12. Corsa
Avevano incontrato le prime propaggini del deserto dopo più di due settimane in territorio nemico. La pianura si era fatta sempre più arida, l'aria più calda. Il vento era diventato cattivo, pungente e affilato, l'erba della pianura da verde e rigogliosa era diventata stentata, seccata dal sole, fino a sparire del tutto, trasformando la prateria in una piana arsa, tutta uguale fino all'orizzonte coperto dalla striscia nera delle montagne; la terra ondulata in colline deserte, e spaccata in ampie crepe dalla sete.
Alla vista di quel paesaggio, dall'alto di una delle colline più alte, i tre ragazzi si erano abbandonati per un istante allo sconforto. Ci avrebbero messo cinque o sei giorni, se erano veloci, ad attraversare la piana, e poi altri tre giorni tra le montagne nere fino alla Sorgente. Sempre se non avessero incontrato nemici. Era davvero tanto tempo, e nessuno era in grado di dire quanto ancora ne avevano.
Il sigillo di Anishel sembrava tenere, almeno per ora.
Erano solo due giorni da quando si erano inoltrati nel deserto vero e proprio, e già si trascinavano avanti solo con la forza di volontà. Myrindar si sentiva mortalmente stanca, a mano a mano che i giorni passavano e la magia demoniaca erodeva il sigillo del Consigliere. Le montagne erano irraggiungibili, sempre alla stessa distanza. Erano una linea nera e incombente che non si avvicinava mai, li illudeva come un miraggio, ridendo di loro. Ma loro arrancavano, sempre più stanchi, frustati dal vento che si abbatteva ininterrotto e feroce sulla piana, sollevava la polvere dalla terra riarsa e la scagliava contro di loro.
L'unico suono che sentivano, ormai, da due giorni, era l'urlo del vento, incessante e derisorio. Non avevano forza per parlare, tutte le energie che il vento non riusciva a strappare loro le mettevano in quella logorante cavalcata sotto la luce bianca e livida dell'estate ormai avanzata.
Nemmeno durante la notte Myrindar si poteva riposare. I turni di guardia erano una tortura, la stanchezza le impediva di restare vigile, e spesso la ragazza si addormentava, travolta dalle fatiche del giorno.
Quella notte le era toccato il secondo turno, ma non ce l'aveva fatta. Intorno a mezzanotte era crollata.
Si svegliò di soprassalto quasi un'ora dopo, in preda a un terrore strisciante e indefinibile che l'aveva strappata alla stanchezza. Si guardò intorno, allarmata.
Sapeva cos'era quella sensazione, le aveva salvato la vita già un paio di volte nei due mesi che aveva passato con Jahrien.
Si guardò intorno, e lo vide subito: un fuoco, dietro di loro, sull'orizzonte.
Nemici.
***
Il viaggio era ripreso la notte stessa, frenetico, acceso del fuoco della paura. Tre ragazzi in territorio nemico potevano fare gran poco contro una pattuglia di soldati imperiali. La loro unica speranza era di raggiungere le montagne e nascondersi tra valli e anfratti, e scappare una volta la minaccia fosse scemata, magari verso ovest, per raggiungere i villaggi sulla costa e rifugiarsi a Thral via mare.
I successivi quattro giorni passarono in fretta, a ritmo del terrore.
Gli imperiali incalzavano, senza dare tregua, sempre dietro di loro, una costante presenza inquietante, un'ombra nera sull'orizzonte piatto. Ormai i tre ragazzi avevano abbandonato la speranza che fossero lì per caso e non li avessero ancora individuati: procedevano nella loro stessa direzione, braccandoli. Per quanto cercassero di dormire in sella, senza fermarsi se non per lo stretto necessario, e forzando i cavalli al limite, loro c'erano sempre.
E poi c'era il Kratheda.
Era rimasto quieto per tutto il viaggio, senza dare segni particolari. Certo, Myrindar era sempre più stanca, ma sulle prime nemmeno ci avevano fatto caso: il viaggio in sé era spossante, non avevano notato niente di strano all'inizio.
La notte del terzo giorno che erano entrati nel deserto, mentre correvano per distanziare gli imperiali, all'improvviso la ragazza aveva urlato, e si era accasciata sul cavallo. Il simbolo aveva preso a brillare violetto e inquietante nella notte.
Era durato un unico, agghiacciante attimo, e non si era più ripetuto. Myrindar era rinvenuta, riprendendo il controllo del Kratheda. Ma da quel momento avevano, se possibile, accelerato ancora di più.
E ora che erano tra le ombre nere e maestose delle montagne si sentivano di poter finalmente respirare.
Myrindar era in mezzo tra Keeryahel, l'unica che sapeva la strada, e Jahrien, che chiudeva la fila con la mano sull'elsa della spada. La ragazza riuscì a ignorare per qualche istante il peso che la opprimeva e le impediva di respirare e guardarsi intorno. Le montagne erano nere, spigolose, altissime; molto più alte di quelle a nord, intorno a Tadun. Ma se quelle montagne erano chiare ed protettive come un abbraccio, queste emanavano un'aura di potenza e grandiosità che faceva sentire minuscoli ed insignificanti. C'era una magia molto potente, celata tra quelle montagne.
L'aura di quel luogo sembrò risvegliare la magia demoniaca. La ragazza sentì il cuore accelerare.
Tutto per un attimo divenne buio. Le mancava l'aria.
Qualcuno disse qualcosa che lei non comprese.
Poi tutto passò, all'improvviso, come l'altra volta.
«Myrindar!» Jahrien era di fianco a lei e le scuoteva una spalla.
«Sto bene. Sto bene, adesso, davvero» sussurrò lei, cercando di riprendersi.
Keeryahel non nascose la preoccupazione. I suoi occhi dorati si oscurarono.
«Il Kratheda sente la magia delle Fate che la Sorgente emana, e cerca di contrastarla. Dobbiamo sbrigarci; finora il sigillo di Anishel ha retto, ma è prossimo a cadere.»
E il viaggio riprese, forsennato.
***
«Che c'è, Keeryahel?»
L'Elfa si era affacciata dalla scarpata, guardando corrucciata la valle sotto di loro. Era irrequieta, e il fratellastro se n'era accorto. Per tutta la giornata non aveva fatto altro che guardarsi intorno con una strana espressione preoccupata. E adesso che si erano fermati per dormire, a notte fonda, e Myrindar si era addormentata subito, era diventata tesa, nervosa.
Jahrien la fissava, in attesa di una risposta. Lei sembrò esitare.
«Non li vedo più» disse infine, tormentando una ciocca di capelli, e continuando a sbirciare di sotto.
«Cosa significa?» Ora anche lui aggrottò la fronte.
«Stamattina mi sono accorta che non vedevo più gli imperiali. E anche adesso, che siamo in alto e dovremmo vedere tutta la valle, beh...» Gli fece un gesto con la mano, e il ragazzo si sporse a guardare.
Non c'erano. Il buio era fitto, ininterrotto. Dei fuochi dei soldati imperiali, nessuna traccia.
«Potrebbero essere sotto l'altura.»
«No. Non possono essersi mossi così in fretta. E dubito che siano rimasti fuori dalla valle.»
Un lampo di un'idea gli attraversò la mente, e si voltò a guardare la sorella, inquieto.
«Sei sicura che questa sia la via più veloce per la Sorgente?»
L'Elfa annuì.
«Certo. Da qui, entro domani notte probabilmente ci siamo. L'unica strada più veloce è volare.»
Jahrien sospirò. Non gli piaceva. Non gli piaceva proprio per niente.
Distolse lo sguardo, fissandolo su Myrindar addormentata. Sembrava avere più incubi del solito. Non era un buon segno.
All'improvviso, la ragazza gridò.
Un suono lacerante, disperato.
Jahrien le corse accanto, gridando il suo nome. Lei non smise di urlare.
Il marchio splendeva, viola. Non sembrava accennare a diminuire, come le altre volte, anzi: era sempre più fulgente.
Le scosse una spalla, per svegliarla.
Ma quando aprì gli occhi, non era lei.
Non erano più gli occhi che amava, grandi e sempre tristi, del colore della nebbia d'autunno. Erano completamente viola, inespressivi, rilucenti.
La disperazione lo invase, lo pietrificò. Non poté fare altro che guardare, mentre quella che era stata la ragazza che amava, e che ora era solo un simulacro di magia demoniaca, sollevava una mano lentamente, verso di lui, per ucciderlo.
Un lampo argenteo passò davanti a lui e si abbatté sulla ragazza. Myrindar si accasciò al suolo, incosciente.
Jahrien si voltò, e vide Keeryahel con la mano sollevata e ancora debolmente lucente.
«Forse questo la fermerà, per un po' di tempo, ma dobbiamo andare! Non è come il sigillo... tra poco tempo, massimo due giorni, il Kratheda la distruggerà!»
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Raccolse Myrindar, la legò al cavallo e ripartirono.
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Mi dispiace, guys, ho aggiornato in ritardissimo stavolta! T_T
Ho avuto problemi con la connessione per tutto il weekend... in ogni caso, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ormai, l'avete notato, siamo alla resa dei conti con la maledizione! Per sapere se Myrindar se la caverà, però, dovrete aspettare venerdì u.u salvo cause irrimediabili(?) sarò puntuale, promesso!
Come sempre, se volete dirmi cosa pensate dei recenti sviluppi, commenti e stelline sono ben accetti :3 alla prossima!
~ Vy
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