in attesa. <Devo raggiungerla>, spiego di nuovo, aspettando che mi lasci andare.
<Ancora non riesco a credere a quello che ci è appena successo>, sussurra, e questo mi da il colpo di grazia.
<Perchè?>
<Meg sono tredici anni ...>
<Avresti dovuto dirmi di quella notte>
<Sarebbe cambiato qualcosa?>
<Si ... per questo sono qui>
<Volevo che tu mi ridicessi le stesse cose da sobria>
<Non credevi l'avrei fatto?>
Il suo viso si abbassa, fino a sfiorare con il naso il profilo della mia gola, lentamente, assaporando il mio profumo.
<Sono felice di essermi sbagliato>
E quasi a riprova posa una fila di lenti baci sul mio collo, facendomi desistere dall'andare.
Poi passa a un leggero morso.
Stringo le mani tra i suoi capelli e arrossisco leggermente notando il modo con cui siamo messi, le mie gambe scoperte strette su di lui e il suo corpo completamente steso su di me, eppure non cambierei niente.
Con una mano sfiora la mia intrecciandosi ed io sorrido leggermente: era una vita che non lo faceva.
All'improvviso sentiamo il rumore di un mazzo di chiavi, e poi il suono della chiave stessa entrando nel cardine. Nemmeno mi ero accorta che l'avevamo chiusa, deve averlo fatto lui mentre mi teneva stretta contro la parete.
Ci allontaniamo di colpo spegnendo subito dopo la luce. Sento Caleb raggiungere la parte opposta della stanza ma non ho il tempo di fare lo stesso, perché la porta si apre. Prima che il raggio di luce mi colpisca riesco a recuperare diversi fogli da terra, stringendoli in una mano, e incamminarmi diretta verso l'uscita, così, quando una Nicole falsamente furiosa mi guarda, ho addosso la scusa pronta per impedirle di protestare.
<Ti avevo sentito, stavo giusto uscendo>
<Buon per te che non eri con il biondo allora>
In verità l'uomo in questione ha i capelli neri ... ma evito di dirlo .
<Allora?Tutta questa urgenza?>
Riesco a pronunciare la frase con abbastanza decisione, nonostante sia ancora frastornata da i suoi baci, e spero che non si noti.
Nicole mi afferra un polso, obbligandomi a seguirla, ma prima di andarmene dalla stanza vedo la figura di Caleb al mio fianco, al lato della porta, che mi guarda negli occhi avvolto nel nero della stanza, ed io riesco a ricambiarlo senza essere notata, prima che Nicole mi trascini via con se verso il centro della festa, maledettamente lontana dal camerino riservato agli artisti.
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