Episodio 3

La nostra vita familiare continuava a meraviglia e fummo finalmente felici.

Alec era un padre straordinario e davvero unico e io lo amai sempre di più.

Quando i bambini cominciarono l'asilo nido Alec pianse perché non voleva allontarli:

- Ehi, amore, li rivedrai tra poco. Sei veramente un padre speciale - lo rassicurai baciandolo sulle sue morbide labbra.

A casa, una volta soli e con un po' di privacy, facemmo l'amore e Alec fu veramente unico:

- Sai, con il pacemaker, sei molto più energico, non sei mai durato così tanto -

- Davvero? Ora non ho più il cuore spezzato ma soprattutto ne ho uno nuovo di zecca quindi il mio corpo ha più energie -

Dopo ci alzammo e decidemmo di vedere un film in salotto in tutta tranquillità.

Verso mezzogiorno andammo a riprendere David e Georgia che ci raccontarono, felici, tutto quello che fecero.

David ereditò il carattere di Alec, così come i suoi occhi ma aveva i miei capelli mentre Georgia era la mia copia tranne per i capelli che riprese da Alec.

Una volta a casa mangiammo in tutta tranquillità e poi, mentre io mi dedicai alla faccende casalinghe, Alec giocò con loro.

Il 10 gennaio 2023 arrivò un'altra bellissima notizia in casa Hardy.

Quella mattina mi sentii poco bene e scoprii di essere nuovamente incinta:

- Alec, David, Georgia, vi devo dare una bellissima notizia... Sono incinta! -

- Davvero?! - chiese Alec con il suo grandissimo sorriso.

- Avremo un fratellino o una sorellina? - domandarono David e Georgia.

- Sì! - esultai.

Alec mi baciò prendendomi in braccio:

- Sono l'uomo più fortunato e felice del Pianeta Terra -

Nove mesi dopo, il 10 settembre, nacque Jennifer.

Eravamo una splendida famiglia e io fui  la donna più felice del mondo.

Ma, miei cari lettori, pensate che la vita possa essere sempre semplice?

Che un Dio o Destino, chiamatelo come volete, possa essere sempre buono?

Vi rispondo subito: primo, la vita non è mai semplice e secondo il Dio/Destino ti offre un sprazzo di gioia e poi te la toglie.

Questo Dio/Destino mi diede maggior vantaggio nella partita a scacchi che stavamo praticando ma ora mi assestò scaccomatto.

Io e Alec avevamo cinque figli che erano la nostra felicità: David, Giorgia, Jennifer, Wilfred ( nato il 21 marzo 2028) e Doris ( nata il 30 marzo 2033) e un lavoro che ci offriva grandi opportunità ma un terribile incidente rovinò tutto ciò.

Era il 29 gennaio 2040.

Io ero a casa con i bambini, Wilfred e Doris, mentre Alec era a lavoro quando mi squillò il cellulare:

- Pronto, chi parla? -

- Sono Ellie, sono qui all'ospedale, Alec ha avuto un incidente ed è in coma -

Chiusi la chiamata con il cuore che andava a mille e lasciai i bambini a Chloe, che faceva la babysitter, dirigendomi di corsa all'ospedale.

Arrivata mi diressi nel piano in cui si trovava Alec e ci trovai Ellie in lacrime:

- Ellie, mi puoi dire come è avvenuto l'incidente? -

- Alec stava tornando a casa quando un furgone l'ha investito. Ha un braccio e quattro costole rotte. Sono riusciti a salvarlo, nonostante l'emorragia alla testa... Ma adesso è in coma. Comunque sono riusciti a salvare anche il pacemaker - aggiunse tra le lacrime.

Io fui inebetita: io non c'ero. Era accaduto mentre io non c'ero. Avrei potuto essere lì, avrei potuto spingerlo sul marciapiede, avrei potuto difenderlo, essere travolta al posto suo. E invece ero a casa, ignara di tutto.

- Che ne dici, Anna? - fui riportata alla realtà da Andrew che mi appoggiò  una mano sulla spalla. Si rivolsero a me ma io non avevo la minima idea di cosa stessero parlando prima che mi immergessi nei miei pensieri.

- Cosa? -

- Vuoi entrare per prima? Per me non c'è problema, anche perché mia moglie ha bisogno di riprendersi prima di vederlo - mi disse Andrew indicando la donna che si era accasciata su una sedia a singhiozzare. Annuii lentamente e un medico mi accompagnò alla stanza.

Prima che potesse aprire la porta, gli chiesi con un sussurro di aspettare un attimo. Non credevo di essere pronta a vederlo disteso su quel letto in quelle condizioni, sapevo che mi avrebbe fatto male, che avrei iniziato a sentire il cuore battere per colpa del panico. Mi presi qualche secondo, poi annuii e oltrepassato l'uscio insieme al medico e lui era lì. Alec era steso sul letto, aveva gli occhi chiusi, era intubato, il braccio ingessato e il torace bendato... Per un attimo sembrava quasi che dormisse, che mi fosse bastato soltanto scrollare la sua spalla per fare in modo che si svegliasse.

Lo guardai senza dire nulla e l'emicrania si fece molto più acuta. Sapevo perché. Stavo cercando di trattenere ciò che Ellie non era riuscita a trattenere poco fa.

Il dottore abbandonò la stanza e mi ritrovai piombata nel silenzio più totale. L'unico rumore che sentivo erano le macchine che tenevano in vita ciò che restava di mio marito.

- Non posso lasciarti solo cinque minuti... - sussurrai in preda ai tremori. Volevo che la mia voce risuonasse sicura e decisa, ma quando aprii bocca uscii solo quel tono distrutto. La mia mano si appoggiò delicatamente sulla sua ed emisi  un sospiro che speravo potesse essere in grado di aiutarmi a mantenere la calma. Afferrai quella mano tra le mie e la portai sulla mia guancia, lasciando che il labbro inferiore sfiorasse il suo pollice caldo in un delicato bacio, e quando percepì quel tocco le lacrime uscirono a fiumi senza che io potessi fermarle:

- Adesso mi ascolti Alec, questa non sarà l'ennesima volta che rischio di perderti - dissi con un filo di rabbia nella voce.

Già, perché avevo rischiato di perdere quell'uomo più di una volta: durante un bagno in mare quando eravamo bambini, tutti i giorni e le notti per guarire il suo cuore malandato... Non doveva succedere di nuovo.

- Quindi vedi di svegliarti perché ti vorrei ricordare che sei il principe che combatte contro il drago per salvare la principessa, hai capito? - stavo singhiozzando, non avrei voluto ma lo stavo facendo. Il cuore mi palpitava impazzito nel petto mentre mi lasciai andare a quelle lacrime. La mia mano si spostò fino ai suoi capelli marroni e li accarrezzò con devozione, poi mi sporsi quel che tanto che bastava per lasciare un bacio sulla sua fronte.

David, Giorgia e Jennifer furono avvertiti prima di me dell'incidente e ne furono costernati.

Prima di tornare a casa Paul mi invitò a bere qualcosa:

- Ho saputo di Alec, ne sono veramente dispiaciuto. Anche se aveva un carattere veramente scontroso era un brav'uomo -

- Non ne parli al passato, per favore. Lui è ancora vivo sta solo combattendo un drago per tornare da me - gli risposi massaggiandomi le dita sulle tempie cercando di far passare l'emicrania insopportabile.

- Torni da lui dopo, immagino -

- Perché, non lo faccio sempre? - chiesi ironicamente, accennando un sorriso triste.

Paul bevve un altro po' di birra, poi si leccò le labbra e si girò a guardare fuori dalla finestra. Oggi faceva schifosamente freddo e tirava un forte vento.

Dopo ritornai da Alec ma lui era ancora lì, fermo immobile.

Non riuscendo a tollerare quella visione tornai  a casa e dissi a Wilfred e Doris quello che era successo ad Alec:

- Bambini, sedetevi, vi devo dire una cosa -

- Che succede mamma? Dov'è papà? - domandò Doris.

- Papà è in ospedale, ma non per i suoi soliti controlli al cuore, no. Questa volta è ancora peggio, è in coma e i medici non sanno se si riprenderà -

Wilfred e Doris scoppiarono in lacrime e io li coccolai.

Senza Alec le giornate furono grigie e tristi.

Spesso portai i miei bambini da lui ma vederlo in quelle condizioni mi faceva stare male.

Pregai ogni notte mia madre che lo riportasse da me, ma sembrò non ascoltare.

Spesso quando lo andai a trovare lo vidi  muovere le dita, cambiare espressione del viso... E una volta mi capitò anche di vederlo piangere, di vedere le sue lacrime scorrere via dalle sue guance e finire sul cuscino. I medici mi dicevano che erano normali reazioni di una persona in stato comatoso. Si diceva che fossero segnali del fatto che il paziente capisca e senta. Per questo non smisi di parlare con lui, ci parlai  tutte le sere implorandolo di riuscire ad aprire gli occhi. Ma segni di risveglio... Nemmeno uno.

Ma finalmente le mie preghiere un giorno vennero ascoltate.

Era il giorno del mio compleanno ed ero lì con lui quando le sue palpebre tremarono appena prima di aprirsi lentamente e puntarsi sul soffitto. Mi avvicinai e afferrai saldamente la sua mano:

- Alec? - chiesi con voce tremante mentre mi sporsi di più per far puntare il suo sguardo su di me.

- Dove sono? -

Una lacrima sfuggì dai miei occhi, e allo stesso tempo dalle mie labbra nacque  un sorriso di puro sollievo, mentre mi abbbassai a lasciare un bacio sulla sua fronte.

- Sei in ospedale Alec, di nuovo, andrà tutto bene -

- Tu chi sei? -

Il mondo mi crollò addosso, ero certa di non stare più sorridendo per l'immensa gioia.

- Cosa...? -

- Chi sei tu? E Alec... Sarei io? È il mio nome? - piangeva. Dai suoi occhi sgorgavano lacrime incontrollate che bagnavano la stoffa del cuscino.

Mi sembrò di non capire più nulla. Sentivo le mura tremare attorno a me, e lo stesso faceva il pavimento sotto ai miei piedi. Sentivo che stavo precipitando nel vuoto e che non avevo via di scampo, che l'unica cosa che avrei incontrato alla fine della mia caduta sarebbe stato solo il freddo suolo.

- Ti prego... Dimmi che ci faccio qui - stava singhiozzando, anche se la sua capacità di parlare era scarsa.

- Ti prego... Che sta succedendo? - era spaventato a morte e iniziò a stringere la mia mano con le sue poche forze.

Uscii a corsa sotto la pioggia battente non importandomi di niente e di nessuno.

L'unica persona che amavo mi era stata portata via.

I medici mi dissero che si trattava di amnesia retrograda totale causata da trauma cranico, in breve, Alec non era in grado di ricordare tutti gli eventi precedenti all'incidente quindi non si ricordava né di me né dei suoi figli.

Dopo che fu  in ospedale per un'altra settimana lo potei  riportare a casa e cominciare con i farmaci per farlo guarire.

Ma fu come vivere con uno sconosciuto e molti suoi comportamenti furono anormali: si infuriava con i suoi figli quando perdeva a una partita, dovevo mostrargli come si ci vestiva insomma si comportava da bambino.

Avevo già due figli piccoli non mi andava di averne un altro.

Ellie era la spalla su cui potevo piangere e sfogarmi.

Dopo quasi un anno in quella situazione decisi che era il momento di farla finita.

Il 1° gennaio 2041 feci le valigie e mi diressi da Kevin, che tre anni fa riuscì ad evadere, a Las Vegas e diventai di nuovo una ladra.

Dio/Destino mi tolse ciò che amavo di più al mondo e non aveva più senso vivere.

Ed è quello che sono tutt'ora, una ladra.

Angolo autrice

Questa ultima parte è ripresa dal film " Recovery" con David Tennant.

È un film bellissimo e straziante con un David Tennant straordinario che vi farà piangere troppo.

Qui vi metto il film completo per chi lo volesse vedere.

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