XIII - La vena di Satana

6 Maggio 1794

Di pien insomnia reggo un Faust, brillia et involucra.
Vendersi l'anima è virile, se non ebbi gli occhi all'abbandono del lume, se la morte sia paragonabile alla vita, poiché macchiarsi di sangue è più lumine di una lanterna che ha oltrepassato le orme delle sue scintille.
Io non prego, ma inginocchio queste gambe, una simbolica mutazione di come gli esseri sono costretti a chiedere il sentimento affinché possano sentirlo uniforme,
una sequenza di numeri che formano un secolo,
così come chiedere a Lucifero di prendere la vena della mia scrittura in una dannata persuasione di eterna nostalgia d'amore.
Oh, che tu possa scrivere di me e farlo con l'idilliaca pazzia della natura.
È nel tuo nome, Elisabeth, la perfezione che si posa nei miei dettagli,
non si ha coscienza, è limpida la primavera, ergo il mio capo a Dio, poiché è la tua creatura ad accogliermi, a catturare atmosfere in una goccia di pioggia.

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