Capitolo due (2 di 2)

«Forse, ma è tornata a vivere questa città, in un certo senso, professore» considerò Zara, interrompendo il silenzio dei compagni di viaggio. «Guardandola adesso, comprendo perché mio padre e mia madre si innamorarono qui».

Il volto di Balzoni parve farsi malinconico. Si profuse in diverse spiegazioni sui monumenti che, a mano a mano, andavano a incrociare, così come la nuova area interessata all'ultimo scavo archeologico: era assurdo che fino all'Ottocento, nessuno si fosse reso conto di tutti quei monumenti nel deserto, sino a quando l'esploratore Johann L. Burckhardt lo espose nel 1812.

«Dalle ricerche raccolte fu scoperta che la posizione e la disponibilità di acqua giovarono molto alla prosperità della città,» spiegò Balzoni «, tuttavia, c'è il forte rischio di allagamenti e terremoti: ecco perché dobbiamo cercare di preservare la zona il meglio possibile».

Nel frattempo raggiunsero la Via colonnata, un'antica strada nabatea che aveva rappresentato, sotto il dominio dell'Impero romano, il decumano massimo, in direzione est-ovest: come nostalgici e impavidi protettori, le ultime testimonianze dell'antico palazzo reale e della Porta di Traiano si ergevano ancora, un tempo portali e torri laterali in legno e ricoperti di decorazioni floreali e figure di guerrieri valorosi.

Fu proprio quando Stefano tirò fuori la sua fotocamera professionale e iniziò a immortalare i resti del ninfeo, una fontana pubblica dedicata alle ninfe, che Balzoni si avvicinò di più a lei.

«Credi nelle coincidenze?» le domandò, cogliendola di sorpresa.

Zara rispose: «Non saprei».

«Io, invece, no». A un tratto si chinò in avanti, abbassando la voce di un'ottava. «Ecco per quale ragione non credo che tu sia venuta sin qui per scrivere un semplice romanzo sui tuoi genitori, come mi avevi riferito al telefono, bensì per qualcos'altro» continuò. «Credi che non abbia riconosciuto il tuo accompagnatore? Oltre alla carriera di professore, Zevi è uno dei più giovani e geniali critici dell'arte mediorientale in Europa. Perché ti trovi in sua compagnia, cara? Qual è il tuo reale obiettivo?».

Un sorriso imbarazzato si impossessò delle labbra di Zara.

«Non sono riuscita a ingannarla, vero?» mormorò colpita. «In realtà, oltre al romanzo, con Stefano abbiamo in mente un saggio sui siti archeologici che si trovano in questa zona, da Petra sino a Palmira» e rise, ricordando i diversi paletti lungo la strada per organizzare quel viaggio di ricerca sul campo. «E pensi che ci sono voluti due anni per organizzare tutto e ottenere i permessi necessari...».

Balzoni deglutì.

«Ah, stolto che non sono altro» disse, il tono di voce fattosi più roco per la preoccupazione. «Immaginavo che ci fosse qualcosa sotto, ma nulla di simile. Se solo tuo padre fosse qui e sapesse...».

«Credo che all'inizio sarebbe stato contrario, per poi ponderare la situazione e lasciarmi fare» soggiunse lei con occhi brillanti. «Lui era fatto così».

«Già». Lui sorrise, un'espressione triste mista a malinconia. «Promettimi soltanto di stare bene attenta» le raccomandò. «È pur vero che le forze americane sono ancora ben presenti sul territorio e che questo regno stia partecipando in modo attivo contro altri gruppi terroristici islamici, tuttavia...».

«Non mi accadrà nulla, glielo prometto» lo rassicurò, mostrandogli l'anello della madre. «Finché avrò questo con me, non mi accadrà mai nulla: è il mio portafortuna».

Le sopracciglia di Balzoni si sollevarono di scatto.

«Lo hai portato con te?» fece in tono sconvolto.

«Perché?» ribatté perplessa. «Non avrei dovuto?».

Il professore sembrò divenire cupo e pensieroso.

«Tuo padre non ti ha mai detto nulla?» domandò preoccupato.

Lei scosse il capo, sempre più confusa dalla reazione dell'uomo.

«No», ribadì, guardando il gioiello. «Cosa avrebbe dovuto dirmi?».

Lui aggrottò la fronte e si passò le dita tra i capelli, quando si fermò di scatto con gli occhi spalancati talmente tanto da farle dimenticare subito la confusione suscitata dai suoi quesiti.

Zara si volse appena in tempo per scorgere un veicolo alquanto polveroso dirigersi verso di loro, gli occupanti intenti a muovere le mani in gesti concitati.

Poi uno sparo riecheggiò nell'aria e il sangue le si gelò nelle vene all'istante.

All'improvviso, da punti laterali, i poliziotti a cavallo si mossero in direzione del veicolo, le armi dispiegate e pronte a sparare. I viaggiatori presero a gridare e fuggire come biglie impazzite in ogni direzione. Le urla di spavento e di rabbia si mescolarono tra loro, creando uno scenario surreale.

Nella confusione, Zara fu afferrata per il braccio da Stefano. Poi fu colta dalla sorpresa: si rese conto che l'anello della madre era stranamente troppo caldo contro la pelle...

«Dobbiamo andarcene via!» gridò l'amico concitato.

Con un gesto svelto la trascinò sotto l'ombra delle colonne corinzie, intanto che lei guardò il vecchio amico del padre con apprensione: lui non si era mosso, intento a fissare quel mezzo e gli occupanti abbigliati di nero con occhi velati di puro terrore. Al che lei si liberò della stretta dell'amico, il quale urlò il suo nome, e corse verso il vecchio amico del padre.

Intanto nell'aria riecheggiarono gli spari di armi automatiche.

«Professore, si muova!» urlò, toccando il fianco dell'uomo con una mano.

Sentendo il palmo umido, indietreggiò, fissando la mano impregnata di sangue: il professore era stato colpito!

Con una freddezza che non credeva di possedere, Zara cercò di trattenerlo afferrarlo per le spalle, ma finì per essere trascinata in terra dalla grossa mole dell'uomo.

«No, no, no...» farfugliò sconvolta, la voce che quasi stentava a uscire dalle labbra, osservando Balzoni farsi sempre più pallido.

«Va... bene» tentò di articolare l'uomo, con voce impastata di dolore. «Tu... vai».

Non riuscendo a distogliere lo sguardo da lui, lei scosse il capo.

«No...» biascicò. «Come posso lasciarla qui?».

«L'anello... vai» proseguì l'uomo, a fatica. «Devi... al... sicuro...».

Una nuvola di polvere li investì in pieno e Zara chiuse gli occhi di scatto. Poi, quando il pulviscolo si diradò, si schermò il volto con una mano e dischiuse le palpebre: un'ombra schermì il sole per un momento e fu allora che il suo sguardo si incrociò con quello dell'autista dell'autobus, che aveva un'espressione ben poco cordiale sul volto rispetto all'ultima volta che l'aveva visto il giorno prima.

«Signorina, ci incontriamo ancora» esordì facendo vibrare i baffi, estraendo qualcosa di metallico dagli abiti neri come la notte.

Un raggio di sole sfiorò la canna della pistola, nel frattempo che la gelida e spietata arma le veniva puntata contro. E il mondo le cadde addosso con tutto il suo mastodontico peso. 

* * 

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