12- Un angelo tra le campanule e i papaveri
P.O.V William
Nella vita posso dire di odiare poche cose: gli ignoranti, specie i tuttologi impegnati a lanciare in aria parole a caso senza prevederne la ricaduta, gli stolti, che irrazionalmente si trovano sempre in un'aperta e involontaria sfida contro i più forti, spingendoli a compiere azioni non del tutto programmate, e i bugiardi, ma più di tutti, dopo quest'attesa di quasi tre ore, posso affermare con assoluta certezza di detestare pienamente ... anche i ritardatari. E credo che questo riassuma il quadro generale di ciò che sono. Odio perdere tempo, ed ignoranti, stolti e bugiardi me ne fanno perdere un sacco, mettendosi sempre di mezzo.
Credevo di aver almeno preso da qualcuno, ma la causa di questa mia infinita attesa risiede in un grosso ramo dell'albero familiare. Sto aspettando mio padre. Anzi, sto fermo ad attendere che la persona a capo degli affari di famiglia si faccia vivo per un secondo della sua frenetica e litigiosa giornata.
Immaginavo che ci sarebbe voluto così tanto.
Ma oltre che per questo spreco inutile di tempo ... la cosa non mi pesa affatto. La sua assenza non mi pesa. Potrebbe non esistere e non me ne accorgerei facilmente.
Il profilo in legno del serramanico gira veloce comandato dalle mie mani, passatempo del mio silenzio, facendo emettere alla lama un sibilo nell'aria, perfettamente udibile.
Abbandono la testa all'indietro e chiudo gli occhi, rimanendo immobile.
Quando la porta si apre però la vista non perde un movimento della sua camminata. Lo trovo in un completo blu scuro, fatto su misura da Fabio, il sarto italiano di famiglia, e un sorriso ampliamente a comando della situazione.
<Ciao ... papà>
<William ... non ti avevo visto, è da molto che aspetti?> Con una mano apre velocemente l'unico bottone della sua giacchetta, prima di mettersi seduto sulla sua sedia, composto come sempre, perfetto ... come adora tanto essere.
<Pochi minuti, sono venuto a chiederti delle spiegazioni>
<Riguardo cosa?>, domanda afferrando una pila di fogli dalla scrivania per spostarla poco più in là.
<Il South Side>
Ecco ottenuta la sua attenzione ... poche piccole paroline magiche per il vecchio paparino.
<Ti ascolto>
<No, io ascolto te. Ho letto dell'incendio, e volevo sapere con quale diritto scandisci ordini ai miei uomini>
Lo vedo sorridere. I denti bianchi eguagliano la colorazione della sua cute rendendo gelido il suo sguardo. <Hai creduto fosse opera nostra>
<Di solito non facciamo niente del genere?>
<Non sulle nostre proprietà>
Affilo lo sguardo. <Avevi commissionato tu quel cantiere?>
<Un buon investimento, in una zona completamente allo sbaraglio. Per questo motivo ho chiesto a te e ai ragazzi di farci un salto: un giorno sarete voi a capo dell'attività d'industria di quel posto, sempre che i lavori vadano avanti>
<Noi, a capo di un'attività?> quasi mi viene da ridere.
<L'idea non ti persuade?>
Abbandono il serramanico sul tavolino al mio fianco, lasciando cadere indietro la schiena.
<Per quel poco che ci sono stato ho odiato quel posto>
<Non tutte le persone sono così male, no?>
Non tutto è così male, no. Specie quella cameriera.
<Vogliamo tornare all'argomento principale?> Aggrotta la fronte. <L'incendio al cantiere ...> continuo, ma lui con uno sguardo mi deride, aggiungendo il gesto arreso di una mano.
<Non è stata niente, solo una vecchia lite tra compagni. Cose che succedono infondo, no?>
<Era un messaggio indirizzato a te, da una vecchia conoscenza?> tento di capire, e lui decide di approfondire in parte.
<Un vecchio rivale, vorrai dire, ma non preoccuparti William ... acqua passata, quell'uomo non è niente ad oggi, se non un fallimento, non può colpirci direttamente, e questo lo sa>
Tutto questo non mi interessa più. Se non comanda i miei uomini, del suo passato non voglio saperne niente.
Credo di scorgere la sorpresa sul suo volto non appena mi decido ad abbandonare la stanza accostandomi all'ingresso con calma.
<Non vuoi domandarmi altro, William?>, gli sento chiedere alle mie spalle, e quasi provo pena per il tono di voce che usa. Cos'è, speranza quella che tenta di far trapelare?
<No, nient'altro>
Quando esco chiudo attentamente la porta alle mie spalle, rilegando quella stanza ad un nuovo silenzio, mentre il capo di famiglia torna alle sue mansioni, ristabilendo differenza abissale, con una linea netta, delle vite che siamo portati a condurre.
P.O.V. Megan
Nicole non smette di osservarsi riflessa nello specchio della sua camera, lisciandosi il vestito mentre fa scorrere lo sguardo su ogni possibile imperfezione di quegli splendidi abiti. Nessun modo di convincerla comunque, ormai mi sono arresa, per quanto lei non smetta di interpellarmi.
<E di questo cosa ne pensi, Meggie?>
<Ti sta d'incanto, come quello di prima Nic>
<Si ma quali dei due è meglio?>
Sospiro mettendomi a sedere, completamente consapevole di essermi da sola cacciata in questo guaio.
Volevo distarmi in qualche modo, ed ecco il risultato.
<Questo, Nic, senza dubbio, ma adesso posso sapere a chi è indirizzato?>
<Paul mi ha chiesto di uscire>
<Come, di nuovo?>
Nemmeno li abbassa gli occhi, piccola svergognata tanto decisa a dettare legge.
<Mi ha raccontato di averti parlato al ristorante, e di essere venuto a conoscenza di come l'ho aspettato la scorsa volta. Per questo voleva trovare un modo per farsi perdonare, e tranquilla non lo attenderò delle ore. Stavolta sarà lui a prendersi il mio ritardo>
<Ci tieni così tanto, da metterti in tiro in questo modo?> cerco di capire, ed eccola finalmente che si allontana dal mio sguardo indagatore, riflesso nello specchio.
<Si certo>
<E dove andate?>
<Al Freddie's club>
Ecco che capisco. <Lo stesso dove va stasera Joseph, mi pare di ricordare>
<Cosa pensi ne sappia? Non lo ascolto mai quello>
Certo, come non detto.
Mi abbandono contro la spalliera del letto, finendo quasi completamente stesa sui cuscini. Mi trovo ad accarezzare con le dita le sottili lenzuola, e a venirmi in mente è un vivo ricordo che in ogni modo tento di scacciare.
Profumavano di lavanda come queste, l'ultima sera che io e Caleb abbiamo dormito insieme.
Come già detto, tento di dimenticare. Che ci riesca ... quella è un'altra storia.
<Tu invece vuoi dirmi cos'hai? Sei strana, da qualche giorno>
<Non è niente Nic, te l'ho detto>
Sono passati due giorni da quando io e lui abbiamo litigato.
Gli altri non sanno niente.
Non ho voluto rivelarlo, e sembra sia valso lo stesso per lui. Perché? Perché crediamo di fare presto pace? Mai prima era successo, i nostri amici erano sempre pienamente coscienti dei nostri momenti di litigio, eppure è anche vero che mai prima d'ora io gli avevo detto addio.
<Sarà. Comunque stasera sono tutti al Brunett>
<Tutti tutti?>
<Di chi stai chiedendo?>, si informa lei.
Tengo gli occhi fissi sulle mie mani. <Di Kevin>
Passa un poco prima che mi risponda. <Kevin ci sarà, anche se per poco. Domani abbiamo la festa d'addio ricordi?>
<Certo>
<E poi partirà, quindi forse è il caso che tu li raggiunga stasera, no?>
<Non mi sento molto bene, Nic, ho un po' di mal di testa, direi che passo>
<Certo, il mal di testa, come no. Quando vorrai essere sincera torna a trovarmi, sai dove sono. Ora esco, Paul mi sta aspettando da un'ora, direi che è sufficiente>
<Senti chi parla di sincerità>
Nic nemmeno mi considera, nel suo abito a tubino rosso aderente, probabilmente della madre, esce ancheggiando di scena, allontanandosi dal mio umore nero.
P.O.V Ian
Sotto questa fine maglietta di cotone sento i raggi imperterriti del sole raggiungermi la pelle senza remore. Fa più caldo del solito, e il lavoro, nonostante tutte queste ore, non accenna minimamente a diminuire. Siamo indietro con i tempi, Half detta legge eppure la manodopera è poca, siamo solo dieci a spostare queste macerie annerite dal fuoco, e non credo possiamo essere sufficienti.
Mi asciugo con il dorso la fronte imperlata di sudore, decidendo poi di togliermi la maglietta e legarmela su un fianco, nel passante dei jeans, in modo da non infastidire nessuno dei lavoratori durante la nostra catena.
Il caschetto bianco posatoci sulla testa è una bella novità, nemmeno per sbaglio ci è stata offerta precedentemente un minimo di sicurezza, ma da quello che ho capito tramite i discorsi di Half il committente è un gran signore di città ed effettivamente ha senso, in quest'ultimo periodo sono poche le persone in grado di costruire e per questo motivo, dalla primavera scorsa, non avevo fatto altro che sfogliare giornali o fermarmi di fronte alle insegne delle edicole a leggere i paragrafi piccoli e appena accennati in cui si faceva riferimento al lavoro.
Adesso grazie a questo cantiere ho modo di guadagnarmi le giuste entrate, senza il doppio dello sforzo, seppure quello che sto facendo non può definirsi una passeggiata.
<Ian! Occupati di quei massi, non sono sicuri, potrebbero cadere da un momento all'altro!> mi ordina Half, ed io seguo il suo dito puntato, raggiungendo le giuste macerie.
<Adesso vado Half>, dico concludendo l'intervallo creato nella catena con i ragazzi prima di raggiungere il posto indicatomi, pieno di pensieri.
Il sole non mi abbandona, brucia la pelle e riemerge ricordi, pensieri che non mi abbandonano e mi rendono tanto distante da questo cantiere da portarmi con la mente da tutt'altra parte: ricordo il modo con cui Megan mi ha guardato, su quel campetto da basket, ricordo il modo in cui mi ha strinto la notte dell'incendio, ma più di tute è la voce di Caleb a non volermi andare via, quando su quel campo, dinanzi allo sguardo di lei, aveva pronunciato giusto una frase, prima di sparire.
"A quanto pare hai vinto ... in tutto"
Lo credi davvero Caleb? Quanto pensi di essere fuori dai giochi? E' vero, lei mi ha guardato, ma è sufficiente?
Ciò che non può arrivare a capire Caleb è quanto questa situazione può essere complicata per tutti e tre. Non esistiamo solo io e lei, non ci siamo solo noi, gemelli come ci ha definiti lui una volta, ma di mezzo c'è anche Caleb stesso, e il rapporto che loro hanno ... mi maledico da solo ma non è da meno.
E' come se nella vita io e Megan camminassimo costantemente con lo stesso passo, fianco a fianco, senza accorgercene, ma quando Caleb si unisce è lei ad adeguarsi al suo ritmo, allontanandosi dal mio.
Quel bastardo non se ne rende conto ma non è tanto facile acquisire l'attenzione di lei quando è incentrata su di lui. Devo andarci cauto. Non la vedo da quasi due giorni, e avrei potuto benissimo farlo, ma non ho voluto.
Il motivo è semplice: so che hanno litigato, nessuno ne parla, la cosa non è uscita ma io l'ho capito, e il fatto che la voce non si sia sparsa in giro mi fa credere che questa sia più seria delle altre. Fa quasi paura, ed io non voglio che questa cosa loro ricada su di me ... non voglio passare come quello che precipita apposta nelle situazioni difficili per trarne vantaggio, non voglio che Megan si appoggi a me perché non ha nessuno.
Non voglio essere la seconda scelta.
Ma se lei mi cercasse ... io non le negherei niente. Quello che devo impedirmi di fare è compiere per primo quella mossa che manderebbe entrambi in rovina.
Non sono un manipolatore, ma nemmeno un santo, se è me che vuole Meg mi avrà ... mi ha da sempre.
Il grosso dei nostri problemi è un altro, e porta un nome: Nicolas. Quel deficiente non vuole proprio saperne di stare zitto, credo che sappia qualcosa, e il dubbio che lui sia stato presente la notte di San Lorenzo con me e Caleb al Brunett mi è passato più di una volta per la testa ... devo stare attento o combinerà dei casini, e ne io ne Caleb vogliamo che nessuno di loro si metta in mezzo. Era una delle nostre promesse, per quanto Nicolas giovi a mio vantaggio.
Il fatto è che non si tratta di una sfida, eppure sia io che Caleb ci divertiamo a compierla. Un modo come un altro per andarci sempre addosso, visto che adesso in gioco c'è la persona a cui più teniamo.
Afferro uno dei massi caricandolo sulla carrucola con immenso sforzo, e il respiro mi esce spezzato dalle labbra a causa della fatica. Alzo distrattamente gli occhi, stringendoli appena a causa dei raggi solari, e quello che vedo è Half, vicinissimo alla recinzione del cantiere, intendo a parlare con un uomo dall'aspetto curato, in giacca e cravatta.
Il direttore sembra preoccupato mentre l'espressione dell'uomo ricco è celata dietro a delle grosse lenti scure. Li vedo avvicinarsi ... ad alta voce Half ordina a tutti di fermarsi.
<Ragazzi ... vi presento Monty Fernard, il portavoce dell'uomo che ha commissionato i lavori>
<E' un piacere conoscervi tutti, dopo il grave incidente recentemente accaduto non potevo evitare di farmi presente e di ringraziarvi per il grande impegno che state mettendo in questa costruzione. Ve ne sono molto grato>
Nessuno dei nostri parla. Non si aspettavano una persona tanto ricca, i suoi abiti parlano da soli, ma a bloccarmi principalmente è il gelo che sembra trapelare dalle sue parole, dal suo sorriso estremamente finto e ingiallito credo dal fumo.
<Volevo inoltre rassicurarvi: sappiamo chi ha appiccato il fuoco, e presto le autorità lo cattureranno>
<Ci è stato detto che sono state sei persone ... ad appiccarlo> parlo senza nemmeno rifletterci su, e l'intero team si volta nella mia direzione.
L'uomo mi sorride ancora, ed io rimango impassibile.
<Beh, c'è sempre una mente, dietro tutto, non trova?>
Si ... di questo sono certo.
Con passo sicuro ma estremamente lento, quell'uomo si accinge a raggiungere la mia postazione, ed il percorso è già spianato.
L' odore nauseabondo di sigaro mi raggiunge, misto a dell'acqua di colonia eccessiva persino per un uomo del genere.
<Come hai detto di chiamarti, ragazzo?>
<Ian Mcarry>
<Beh Ian, ti ringrazio per quello che fai, quello che stai costruendo è un nuovo inizio, per tutti voi: sarà il centro operativo di una grande industria di macchinari, il vostro quartiere verrà riabilitato, si aprirà una grossa dose di commercio e questo vi permetterà di non essere più marginali, nel vostro angolo di mondo ma finalmente integrati ... non mi sorprende che questo faccia paura a molti>
Osservo il suo viso, mi focalizzo sugli occhi nonostante siano coperti dai grossi occhiali e penso a ciò che ha detto.
Non credo sia la verità, i potenti giocano con le parole di fronte agli ignoranti.
<Che cosa ne dici ... ragazzo?> domanda, ed il modo con cui pronuncia la frase mi arriva totalmente sbagliato.
<Che siamo noi allora a dover ringraziare lei, sta facendo molto ... per tutti noi> Nemmeno si accorge dell'ironia con cui pronuncio la frase.
<Non ringraziate me, ma Richard Lee, a lui dobbiamo tutto questo, e presto verrà a farvi visita di persona>
<Lo attendiamo con ansia> continuo a mentire, ma il Monty qui presente ancora non se ne rende conto. Mi viene da pensare che sia solo un emissario, per l'appunto, e che come mente valga meno di zero per il suo capo.
Poco importa, alla fine siamo tutti delle pedine.
Monty Fernand se ne va, con le mani congiunte dietro la schiena e ultimi brevi saluti, interrotti da adoranti frasi da parte di alcuni miei compagni, prima di sparire del tutto.
Credo che non ci mancherà.
P.O.V. Megan
Questi fiori non vogliono saperne di stare uniti. Tento in tutti i modi di legarli tra loro, ma non c'è verso. Si tratta di peonie, e per questa stagione autunnale non sono tra le più gettonate, ma il cliente ha insistito tanto. La consegna è per le venti, manca poco più di mezz'ora.
Parto alla ricerca di nuovi nastri, aprendo tutti i cassetti possibili. Trovo forbici, puntine, spaghi, post it, perline ma assolutamente nessun nastro. Sbuffo e richiudo in fretta gli scomparti.
I bouquet andrebbero fatti con amore, ma io al momento non ne ho neanche una briciola da darne.
Osservo ad occhi bassi il campetto sgombro, tanto vicini siamo all'ora di cena, e tento di non pensare.
Oggi la cosa risulta praticamente impossibile.
Mi concentro con tutto il corpo e recupero le forbici, avvicinandole a le distrutte coccarde che non ho esitato a rovinare.
Finalmente riesco a finire la composizione, ed il risultato mi dona un po' della pace che tanto cercavo: il rapporto tra i colori è stupendo e in equilibrio con le forme e le dimensioni. Il tutto sembra fatto apposta per stare insieme, e mi complimento con me stessa per essere riuscita in ciò che il cliente voleva.
Spero che Laura sia fiera di me.
<Megan ... sono quasi le otto, torna casa, tua madre ti starà aspettando>
Laura, proprio lei, è sul ciglio della porta del laboratorio e non osserva la composizione quanto me, con aria preoccupata. Oggi era il mio giorno di riposo, ma mi sono rifiutata di stare in casa a pensare.
<Va tutto bene, Laura, dico sul serio. Mia madre non rientra stanotte, quindi per me non è un problema, posso aspettare che passi l'addetto alle consegne per poi chiudere il negozio> è incerta, ma io so che ha da fare. <Dico sul serio Laura ... ne avrei bisogno> confesso, e adesso so per certo che la mia è solo una scusa come un'altra per tenermi lontana dal Brunett.
<E va bene, d'accordo. Certo che nella tua famiglia siete proprio pazze, è quasi insano il vostro attaccamento al lavoro. Tieni queste chiavi, e fammi sapere se ci sono problemi>
<Ti ringrazio, Laura>, afferro le chiavi dell'intera baracca, avvicinandomele al petto.
<Nessun problema, nessun problema ...> le sento di dire uscendo, e non posso che darle torto riguardo a quello che ha detto, su me e mia madre: ci attacchiamo al lavoro, perché a casa ci sentiamo terribilmente sole, anche se nessuno sembra capirlo, e ora più che mai lo stesso vale anche per me.
Nei minuti dopo metto a posto quando ho rivoluzionato: il laboratorio recupera il suo normale aspetto e con quello anche l'ingresso, finalmente sgombro dai petali dei fiori che il vento, inclemente, aveva deciso di strappare dai rami, ogni volta che la porta si apriva, e una volta terminato l'orologio alla parete mi segnala la vicinanza alle otto.
Torno nel magazzino, intenta a mettere in ordine le ultime consegne e ristabilire il registro degli ordini quando la porta si apre, evidenziata dal suono del piccolo campanellino appeso.
Credo sia il ragazzo delle consegne che puntualmente, più di un cliente abituale, si trova a fare i conti con i nostri ordini con assoluta frequenza, ma quella che vedo è una bellissima ragazza ricurva sui petali di un fiore: le campanule.
<Mi scusi se la disturbo, ma stiamo quasi per chiudere>
<Oh ... mi dispiace, non mi ero affatto accorta dell'orario>
<Le serve qualcosa?>
Questa è la domanda che mi permette finalmente di vederla in viso, e sono senza fiato. Al suo confronto sono uno straccio, vestita di altrettanti stracci, con l'umore a terra che sono certa mostri implacabile anche le mie occhiaie.
Lei invece sembra bellissima: la sua pelle è molto chiara, e i capelli castani, quasi biondi, sono come li ho sempre desiderati, in netta contrapposizione con i miei, quasi neri, ma sono gli occhi celesti a stupirmi, non ne ho mai visti di più belli.
Con una mano recupera la ciocca di capelli che le è caduta in viso, vincolandola dietro al suo orecchio pieno di brillantini, luminosi e semplici quasi quanto il suo vestito, celeste chiaro e a maniche lunghe, che la stringe in vita con una cintura.
<No ... non particolarmente, ho visto dalla macchina queste campanule e sono rimasta stregata. Ne avete molta cura, si vede>
Una macchina, era ovvio che non fosse di qui, non l'ho mai vista dalle nostre parti, e questo posto è estremamente piccolo per tutti noi.
<Ti ringrazio, è vero le curiamo molto> dico con dolcezza, passando al tuo perché questa ragazza sembra avere incredibilmente la mia età.
<Ho sempre adorato i fiori, specie il loro significato>
<Qualcosa in particolare?>
<Direi proprio le campanule> me la rido, facendo sorridere anche lei. <Qual è il tuo fiore preferito invece?>
<I papaveri>
<Molto belli ... sono il simbolo della semplicità>
<Mi sai dire altro?> domando tranquilla, e lei non esita a soddisfare la mia richiesta.
<E' il fiore della consolazione, ed è molto legato alla figura di Demetra, la dea greca del raccolto e la madre di Persefone. La leggenda narra che, quando Persefone cadde dalle sponde del Lago di Pergusa, in Sicilia, giocando con delle ninfe, divenne regina degli inferi accanto ad Ade che la rapì. Questi non voleva lasciarla andare, e con l'inganno la costrinse a restare per pochi mesi all'anno, i mesi dell'inverno, al suo fianco, nonostante Zeus lo avesse intimato di lasciarla andare. Senza sua figlia Demetra riuscì a trovare consolazione solo tramite l'assaggio di un infuso prodotto con i semi di papavero, che sappiamo essere un oppiaceo.
Il fatto che tu sia tanto affezionata a questo tipo di pianta potrebbe significare che sei in grado di portare consolazione, e pace, a chi ti circonda ... oppure che al tempo stesso sei come una droga da cui non è facile uscire>
L'ascolto in silenzio, vinta dalle sue parole, stregata come sempre dalla fame di conoscenza.
<Ho sempre amato i miti classici>
<Si ... anche io>
<E le campanule invece? Perché sono il tuo fiore?>
<Rappresentano la speranza, e la perseveranza, visto che sono in grado di crescere in posti impossibili a tutte le altre. L'ho sempre ritenuta una cosa bellissima, eppure c'è anche un altro lato, che mi ha sempre un po' intimorito: simboleggiano anche la morte, a causa della loro forma a campana, quasi la fine di un qualcosa. Ma anche questo ... non posso dire che non mi rappresenti>
<Perché dici questo?>
La sua voce, in risposta, esita ad arrivare, ma quando lo fa è anticipata da un suo sorriso, completamente rivoltomi, e da un'alzata indifferente di spalle.
<Sono una ragazza ... sono incastrata tra le sbarre di un amore impossibile, e questo mi offre speranze, e delusioni>
<Mi dispiace molto>
<Niente a cui non si faccia l'abitudine, con il tempo>
Si alza lentamente dalla sua postazione, con gli occhi fissi sulle campanule.
<Se non hai ancora chiuso la cassa, mi farebbe tanto piacere prendere un mazzo di queste>
<Figurati, non ci sono problemi, ti faccio un pacchetto?>
<Gradirei una composizione>, ammette stentata, ed io non posso rifiutarmi, immaginando sia un regalo ... per il suo lui.
Afferro le campanule e torno dietro la cassa con il necessario, rassicurandola con un'occhiata che avrà quello che vuole ... non sarò io a negarle di ottenere la sua felicità, seppure non sono in grado di prendere la mia.
I gesti sono semplici da compiere, la cosa un po' mi sorprende, ma mi lascio guidare da quella magia, ed è davvero poco il tempo trascorso in cui ho fatto voltare tra file di nastri e spine le mie mani.
Il risultato è magnifico, ma credo che ciò non sia dovuto alla mia competenza, quanto al fatto di saperne il significato: tutto diviene più chiaro, se approfondito a parole, a sentimenti.
<Tieni il resto, per il disturbo arrecato>, mi porge i soldi, ma io non esito un attimo in un rifiuto.
<Non accetto ricompense tanto facilmente, e non si è trattato affatto di un disturbo, anzi ... mi ha fatto piacere che tu sia passata>, detto questo mi procuro nel ricercarle il resto.
<Grazie allora ...> lascia il discorso interrotto, in attesa del mio continuo.
<Megan. Tu come ti chiami?>
<Dafne>
<Piacere Dafne ... ecco i tuoi fiori. Spero gli possano piacere>
China il volto verso i petali, assaporandone l'odore. <Lo spero anche io, grazie ancora>
<Di niente>
Voltandosi si avvicina alla porta, con ancora il viso immerso in quei fiori, camminando sugli alti e celesti tacchi, svolazzando nel suo vestito, prima di bloccarsi.
<Megan ... sembri una ragazza in gamba, sicura di te. Credo che, come per i papaveri, tu sia una droga, e io lo so, sono innamorata anche io di una dipendenza, ma stai attenta quando decidi di ferire, vedi di non sbagliare. Non tutto si aggiusta, e certe cose ... non tornano più come erano>
Questo è ciò che mi dice, ed il suo chiarore, il suo modo di guardarmi, mi fanno dubitare della sua esistenza, mi fanno credere che nel negozio, ad essere entrato ... sia stato un angelo.
Spazio autrice:
Ragazzi, ragazze, un saluto a tutti voi ♥️ è la prima volta che mi faccio sentire su questa storia, ma sono tanto curiosa di sapere cosa ne pensate.
Innanzitutto mi scuso per la veloce rapidità di campi nei punti di vista, abbiate pazienza e perdonate il fatto che io ne abbia veramente poca, ma volevo presentarvi più personaggi possibili in poco tempo! Io dalla mia posso dire che sono tutti importanti, specie Dafne, ma vorrei sapere anche che ne pensate.
Come vanno le vostre scelte?
E il vostro divario Ian/Caleb? Che ne pensate di loro?
E del gruppo di ricchi arroganti? Di William?
Ne vedrete delle belle, io spero tanto di non tradire le aspettative quindi a presto, con nuovissimi aggiornamenti.
Un bacio di cuore, per tutti voi
Cecilia ♥️
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