La partenza
La mattina del 18 Dicembre fu una mattina veloce, alquanto strana e divoratrice assoluta del tempo.
Albus si alzò intorno alle sette e mezzo e si vestì così distrattamente che ci mise un po’ ad accorgersi che stava cercando di infilarsi il cappello sul piede al posto del calzino. Quando finalmente ebbe sistemato tutti gli abiti sulle parti giuste del corpo, consultò la Mappa del Malandrino e andò giù in Sala Grande dove Rose ed Elly sorseggiavano del porridge. Cercò di buttare giù qualcosa, ma invano. Non aveva fame, sembrava che avesse un essere animato che urlava ‘lasciami stare’ nel suo intestino.
Il tempo si comportava in modo più stravagante che mai: filava via a grande blocchi, così che un momento gli sembrava di essere seduto nel tavolo rosso-oro, e il momento dopo stava di fronte al signor Pick, con la sua Quickfire che rifletteva qualunque cosa, essendo d’argento.
“Oh oh! Una scopa eccellente signor Potter! Trentadue copie e lei ce l’ha, mi congratulo” Sorrise e, dopo aver visto le scope di Connor, una Goldbolt 360 e quella di Elliot, una Firebolt X8, corse via insieme alla McGonagall. Al mangiò un piatto di pollo fritto e broccoli, accompagnando il tutto con un budino. La mattina era volata in men che non si dica e cominciò ad essere nervoso.
“Ma quando vengono quelli di Brujacerdo e AMI?” Chiese distrattamente a Rose.
“A momenti…” Guardò nel cielo, celeste e luminoso, sembrava un dipinto in cui le nuvole avevano un ruolo secondario, tanto erano pochissime.
La Sala Grande, dove Albus era rimasto praticamente tutta la mattina, era piena di studenti, e borbottii tuonavano nella sua testa deconcentrandolo da quello che avrebbe fatto un’ora dopo.
“Fate spazio per favore, stanno arrivando gli altri sei campioni con i rispettivi presidi” La voce della McGonagall interruppe le voci nella Sala.
Chi si trovava in piedi si mise seduto mentre il signor Ambraconi e il signor Palcos avanzavano verso Albus, Connor ed Elliot, che si trovavano davanti il tavolo degli insegnanti. Il preside di Brujacerdo aveva un sorriso pazzesco, sembrava che avesse già vinto. Quello italiano fissò Albus per qualche istante, riducendo gli occhi grigi a due piccole fessure. Dietro di loro c’erano sei ragazzi. Il capofila era molto basso, sembrava del primo anno, era abbastanza corpulento e aveva un taglio di capelli alquanto ridicolo.
Al guardò tutti attentamente e per la prima volta in assoluto prese seriamente in considerazione l’idea di fuggire da Hogwarts. Gli ultimi Campioni facevano paura, erano alti e robusti. Quello italiano era calvo e aveva una profonda ustione sulla guancia sinistra, quello spagnolo aveva dei capelli pettinati solamente da un lato e camminava deciso e convinto, scrutando i tre Campioni di Hogwarts. Ma tutti e sei spalancarono la bocca alla vista di un quattordicenne con una Quickfire.
“Bene bene, ecco i nove Campioni della Corsa dello Zoppo!” Tuonò Rebastan Pick, che si trovava accanto a Kingsley Shacklebolt. Kingsley aveva detto che sarebbe venuto a vedere la partenza insieme a Draco Malfoy ed Harry Potter, ma quel giorno sarebbe venuto solamente l'ex Serpeverde.
Un fragoroso applauso si levò dai quattro lunghi tavoli. Rose e Scorpius erano insieme alle gemelle Alamon, che borbottavano fissando Albus. Non era mai stato così teso in visa sua. Aveva i muscoli dell’addome così contratti che minacciarono di esplodere. I nove Campioni si misero uno accanto all’altro, coprendo l’intero tavolo degli insegnanti, ognuno con il manico di scopa in mano. La McGonagall, Pick, Kingsley e i presidi di Brujacerdo ed AMI si misero accanto alla porta dove due settimane prima Albus vide Connor entrare mentre parlava con Elliot.
“Alessandro Mancisi!” L’italiano fece un passo avanti e si inchinò davanti agli applausi della Sala dopo aver sentito il suo nome pronunciato dal signor Pick. Era il ragazzo basso che Albus scambiò per uno del primo anno con una chioma ribelle e piuttosto buffa.
“Enrico Tiracorda!” L’altro italiano fece un passo avanti e imitò l’amico. Era alto venti centimetri più di Albus e aveva la barba. Aveva la pelle olivastra, un gran naso a becco e folte sopracciglia nere. Aveva degli occhi a mandorla e delle labbra che sembravano sforzarsi per un sorriso. Il suo corpo era il doppio di Spartamus: spalle larghe, calvo e braccia che con fatica toccavano i fianchi. Ma l’attenzione sul suo copro si posò sulla guancia sinistra, interamente coperta da una grande ustione. Albus sperava che fosse un tutto muscoli e niente cervello, infondo, la Gara si basava soprattutto sulle capacità mentali.
L’ultimo italiano fu una ragazza che attirò l'attenzione perfino del professor Frigan: Livia Verdi, dire che era bellissima era poco, assomigliava molto alle gemelle Alamon ma lei sembrava essere più grande. Aveva i capelli neri raccolti in una lunga treccia e i suoi occhi color mare indugiarono a lungo sul tavolo Grifondoro.
I tre campioni erano vestiti di giacca bianca e altrettanto il pantalone, che era coperto da una scritta grande nera “AMI”. La giacca invece era ricoperta da un simbolo alquanto particolare: la penisola italiana nera avvolta da un cerchio di stelle gialle, il tutto era circondato da un lungo serpente nero.
“Francisco Pedrán!” Se non avresse avuto i capelli biondi si poteva dire che era il sosia di Nicolas McLaggen. Era alto ed aveva la pelle molto abbronzata. I suoi occhi rimasero a guardare il pavimento, senza sorridere, era abbastanza inquietante ed Albus sperò che durante la Corsa non avrebbe avuto nessun problema con quel tipo muscoloso.
“Victoria Human!” Era magra, scura e delle labbra che sembravano due banane. I suoi capelli erano raccolti in rasta e decorati con quelli che Albus scambiò capelli d'argento.
“Dean Matthews!” Tutti i presenti in Sala Grande spalancarono la bocca, altri si alzarono per vederlo meglio, ed altri ancora rimasero immobili, fissando con occhi cupi il figlio di Fox Matthews. Fox Matthews fu un mago criminale responsabile di sessantadue omicidi in Inghilterra. Dopo un anno ad Azkaban, e dopo alcuni tentativi di fuga, fu baciato da un Dissennatore, ponendo fine a quello che sembrava uno psicopatico senza il controllo di se stesso. Nel 2003 mise incinta Dolores Gough, conosciuta al Ministero della Magia durante un'udienza. Dal loro breve matrimonio nacque Dean, che, per non essere troppo criticato o discriminato, fu mandato a studiare magia in Spagna. All’età di sei anni, Dean vide suo padre uccidere la madre nel salotto della sua casa, descrivendo cosa l’aveva colpita “Una lunga fiamma blu”.
Dean fece un passo in avanti, mentre Yvan lo guardava con le lacrime agli occhi, forse pensando che entrambi avevano perso un proprio caro a causa della stessa maledizione.
Dean aveva sedici anni ed era molto alto, aveva dei capelli ricci castani e degli occhi azzurri, contornati da un color sabbia. Aveva il petto all'infuori e la schiena dritta, le gambe invece erano lunghe e ossute.
Loro invece avevano uno stemma con tre figure: una tigre, uno squalo ed un centauro, con sotto una scritta in latino che Albus, con fatica, provò a leggere.
Dopo la presentazione dei tre Campioni di Hogwarts, un applauso pazzesco riempì la Sala, mentre alcuni studenti fischiavano e urlavano buona fortuna. I nove ragazzi camminarono per tutto il lungo tappeto che univa il tavolo degli insegnanti con il portone di quercia, mentre gli studenti seduti davano la mano ai nove.
“Le nuvole sono tue nemiche!” Gli disse Rose mentre usciva dalla Sala Grande.
"Buona fortuna Bibby, dopo veniamo su sulle tribune"
I Campioni, il Primo Ministro, il signor Pick e i tre presidi si diressero nel campo di Quidditch, usato l’ultima volta circa cinque anni prima.
Dopo qualche monologo dell’organizzatore dell’evento, tutta Hogwarts si posizionò nelle tribune del campo. Albus, con sua grande sorpresa, vide Scorpius tenere per mano Rose. Il pensiero dell’incidente con Malfoy nella Foresta Proibita lo fece tremare. Sembrava che avesse una Maledizione Cruciatus nello stomaco, non riusciva nemmeno a distinguere le figure intorno a lui: era tesissimo. Connor teneva saldamente il suo manico, con gli occhi concentrati e fissi su Dean. Elliot sorrideva e stava accanto ad Albus, mentre un boato si levò dalle tribune
Se tu in alto volerai
E se soprattutto non cadrai
L’orgoglio tuo ti porterà
Dove nessuno tenterà…
Ci fu uno strano, freddo e impenetrabile silenzio. Poi, dopo alcuni secondi, rituonarono
A Parigi arriverai
Su una torre vincerai
Cuor di leone correrà
E l’astuta serpe attaccherà
I Grifondoro, armati di cappelli, guanti e sciarpe, cantarono il coro per tre volte, tifando per la loro casata. Poi, uno striscione di Fred II Weasley e Louis Weasley, risaltò le già fantastiche tribune.
POTTER SEI TUTTI NOI
Se si notava bene sembrava un vecchio lenzuolo, ma le scritte facevano pensare a tutt’altro.
Albus sorrise e salutò, agitando goffamente le braccia che tenevano stretta la scopa. Era sommerso da una gioia indescrivibile, ma allo stesso tempo una parte era esposta alla paura.
“Fermi un attimo ragazzi” Kingsley puntò la bacchetta sui nove e, dopo aver borbottato qualcosa disse “così i Babbani non potranno vedervi” Strizzò l’occhio ai nove.
“Non vi perderete tranquilli, se lo farete gli Auror vi faranno trovare la direzione” Aggiunse Pick.
Albus diede un'occhiata furtiva agli Auror che stavano parlando tra di loro: riconobbe il padre di Scorpius ed il padre di Cedric Tomas.
“Bene, torneremo tra dieci minuti, potete farvi qualche giro di campo” La McGonagall, Pick e il Ministro andarono a fondocampo, consultando delle lunghe pergamene giallastre.
“Albus Pottér. Tu eres el figlio de Harry Pottér! El tuo nome es legenda, insieme a tu hermano Jamés Sirius!” Francisco Pedrán strinse la mano ad Albus, che per un attimo sembrava aver paura dello spagnolo. “Io me llamo Francisco Pedrán, tengo diciasette anni” Albus si fece piccolo piccolo quando si trovò di fronte allo spagnolo, ma un lontano pensiero gli fece cambiare idea: aveva combattuto contro creature e criminali all'età di soli undici anni, e ora di certo non poteva farsi intimorire da un diciassettenne.
“Oh, piacere Francisco” Albus strinse calorosamente la mano di Victoria Human e dei tre italiani, anche se abbassò lo sguardo quando salutò Enrico Tiracorda, l’ustione sulla guancia che risaltava il suo duro viso; anche lui, come Connor, aveva delle profonde ferite sulle braccia, e l’ipotesi che fosse quella creatura attanagliò la mente di Albus per qualche lunghissimo istante, e quando si rese conto di aver fantasticato troppo con la mente, vide alcuni Campioni fare un giro di campo, e Connor andare di fronte la tribuna verde-oro.
Rimasero lui ed Elliot.
“Albus… Siamo io e te, ora. Volevo dirti che a me non piace vincere e non piace perdere, strano vero? Voglio che tutti vincano, però sarebbe alquanto strano… Be’, se proprio dovrei buttare un’ipotesi, credo che vincerai tu, hai una Quickfire, e con quella non ti batterà nessuno, spero nel meglio, e poi sei un bravo ragazzo”
“Oh Elliot, ricambio tutto, grazie. Possiamo vincere insieme sai?” I due risero.
“Se vincerò, cosa impossibile ma mai dire mai, darò i soldi a mia madre, tanto tempo fa entrò in una casa per trovare un amico, trovò un anello a terra, lo raccolse e se lo mise, dopo qualche mese la sua mano è diventata… non so… sembrava un Dissennatore, sembrava una mano morta”
Albus abbassò lo sguardo, mentre alcune sensazioni tristi lo invasero. “Un anello? Una maledizione in un anello forse” Albus ragionava passandosi da una mano all’altra il suo gioiello argenteo.
“Be’ e forse i soldi la guariranno, è al San Mungo da non so quanti anni e viene a casa ogni tanto, ma la storia dell’anello l’ha detta solo a me e mio padre”
“Perché?”
“Non so… dovrò chiederglielo e farle cambiare idea, dovrà dirlo ai medici, mi sembra la cosa giusta, o non troverà mai una risposta”
Albus lo guardò dolcemente mentre Flynn fece uno dei suoi sorrisi smaglianti.
“Presto o tardi, coloro che vincono sono coloro che credono di poterlo fare” Mormorò Flynn guardando il cielo limpido e fresco. Faceva abbastanza freddo ed Albus si domandava quanto sarebbe potuto resistere lì sopra con temperature glaciali che l’avrebbero avvolto mentre faceva incantesimi contro chissà quale creatura.
“Sonoro. Bene, i nove Campioni al centro del campo, per favore” La voce magicamente amplificata della McGonagall echeggiò per tutto il campo. Il signor Ambraconi e il signor Palcos si misero abbastanza distanti da dove si trovavano i Campioni, incrociando le braccia sul petto.
Albus scorse il viso di Elly nelle tribune, mentre si posizionava accanto ad Elliot. La Alamon lo salutò con una timida mano, e lui ricambiò con un sorriso.
“In sella alle vostre scope”
Alcuni fotografi erano posizionati sotto le tribune, aspettando la partenza.
Albus si girò e, mentre si metteva arcioni sulla sua Quickfire, vide il duro viso di Connor Spartamus che lo fissava. Quando il mezzo Lupo Mannaro distolse lo sguardo da Al, arricciò le labbra in un malvagio sorriso e strinse forte la sua Firebolt X8. Chissà a cosa stava pensando. Prima di concentrarsi sulla sua scopa, Elliot sorrise di nuovo ad Albus. Gli spagnoli guardavano con estrema concentrazione il cielo, quelli italiani si guardavano intorno lentamente, con gli occhi ridotti a fessure. L’ansia e l'adrenalina erano al massimo e i secondi si dilatarono in quelli che avrebbero potuto essere ore.
Albus strinse forte il suo manico, mentre scoccava un’ultima occhiata a Rose, Scorpius, Elly, Lily e James, che gli sorridevano.
“Via!” Delle scintille blu fuoriuscirono dalla bacchetta del signor Pick. Le scope si levarono dal terreno e ci fu un boato che si levò dalle tribune colme di studenti. Albus partì, ponendo subito una distanza di mezzo chilometro tra lui e gli otto Campioni, in quell'aria gelata che tagliava il più duro dei visi.
(PROSSIMO CAPITOLO: IN VOLO)
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