3.
Non seppe dire per quanto tempo rimase lì, con l'odore nauseante a impregnare l'aria e i singhiozzi che riempivano la stanza.
Ricordava di essere arrivata a casa verso le cinque del pomeriggio, si era preparata una tisana rilassante e poi era crollata a letto. Non si era neanche informata sullo stato delle ricerche.
Amy sollevò gli angoli del lenzuolo e gli accartocciò come meglio riuscì. Una volta che le gamba furono libere, si alzò dal letto. La vista le si offuscò per un momento, poi raccolse il resto delle lenzuola e puntò dritta al cestino della cucina. Non avrebbe mai avuto il coraggio di mettere in lavatrice quella roba. La piuma scivolò sotto il letto senza destare l'attenzione della padrona di casa.
Aprì le finestre della camera da cui si intravedeva un accenno di alba, dopodiché si gettò nella doccia. Ancora avvolta nell'asciugamano, appoggiò entrambe le mani sul bordo del lavandino. Lo specchio piccolo e adornato da una cornice bianca ormai ingiallita le mostrava un viso dal colorito grigiastro contornato da folti capelli castani. Sembrava appassita come un fiore strappato dal terreno. I suoi amici avevano tentato invano di salvarlo mettendolo in un vaso pieno d'acqua, ma il tentativo era fallito miseramente. Il suo Mike era sparito da quanti giorni? Due? Tre? Da quello che vedeva allo specchio, Amy poteva dirsi già pronta per la bara. Le occhiaie che le scavavano gli occhi le dava l'aspetto simile a quello dei personaggi di Tim Burton. Si girò di scatto: se non avesse guardato la sua immagine, almeno si sarebbe potuta illudere di stare bene.
Dopo essersi lavata e profumata, il suo stomaco gorgogliò così forte che la ragazza si costrinse ad andare in cucina, aprire il frigo e pescare uno yogurt al miele. Meglio di niente, pensò. Non che avesse poi molta scelta, visto che non faceva la spesa da giorni.
Sul tavolo della stanza l'orologio segnava le sei e mezza del mattino. Non si stupì. D'altronde sono andata a dormire presto, pensò.
Si accasciò sul piccolo divano e accese la TV. Perlomeno avrebbe avuto un po' di compagnia in quel silenzio tombale.
«La segnalazione è arrivata ieri pomeriggio: John Seymour ha chiamato subito i soccorsi quando ha trovato i resti del suo amico nel bosco» dice la telegiornalista. Il cuore di Amy si sarebbe anche potuto fermare in quello stesso momento. Ha trovato il mio Mike, pensò. Gli occhi le si inumidirono di nuovo.
Con lo yogurt semiaperto ancora in mano, lesse lo striscione che scorreva sotto la donna. Ragazzo va a cercare il suo amico scomparso nel bosco, ma viene brutalmente ucciso da un animale selvatico.
«La polizia sta indagando. Una tragedia del genere non colpiva a Barkersville da almeno 50 anni.»
Amanda avrebbe voluto prendere la testa e sbatterla contro un qualsiasi muro di casa sua. Che diamine!
«Vaffanculo!» urlò. La vista le si appannò. Le immagini del telegiornale scorsero in rapida successione una dopo l'altra senza che lei ne comprendesse il significato.
Lei lo avevo sognato. Era come se fosse stata presente. Restò lì, imbambolata. La giornalista passò a un altro servizio, ma lei era sprofondata in una miriade di pensieri, uno più sconfortante dell'altro.
In un universo pieno di galassie, pianeti e chissà cos'altro; in un mondo abitato da miliardi di persone, perché proprio a me?
Come una mano salvifica, un pensiero prevalse su tutti gli altri e la tirò fuori dal su incubo personale: come si sentivano i suoi amici?
Tramava da testa a piedi e si sentiva senza forze. Non le importò. Amy si alzò, corse nella camera da letto e cercò il due telefono. Con le mani tremanti, aprì tasche e taschine di zaini e felpe fino a quando non lo trovò. Quell'aggeggio le cadde di mano due volte prima di riuscire a schiacciare il tasto di accensione. Era scarico.
«Maledizione» farfugliò a denti stretti.
Aprì il primo cassetto del comodino accanto al letto per estrarre il caricatore. Nel richiuderlo, il mignolo le rimase incastrato. Il dolore lancinante le strappò un gemito. «Vaffanculo anche a te.»
Dovette attendere che la batteria arriva almeno al cinque per cento prima di riuscire a chiamare Beth.
«Pronto?»
Silenzio.
«Amy?» Dalla voce incerta dell'amica, la ragazza intuì che tutto quello fosse reale. Nessuno scherzo di pessimo gusto da parte dei media che amavano mentire e aggravare gli eventi pur di guadagnare di più.
«È vero? È tutto vero? Hanno trovato Mike? Chi è stato ucciso? Ti prego, devo sapere.»
Lei fremette per l'impazienza. Non può essere successo. John non può essere morto. Era solo un sogno. Si rannicchiò contro il comodino, la mano libera circondò le gambe piegate al petto per farsi forza.
«No, non hanno trovato Mike, ma...» Beth si fermò. Trasse un respiro che si udì anche attraverso il telefono. «Ma cosa? Io, io non ce la faccio più.» La ragazza prese a piagnucolare. Tanto per cambiare, pensò.
«Dean e John si sono separati: il primo è andato nella casa, mentre l'altro è rimasto da solo nel bosco» iniziò l'amica. Stava faticando a buttare fuori le parole, si sentiva dall'affanno con cui di esprimeva.
«Dean ha ritrovato John ai piedi di un albero. Era morto da poco.»
Il telefono le scivolò dalle mani e cadde a terra con un rumore fastidioso. Amy fissò il muro, inespressiva. Non sapeva più cosa pensare, cosa dire o come muoversi per recuperare l'apparecchio.
«Amy? Amy, ci sei?»
La sua mente ritornò al sogno, al modo in cui Mike aveva aperto il ventre di John e si era cibato degli organi del suo amico.
«Sei ancora lì? Cos'è stato quel rumore?» chiese ancora Beth.
Amy farfugliò qualche "io... io..." e qualche "l'ho sognato". Cosa avrebbe potuto dire? Cosa avrebbe dovuto fare? La sua vita si era trasformata in un film dell'orrore.
«Cazzo, è sotto shock» disse Beth al di là del telefono.
«Amy, stai lì. Vengo subito da te.»
Lei di certo da lì non si sarebbe più mossa.
Nota autore:
Salve, cari lettori. Ad alcuni di voi avevo promesso una scena spicy, ma mi sa che salta al prossimo aggiornamento.
Per certi versi questa parte potrebbe sembrare un po' noiosa, ma vi garantisco che è necessaria. Ho intenzionalmente calcato sulle emozioni di Amy e sul suo stato di shock per far capire quanto fosse importante il suo fidanzato per lei. Tutti gli altri passano in secondo piano se lui è coinvolto. È una sorta di dipendenza patologica che ho sempre desiderato descrivere.
Inoltre, in questo modo potrete vedere il netto cambiamento che arriverà in lei tra poco.
Come sempre, vi ringrazio per aver letto fino a qui e per le vostre correzioni. Quando scrivo, non rileggo mai perché temo di incappare nel blocco dello scrittore. Preferisco prima concludere il racconto (mancano due parti) e poi passare alla massiccia correzione.
Al prossimo aggiornamento!
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