Epilogo - Ostinata e contraria


Dicembre 2018

Tutto sommato, sono finalmente tornata a essere fiera di me.

No, non certo per essere il faccione stralunato sul cartellone della 7Up. Anche se, devo ammettere, fa proprio specie vederlo troneggiare così enorme su una delle piazze più grandi, iconiche e trafficate del mondo.

L'ho scorto altre volte nel corso dell'anno: una volta sul pilastro di un centro commerciale di Seul, un'altra sulle pareti del tunnel d'uscita della metro di Harajuku; l'ultima è stata un mese fa sullo schermo LED della fermata del bus sotto casa.

Ma sullo Shibuya Crossing, beh... fa tutt'altro effetto.

Una collega mi ha giurato di averne visto uno persino a Milano, anche se a me era stato detto che quella campagna era destinata solo al mercato asiatico.

Mi ero chiesta se Shinichi l'avesse visto.

Mi ero domandata se si ricordasse dei motivi per cui mi chiamava "Nana"*, e se mi appellava ancora così nei suoi ricordi, se mai pensasse ancora a me.

Ma poi ho scacciato l'aspro di tutti quei pensieri con un duro colpo di spugna. E questo è il vero motivo del mio ritrovato moto d'orgoglio.

Gli ultimi cinque mesi con Riccardo sono stati i più belli della nostra storia.

Ho sentito dentro di me di aver impugnato la volontà e la forza di fare quella scelta che tutti mi hanno sempre chiesto di fare.

Tutti, sì.

Tutti.

Anche quelli che non hanno mai saputo nulla di quello che provo e che faccio.

Tutti, perché è implicito nelle aspettative che la gente nutre su di te, anche quando non te lo dice a voce. Non hanno bisogno di dirtelo a voce, è una cosa che devi sapere a prescindere. La interiorizzi in tenera età.

Del resto, cosa si aspetta il mondo da una giovane e promettente donna moderna? Ambizione, sì, ma umiltà. Dedizione, non tanto alla carriera, quanto al compagno di vita... ecco, ovvio, col fine di procreare.

Una famiglia, quindi: monogama, prospera, numerosa. Cieca obbedienza alla tradizione. Un voto all'altare, magari.

Fedeltà.

Mi torna in mente così, prepotente, la sagoma incombente di Nisida – quando da bambina la osservavo con cauta affinità – stagliata lunga lunga oltre l'orizzonte sud del lungomare Pertini.

Tutto quello che il mondo si aspetta da me suona alle mie orecchie come una sentenza di condanna, eppure il pensiero che quell'ergastolo sia da scontare al fianco di Riccardo me la rende più lieve sul cuore.

Sincerità.

No, quella no. Non sono forse mai stata sincera con nessuno, nemmeno con me stessa.

Ho perso Shinichi perché ha scoperto l'inganno per vie traverse, non certo perché io sarei mai stata capace di dirglielo.

E a Riccardo... beh, men che meno.

Però ho preso la solenne decisione di scegliere lui sempre e comunque e questo, spero, che potrà ricompensarlo almeno un po' – nel karma, forse? – per tutte le cose che gli ho taciuto.

La maggior parte delle volte è estremamente facile.

Difatti, non è che io voglia sempre scoparmi tutti i bei ragazzi che vedo o che ci provano con me. Anzi, è davvero raro che io perda la testa per qualcuno come con Shinichi e Riccardo. Per questo, messa una croce sul cuore per Niki, negli ultimi mesi la relazione con Riky si è fatta più salda che mai.

Ho accantonato in fretta anche l'ultimo messaggio di Celeste – il link a una app chiamata Meetup, in cui gente con interessi e passioni simili si incontra per coltivarli insieme – dove mi consigliava di spulciare per poter intercettare persone poliamorose e confrontare i miei sentimenti con loro.

Carino da pare sua, no? In uno slancio di intrepida curiosità l'avevo persino scaricata e aperta solo per ricavarne una lezione sulle differenze tra poligamia e poliamore. E tanto mi era bastato per cestinarla e non volerne manco più sentir parlare.

Tutto troppo complicato.

Come se potessi mai andare a dire ai miei genitori: "Mamma, papà, fate posto anche per i miei tre fidanzati al cenone di Natale!"

... Che esempio avrei dato a Clemente?

A ottobre è arrivato un nuovo collega nippobrasiliano per le tratte intercontinentali, che è bello da togliere il fiato.

Però si chiama Björn – come Borg, il tennista svedese – perché suo padre ne è un grande fan, e lui ci scherza sempre sopra su come lo abbia deluso deviando da un futuro da stella sportiva siglato all'anagrafe, per diventare invece un misero steward per una compagnia aerea dall'altra parte del mondo.

Abbiamo un senso dell'umorismo molto simile e chiacchieriamo per ore ininterrotte quando operiamo insieme sui voli per l'Europa.

Fissare le sue labbra carnose e le sue dita sottili muoversi come una danza mentre si coinvolge nelle nostre discussioni è incredibilmente sexy, quasi quanto i suoi fittissimi ricci bruni, ma sono stata iper-diligente nel frenare i bollenti spiriti e menzionare subito – ciarlando del più e del meno – il fatto che fossi fidanzata.

Che brava, Annachiara.

Stai imparando.

«Siete in ripartenza?» ci chiede Riccardo, in accostamento furtivo alla nostra crew in attesa del permesso di imbarco verso Roma Fiumicino.

Abbiamo passato un tenero weekend a Kamakura** – a botte di ozio e shabu shabu*** bollente – e ora stiamo per riprendere il cielo in direzioni opposte: io Europa, lui America.

Mi bacia sulla fronte e poi si gira verso Melissa e Björn, quest'ultimo gli si presenta con una mano delicata ben tesa: «Tu devi essere il fidanzato di Annachiara! Non fa che parlare di te» gli riferisce, con un sorriso genuino e interessato.

Riccardo mi lancia un'occhiata timida e arrossisce appena sugli zigomi alti. «Ma dai... sì, sono io. Piacere».

Melissa saltella sul posto, di botto entusiasmata da qualcosa che ci ha individuato addosso. «Ma avete la stessa collana con l'aereo! Che carini!» prende Björn a braccetto. «Sarà sempre troppo tardi quando anche noi due zitelli troveremo un amore così bello, eh?»

Tuffa la faccia tra i ricci scompigliati di Björn, il braccio ancora ben serrato attorno a quello di lui, e se lo porta via esclamando: «Vi lasciamo soli prima della partenza, piccioncini!»

Il mio ragazzo sghignazza e mi schioppa una guancia tra due sue dita con sguardo d'invidia e sollievo. «Hai dei colleghi molto più simpatici dei miei.»

In effetti, da quando Alessandro è stato allontanato, non ho più avuto altri problemi col resto del personale in azienda.

Annuisco, ma mi rabbuio subito dopo. «Sì, però che palle dover lavorare anche a Capodanno.»

Lui concorda e mi bacia sulla fronte come per cucire una toppa sulla tristezza. «Ci rifaremo per carnevale? Ce ne andiamo a Rio?»

Rido e faccio finta di pensarci. «Sarà meglio chiedere a Björn, allora! Lui dice che visitare il Brasile senza una guida del posto è come entrare vestiti di rosso in una stalla di tori.»

La metafora gli piace, ma gli piace ancora di più il richiamo al fazzoletto scarlatto che mi cinge il collo. Lo sposta appena con un dito per piazzarmi un bacio dietro la nuca, e il contatto coi suoi ciuffi bruni che mi accarezzano l'orecchio mi increspa la pelle d'oca.

Diamine, non voglio stare lontana da lui proprio all'inizio dell'anno. Un anno che, finalmente, vorrei dedicare solo a noi due.

«Che farai una volta tornata in Giappone, dopodomani?» si informa e mi spiega che lui andrà a vedere i fuochi su Manhattan dalla costa del New Jersey, con un gruppetto del management della sua compagnia che ha casa lì.

«Piango!» scherzo, o forse neanche troppo. «Vado sul Sumida insieme a Yumiko, Ai e suo marito, che sono stati sfigati quanto me a 'sto giro.»

Una comunicazione interna lo raggiunge al cellulare, lui mi bacia di nuovo a stampo sulle labbra e mi tamburella un dito sul naso, come è solito fare per salutarmi. «Buon anno, cuore mio, ci sentiamo l'anno prossimo!» ridacchia rauco, e si avvia verso i gate.

Roma mi pare più fredda e buia del solito, non ho voglia di passare la giornata libera in giro. Anche se questo significa rinunciare alla rituale pasta cacio e pepe che vado sempre a mangiare con Yumiko a Campo de' Fiori, e allo shopping a Porta Portese con Melissa.

Lei non perde occasione di rinfacciarmelo, mentre ripuliamo le cappelliere prima della ripartenza verso Tokyo: «C'erano delle offertone! Ho trovato una giacca lunga in vera pelle a soli trenta euro!»

Ma io sto già col pensiero al cenone di famiglia che mi sto perdendo a Napoli, al fatto che mi manca il mio fratellino, e che l'alba del primo dell'anno illuminerà il bel viso spigoloso di Riccardo il giorno successivo a quando sorgerà per me.

«Anna, puoi aiutarmi a portare il carrellino dei pasti in classe Economy, lato destro?» mi sussurra Ai, dopo aver chiuso il microfono con cui annunciava ai passeggeri l'ora di cena.

Dico di sì e preparo i vassoi per gli intolleranti e i vegani che sono segnati nella lista del corridoio che devo servire. Melissa e Björn hanno già iniziato a spingere il trolley sulla corsia di sinistra, intonando la consueta litania: «Pork or veggie?», per avvertire i clienti del loro arrivo e accellerare il processo di selezione.

Faccio lo stesso, servendo per primo un enorme gruppo di ragazzini romani che sembra essere più pronto per il Romics**** che per il Giappone reale.

Procedo avanti tra famigliole di cinesi, businessmen giapponesi e coppiette – forse in luna di miele – finché un ragazzo con un marcato accento partenopeo non esclama il mio nome per intero, dopo averlo letto sulla targhetta dorata che porto appuntata alla divisa.

È già troppo tardi quando mi accorgo dell'inghippo, ancor prima di cadervi dentro come un'Alice nel Paese delle Meraviglie, ma meno sbadata e anche meno ignara.

Il coniglio bianco è venuto a contare le mie ore.

L'indomito ciuffo bruno scompigliato sulla fronte ampia, volto quasi a nascondere i magnetici occhi di cioccolato per evitare che facciano danni – mai tentativo fu più fallito! – le labbra piene con gli angoli un po' all'ingiù, l'espressione di stupore mista a quella perennemente corrucciata.

Filippo.

*"Nana" è, banalmente, l'anagramma di "Anna", ma è anche il numero "sette" in giapponese e un comune nome da donna in Giappone. È diventato particolarmente iconico a seguito della celebre opera omonima di Ai Yazawa, in cui entrambe le protagoniste principali si chiamano proprio Nana.

**Kamakura è un paesino costiero del Kanto (poco più a sud di Tokyo) molto rinomato come destinazione estiva e turistica, vi è ubicata l'iconica statua del grande Buddha in lista per diventare patrimonio dell'umanità UNESCO.

***Shabu shabu è un piatto tipico "familiare" nipponico, una specie di stufato pensato per essere mangiato da più persone contemporaneamente, come molti piatti asiatici, in cui una serie di ingredienti sono raccolti attorno alla pentola sul tavolo per essere cotti nel brodo.

**** Il Romics è l'annuale fiera del fumetto organizzata a Roma.

***

Che siate arrivati fin qui avendo seguito solo le avventure di Annachiara, o che l'abbiate fatto dopo aver già letto "Hearteteca"... GRAZIE INFINITE!!

Spero che questo viaggio nei meandri dei patemi di Anna e dei suoi inconfessabili peccati vi abbia dato di lei un'idea almeno più chiara (se non più positiva!) di quella che possa avervi dato il racconto di Filippo. Cosa ne pensate dei temi affrontati in questo romanzo, sull'amore e sulle svariate forme di intenderlo e gestirlo?

Per voi che, invece, non avete sentito ancora l'altra campana: la storia di Filippo la trovate nell'opera originale da cui è tratto questo spinoff, in cima al mio profilo! 

Sono curiosa di leggere tutte le vostre impressioni su entrambi questi miei "figli" un po' pazzerelli! 💙

Vi abbraccio.

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