Ritorni passati


Qualcosa dentro il suo cuore esplose di gioia. Ma era una gioia alquanto silenziosa; lui rimase lì, immobile, la bocca che inghiottiva quel fumo che pareva non andarsene più.

Con gli occhi che gli cominciavano a lacrimare, Albus vide la Spada di Grifondoro sparire, dissolversi nel nulla, e ora non c'era più niente che potesse vedere, o udire; le sue orecchie sembravano come imbottite di cotone. Solo buio. Riusciva solamente a sentire il suo battito, solamente quello. Era vivo. Non si era ucciso. Sua cugina lo aveva salvato. Proprio così: il legame che aveva con Rose aveva trasferito le emozioni più intense di lei nel corpo del cugino, e questo era riuscito a far sì che lui continuasse, non mollasse, andasse avanti scacciando il pensiero del suicidio.

E poi sopravvenne l'improvvisa consapevolezza di quello che aveva appena fatto.

Con il cuore immerso in un misto tra il dolore, la felicità e il sollievo, Albus Severus Potter realizzò di aver mozzato la testa a Draco Malfoy con una spada.

Ce l'aveva fatta.

La fine.

Aveva compiuto la missione.

Aveva ucciso la persona che gli aveva portato via Lily e James.

E poi, come se tutti quei pensieri fossero stati spazzati via dal vento, Albus provò una sensazione di leggerezza, la stessa che aveva provato quando Scorpius era morto: il legame mentale che aveva con Rose era distrutto, morto col suo proprietario.

Scosse la testa. Avrebbe dovuto alzarsi, far sparire quel fumo in qualche modo e mostrare a suo padre il corpo di James, sorridere un attimo per la morte di Draco e poi piangere per la morte di suo fratello.

Si chiese se ne valesse la pena. Avrebbe dovuto scendere giù in battaglia - che sapeva che era finita - e ringraziare tutti, parlare con i familiari delle vittime, stringere loro le mani, andare soprattutto dalla sua famiglia, stringere Elly in un abbraccio e baciarla come se fosse la prima e l'ultima volta, ma tutto quello che riuscì a pensare fu la destinazione.

Venne risucchiato dal nulla, e provò la netta sensazione che suo padre lo stesse chiamando, ma lui ora vorticava in un turbine di colori, sia oscuri sia vivaci. La testa nemmeno gli dolse: era così leggero che pareva una piuma macchiata leggermente di sangue.

E poi, come lui voleva, si ritrovò di fronte ad un enorme albero di quercia. In realtà, era circondato da alberi, alti, imponenti, che sembravano sparire nella bellezza di quel cielo mattutino senza una nuvola.

Fece un passo avanti e superò il limitare della Foresta Proibita, sorpreso del fatto che la cicatrice aveva smesso di dolergli.

L'odore di erba mischiato a quello del legno, l'aria gelida, la leggera brezza che solo la mattina ti può regalare, il lontano rumori di uccelli. Albus ne assaporò ogni singolo istante, lieto di entrare nella sua nuova vita.

I suoi passi sull'erba erano morbidi come i tonfi leggeri dei libri, e lui si lasciò trasportare. Il suo corpo e la sua mente erano stranamente slegati, gli arti lavoravano senza ricevere istruzioni, come se lui fosse il passeggero, non il conducente, del corpo che aveva subito esperienze diaboliche.

Superò il capannone di Hagrid, il mitico guardiacaccia, e cominciò a salire su per una collinetta, seguendo un percorso di terra battuta.

Amava quel posto, più di qualunque altra cosa avesse avuto in passato, perché quel posto era suo, gli apparteneva.

La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts gli si mostrò davanti, proprio dopo la collina. Le infinità di torrette sembravano emanare luce, come la spada...

La spada.

Albus era un Serpeverde, e questo voleva solamente dire che la spada era apparsa per il bisogno d'aiuto di Harry. Harry aveva chiesto aiuto; la spada era apparsa lì per Harry, ed Albus l'aveva usata, ponendo fine a tutto, a quella maledetta e contorta storia che lo aveva accompagnato per sette anni. Sette anni di tradimento.

Si voltò un attimo, godendosi il panorama di alte montagne ricoperte dalla neve, poi, cercando di scacciare qualsiasi pensiero dalla mente, proseguì, arrivando di fronte un grande ponte di cemento. Il ponte in cui, sette anni prima, Connor lo stava per uccidere. E lì, Elly lo aveva salvato.

Lo percorse così in fretta che ci impiegò una trentina di secondi.

Notando che non c'era nessuno, arrivò nel cortile, un'enorme fontana al centro. Strano che, nella bellezza di quel posto, questa non spruzzasse acqua.

C'erano varie pietre marroncine sparse qua e là, pezzi di castello crollati, che rivelavano camere ed aule. Forse c'era qualche prigioniero rinchiuso nelle mura di quel castello. Albus scorse un calice d'oro proprio ai piedi della fontana, che era l'unica cosa che sembrava in ordine. Vide perfino un quadro spezzato che raffigurava un principe, e poi, come se fosse il dono più bello dell'uomo, camminò.

Avanzò verso il grande portone di quercia, consunto e graffiato dal tempo. Spinse gemendo con le mani macchiate di sangue e varcò la soglia, provando la familiare sensazione che solo quel posto poteva dargli.

Chiuse gli occhi per un istante, poi, come un viaggiatore con uno zaino in spalla, si lasciò dietro l'enorme portone. Si incamminò verso una scalinata diritto a sé, che percorse mentre pensava a tutto quello che aveva passato lì dentro. Sembrava proprio che il suo cervello fosse una camera dei ricordi. Ogni singolo istante gli perforò le tempie, e lui, beato e coccolato da quella tranquillità che aveva desiderato da tempo, camminò.

I suoi passi erano come nuvole nell'aria. Pensò per un attimo che l'abilità del volo gli fosse riapparsa, ma poi, notando che aveva ancora le gambe, proseguì, svoltando a destra e percorrendo un lunghissimo corridoio.

Alcuni quadri gli urlavano ringraziamenti e condoglianze. Una strega chiatta e coi capelli rossi stava accennando della rimozione della memoria sui Babbani più grande della storia della magia, mentre un uomo seduto su una poltrona giallastra annunciava ai suoi vicini che Hermione Granger sarebbe diventata Ministro della Magia.

"Complimenti, signor Potter! Lo sapevo che ce l'avrebbe fatta!"

"Le mie più sincere condoglianze per suo fratello James Sirius. Suo padre sarà distrutto..."

"Grazie per aver salvato la comunità magica! D'altronde, sei un Potter!"

Si chiese come avevano fatto a sapere così in fretta che Draco era morto, che stavano per succedere tutte quelle cose, ma lui non parlò, tanto avrebbe saputo tutto dopo.

Sentì di una squadra del Ministero che si stava dirigendo nella zona di Westminster per curare tutti i feriti e allontanare i Babbani, rimettere a posto quella zona e ricostruire al volo lo Shard, crollato sotto gli occhi di Al e di Malfoy.

Le voci gli rimbombavano in testa piacevolmente: nessuna cosa era fastidiosa ora. Tutto era così calmo, almeno secondo lui.

"La forza di un giovane ragazzo non va mai sottovalutata!"

L'ultima frase maschile gli echeggiò nelle orecchie, prima di svoltare a destra e poi a sinistra. Teneva la testa diritta, gli occhi puntati ovunque. Quel posto sarebbe parso del tutto desolato, se non fosse stato per i quadri.

Solamente dopo essersi reso conto di aver sbagliato strada, Albus si voltò. Ma c'era qualcosa che cercava di farlo voltare di nuovo e rimanere lì: non era mai stato in quel posto.

Si voltò e fissò il corridoio davanti a sé. C'erano ancora quadri, ma questi sembravano... familiari.

Con il cuore che cominciava a battere un po' più forte, Albus fece un paio di passi avanti. Guardò il primo quadro. L'uomo che lo stava fissando aveva folti capelli neri lucidi e una barba tagliata di fresco. Sembrava irradiare tranquillità e protezione.

"Mi sono sempre chiesto quando saresti venuto"

La voce di Sirius Black fu come una ninnananna.

Albus lo guardò negli occhi neri. Era vestito di un abito elegante marroncino, e dietro di lui sembrava che ci fosse qualcosa fatto di... nemmeno Albus lo sapeva. Un enorme arco di pietra con strani simboli scolpiti.

"Il cane ti ha mangiato la lingua?" Sorrise l'uomo muovendo di poco il busto. Nella sua espressione c'era qualcosa di più profondo del dolore.

Albus arricciò le labbra alla sua battuta, ma una strana confusione si stava espandendo dentro di lui.

"S-Sirius?" Fiatò con un fil di voce. Provò la netta sensazione di avere gli sguardi di tutte le persone di quel posto fissi su di lui. Sentiva i loro respiri.

Cos'erano quei quadri? Perché c'era Sirius Black in quel quadro?

Non ne era sicuro, ma Albus pensò che gli altri quadri fossero altre persone che avrebbe potuto riconoscere.

"Il Corridoio della Memoria" Sussurrò Sirius. "Un corridoio di Hogwarts dove ci sono molti quadri, quadri che raffigurano le persone morte nella Seconda Guerra"

Un mantello di emozioni tristi avvolse il cuore del ragazzo, ormai strappato dalla terra da un dolore sovrannaturale, di un altro pianeta. Ma era anche un po' sorpreso.

Era la prima volta che parlava con il padrino di suo padre.

"E... da quanto...?"

"Dal mille novecento novantanove" Rispose Sirius trafiggendolo con gli occhi.

Un silenzio impenetrabile calò su quel corridoio.

"Quindi..."

"Tutte le persone uccise da Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte sono appese qui, dentro i quadri, e ci giaceranno per sempre, se lo vorranno"

"Se lo vorranno?" Chiese accigliato.

Sirius sospirò.

"Possono diventare qualcos'altro oltre un semplice quadro. Per il momento, lo siamo ancora tutti"

"E se..."

"Mi è giunta notizia" Lo interruppe piegando la testa di lato "che sei riuscito a sconfiggere un maghetto alquanto innocuo"

"Molto innocuo" Approvò sarcastico il ragazzo. Parlare con Sirius lo aveva un po' riportato alla realtà, perché prima si sentiva come se non ci fosse nessun altro oltre a lui.

"Vedi, Albus, quello che hai compiuto pochi minuti fa non è stato frutto delle tue forze, né tantomeno della Spada di Grifondoro. È stato frutto di questa" E si portò l'indice della mano destra sulla tempia. "È stata una questione di mente"

"Come lo è stata per sette anni" Borbottò il ragazzo abbassando lo sguardo.

"Di cui tre con l'abilità del volo. Oh, un'abilità improvvisa e sorprendente. Un'abilità frutto delle tue forze, nient'altro"

"Io..."

"Hai fatto le cose per bene, Ramoso" Sibilò Sirius con occhi assenti.

Albus non rispose, tanto era impegnato nel trovare un significato al nome con cui lo aveva appena chiamato l'uomo nel quadro.

Strizzò l'occhio a Sirius e toccò con la mano la tela. Poi proseguì, curioso e sollevato. Non aveva mai visto quel posto fino d'allora, e tutto ciò gli risultò strano, perché suo fratello James e suo cugino Louis conoscevano Hogwarts come le loro tasche. James...

"Albus Potter" Una voce cavernosa lo interruppe. Ma non era una voce spaventosa e sinistra, bensì rassicurante e dolce.

Si voltò alla sua destra, proprio accanto il quadro di Black: c'era un uomo col volto allungato e graffiato, occhi marroni molto caldi. Aveva dei muscoli ben scolpiti e aveva i baffi color caramello e il pizzetto di una tonalità castana rossiccia. Dietro di lui c'era il castello di Hogwarts.

"Sei così uguale a tuo padre"

Albus fissò l'uomo un po' divertito e un po' confuso.

"Remus Lupin" Sussurrò presentandosi. "Tutto quello di cui hai bisogno, Albus, è un pezzo di cioccolata, niente di più. Te lo consiglio, veramente"

E solamente ora il nome gli esplose in mente. Harry gliene aveva parlato. Remus era un membro dei Malandrini, il quartetto inseparabile in cui si era nascosto un traditore.

"So a cosa stai pensando, Al. Sì, sono io"

E proseguì.

Albus si ritrovò davanti un quadro con la cornice schizzata di rosso, arancione e verde. Un ragazzo uguale a suo zio George lo fissava con un sorriso a trentadue denti, gli occhi che scintillavano. L'unica cosa differente rispetto a George, era che questo aveva entrambe le orecchie.

"Ciao Albus, nipote" Sorrise Fred. Era vestito di un grosso maglione color melanzana con su incise alcune lettere giallognole: G, R, P, B, G, C.

Albus voleva inginocchiarsi e piangere, ma non ci riuscì. Continuò a fissare quello che avrebbe dovuto essere suo zio sorridendo, con la voglia di entrare dentro il quadro e stringerlo in un abbraccio.

"Albus, la vita è come un pomodoro. Buona, bella, ma brutta se la si frulla. Però è sempre buona. Capisci?"

"Ma che..."

"Preferisci un pomodoro intero o la passata?"

"Ma..."

"Allora? Cavolo, Albus! Hai appena sconfitto il criminale più spietato del mondo e ti meravigli di fronte ad una domanda del genere?" Il volto di Fred pareva brillare. Albus non ne era sicuro, ma azzardò a pensare che forse quei quadri avevano qualche Incantesimo della Luce.

Un po' sorpreso e stordito dal discorso che stava tirando fuori suo zio, rise. Non seppe fare altro. Piegò la testa all'indietro e si lasciò andare, mentre pensava ai pomodori.

Era ovvio che lo preferiva intero. Lui odiava il sugo. Specialmente quello che faceva sua nonna Molly.

La sua risata venne interrotta dalla voce allegra ma improvvisamente bassa di Fred.

"E se ti dicessi di battere un cinque con la mano sinistra?"

Albus tirò di scatto su la mano sinistra. Era senza l'indice. Non avrebbe potuto battere il cinque con quella mano, perché il cinque si batte con cinque dita.

Solamente ora capì la squallida, triste battuta di Fred.

"Sei un tipo divertente, Fred" Esclamò lui mentre cominciava a fissare il quadro accanto. Questo era piccolo, ma sembrava brillare di meno rispetto a quello di Fred. E mentre delle parole ovattate di suo zio gli echeggiavano in testa, Albus si avvicinò al piccolo quadro. Aveva la cornice decorata con piccole pietre e pezzi di stoffa colorata. All'interno, quello che sembrava Kreacher giaceva seduto su un letto di sabbia umida, come il paesaggio alle sue spalle. C'era una grossa collina verde smeraldo con una villetta color ocra ai piedi. Sembrava un vero e proprio dipinto.

L'elfo gli dava le spalle, intento a guardare la casetta in lontananza brillare sotto un immenso cielo stellato.

Albus ebbe una fitta al cuore, anche se non sapeva il perché. Il sorriso che gli aveva regalato Fred si stava dissolvendo in un'espressione addolorata, quasi malinconica. Ma Albus non riusciva a capirne il perché, non riusciva a trovare una risposta a tutte quelle emozioni.

Non aveva riconosciuto l'elfo. Eppure gli era familiare. Lontanamente familiare, un ricordo perduto nelle labbra di Harry.

Per un momento pensò che stesse ancora condividendo le emozioni con sua cugina, ma poi realizzò che Draco era morto, e che quando Albus gli aveva mozzato la testa si era sentito più leggero.

Voleva chiamare la creatura, farla girare, vederla negli occhi, saperla riconoscere, ma non riuscì a fare niente, ormai tutti i muscoli pietrificati da quel paesaggio stellato e sabbioso. Ma quella continuava a dargli le spalle, la schiena che si abbassava e si alzava regolarmente. E nemmeno sembrava essersi accorto del ragazzo.

Con uno strano liquido al petto, Albus fu obbligato a voltarsi: una luce argentea gli veniva delicatamente incontro. Non c'era bisogno di metterla a fuoco o avvicinarsi ancora di più per sapere che quella era di nuovo la cerva d'argento.

Avrebbe preferito non provare nulla... potersi strappar via il cuore, le viscere, tutto ciò che urlava dentro di lui... E pareva funzionare, perché un senso di felicità e gioia regnavano dentro il suo corpo.

E mentre scorgeva con gli occhi un ritratto di un uomo con un occhio di vetro, Albus la seguì, perché questa aveva preso a dirigersi verso la fine del Corridoio della Memoria.

Forse lo stava guidando verso la verità finale, quella che avrebbe messo a tacere il suo cervello che continuava a lavorare freneticamente, a mettere a tacere tutto.

Lasciò lo strano e triste Corridoio e svoltò a destra, prima di salire una lunghissima rampa di scale. Le figure di Sirius, Remus, Fred e l'elfo gli premevano in mente come lo aveva fatto Scorpius per sette anni, ma la cerva stava prima di tutto, perché lo aveva salvato dai Dissennatori, dai Possicriti, gli aveva mostrato la Spada di Salazar Serpeverde e gli era entrato in petto, diritto nel cuore. Gli aveva salvato la sua dannata vita.

La cerva fluttuava a mezz'aria come fuoco, silente e lucente. Albus avrebbe potuto continuare a seguirla per l'eternità, magari pensando a tutto quello che aveva passato, ma un grande Gargoyle di pietra gli bloccò il passo. Alzò leggermente la testa per osservare la cerva salire verso una scala a chiocciola.

D'un tratto, capì.

Senza nemmeno pronunciare la parola d'ordine, che nemmeno conosceva, superò il Gargoyle, che era spostato, di lato e salì la scala, lo sguardo rivolto verso le punte delle sue scarpe nere.

Sentiva ancora le mani tremare per il decisivo, fatale colpo che aveva sferrato al ladro dei tre Doni della Morte, il cuore battere per l'improvvisa visita al Corridoio della Memoria, il sangue seccarsi lungo il collo e il naso scricchiolare ogni volta che lo tirava su.

Quando capì che la cerva non c'era più, Albus entrò dentro l'ufficio della McGonagall, che chissà dov'era. Quella stanza era del tutto desolata, piena di pergamene e penne d'oca. A terra c'erano alcuni libri rilegati in pelle nera. Forse c'era stata una piccola battaglia, pensò Albus, la mente sovraccarica di pensieri. Strano, pensò, pochi minuti prima avrebbe potuto giurare di avere la mente sgombra da qualunque cosa.

"Buongiorno, caro"

La voce di Albus Dumbledore lo fece sussultare. Guardò in alto, oltre la cattedra della Preside. L'uomo lo stava fissando con aria divertita, quasi gioiosa. Nei suoi occhi sprizzava luce. E anche se era morto, sembrava luce di vita.

Albus si limitò a fare qualche passo verso il quadro, ma rimanendo chiuso in se stesso.

"Caro ragazzo mio, uomo coraggioso, cavaliere avventuroso" Sussurrò Dumbledore. Le sue labbra erano del tutto coperte dai lunghi baffi bianchi che si univano alla barba.

Ancora una volta, Albus non parlò. Un calore piacevole cominciò a farlo sudare. Passarono vari secondi, forse un minuto, affinché si decidesse ad aprire bocca.

"Perché sono qui?"

Dumbledore lo trafisse attraverso gli occhialetti a mezzaluna. Era seduto su quello che sembrava un vero e proprio trono.

"Perché sei qui? Oh, secondo te? Perché sei qui?"

"Non... non lo so"

"Certo che lo sai" Lo incalzò l'uomo. Aveva entrambe le mani poggiate sulle ginocchia: era seduto.

Certo che lo sapeva. Lui era lì per le spiegazioni. Le vere spiegazioni. Le spiegazioni di una vita.

"Be', io..."

L'uomo annui, incoraggiandolo.

"Ci sarebbero molte cose da chiarire..."

Dumbledore continuò ad annuire, un misto di calma e gioia impresso sul volto deformato dagli anni.

"È sempre stato un 'le spiegazioni avranno tempo più tardi'. E..."

"Albus, siediti" Disse il ritratto.

Il ragazzo abbassò lo sguardo verso una poltroncina davanti la cattedra. Ma non voleva sedersi. Non dopo tutto quello che aveva provato. Voleva rimanere in piedi.

"Non si preoccupi, sto bene in piedi"

"Come vuoi, mio caro ragazzo"

Rimasero alcuni secondi in silenzio. Poi, proprio come la voce di Harry su in cima al Big Ben, l'ex Preside fiatò.

"In questi sette anni hai potuto assaporare l'arte del tradimento, anche definito come gioco da ragazzi. Hai potuto vivere un'amicizia falsa sotto vari punti di vista. Almeno secondo Scorpius Malfoy. Lui ha visto la vostra amicizia solamente come un legame mentale, un favore per Draco. Ma ha potuto conoscere l'amore nei confronti di tua cugina Rose, e questo, ahimè, ha fatto la differenza. Come ti ha mostrato Neville, Scorpius stava cominciando ad indebolirsi. E questo è dovuto al fatto che l'amore e la Fortificazione sono due rivali molto potenti, ma l'ultima riesce sempre a vincere, come una partita di Quidditch. Oh, quanto rammarico per le partite di Quidditch, devo informarmi sulla classifica Irlandese... ma questo non ha importanza, ragazzo. Come stavo dicendo, il povero Scorpius ha dovuto subire varie Fortificazione per poter distruggere l'amore. Ma Draco lo ha Fortificato invano, perché Hyperion si è ammazzato per tua cugina, e questo ha sconvolto il padre più di qualunque altra cosa"

"Ho notato dei cambiamenti dopo la morte di Scorpius nei comportamenti di Draco..."

"La penitenza. Nientemeno che la penitenza. Ha dovuto subire perdite di sangue e dolori atroci"

"E... mia cugina... quando ha toccato il corpo morto di Scorpius la parte della mente di quest'ultimo legata a me si è aggrappata a lei e... abbiamo condiviso le stesse emozioni per un po'. C-come è possibile?"

L'uomo lo guardò con affetto e ammirazione.

"La Nota Selettiva smette di funzionare solamente alla morte dell'evocatore. Se non muore, questa cerca nuovi proprietari, e continuerà a collegare menti umani per anni"

Albus fece cenno di aver capito il concetto.

"Tutto quello che mi ha detto Draco è vero, quindi? Escludendo il fatto del legame che avevo con Scorpius..."

"Tutto vero. Anche quello che ti ha detto Neville è tutto vero..."

"Mi spiega come sia stato possibile il trasferimento del mio corpo nella mente di Draco e poi nel suo corpo stesso" Lo interruppe Albus rosso in volto. La sua mente era un groviglio di punti interrogativi.

Dumbledore sospirò, come se fosse pronto ad annunciare dei concetti troppo complicati.

"La Protezione Fedele, Albus. Tu l'hai avuta, e questa ha fatto il suo dovere. Ti prego di ascoltare tutto con molta attenzione. Se il Protetto viene colpito da una Maledizione Mortale, l'anima che poi esce dal corpo va diritta nella mente dell'assassino. Come può essere vero? Be', devi sapere che, ogni qualvolta che qualcuno lancia una Maledizione Mortale, non lancia solo la luce verde, ma anche un briciolo di anima. Questo frammento minuscolo, davvero minuscolo, fuoriesce dalla bacchetta e segue l'Anatema, che colpisce la vittima. Una volta uccisa, il pezzetto d'anima, diciamo, risucchia l'anima del caduto, e ritorna diritto nel corpo dell'evocatore, trascinandosi l'anima della vittima. Ma non dentro il cuore o in un altra parte del corpo, bensì nella mente. Gran parte dell'anima, Albus, si trova nel cervello"

Fece un pausa, nel quale Al si sforzò nel mantenere un contatto visivo, senza far trapelare espressioni dubbiose.

"Quindi, questo frammento d'anima dell'evocatore, che trasporta con se l'intera anima della vittima, entra proprio nella mente dell'evocatore" Concluse.

"Quindi tutte le belle sensazioni che ho provato mentre, almeno secondo me, volavo nel nulla le ho provate nel momento in cui la mia anima fluttuava e seguiva il frammento d'anima di Draco? È stato come un... piccolo viaggio, no? Un viaggio con il conducente e il passeggero, in pratica?"

"Che mente brillante. Sì, esatto, la tua anima era il passeggero e il frammento d'anima di Draco fuoriuscito con l'Avada Kedavra il conducente. Il concetto è quello, complicato, ma è quello, mio caro ragazzo"

"E ho visto Londra desolata e bianca perché..."

"Perché Draco desiderava una Londra desolata e del tutto spoglia, senza Babbani, distrutta, ai suoi piedi. Hai visto le cose muoversi, come gli edifici e le alte costruzioni, perché aveva in mente di far esplodere tutto, di far crollare tutto, di far cambiare tutto. È tutto qui, nella genialità, caro Albus"

Il ragazzo guardò il ritratto. Solamente ora si accorse che tutti gli altri quadri erano vuoti, del tutto grigi e cupi.

"E quando sono stato catapultato nel corpo di Draco..."

"Quella è stato frutto della tua immaginazione, perché tu sei sempre stato, dopo la tua morte, dentro Draco. Se non sbaglio, quando eri con Neville ti sei trovato sospeso sopra il Tamigi quando il paesaggio è mutato ed è diventato notturno. Ma non è andata affatto così. Ti trovavi dentro la mente di Draco, e quando tu hai creduto di esser stato catapultato nel suo corpo, era soltanto perché avevi cominciato a controllare il suo corpo. Afferri?"

Albus elaborò per qualche decina di secondi le parole di Dumbledore, poi, giungendo alla conclusione che non poteva starsene a ragionare per sempre, parlò.

"Una volta controllato il suo corpo lui dove è andato a finire? Insomma... il suo sistema nervoso dove è andato a finire?"

"Spento. Poof. Come sparito" Ridacchiò il vecchio. "E quando tua zia ti ha portato il Fedele, tu lo hai dovuto uccidere, perché così doveva andare. Per tornare in vita dovevi lanciare una Maledizione Mortale su una persona, come ben sai. Ti spiego. Una volta scagliata la Maledizione, la tua anima è del tutto fuoriuscita da Draco e dalla Bacchetta di Sambuco, e mentre lo zampillo ha colpito quel Fedele, la tua anima si è andata a ricomporre nel tuo corpo. Questo perché essa è stata di nuovo risucchiata dalla Maledizione. La stessa cosa di prima, ma inversa. È una fase che dura pochissimi secondi, ma che può far scervellare anche me"

"Perché è tutto così complicato?" Sussurrò Albus.

"Perché la magia è complicata" Rispose a sua volta sussurrando l'ex Preside.

"E... mia cugina. Mia cugina Rose, come ha fatto a riconoscermi? E anche mia zia... come... come facevano a sapere del processo che dovevo fare per tornare in vita? Loro... Mia zia non ha mosso sopracciglio quando ha visto Draco sotto il cappuccio"

"Temo di non poter trovare risposta a questa domanda"

Un senso di delusione invase Albus. Avrebbe voluto davvero sapere come sua cugina e sua zia fossero state capaci di capire tutto. Glielo avrebbe chiesto a quando sarebbe tornato nella capitale.

"E... riguardo la Spada di Grifondoro? Lei sa che... insomma, l'ho potuta usare. Ma... com'è possibile? Io sono un Serpeverde. E so che è apparsa in presenza di mio padre, ma io l'ho potuta usare"

Dumbledore mosse gli occhi azzurri su e giù, poi li chiuse, come se stesse ragionando.

"È vero, tu sei un Serpeverde. Sei un Serpeverde nato. Ma in questi sette anni il tuo profondo ha subito una grande mutazione emotiva. Sei stato smistato in Grifondoro, e questo ha fatto sì che il tuo cuore si colorasse di rosso e giallo, e non solo di verde ed argento. Albus, tu sei un Serpeverde, ma con una lieve sfumatura di Grifondoro. Ecco perché hai potuto usare la Spada in modo corretto e fatale"

Albus non voleva che gli ricordassero che fosse un Serpeverde, anche se quella era nientemeno che la pura verità. Se non fosse stato per Neville, sarebbe stato smistato nella casata del ladro, e non avrebbe mai potuto avere la "sfumatura" grifona. Ma se fosse finito in Serpeverde, sarebbe stato difficile per Scorpius e Draco interagire con lui. Ed era proprio grazie a questa "sfumatura" che lui era riuscito ad ammazzare Draco con la spada. Una "sfumatura" dovuta a tutti quegli anni in Grifondoro.

"Credimi, Albus. Neville, quella sera del primo settembre duemila sedici, non ha fatto altro che, oltre un favore a Draco, a fare uno sfavore proprio per quest'ultimo"

Il ragazzo annuì, gli occhi verdi legati con quelli dell'ex preside.

"Stessa cosa" Proseguì il quadro "vale per la Spada di Serpeverde, che non è mai stata una leggenda, bensì una storia vera. Salazar non si accontentò di un medaglione. Volle di più. Volle una spada. Volle eguagliare Godric. Peccato che quest'ultimo abbia vinto nel duello avvenuto verso la fine del decimo secolo. Dopo lo scontro, Salazar ha riposto l'oggetto nella Camera dei Segreti. Ti posso dire perfino di più: Tom Riddle aveva pensato di creare un altro Horcrux, proprio con questa spada. E visto che la spada è indistruttibile, lui sarebbe vissuto per l'eternità per davvero. Ma la Spada era ben nascosta, così nascosta che Tom dovette arrendersi. Provò per anni, ma niente, non la trovò. Credo che se la avesse trovata, non ci sarebbe stato scampo per nessuno, Al, nemmeno per Harry Potter, Hermione Granger e Ronald Weasley"

Rimase lì immobile ad ascoltare le pesanti parole di Dumbledore. Seppur sollevato dalla morte di Draco, sentiva ancora i muscoli tesi come fili di rame.

"Voldemort voleva creare un ottavo Horcrux?"

"Proprio così"

"E Draco? Perché non ha usato gli Horcrux? Perché si è accontentato di una sola Copia Omogonea?" Chiese mentre la curiosità si faceva strada dentro il suo cervello.

"Credo che non ci sia bisogno di divedere l'anima quando si Fortifica una o più persone. La Fortificazione ha danneggiato ed indebolito sia l'anima sia il corpo di Malfoy, e questo ha fatto sì che lui non creasse degli Horcrux. La Fortificazione è dolorosa e frantuma l'anima già in tanti pezzi. Ma questi pezzi, invece di essere rinchiusi dentro oggetti, svaniscono, spariscono. Temo che l'idea di Fortificare Akator e Scorpius abbia sovrastato l'idea appunto di diventare immortale con gli Horcrux, perché loro due sono stati due pezzi grossi per lui; secondo lui sarebbero serviti molto di più rispetto a degli oggetti in cui rinchiudere l'anima. Come ben sai, ha legato la tua mente con quella di Scorpius, mentre Akator è servito nella produzione della Copia"

"Ma... Perché? Perché Draco ha fatto tutto questo? Perché è voluto diventare così? Perché è diventato un assassino? Non ne aveva motivo. Come mi disse mio padre: aveva cominciato ad essere libero... Aveva un ottimo lavoro, una famiglia, ed aveva anche questi" E si strofinò l'indice il pollice per vari secondi. "Era una brava persona, dopotutto"

Mentre parlava, vari ticchettii si susseguirono dietro di lui. Ma forse era qualche fantasma tornato ad Hogwarts, un libro caduto, penne d'oca che rotolavano sui banchi. Non si girò, e continuò a guardare diritto in volto Dumbledore.

"Temo di non poter trovare una risposta elaborata, ma possiamo dedurre qualcosa, possiamo fare un piccolo ragionamento su questo"

Al grugnì in risposta, consapevole del fatto che i pezzi del puzzle si stavano componendo man mano nella sua mente. Il grosso punto interrogativo si stava dissolvendo...

"Pensa alla libertà di Draco. La libertà che ha ottenuto dopo la Seconda Guerra. Libertà vuol dire prendere decisioni, non essere comandati da nessuno, in un certo senso, no? Lui, allora, ha giocato la sua libertà, facendone un atto sporco e cattivo. Ha deciso, ha preso la sua decisione. Ma perché, ti chiedi?" Sospirò e aspettò che uno stormo d'uccelli fuori la finestra finisse di cinguettare. "Ha avuto, come ben ti ha detto tuo padre o qualche tuo familiare, un'infanzia e un'adolescenza non molto caute, segnate dalla Magia Oscura e da qualche lavaggio del cervello da parte del padre e da chi governava a quei tempi. I suoi modi di fare sono stati cambiati, mutati radicalmente e tutto ciò è dovuto proprio a tutte le cose che lo circondavano: una scuola che odiava, persone che odiava, sovrani che odiava. E nonostante il disprezzo che provava verso il prossimo, è stato obbligato a fare cose che, seppur esitando e non essendo molto sicuro di sé, non doveva fare, come avvelenarmi e maledirmi con degli oggetti alquanto scontati"

Albus ormai pendeva dalle sue labbra.

"Ho fatto del mio meglio per riuscire a non fargli sporcare l'anima col mio assassinio. Infatti ho usato un'altra persona, come ben sai. Ma questo, ormai oggi, può risultare del tutto ridicolo e inutile. Draco non si è solamente sporcato l'anima, ma ha fatto delle sue qualità un'abilità assassina. E le qualità, mio caro ragazzo, sono tutto in una persona. Qualità che lui, credo, non riusciva a vedere negli altri, così ha deciso di eliminare tutti quelli inferiori, dai Babbani alle famigliole magiche nei villaggi. Credeva che fossero un peso per il mondo, qualcosa di irrisolvibile, proprio come la pensava Tom Riddle. Sono stati entrambi segnati da un'adolescenza movimentata e sinistra. E credo proprio, anzi, perdonami, ne sono sicuro, che quello che Draco è diventato è dovuto ai ricordi di quei tempi, tempi di dolore e solitudine. Non è un caso che lui non abbia avuto dei veri amici: le vere amicizie possono sbocciare solamente nei petali più puliti, e non nelle rose secche e grigie"

"Quindi, lei è sicuro che Draco Malfoy sia diventato così per... il suo periodo adolescenziale?"

"Sì, credo sia diventato così per il suo periodo adolescenziale. Esatto" Fece una piccola pausa, nella quale guardò oltre le spalle del ragazzo, ma Albus non si girò, ormai pietrificato dalle parole dell'anziano che tanto voleva conoscere veramente di persona.

"Non è un caso che" Proseguì passandosi una mano nella lunga barba "i genitori di Draco non siano stati uccisi da lui. Loro due sono state le uniche persone che hanno sempre cercato di proteggerlo e amarlo, ecco perché sono stati spediti in un altro paese senza memoria. Draco ha voluto che vivessero una vita tranquilla e senza sapere che avessero un figlio Mago Oscuro. Ha fatto la sua scelta. Ha protetto i suoi genitori e si è allontanato da loro. Lucius e Narcissa Malfoy credono di avere un figlio, ma un figlio buono"

"Un figlio troppo legato ai Doni della Morte" Aggiunse Albus abbassando finalmente lo sguardo. Gli bruciavano gli angoli degli occhi.

"Direi infinitamente legato ai Doni. Draco ha sempre pensato che potesse diventare Padrone della Morte riunendo i tre oggetti, ma questa è più, diciamo, una leggenda, una storia. Il vero Padrone della Morte è colui che accetta la morte, non che la sfida o che la cerca di allontanare. Voleva il potere assoluto, ecco tutto, e l'idea dei tre Doni riuniti gli ha fatto venire l'acquolina in bocca - anche se io non dovrei parlare -, così per dire. L'unica cosa che ho ammirato di lui, è che ha fatto le cose con calma, senza affrettarsi o compiere stragi una dietro l'altra. Ha saputo rubare e giocare le sue carte in diversi periodi, sparendo e riapparendo per anni. Ha saputo mantenere la vera calma di un serial killer e sfruttare i momenti giusti. Ha fatto, sì, cose cattive, ma astute, direi. Come hai notato, nell'estate di sette anni fa rubò la Bacchetta di Sambuco dalla mia tomba, mentre quattro anni dopo il Mantello dell'Invisibilità. Ma la Stecca della Morte non gli è mai appartenuta, perché, proprio come hai detto su al Clock Tower, questa è di tuo padre"

"E perché mi dovrebbe temere? Ecco... io... lei mi disse che c'erano due motivi. Uno credo l'abbia detto, ma il secondo motivo... Perché? Lui non è mai sembrato che mi temesse. Mi ha sempre trattato come se fossi della feccia. Io... sono solo un ragazzo, niente di più, mentre lui era un quarantenne con migliaia di uomini armati pronti a eseguire ogni suo ordine"

"Albus..." Sussurrò il quadro, così piano che il ragazzo dovette avvicinare un po' la testa. Sentiva il cuore battere forte nel petto, come un mostro liberato da delle catene che cercava una via di fuga. Poteva giurare di esser arrossito, perché la sua testa era talmente sgombra e leggera che sentiva qualcosa muoversi al suo interno. Che strano. L'unica cosa che gli faceva veramente male, era il naso rotto e uno squarcio proprio sotto l'occhio, segno di un cazzotto di Draco, e la costola sinistra, che sempre Draco aveva colpito dandogli un calcio. Ma ora quei dolori sembravano quasi alleviati, coperti dalla voglia di sapere. Dumbledore gli stava per dire il motivo per cui Draco lo avrebbe dovuto temere. La curiosità gli ardeva in corpo da anni.

"Albus, Draco Malfoy ti ha temuto, ma ha sempre cercato di nasconderlo. Anzi, non ne ha mai mostrato alcun segno. Ti ha sempre trattato come se fossi... sì, esatto, come hai detto pochi istanti fa, feccia. Lui ti ha temuto di nascosto perché tu sei qualcosa che lui non voleva che fossi"

"Di cosa sta parlando?"

"Albus. Draco è stato per sette anni l'Hor..."

Ma stavolta i rumori si fecero pesanti.

Albus si voltò di scatto, il cuore in gola, le orecchie ancora che cercavano di aggrapparsi alle ultime parole di Dumbledore.

Il mondo intorno a lui parve sparire completamente, e un alone biancastro si impossessò di quell'ufficio come fa la nebbia all'alba. Al ebbe l'impressione di dover respirare più aria possibile per quello che aveva di fronte agli occhi.

Suo fratello gli veniva in contro, una scopa in mano e un enorme taglio sullo zigomo. Sorrideva.

Albus si rese conto che non stava respirando più, e per questo inghiottì più aria che poté. Il suo corpo barcollò all'indietro e le sue emozioni furono del tutto strappate da una mano invisibile.

Ma prima che potesse dire, fare, muovere qualcosa, o correre e urlare per la gioia perché suo fratello non era morto, apparve di nuovo cerva dall'ampia finestra dell'ufficio. Questa cadde a terra con un elegante balzo e fece qualche passo avanti; poi girò alla destra di James Sirius, che sorrideva al fratello come se avesse appena vinto una Coppa dei Mondiali di Quidditch.

Albus seguì con gli occhi verdi di suo padre la scia argentea del Patronus.

Avrebbe potuto essere un sogno, un sogno della morte, uno scherzo dei suoi sentimenti, ma non era così: la cerva d'argento entrò diritto nel quadro di un uomo coi capelli neri come la pece, la pelle così olivastra che sembrava un ritratto coi colori vivaci.

Albus piegò leggermente la testa, il corpo che sembrava ribollire il sangue.

Fissò gli occhi neri e profondi come tunnel dell'uomo nel ritratto, poi, con la strana sensazione in petto di dover cedere alle lacrime, sibilò, e sibilò così piano che non mosse nemmeno le labbra.

"Severus Snape? Dopo tutto questo tempo?"

L'uomo sorrise, e, mentre la cerva gli camminava intorno, i suoi occhi si posarono intensamente su quelli del ragazzo, come se stesse cercando di afferrare qualcosa.

"Sempre".

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