Underground

Un boato. Albus smise di catturare suoni. Le sue orecchie parvero essere imbottite da qualcosa di duro, qualcosa di impenetrabile. Cascò a terra, toccando bruscamente con i palmi delle mani il cemento caldo e allo stesso tempo umido. Rose si era girata per vedere che cosa avesse generato quell'esplosione, ma venne scaraventata a dieci metri di distanza, e con lei anche la bacchetta di Albus. La bacchetta di Albus... Ora il suo ultimo proprietario era morto, e questo voleva dire che anche lei era morta. Non poteva più appartenere a nessuno. Albus non avrebbe più riavuto indietro la sua bacchetta d'ebano. Non avrebbe più combattuto nella battaglia. L'aveva persa.

Per un attimo gli risultò assurdo, ma poi pensò alle sue "doti" che poteva usare anche senza la bacchetta. Si rialzò in piedi lentamente e guardò Connor liberarsi dalle corde nere dell'Incarceramus e Hermione combattere contro il Fedele. Poi si voltò verso Draco.

Dai suoi pori sembrava fuoriuscire un vento. Un vento di pura oscurità. È questo era potente. Così potente da far indietreggiare Albus di qualche metro.

Ma cosa stava facendo?

Albus si coprì gli occhi con la mano mozzata e cercò di capire di più. Aguzzò gli occhi nel fumo nero e scorse di nuovo Draco. Stava emanando lo stesso fumo che si presentava quando volava. Ma questo sembrava non finire più, e continuava ad uscire dalla pelle dell'uomo.
Continuò per quelli che avrebbero potuto essere dieci secondi, poi cessò.

Il silenzio.

Al poté udire per un istante il respiro di Malfoy, affannato e irregolare. Poi, mentre credeva che l'uomo sarebbe cascato da lì a qualche secondo, un altra esplosione. Albus venne scaraventato oltre Rose. Parve volare nella notte, come una maledizione che viaggia da una bacchetta ad una vittima. Ma lui stava volando. Ne era certo. Era sospeso a qualche decina di metri dal suolo, mentre le sue gambe sparivano e venivano sostituite dal fumo azzurro né caldo né freddo.

Era successo di nuovo. Era successo contro la sua volontà, ma era successo, ed Albus non poté che accettare il fatto con aria quasi sollevata, mentre il boato cessava.

Si librò nell'aria come un Patronus, scosse la testa e mise a fuoco il paesaggio sotto di lui: il punto in cui si trovava Draco era completamente bruciato e nerastro, mentre i dintorni cominciavano ad avvampare fiamme più alte di quelle di prima. Alcuni edifici stavano crollando del tutto mentre il London Aquarium si riduceva a un cumulo di polvere e cenere. E tutta quella catastrofe era accompagnata da un fumo che sembrava raggiungere le stelle. Ma qualcos'altro inquietò Albus più di qualunque altra cosa avesse visto da lì sopra: il London Eye era in posizione obliqua, pronto ad atterrare sul letto vuoto del fiume e ad altri edifici. Generava un suono metallico e assordante, insopportabile. Le corde biancastre di metallo che lo tenevano a terra si erano spezzate e le capsule sul perimetro della costruzione dondolavano come tanti ponti di navi.

Quel posto era messo non peggio, ma bensì oltre a quello che si sarebbe aspettato perfino il più pericoloso terrorista al mondo. Al non poteva permettere che la ruota panoramica cascasse e facesse a brandelli il sottosuolo come una palla demolitrice.

E simile ad un Fedele, schizzò nella notte volando verso il l'Occhio di Londra. Aveva in mente un'idea, ma non seppe se avesse funzionato. Sperava solo nelle sue capacità, e nelle sue "doti senza bacchetta". Poteva volare e generare incantesimi dalle mani.

Quale altro mago al mondo poteva eguagliarlo?

La ruota era ormai imponente davanti a tutte le cose che si trovavano ai suoi piedi. Sembrava una meteora metallica. Cascava, sempre più veloce, come un enorme mostro.

Duecento metri... cento metri dal suolo...

Al deviò un pezzo di acciaio e salì ancora più in alto, rilasciando nell'aria il fumo azzurrino. Proseguì diritto finché non si trovò in una posizione decente per fare quello che doveva compiere. Draco era rimasto lì, le mani sulle ginocchia e la bocca spalancata: cosa aveva appena fatto?

Fa che funzioni, ti prego, fa che funzioni, ti prego, si ripeteva a mente.

Si posizionò diritto col corpo e puntò le mani verso l'enorme cerchio rossastro, allargando il petto.

Cinquanta metri dal suolo... venti metri...

"Vitus Ogectum!" Nell'urlare a squarciagola le parole gli venne in mente assurdamente il professor Finnigan: era stato lui ad inventare e ad insegnare quell'incantesimo al primo anno di Al.

Tutto si fece al rallentatore: Albus vide il bestione di centotrenta cinque metri di perimetro sfiorare gli alberi in fiamme e il letto del fiume prosciugato. Poi, come se la terra vi avesse soffiato aria, questo prese a risalire lentamente, mente un rumore assordante riempiva le ora funzionanti orecchie di Al.

La ruota prese a contorcersi in posizione assurde. Prima si piegò su se stessa, formando una mezza specie di semicerchio, poi quella che avrebbe potuto essere uno schizzo di tempera rossa: ogni capsula si era allungata di circa cinque metri dalla loro posizione.

Sono sicuro di non aver usufruito di sostanze di dubbia legalità nelle ultime ventiquattr'ore? Pensò Albus mentre guardava scioccato il panorama davanti a lui.

La costruzione continuava a mutare forma, come se fosse cera calda. Solamente ora Al si rese conto di quanto lui soffrisse il freddo: aveva le labbra screpolate e le mani viola. La parte del petto scoperta era del tutto rossa e gonfia.

Ora la costruzione si era alzata e ricomposta del tutto, tornando salva e integra nel suo posto.

Ce l'ho fatta.

Aveva impedito ad un bestione di metallo di fare a pezzi il suolo. Un mezzo sorrisetto gli aleggiò sulle labbra, poi si ricordò improvvisamente quello che era successo pochi minuti prima.

Scorpius si era suicidato. Con la bacchetta di Albus. Davanti ad Al, Rose, Connor, Hermione e Draco.

Si era ammazzato. O meglio, il dolore che aveva provato per tutta la vita lo aveva ammazzato. L'incomprensibile dolore dell'amore che provava per Rose. Un amore che non era sparito nemmeno con la Fortificazione. Un amore puro, ma contrastato dal male e dall'oscurità. Contrastato dal padre. Da Draco Malfoy. Il ladro.

Per un attimo un pensiero folle sovrastò tutto nella mente di Albus: Scorpius era morto ingiustamente.

Ma, nella vita, è meglio soffrire per sempre o morire e farla finita?

"La vita è un dono bellissimo, Albus, e mai, e dico mai, devi pensare di far cessare il dolore: soffrire è umano" Ricordò le parole di sua madre, Ginny.

Ma i suoi pensieri vennero bruscamente interrotti. Il verde nei suoi occhi parve incupirsi, proprio come facevano gli occhi blu mare di Connor.

Aveva sentito un rumore. Un rumore troppo assurdo per poterlo scacciare via dalla mente.

Si girò di scatto. Non vide nulla. Aveva il respiro affannato.

Un susseguire di rumori sinistri, pesanti, oscuri, come se un'orribile creatura gli stesse girando intorno. Si voltò un'altra volta e aguzzò gli occhi nell'oscurità che si stava schiarendo sempre di più. Tenne le mani levate.

Sentiva il cuore battere velocissimo e il petto restringersi di qualche centimetro. Aveva la pelle ghiacciata.

Udì di nuovo il rumore, e, chiedendosi da dove provenisse, abbassò lo sguardo: non vide nulla, solo il letto prosciugato del Tamigi con qualche corpo privo di vita.

Da dove proveniva il rumore?

Scorse per un attimo il luogo dove era morto e risorto: Draco non c'era più. Scorpius giaceva a terra immobile mentre Connor e Hermione combattevano contro cinque Possicriti. Cinque.

E poi notò che la maggior parte dei combattenti sul Westminster Bridge lo stava guardando: alcuni continuavano a combattere, mentre altri si arrampicavano su pezzi di cemento per vedere la nuvola azzurrina che vagava su nel cielo schiarito dall'alba.

Vide tutta la sua famiglia salva, insieme a qualche Weasley. C'era Yvan Radmore, sano e integro: stava sorridendo insieme ad un compagno Serpeverde. Poi vide Elly piangere accanto il corpo della sorella. Quella scena rattristì totalmente Albus. Il suo cuore cadde in un abisso senza luce. Non riusciva a vederla così, e non riusciva a vedere Margarit senza vita.

E di nuovo, i suoi pensieri vennero interrotti di nuovo da quel rumore. Stavolta si fece intenso, più intenso che mai, sembrava provenisse proprio dalle orecchie del ragazzo.

Il suo cuore parve raggiungere la gola.

Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere una lunga mano olivastra afferrarlo per il collo e scaraventarlo giù . Ma Albus poteva volare. Poteva e voleva. Il fumo azzurrino si disperse nell'aria come vapore mentre indietreggiava e alzava lo sguardo: Draco Malfoy era sospeso a mezz'aria, il solito fumo nero al posto della parte inferiore del corpo. I suoi capelli svolazzavano a destra e a sinistra. Gli occhi di Albus si posarono su qualcosa di bianco che teneva in mano l'uomo: il colletto del maglione di sua cugina. Lei aveva un grosso squarcio sulla guancia.

E prima che Albus potesse fare, dire, muovere qualcosa, Draco urlò la Maledizione Mortale diritto alla tempia di Rose Weasley.

"NO!"

E più veloce di un raggio di luce, Albus partì alla carica, non capendo se Draco avesse urlato completamente l'Avada Kedavra: si schiantò con tutto il suo corpo, fumo compreso, sull'uomo. Questo cadde per una decina di metri prima di riprendere l'equilibro, mentre Rose cadeva giù definitivamente.

Il cuore di Albus smise per un attimo di esistere. Pensava che anche lui non esistesse più.

Vide la ragazza piombare giù, come se lei fosse la pioggia e Draco ed Al le nuvole che si scontravano.

Non poteva essere morta. Non poteva morire così. Non in quel modo.

E anche lui cadde giù, raggiungendo la cugina. Non seppe cosa stesse facendo, ma qualcosa gli diceva di seguire l'istinto. La sua mano toccò il colletto del maglione bianco di Rose, e questa sussultò, come se si fosse appena svegliata da un lungo, interminabile sonno.

Era morta?

"Rose!" Gridò Albus mentre scorgeva con gli occhi Draco avanzare verso di lui in una nuvola di pura oscurità.

"ROSE! Rispondi! ROSE, PER FAVORE!"

Draco era vicinissimo. Ma ad Albus non importava nulla di lui. Sarebbe morto lì, perché se fosse morta la cugina, non avrebbe dovuto che dire addio alla vita. Non avrebbe mai sopportato il dolore. Avrebbe ignorato le parole della madre.

Tirò su Rose con il braccio e se la mise in grembo, fregandosene della minacciosa presenza del ladro.

"ROSE! NON... ROSE! RISPONDIMI!" Le sue urla squarciarono l'aria come Maledizioni Feremort. Non poteva essere vero. Rose Weasley non poteva morire. Ma in fondo, Albus non era sicuro di aver visto alcun lampo verde.

Draco smise di avanzare verso di lui e lo guardò, estraendo la Bacchetta di Sambuco lentamente. La puntò verso Albus, la pazzia in volto.

"È MORTA! Non vedi?! Feccia, è morta! Allo stesso modo di mio figlio! È morta! È morta!" Urlava Draco mentre una goccia di sangue gli colava da un occhio. Le vene violacee sul collo gli pulsavano più che mai.

"STAI ZITTO! Stai zitto..."

"AVADA KEDAVRA!"

Albus dovette ricorrere a tutte le sue forze per tenere in braccio la cugina morta. E anche questa volta, gli parve tutto al rallentatore.

Vide lo zampillo di luce verdastra avventarsi su di lui. Non poté fare niente. Sarebbe morto. Tutto in un secondo. Avrebbe raggiunto sua cugina, perché lei era morta. E anche Lily. E anche Neville.

Si arrese. Era pronto a morire. Definitivamente. Stavolta non aveva nessuna Protezione che lo avrebbe salvato. Non sarebbe finito nella mente di Draco, non di nuovo. Sarebbe tutto finito.

Non tutto finisce.

E improvvisamente, di nuovo, la mano destra scattò all'insù. Le parole gli uscirono di bocca contro la sua volontà.

"Expelliarmus!"

Il lampo di luce rossa uscì dal palmo della sua mano e si scontrò contro quello verde a dieci metri di distanza. Albus venne scaraventato di qualche metro verso sinistra: era successo qualcosa di straordinario.

Il verde e il rosso esplosero nella notte: il primo, minaccioso e imponente, spingeva contro quello l'ultimo. Albus dovette fare uno sforzo enorme per mantenere Rose nel suo grembo, avvolgendola col braccio sinistro. Anche se stava volando, si trovava in una posizione alquanto scomoda.

Un accenno di sorpresa comparve nel volto olivastro e sporco di Draco.

"SCORPIUS... È MORTO... PER COLPA... DI QUELLA... SANGUEMARCIO!" Sbraitò mentre le lacrime lo divoravano. La Stecca della Morte produceva un'infinità di luce verde.

"ED... ORA... È MORTA! È MORTA! MI HA PORTATO... VIA... MIO FIGLIO!" Altre gocce di sangue gli uscirono dagli occhi, scorrendo sulle guance e finendo lungo il collo.

Stava piangendo sangue. Stava piangendo dolore puro.

"NO! LUI È MORTO PER COLPA... TUA!" Sbottò Albus mentre sentiva l'energia dell'Expelliarmus generarsi dal cuore. Non seppe nemmeno perché avesse detto quella frase. Veramente, Scorpius si era suicidato per Rose. Draco aveva ragione.

L'uomo lo trafisse con gli occhi grigi, e le lacrime miste a sangue continuarono a riempirgli gli occhi.

"Rose, ti prego, aiutami, rinvieni, ti supplico..." Sussurrò piangendo alla cugina. Lei non si mosse. Il vento generato dallo scontro dell'incantesimo e della maledizione scompigliava dolcemente i capelli rossi di Ronald Weasley. Il suo viso era così identico a quello della madre...

"Rose... piccola... io, ti prego. ROSE! VIVI!"

Le urla stavano rompendo l'aria, come se questa fosse fatta di vetro e minacciasse di esplodere da un momento all'altro.

"È MORTA! ALBUS, È MORTA! E ORA MORIRAI ANCHE TU"

"S- STAI ZITTO!" Dalla sua mano continuavano ad uscire fiotti di energia rossastra. L'incantesimo preferito dal padre. Harry Potter.

"Non puoi morire, Rose... ti supplico, torna in vita... no... no... NO!"

Sarebbe morto d'infarto. Ne era certo. Non poteva sopportare tutto quel dolore. E mai ne aveva provato così tanto in vita sua.

Rose se n'era andata, allo stesso modo di Scorpius, uccisa da una Maledizione Mortale sulla tempia.

Albus chiuse gli occhi. Aveva delle fitte al cuore tremende, dolorosissime, quasi come se avesse un pugnale infilzato in tutti gli organi.

"LEI... È... MORTA!"

"NOOO!"

Quell'urlo sovrastò perfino il suono dei due zampilli di luce verde e rosso. La gola di Albus parve squarciarsi, e lui sentì qualcosa dentro di lui aumentare... prendere il possesso di lui... espandersi in tutto il corpo... dominarlo. Era l'adrenalina.

Levò il braccio in alto e piombò giù verso l'argine del fiume, mentre le luci si dissolvevano nel cielo azzurrino dell'alba. Ora la notte era disegnata sull'orizzonte come un lungo serpente nero.

Albus, però, non accettò il fatto che sua cugina fosse morta: la depositò su una panchina di legno proprio accanto al ponticello semidistrutto in cui vi era salito poche ore prima. Sembrava un'eternità fa.

"Rose, ci vediamo fra un po'. Te lo prometto, giuro su di noi" E con le lacrime agli occhi, Albus risalì verso le stelle. Non volle guardare indietro, tanto, almeno secondo lui, Rose non era morta. Era una cosa impossibile.

"Draco, le nostre..."

"STAI ZITTO! CRUCIO!"

Chiedendosi se avesse funzionato, Albus pronunciò le parole di scatto.

"Protego Horribilis!"

Fu come se la sua pelle fosse stata coperta da del vetro sciolto ma allo stesso tempo duro: la Maledizione Cruciatus rimbalzò sullo scudo corporeo.

"FEREMORT! POSSUMY! AVADA KEDAVRA!" Draco urlò l'ultima Maledizione sputando sangue.

Di nuovo, Albus generò l'Incantesimo di Disarmo con i palmi delle mani. La battaglia alla fine del ponte era cominciata di nuovo, stavolta con tutte le persone possibili.

Quanto diavolo sarebbe durata?

"Sei un ignorante, Draco! Il solo fatto che puoi leggermi il pensiero con la Legilimanzia non significa che puoi sapere tutto su di me: so del legame che avevo con Scorpius, so della Nota Selettiva, e so che Scorpius avrebbe potuto rinunciare ai tuoi piani per Rose!"

Ancora una volta, sul volto di Draco fece comparsa un pizzico di sorpresa. Le lacrime miste a sangue cessarono di uscirgli dagli occhi; era uno spettacolo orribile.

Abbassò la bacchetta, e il lampo di luce verde scomparve: l'Expelliarmus di Albus, invece, continuò ad avanzare verso Draco, velocissimo. Ma lo mancò.

"Scorpius... è morto... a causa... di Rose..." Ansimò l'uomo galleggiando con il busto sopra la nuvola nera. Il suo volto era completamente deformato dalla rabbia e dal dolore.

Albus non poté che accettare il fatto.

"Ed ora l'ho uccisa. Alla tempia. Come Scorpius"

"NO! Lei non è morta!" Questo, invece, non lo accettava per niente.

"Sai, Albus..." La sua voce, più che altro, era un susseguire di singhiozzi. "Non sono mai riuscito a produrre un Patronus durante il mio periodo ad Hogwarts" Disse bruscamente. Albus si meravigliò di quello che aveva appena detto Draco. "Be', Snape era l'unico Mangiamorte in grado di farlo, l'unico. Solamente dopo la nascita di Scorpius io riuscii ad evocare un Patronus: un aquila. E sai cosa rappresenta l'aquila?" Chiese lanciando maledizione con gli occhi. "Rappresenta la libertà. La libertà, sì, una cosa che molte persone danno molto per scontato, ma io no, la desideravo, perché non ce l'avevo. Non ero capace di... scegliere. Sono stato... costretto. E tutto questo, ora... è stata una mia scelta. Capisci? Tutto quello che vedi intorno a te, tutte le persone che sono morte..."

"Quindi la morte di Scorpius è stata una tua scelta" Sbottò Albus di colpo.

Gli occhi di Draco divennero completamente rossi: un'altra lacrima di sangue gli fuoriuscì da un occhio.

"La morte di tua cugina Rose è stata una mia scelta" La sua voce divenne cavernosa, sinistra. Albus sentì la maledizione in arrivo. Draco sarebbe esploso.

"Lei non è morta!"

"Sì, lo è!"

"NO!"

Fu come se si fosse immerso in una vasca d'acqua bollente, fosse uscito e immerso di nuovo in una vasca d'acqua ghiacciata. Il suo corpo divenne completamente vapore azzurrino, e la testa sparì. Si mosse. Volò per un centinaio di metri, e poi, senza una meta, volò più veloce di quanto non lo avesse mai fatto. Sfrecciò verso il porto e scorse sua cugina sdraiata sulla panchina, poi entrò dentro una galleria dietro il porto e si addentrò nella stazione della metro di Westminster. Superò i macchinari dei biglietti e sfrecciò sopra quattro rampe di scale mobili, prima di addentrarsi dentro l'oscurità delle gallerie della metro. Non sapeva dove stesse andando, non aveva una meta. Non aveva il corpo: era completamente fatto di fumo azzurro.
Svoltò a sinistra e fece un'ampia curva a destra. Poi di nuovo a sinistra e proseguì alla velocità della luce per centinaia, o forse migliaia di metri. Ringraziò Merlino: alcune luci al neon erano accese e illuminavano di poco il posto.

E poi, di colpo, si fermò. La sua testa si materializzò in cima alla nuvola di fumo: il buio più totale. Era finito dentro la Tube di Londra, la rete ferroviaria sotterranea più grande al mondo, e non sapeva dov'era. Era solo. Nel buio. Le luci al neon erano sparite. Nell'oscurità. E lui l'oscurità la conosceva benissimo. Non riusciva a vedere nemmeno un piccolo raggio di luce.

Dov'era finito?

Da lì a qualche quarto d'ora la gente avrebbe iniziato a riempire tutte le stazioni della metro e i treni a sfrecciare per le gallerie.

La gente... I Babbani...

Come avevano reagito di fronte a tutto quello che era successo? Tutti gli elicotteri dei "militari" erano stati abbattuti, le macchine della polizia distrutte e centinaia di abitazioni ridotte a cumuli di cenere. Lo Shard of London era crollato e la zona di Westminster quasi rasa al suolo. Avevano visto persone volare e usare degli strani oggetti di legno da cui fuoriuscivano delle luci mortali.

Pensò poi un attimo a sua cugina. Era stata colpita da un Avada Kedavra, ma Albus si era convinto che non era morta, perché lei non sarebbe mai potuta morire. Mai. Non lo avrebbe mai accettato, e non ci avrebbe mai creduto. E poi non aveva visto lo zampillo verdastro

Sospeso a mezz'aria nel nulla, Albus decise di avanzare. Doveva almeno avvicinarsi a qualche tratto di galleria illuminato. Durante il suo "tragitto" senza meta, era passato in ben sette stazioni, tra cui, ricordò, Leicester Square.

E solamente ora si rese conto che il suo corpo emanava un bagliore: non tanto potente, ma bastava ad illuminare le pareti di cemento. Forse i suoi occhi si erano appena ben abituati al buio, perché prima non riusciva a vedere niente.

Girò la testa di scatto e si avvicinò ad una parete. Una decina di tubi metallici vi scorrevano sopra e si perdevano nell'oscurità. Poi notò un piccolo cartello. Lo mise a fuoco.

Piccadilly Circus - Charing Cross.

St. James's Park - Blackfriars.

Poi, proprio accanto al piccolo cartello, che era scritto a mano, c'era quello che sembrava un poster bianco con tantissime scritte colorate. E l'idea gli venne in mente di colpo.

"Lumos!"

Una piccola sfera di luce pura si formò sopra il palmo della sua mano monca. La galleria si illuminò così tanto che Albus riuscì a scorgere una lattina di una bevanda a trenta metri da dove si trovava lui.

Era semplicemente incredibile.

Fissò per vari secondi la sfera, chiedendosi cosa fosse successo se la avesse toccata. Ma non era assolutamente il caso di fare esperimenti. Non ora.

Riportò l'attenzione sul poster.

Transport for London. TfL.

Stratford - Stanmore. Jubilee Line.

Edgware Road - Hammersmith. Circle Line.

Harrow & Wealdstone - Elephant & Castle. Bakerloo Line.

Albus lesse tutte le linee ferroviarie della Tube, concludendo con la Central Line, che era di colore rosso, e la Northern, di colore nero. Amava tutti quegli intrugli di colori. Gli piacevano un sacco.

Si chiese perché stava leggendo un cartello con delle indicazioni su dei treni mentre a chissà quanti metri da lui forse Rose era sola, una battaglia continuava a far fuoco sulla città e un pazzo volava in cerca di chissà cosa.

Doveva tornare, e in fretta.

Avrebbe potuto giurare di aver sentito qualche rumore alle sue spalle varie volte. Sentiva ancora i timpani vibrare per la forte esplosione che aveva creato Draco dopo la morte del figlio. Scorpius...

Sembrava tutto così assurdo.

Ma la mia vita è assurda, pensò Albus, è stato sempre tutto assurdo.

Ma ora il problema era: dove doveva andare? Si disse che avrebbe volato nelle gallerie finché non si sarebbe ritrovato in una stazione. Si voltò e si lasciò alle spalle i due cartelli, avanzando verso la direzione opposta da cui era arrivato. La sfera di luce che teneva in mano buttava raggi biancastri ovunque.

"Dove credi di andare?" Una voce ruppe un silenzio che avrebbe potuto rimanere eterno. Albus ebbe un sussulto al cuore - anche se il suo corpo era una nuvola azzurra, riusciva comunque a sentire il cuore -. Si girò di scatto: Draco era sospeso a mezz'aria, il busto che galleggiava sopra il fumo nero che si confondeva con il posto. Teneva in mano la Bacchetta di Sambuco e sul suo volto aleggiava un senso di pazzia e ira, ma nascosto da quella che avrebbe potuto essere la calma di un serial killer.

Come hai fatto a trovarmi? Si disse a mente Albus incredulo: aveva viaggiato per chilometri in delle gallerie infinite.

"Ti devo ricordare che posso usare la Legilimanzia?" Sibilò Draco. Un lontano squittio di un ratto echeggiò per la galleria e rimbombò nelle orecchie di Al per vari secondi.

"Ti ho seguito, Albus, tutto qui. E ti seguirò per sempre, finché non sarai morto. Hai visto tua cugina? Lei è già morta, ora è il tuo turno"

"Lei non è morta! Chiudi quella bocca!" Parlò. Una vena sul collo gli si gonfiò così tanto che minacciò perfino di esplodere.

"Oh, sì che lo è, lei è morta, esattamente come lo è tua sorella, quel buffone di un Longbottom e il tuo amichetto Elliot" Le sue parole erano piene d'odio e vendetta.

"Stai zitto... non..."

Ma Albus si fermò. La scena a cui assistette fu a una delle più orribili della sua intera vita: Draco stava sputando e piangendo sangue.

"Sai cosa mi sta succedendo, Albus?" Chiese singhiozzando l'uomo.

Albus non rispose. Aveva la pelle ghiacciata e vibrante.

"Quando qualcuno che hai Fortificato viene ucciso, il Generatore, colui che Fortifica, subisce una piccola penitenza. Una penitenza col sangue"

Albus vide le ferite della Maledizione Feremort che Connor gli aveva scagliato mezz'ora prima mentre era nel corpo del ladro aprirsi leggermente ed eruttare sangue.

"Mettici anche il dolore per mio figlio, la perdita della mia Copia Omogenea, anche lei Fortificata da me, e la disabilità di Akator"

Albus rimase in silenzio. Voleva andarsene da lì.

"Sangue, sangue e sangue, Albus. Ma non sarò solo io a versare sangue oggi. Lo farai anche tu! Feremort!"

Era quello il momento. Doveva farlo. Albus si voltò e schizzò nel buio delle gallerie, gettando a terra la sfera di luce. La Maledizione lo aveva mancato di un soffio, ed era meglio così: non voleva più soffrire. Non quella volta. Aveva l'adrenalina nel corpo che pareva fuoco.

"Non mi sfuggirai per sempre!"

Sentì l'urlo lontano di Draco. Ma lui avanzò, diritto, in cerca di una stazione.

Mille pensieri gli offuscarono la mente. Ma non era il momento di pensare. Non era il momento per niente. Doveva solamente finire di compiere la missione che aveva cominciato con Rose: uccidere il ladro. Uccidere Draco Malfoy.

Rose non è morta, si continuava a ripetere mentre scappava da Draco e cercava un via di fuga.

Scorpius è morto per Rose.

Hermione mi ha aiuatato. Lei sapeva.

Basta pensare! Si rimproverò da solo per la seconda volta. Non doveva pensare. Soprattutto di fronte a Draco.

"Ti prenderò, Albus Severus!" Trillò ancora l'uomo in lontananza. Al ebbe una mezza specie di brivido: poteva avvertire i brividi anche se il suo corpo era disintegrato?

Udì forti esplosioni da vari punti. Cosa stava facendo Draco? La pazzia lo aveva reso un terrorista?

Ha fatto cascare un grattacielo, altro che terrorista!, pensò Albus mentre imboccava un'ampia curva a destra.

E di nuovo, si bloccò di colpo. Il fumo azzurrino, invece, continuò, privando ad Albus la capacità del volo. Cascò a terra e vide la nuvola di luce allontanarsi da lui e sparire dietro un'altra curva, mentre un dolore lancinante gli faceva vibrare il viso.

Si ritrovò carponi su un binario. Un ratto gli passò sotto gli occhi così vicino che ne fiutò l'odore: sapeva di cacca di Troll misto a caramello.

Chiedendosi cosa avesse causato la sua caduta, si guardò intorno: altri poster erano appesi qua e là in disordine, mentre sotto di lui alcuni cavi elettrici scoppiettavano, buttando luci in vari punti delle pareti di cemento.

Sopra di lui una lunga lampada al neon ronzava come una zanzara.

Fiutò odore di chiuso, di pioggia e di sudore.

Di sudore? Lui non era sudato. Quando volava non sudava. Solo ora se ne rese conto. Era completamente asciutto: solamente il sangue gli colava da qualche parte del corpo.

E poi sentì un respiro. Un respiro affannato, ma regolare. Poi, un rumore di passi. Una persona che camminava, lenta e decisa, il respiro pesante.

Draco lo aveva raggiunto?

Si alzò e mise a fuoco la sagoma di una persona alta poco più di lui avanzare verso la sua direzione. Dal braccio gli penzolava un osso macchiato di sangue. Albus lo riconobbe.

"Connor?"

"L'hai capito dall'osso di fuori?" Chiese il lupo camminando più in fretta. In mano teneva la bacchetta.

"Be', direi di sì. Come hai fatto a... trovarmi? Come sei arrivato qui?"

"SENTO LA TUA VOCE, ALBUS! TI PRENDERÒ!" Le urla di Draco echeggiarono per la galleria ancora una volta. Al ebbe veramente i brividi: tremò, addirittura.

"Albus, seguimi, non possiamo starcene qui impalati a dare spiegazioni!" La durezza nella voce di Connor diede in un certo senso un po' di sollievo ad Albus: dopo aver scoperto chi era e cosa pensava veramente di lui, si sentiva "protetto" in sua compagnia.

Albus lo seguì per una ventina di metri, prima di ritrovarsi davanti una piccola porta di acciaio: avrebbe potuto entrarci uno gnomo.

"Dove stiamo andando?" Chiese Albus di colpo. Aver incontrato Connor di colpo lo aveva colto alla sprovvista.

"Ci nascondiamo, zitto. Lumos!" Borbottò freddo Connor. Aprì la porticina ed entrò, mettendosi a gattoni. Diede però prima un occhiata fuori, alle spalle di Al, assicurandosi che non ci fosse nessuno.

"Sei ancora sconvolto per quello che hai visto prima?" Chiese di nuovo Al mentre lo seguiva e chiudeva la porta di acciaio congelata. Le parole gli uscivano di bocca prima che lui potesse rendersene conto.

"Parleremo anche di questo, Al"

Nel sentire "Al", Albus arricciò le labbra. Connor non lo aveva mai chiamato con il suo nomignolo.

"Cosa intendi?" Chiese avanzando a gattoni per quello che avrebbe potuto essere un piccolo passaggio segreto fatto di cemento.

Il mezzo lupo mannaro sospirò, ma non rispose.

"Connor, hai visto Rose...?"

"È dietro di te" Sibilò il ragazzo.

Albus ebbe un sussultò al cuore. Si voltò: non c'era nessuno.

"Cosa? Ma qui non c'è nessuno!"

"Ti stavo prendendo in giro"

"Ma... che cavolo!" Sbraitò in un sussurro Albus. Avanzavano in quel piccolo tunnel come se stessero passando sotto un tavolo. Il panico lo stava divorando, come al solito. La mancanza di luce lo faceva star male.

"Connor, il braccio... non ti fa male?" Chiese improvvisamente. Gli rimase vicino, sfiorandogli i piedi con le dita.

"Hai visto quello che ho passato nella mia vita, Al? Hai visto come ho ucciso mia madre, Luxurum e pianto con tua cugina? Hai visto come ho sopportato mio padre per ben undici anni? Hai visto tutto? Bene, perché un osso di fuori è niente in confronto a tutto quello che mi è capitato. E poi, so sopportare il dolore. Sono un lupo mannaro"

Con il cuore che sprofondava in un abisso senza luce, Albus sussultò. I suoi occhi si colmarono di lacrime, ma Al le ricacciò tutte indietro. I volti di Eyolf Spartamus e di Lucinda Karen gli comparvero davanti agli occhi, come un Patronus.

"Non parli più, vero? Bene così" Ansimò Connor mettendosi seduto col volto rivolto verso Albus. Albus lo imitò, chiedendosi se avessero affrontato una piacevole chiacchierata in quel piccolo, sudicio tunnel. La luce che proveniva dalla punta della bacchetta del lupo dava a quest'ultimo un aria trasandata, spettrale. Aveva un grosso squarcio sulla fronte.

"Prima cosa. Rose non è morta. È viva. Non è stata colpita dalla Maledizione Mortale. Draco non l'ha uccisa"

Anche se Albus si era convinto di pensare che sua cugina non era morta, sussultò alla notizia. Era come se si fosse liberato di un grande peso, proprio come Scorpius: quando era morto, Albus aveva provato un senso di leggerezza, come se Scorpius facesse parte del corpo di Al.

"Ne ero convinto" Rispose allungando un angolo della bocca.

"Bene. La Maledizione non è mai uscita dalla bacchetta: quando sei andato in contro a Draco, lui non aveva ancora finito di dire la formula. Draco non se ne è manco accorto, crede ancora che abbia pronunciato del tutto la formula, ma Rose è comunque svenuta, non so il perché. Seconda cosa. Quando sei entrato nella metro ho preso una scopa e ti ho seguito. Ma prima che lo facessi, sono andato da Rose a controllare. Anche io pensavo che fosse morta. Quando stavi leggendo il cartello in quella galleria, io ero poco più avanti di te. E pochi minuti fa, quando hai sentito Draco far esplodere qualcosa: in realtà ero io che cercavo di fargli crollare qualcosa in testa, ad ostacolarlo, insomma"

"Dove hai lasciato la scopa?" Quella domanda gli risultò così impertinente.

"L'ho buttata a terra prima di lanciarti una fattura in viso e farti perdere momentaneamente la tua abilità. Ma questo non importa. Quello che importa è la terza cosa che ti sto per dire"

"Avanti" Lo incalzò Albus senza rendersi conto che Connor già stavo parlando.

"Draco ha modificato il tempo meteorologico: tra venti minuti pioveranno Maledizioni Mortali su tutta Londra. E quando dico tutta, intendo anche la zona sei"

Albus lo guardò con la bocca aperta. Le sue sopracciglia sembravano deformate come due piccole serpi.

"Cosa cavolo stai dicendo? E tu come lo sai? Aspetta, ha cambiato il tempo? Una pioggia di Avada Kedavra? Ma mi prendi per il cu..."

"Ha piazzato più di mille Fedeli su nel cielo, ad oltre quattro chilometri dal suolo, tutti con le bacchette pronte" Chiuse gli occhi e poi trasse un profondo sospiro. "Londra si colorerà tutta quanta di verde esattamente tra venti minuti, e tu, solo tu puoi fermare quei Fedeli lì sopra"

Albus lo guardò ancora di più sbigottito, la fronte aggrottata e il sangue che gli colava da una tempia. La cicatrice a forma di saetta sul petto aveva smesso di perdere sangue, ma pulsava più forte che mai: sembrava accompagnare i battiti del cuore.

"Io... cosa? Ma che... Come lo sai? Mille Fedeli? Ma quanti ne ha...?"

"Al, dobbiamo smetterla di meravigliarci, per Merlino! Dobbiamo agire, subito. Fidati di quello che ti ho detto, non fare domande! Quando ti ho seguito ho sentito alcuni Fedeli alla fine del ponte parlare di una Pioggia della Catastrofe, che consiste in quello che ti ho detto pochi secondi fa. Ora, invece di dare inutili spiegazioni, risaliamo in superficie e spacchiamo tutto. Merlino, quanto vorrei essere sotto trasformazione, sbranerei tutti" Albus sorrise di fronte al misto di entusiasmo e gelo di Connor.

"Ma prima non eri quello sconvolto e che non sapeva niente? Mi veniva voglia di ridere vedendoti con quella faccia" Rise Albus mentre lo seguiva di nuovo gattonando per quel posto angusto. La bacchetta di Connor illuminava fiocamente le piccole pareti di cemento: sembrava che l'oscurità avesse inghiottito pure la luce.

Il lupo non rispose.

Albus avrebbe potuto giurare di aver sentito qualcosa strisciare dietro di lui. Ma forse era solamente la sua immaginazione: dopo tutto quello a cui aveva assistito un allucinazione o strani rumori erano cose assolutamente normali.

Avanzarono per una decina di metri, prima di svoltare a sinistra e poi a destra. Albus ebbe la sensazione che stessero salendo.

"Il tuo braccio puzza da morire" Brontolò facendo una smorfia.

"Oh, e che ci posso fare? Ah, aspetta, forse avrei dovuto medicarlo e spruzzarci un po di profumo mentre combattevo, no?" Sempre gattonando, seguirono una lunga curva verso destra. Dal braccio di Connor non usciva più sangue: quello rimasto si era del tutto seccato. "È stato un Fedele del cavolo, mi ha fatto cadere da venti metri"

"Possibile che non tu non faccia smorfie di dolore anche con un osso di fuori?"

"Sì, è possibile. Ora zitto e seguimi, siamo quasi arrivati"

"D'accordo"

Strisciarono coi respiri pesanti nell'oscurità illuminata dall'Incantesimo della Luce di Connor. Albus continuava a udire rumori alquanto strani dietro di lui. Qualcosa che strisciava.

Si voltò. Non c'era nessuno. Aguzzò ancora di più gli occhi nel buio, ma niente, non c'era anima viva.

"Tuo padre vuole sapere come fai a fare quelle cose con le mani" La buttò lì Connor ansimando.

Albus assunse in espressione disgustata.

"Cosa? Cosa intendi? Ah, ma tu.. Sì, ehm, sinceramente non lo so nemmeno io" I suoi pensieri stavano vagando oltre a quello che avrebbe dovuto pensare. "Credevo lui sapesse qualcosa a riguardo. Insomma, è magia avanzata"

"Al, quello che fai tu non è magia, è qualcosa aldilà di tutto quello che un mago possa fare. È semplicemente incredibile. Volare e lanciare incantesimi con le mani" Anche se l'argomento era interessante, Connor continuava a parlare con un tono alquanto gelido.

"Dimmi un po'. Lo fai volontariamente o è il tuo corpo che fa tutto da solo?" Chiese voltandosi e posando lo sguardo oltre le spalle di Albus.

"Io... a volte fa tutto da solo, mentre altre volte sono io a produrre gli incantesimi, ma è... strano. Sembra che il mio corpo inizi a volare proprio quando ne ho bisogno. Il giorno del mio compleanno, al Ministero, il mio corpo si è, diciamo, squagliato e mosso tutto da solo. È un concetto complicato"

"Dimmi cosa non è complicato in questa vita" Sussurrò Spartamus distogliendo lo sguardo da dietro le spalle di Albus e continuando a gattonare. Doveva fare una fatica assurda: aveva il braccio con l'omero di fuori e nell'altra mano teneva la bacchetta. Ma in fondo, lui era un mezzo lupo mannaro.

E poi, come uno spettro in una casa infestata, Albus udì le grida di Draco in lontananza. Ma lui lo sentiva vicino, così vicino che si chiese se l'uomo si trovasse proprio sopra il loro tunnel-nascondiglio, e che stesse aspettando che i due uscissero da chissà dove. Le sue urla ripetevano che Albus sarebbe morto, che non avrebbe potuto più scappare, e ora cominciava a parlare di una pioggia mortale. La pioggia che aveva descritto Connor. La pioggia di Maledizioni Mortali che lui, Al, non doveva mai far cominciare.

Come avrebbe fatto?

"Stai zitto, potrebbe sentirci. Meglio non combattere, manca poco alla pioggia"

Al fece dei respiri lenti e profondi, e cercò di ascoltare qualunque suono arrivasse da Draco. All'inizio il silenzio era così profondo che assomigliava a un ronzio, producendogli un fischio nelle orecchie. Ma poi arrivarono i primi rumori.

Ma non erano rumori umani. Non era Draco a produrre quei suoni. Erano così sinistri che Albus immaginò che fossero Inferi.

"Cos'è?" Connor si bloccò di colpo. Albus detestò il fatto che si fosse fermato: voleva andarsene di lì.

"Cosa sono questi suoni?" Ripeté Albus. Era come se sopra il soffitto del tunnel qualcosa ronzava e strisciava pesantemente, come un enorme mosca viscida. Poi udì dei ticchettii, dell'acqua che cadeva ai suoi piedi. Aveva cominciato a sudare di brutto.

Si voltò ancora una volta. Non c'era niente. Solo il buio.

Rimase lì, a gattoni, il cuore in gola. Si rese conto che ogni parte del suo corpo si era irrigidita trasformandosi in un groviglio di fili tesi; si sforzò di rilassarsi, continuando a controllare il respiro.

Connor ridusse gli occhi a due fessure ed appoggiò la testa contro la parete, forse per udire qualcos'altro.

Albus lo imitò. Ora riusciva a sentire perfettamente i rumori. Era come se qualcosa di mostruoso stesse tossendo, stesse vomitando gli organi, e che continuava a strisciare chissà dove. Il tutto era accompagnato dal ticchettio dell'acqua, o forse di qualcosa di molto più sinistro...

Ebbe i brividi su ogni centimetro di pelle. I peli sulla nuca gli si rizzarono mentre ascoltava quei rumori, rumori che non aveva mai sentito in vita sua. E poi, come se si trovasse in una savana, udì quello che avrebbe potuto essere un ruggito. Un ruggito non di un leone, ma di un mostro.

Né lui né Connor parlarono. I loro battiti sembravano far vibrare il cemento che li circondava.

E solamente ora Albus notò che non si trovavano più nel piccolo tunnel. Non c'era bisogno nemmeno di rimanere a gattoni. Potevano alzarsi e perfino saltare. Si trovavano sempre in una galleria, ma simile a quelle che ospitavano i binari delle metro.

Ma non c'erano né binari, né tubi, né poster. Le pareti erano spoglie e, altra differenza, non tonde.

Altri tintinni, poi una serie di respiri affannati. E poi di nuovo i strani ruggiti.

"Ma cosa diavolo..." Sussurrò Connor alzandosi in piedi e girando su se stesso. Sembrava non riconoscere il posto.

"Connor, sai dove ci troviamo, vero?" Borbottò Albus alzandosi a sua volta. I suoi muscoli erano fatti dello stesso materiale delle pareti di quella galleria quadrata.

Connor scosse la testa.

"Cosa? Dove siamo? Ci siamo persi?" Chiese Albus alzando lo sguardo verso il soffitto. Il suo cuore si rimpicciolì di qualche centimetro: gocce di sangue cadevano dal soffitto, dense e più scure di quanto avrebbero potuto essere.

Da quel momento, la capacità di parlare parve volargli via. Il suo respiro si fece irregolare e sempre più pesante. Si sentì raggelare, nonostante il sudore gli imperlasse la pelle. Sembrava non esserci nessuno ai lati della galleria.

"Giuro che cinque secondi fa eravamo in quel cavolo di tunnel piccolo, e non qui! Avrei notato la differenza" E anche in quella situazione, lo sguardo di Connor rimase impassibile.

Come poteva essere vero? In effetti aveva ragione. Se fossero passati da uno spazio piccolo ad uno grande e grondante di sangue se ne sarebbero subito accorti. Ma no, se ne erano resi conto solamente dopo aver udito i rumori.

Stavano solo immaginando tutto?

Ora, oltre ai rumori di qualcosa che strisciava e ruggiva, Albus udì dei passi. Dei passi pesanti ma veloci. Dei passi non umani. Inferi, fu il suo primo pensiero. Ma gli inferi non ruggivano e strisciavano. Erano silenziosi ed emettevano suoni completamente diversi.

Guardò ai lati della galleria: solo buio.

Forse c'erano più creature?

Connor levò ancora di più la bacchetta per vedere le chiazze di sangue scuro sul soffitto.

Come ci era arrivato lì del sangue? Era stato messo appositamente in quel posto? E come, Albus e Connor, erano arrivati lì?

I suoni aumentarono.

Ticchettii. Passi. Ruggiti. Sussurri. Qualcosa che strisciava. E ora anche folate di vento.

L'insieme di tutti quei suoni creava qualcosa di davvero insopportabile. Qualcosa di davvero terrificante.

Albus ebbe l'istinto di portarsi le mani sulle orecchie. Ma poi i rumori, di colpo, cessarono, come se qualcuno avesse messo una cupola di un vetro spesso sopra lui e Connor.

Cosa aveva generato tutti quei suoni? Qualcuno? O forse qualcosa?

Nonostante il buio, chiuse gli occhi per concentrarsi e ascoltare.

Niente. Solamente il silenzio. I rumori erano del tutto cessati. E nemmeno Draco sembrava esserci più.

Aprì di nuovo gli occhi, girando di scatto la testa a destra e a sinistra. Udiva solamente il suo respiro e quello di Connor.

Sembrava che qualcosa fosse pronto ad uscire da un lato della galleria da un momento all'altro. Era solamente questione di secondi. Ne era certo.

Voleva scavare a terra e trovare un'altra via di fuga: scappare per la galleria gli sembrava un'idea terrificante. Chissà in cosa si sarebbe abbattuto.

Perché era entrato dentro la metropolitana di Londra? Era così bella l'alba.

E poi di nuovo il rumore di un ruggito. Albus si voltò, sicuro che provenisse dalle sue spalle. Ma niente. Sentì poi qualcosa di viscido avanzare verso la sua direzione, ma la fioca luce della bacchetta di Connor lo tradiva: non riusciva a vedere quasi niente.

Aveva ormai il cuore sulla punta della lingua.

Di nuovo silenzio.

Il silenzio più strano che Albus avesse mai udito. Un silenzio impenetrabile: non riusciva nemmeno a sentire il suo respiro e il suo battito.

Aspettarono nell'oscurità, sudati, le spalle contro la parete da cui avevano udito quei suoni. Il silenzio si prolungò, ricreando quel ronzio di assenza di suono. Al rimase all'ascolto. Dovevano esserne assolutamente certi. Per quanto volesse lasciare quel posto di sangue, per quanto fosse terrorizzato, dovevano aspettare per cercare di scappare da qualche lato della galleria. Passarono diversi minuti. Altri ancora.
Solo silenzio e oscurità.

"Credo che non ci sia nessuno, chiunque abbia generato quei suoni, ora non c'è più. Andiamo" Disse alla fine Connor voltandosi.

Quella fu l'ultima cosa che vide Albus. Venne inghiottito da qualcosa di duro e squamoso, forte e viscido, mentre ruggiti mostruosi lo stordivano. Il suo corpo venne avvolto da quello che sembrava un serpente troppo enorme per essere un serpente. Qualcosa di appiccicoso lo soffocò e sentì la schiena scricchiolare violentemente.

"Al! Non guardarlo negli occhi!" Urlò Connor.

Albus si dimenò con tutta la forza che aveva in corpo per scorgere la creatura che lo stava attaccando.

Un Basilisco.

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