In memoriam
Un mare di emozioni tristi lo sommerse. Guardò per alcuni secondi la sagoma di quello che sembrava un ragazzo felice, leale e con un po' di problemi, cadere giù, sempre più giù, ucciso dalla Maledizione Mortale del ladro della Bacchetta di Sambuco. Non poteva essere vero, vedere la morte a qualche metro di distanza di nuovo. Dopo Neville, anche Elliot, ed era come un'infinita ed atroce tortura dalla quale non si poteva fuggire. Il suo volto era terrorizzato, mortificato. L'unica cosa che seppe fare fu lasciare tutto e andare a recuperare il corpo, tanto della Gara non gliene importava più nulla: era tutto finito. Scese in picchiata, più veloce della luce, le ferite che cominciavano a prudere. Incessanti lacrime gli solcarono il viso mentre afferrava la mano di Flynn. Lo mise in sella dietro di lui e con un incantesimo si accertò che non cascasse. Gli aprì la mano destra, dove c'era un bel ciondolo d'argento con piccoli simboli calcati a mano. Lo prese e se lo mise in tasca, senza dire una parola o urlare per i mille dolori che in quel momento lo stavano quasi per far svenire. Dimenticò la presenza di Dean e del ladro un chilometro lassù, e proseguì dritto, fissando un unico punto fisso davanti a lui, la mente martellata da mille pensieri. Gli rimaneva solamente un'unica cosa da fare: portare in cima alla torre Eiffel Elliot, e, burattinando la sua mano, gli avrebbe fatto prendere la coppa, designandolo come vincitore. Non gliene fregava niente di perdere e di far vincere un morto, doveva tutto al ragazzo che lo aveva salvato da cento Dissennatori e da una creatura alata con un serpente al posto della lingua, doveva tutto a quel ragazzo che gli diede un pezzetto di cioccolata quando aveva perso quasi le forze, doveva tutto a quel ragazzo cui la madre era ricoverata al San Mungo a causa di una maledizione sconosciuta, doveva tutto a quel ragazzo che gli disse "credo che vincerai tu, sei un bravo ragazzo".
Non solo si dimenticò del ladro, ma anche delle quattro dita che aveva e un'enorme e profonda ferita sul braccio.
Oltre al buio che stava divorando le terre francesi già da un pezzo, un buio freddo e scuro coprì il cuore di Al. Andava talmente veloce che gli si sfilarono gli occhiali che lo proteggevano dal vento. Girò di qualche centimetro la testa, per deviare tutta quell'aria che gli impedivano di piangere. Sentiva la testa di Elliot battergli la schiena ogni tanto, e sperava tanto che fosse vivo. Proseguì per quelli che sembrarono 5 minuti e, senza alcun stupore o gioie immense, vide un'alta e grossa torre illuminata da puntolini giallastri, con in cima un grande bagliore rosso: la Coppa. Era primo. Dopo aver volato sopra la Défense, raggiunse in due secondi la cima della Torre Eiffel. C'erano delle persone con lunghi mantelli da viaggio sotto la coppa, che era posizionata su una piccola struttura volante. Frenò bruscamente, prese la mano di Elliot e, con le lacrime agli occhi, gliela fece prendere. Immediatamente avvertì uno strappo in un punto imprecisato dietro l'ombelico. Non riuscì a staccare la mano di Elliot che stringeva la Coppa dello Zoppo; il trofeo lo trascinava in alto, in un ululato di vento e in un vortice di colori. Stava ancora in sella alla scopa, con il cadavere di Elliot dietro, e poi...
I suoi piedi urtarono bruscamente il suolo, l'ex Serpeverde accanto. La Coppa, che avrebbe dovuto essere una Passaporta, piombò a terra con un tonfo sordo vicino alla sua testa, ed anche la Quickfire. Aveva tenuto gli occhi chiusi mentre la Passaporta lo trasportava. Scosse la testa, che gli girava così forte che il pavimento di marmo sotto di lui gli parve dondolare come il ponte di una nave, ed aprì gli occhi: un boato pazzesco si levò dai quattro lunghi tavoli della Sala Grande. Era sudato e realizzò di essere sdraiato di fronte al tavolo degli insegnanti, Elliot al suo fianco, privo di espressione, la bocca spalancata, la Quickfire a qualche metro dai due. La stanchezza, il dolore e lo spavento lo trattennero a terra, mentre sentiva una cascata di rumori assordargli la testa: voci, urla, uno scalpiccio di passi. Rimase sempre lì dov'era, sperando che si trattasse di un bruttissimo incubo che sarebbe passato.
"ALBUS! ALBUS!" La McGonagall, la professoressa Lovegood, ed il professor Finnigan gli andarono in contro. Vide il volto della preside pietrificarsi quando vide il volto di Elliot senza espressione. Si inginocchiò passandosi una mano tra i capelli, così fecero anche gli altri due. Un borbottio tremendo riempì la Sala Grande, misto a pianti e grida.
"Elliot... Morto..." Le parole furono ripetute decine di volte da quasi tutti gli studenti, il tavolo Serpeverde che si alzava per vedere meglio, mentre il panico e la disperazione dominavano sotto il cielo stellato, che si stava coprendo di grandi nuvoloni neri, della Sala Grande.
Albus vide Kingsley Shacklebolt avvicinarsi, e quella fu l'ultima persona che vide prima di essere risucchiato da un vortice nero che gli fece chiudere lentamente gli occhi, mentre sussurrava "è tornato".
Un leggero canto di uccelli là fuori lo fece svegliare, ma rimase con gli occhi chiusi. Oltre a quelle melodie, non udì alcun rumore. Il suo viso cominciava a scaldarsi a causa dei fitti raggi solari che avevano oltrepassato le finestre. Non volle aprire gli occhi. Dov'era? Le ossa gli facevano un male cane.
'La Corsa..." Aprì bruscamente gli occhi, tirandosi sù a sedere e guardandosi frettolosamente intorno. I pensieri che qualche secondo dopo lo tormentarono furono quasi un brutto risveglio da un bruttissimo incubo: Elliot Flynn era stato ucciso dal ladro della Bacchetta di Sambuco; vedendolo cadere, lui lo rincorse e se lo mise dietro la scopa, raggiungendo la Torre Eiffel in pochi minuti; poi fece prendere la Coppa al suo amico, e poi si ritrovò sdraiato in Sala Grande, e poi... e poi?
"ALBUS!" Sentì una voce familiare riempire l'Infermeria di Hogwarts e delle lunghe braccia coperte di lentiggini avvolgerlo. Si sentì baciare dappertutto lentamente, sul collo, sulle guance, sugli angoli delle labbra. Era Rose.
"R-rose..."
"Albus! Come stai?" Gli chiese la Weasley mettendosi a sedere accanto a lui.
"Non preoccuparti di me. Elliot..."
"Albus. Credo che quello che hai fatto sia stato un gesto meraviglioso. Sei finito in tutte le prime pagine dei giornali magici mondiali, al Ministero parlano solamente di te e di come hai visto morire Elliot e portato sulla scopa. Dean ha raccontato tutto, lui... be', è ridotto abbastanza male, ha combattuto contro il ladro"
"Dean... Oh si, Dean. Mi ha salvato la v-vita. Anche Elliot"
"Sei qui da sei giorni, è successo di tutto là fuori Al. Stanno dando la caccia al ladro e si presume che tra gli Auror ci fosse una spia o un aiutante o checchessia che ha fatto entrare il ladro. Oh, Al, quanto sei stato forte" Lo abbracciò.
Poi si ricordò. Si guardò la mano sinistra e l'alzò, mostrandola a sua cugina. Lei fece un sorrisino timido, ma i suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
"Dove sono tutti gli altri?" Chiese lui.
"Sono le undici e mezzo, da sei giorni ti aspettiamo per cena o per pranzo, ma non ti sei mai svegliato. Credo che questa sia l'occasione buona. La McGonagall ha detto che non vuole fare il discorso se non ci sei tu" Levò la bacchetta a mezz'aria ed evocò un magnifico leone argenteo, che oltrepassò la porta di quercia con un gran salto.
"Q-quale discorso?" Domandò lui timidamente mentre seguiva con gli occhi il Patronus uscire.
"In memoria di Elliot"
Albus, senza muovere un sopracciglio, pianse: grandi lacrime gli scesero sulle guancie coperte da graffi, mentre fissava il pavimento.
"Venivo qui tre volte al giorno, sperando che ti saresti svegliato"
"Signor Potter! Oh signor Potter! Felice di sapere che ti sei svegliato! Le mie previsione dicevano che saresti rimasto a letto tre giorni, ma a quanto pare si sbagliavano..." Fece irruzione Madam Pomfrey, l'infermiera del reparto medico di Hogwarts.
"Quando sei pronto, quelli sono i vestiti. Poi tutti ti attendono in Sala Grande"
"R-rose... Il ladro?"
"Non lo hanno trovato, Kingsley è su tutte le furie. Ha messo in rischio non solo la tua vita, ma anche quella di Enrico Tiracorda e di Dean. Enrico era sotto l'uso della Maledizione Imperius, per questo ti voleva uccidere. Con Dean non ha funzionato, gli era scappato. E come ben tu sai, anche Elliot era sotto la Maledizione Imperius, ma non quando il ladro lo ha... ucciso" Nel dire le ultime parole, abbassò la testa.
"Voleva uccidermi... Ma era pieno di Auror" Albus ragionò.
"Come ti ho detto, crediamo che ci sia un infiltrato. Sennò l'altra unica opzione è che il ladro abbia usato la Maledizione Imperius anche sugli Auror o fatto chissà cosa"
"Aspetta un momento. Io... quando ho visto per la prima volta il ladro, credevo che fosse un Molliccio"
Rose aggrottò la fronte.
"Ma solo dopo aver fallito il Riddikulus ho capito che non era un semplice Molliccio. E poi... quando stava volando come fumo davanti a me, ho visto sulla sinistra un Auror che l'ha guardato ed ha proseguito senza muovere sopracciglio. Ecco perché all'inizio ho pensato che fosse un Molliccio. Se fosse stato il ladro in carne ed ossa se ne sarebbe accorto, visto che è un Auror. Ma forse ha visto male e lo ha scambiato per un Molliccio"
"Impossibile. Se ne sarebbe accorto. Ogni Auror riconosce un Molliccio. Chi era l'Auror?"
"Non so il nome. Era alto, abbastanza in carne, e aveva pochi capelli grigi. Ah! E aveva un naso... avrebbe fatto concorrenza con Snape!"
"Weddy Monsie!" Rose fece fuoriuscire dalla sua bacchetta un altro Patronus.
"Chi è?" Chiese Albus.
"Un ottimo Auror, con precedenti legati a Voldemort, in senso buono, ha catturato un sacco di Mangiamorte. Ho già riferito alla McGonagall che ti sei svegliato, e che l'Auror sospettato sia Weddy Monsie"
Albus non parlò. Il dolore per la perdita di Elliot era troppo forte. Quel pensiero lo tormentò per tutta la durata del dialogo con Rose.
"Ti hanno somministrato un antidoto al veleno di Doxy, potevi morire! È velenosissimo"
"Oh... Il Doxy, quel coso maledetto. Guarda che mi ha f-fatto" Parlava sempre sottovoce e distrattamente. Le mostrò la ferita sul braccio, che ora era un'enorme crosta rossastra.
"S-scorpius?"
"Sarebbe dovuto venire qualche minuto fa, ma non so perché non sia venuto"
Rose guardò negli occhi il cugino, ed era un misto di colori bellissimi: lui verde chiaro, lei marrone chiaro, contornato da un color sabbia.
"Elly?" Le parole gli uscirono di bocca senza che se ne rendesse conto.
"Ti aspetta quando vuoi vederla"
"Oh" Stiracchiò le labbra carnose in un dolce sorriso.
"James?"
"Mi vuoi fare l'elenco di tutta Hogwarts?" Rise "Dài, vestiti, sei l'eroe dell'anno!"
"Non voglio che mi considerino tale. Insomma... tutto questo, morti inaspettate, criminali in Corse ufficiali, non è normale, e non ci sono eroi. Non esistono gli eroi, esistono coloro che portano il bene e cancellano il male. E il pensiero di dover affrontare mille sguardi solo perché ho fatto vincere la Corsa dello Zoppo ad un morto, mi fa un po' arrabbiare. Lui è morto a causa mia!" Solo ora se ne rese conto. Era morto a causa sua. Se un altro concorrente avrebbe partecipato alla Corsa, il ladro sarebbe venuto lo stesso? Doveva annunciare semplicemente il suo ritorno o era venuto lì sopra solo per Al? L'ultima ipotesi era la pù probabile. Ma perché? Forse semplicemente perché era un maledetto Potter?
Rose lo fissò per qualche istante, poi scosse la testa, imbarazzata.
"Gli altri concorrenti?" Solo ora si ricordò degli altri partecipanti, e soprattutto di Connor.
"Oh... Praticamente Connor è arrivato terzo, Dean quarto, poi gli altri sinceramente non me ne frega niente. Sono arrivati tutti qui con un'altra Passaporta. Riguardo al vincitore, la coppa è tua, e i genitori di Elliot hanno rifiutato questi..." Tirò fuori dalla tasca un sacchettino in pelle, e dal rumore che proveniva al suo interno Al suppose che fossero i quattrocento galeoni.
"Non li voglio. Falli sparire" Disse lui gelido, distogliendo lo sguardo dal sacchettino.
Rose, senza aggiungere alcunché, se li rimise in tasca.
"Daglieli tutti alla madre di Elliot, a lei servono più di chiunque altro" Aggiunse con un fil di voce.
"Ci proverò, anche se li hanno già rifiutati. Io... Io vado... Vieni quando vuoi in Sala Grande" Rose, prima di uscire, lasciò sul letto di Al una lettera.
Era suo padre, Harry. Avrebbe dovuto aspettarselo. In quelle righe c'era tanto orgoglio e tanta commozione, oltre che tanti complimenti per il coraggio.
Si sdraiò, svuotando i polmoni, e si sentì come se fosse di nuovo lì sopra, nel cielo limpido e fresco. Sentiva qualcosa premergli sulla tasca destra del pantalone. Ci infilò la mano e prese il ciondolo che aveva preso dalla mano di Elliot. Lo aprì. Un magnifico volto di una donna stupenda si trovava all'interno, stampato su un pezzo di carta. Il volto sorrideva, ed era meraviglioso. Sotto, c'era inciso un nome: Patricia Flynn. Albus suppose che fosse la mamma, che ora si trovava al San Mungo, e per una donna come lei avrebbe voluto dare di più che quattrocento galeoni. Povera madre. Si rimise il ciondolo d'argento in tasca molto esitante, e si vestì.
I suoi occhi erano fissi su un unico punto inesistente della stanza, e il suo cervello ronzava. Chissà chi era quel Weddy Monsie, chissà come la pensavano gli altri Campioni. Elliot Flynn non sarebbe dovuto morire, non se lo meritava. Un senso di colpa doloroso gli congelò il cuore.
Si diresse nella Sala Grande, cercando di nascondere il viso quando qualcuno gli passava davanti. Tutti lo attendevano. Entrò: un tornado di applausi gli tuonò nelle orecchie, e poté notare che la maggior parte dei presenti piangeva. Si ritrovò circondato da mani. Dopo gli applausi, nessuno osò parlare. Vide Scorpius, che fece una fatica enorme a sorridergli. Rose si trovava accanto ad Elly. Senza far conto alla gente che lo salutava o gli guardava la mano, andò in contro alla bellissima Grifondoro. Ci si mise seduto accanto e non parlò o salutò nessuno, mentre tutti lo fissavano e la McGonagall prendeva posto al centro del tavolo degli insegnanti. Lo fissò per alcuni istanti, gli occhi lucidi. Poi guardò per un attimo il tavolo dei Serpeverde, e i loro volti erano anche i più tristi e pallidi della sala.
"V-voglio ricordare la perdita di una persona molto bella, coraggiosa, simpatica e altruista, che avrebbe dovuto essere seduta qui con noi in questi giorni, a commentare la Corsa. Ma, Elliot Flynn, come ben sapete... è morto" Esitò "Elliot è stato ucciso da lui, quell'uomo senza nome che va in giro a lanciare incantesimi con la bacchetta più potente al mondo. È tornato" Albus scorse alcuni visi nella sala, le lacrime che li rigavano. Poi eccolo lì, Connor, il volto impassibile. "Elliot era una persona fedele, aveva tantissime qualità che avrebbe condiviso volentieri con altre persone, credeva nel gioco leale" Una fitta dolorosissima al cuore fece abbassare la testa ad Albus "Aveva alcuni problemi in famiglia, e non meritava assolutamente di morire. La sua morte ha toccato tutti voi, che lo conosceste o no" La McGonagall singhiozzò, asciugandosi con la mano le lacrime "Voglio che ora, tutti brindiate in memoria del suo nome" Tutti obbedirono, alzando i calici d'argento e dicendo "Ad Elliot Flynn". Anche i professori brindarono.
"Voglio che tutti apprezziate quello che ha fatto Albus Severus Potter sei giorni fa, un gesto eroico che rimarrà nella storia. Quel ragazzo lì in mezzo, seduto vicino a voi, ha fatto sì che il corpo di Elliot Flynn non andasse perduto. Elliot Flynn ha vinto la Corsa dello Zoppo poiché la Coppa è stata toccata per primo da lui, ma il vincitore della Gara e dei nostri cuori sei tu, Albus. Hai rischiato la vita per lui, e hai combattuto contro quell'essere, con l'aiuto di quel ragazzo lì in fondo" Indicò un angolo della sala, dove c'era appoggiato al muro Dean Matthews, il volto livido e le mani coperte da ferite "Questi due ragazzi hanno dimostrato il coraggio che pochi maghi hanno mostrato in un combattimento contro qualcuno. Voglio che rendiate onore ad Albus, che ha fatto vincere Elliot portandoselo sulla scopa. Questo è un esempio che una persona vale più della fama e della gloria. Albus ha rifiutato entrambe le cose" Un applauso quasi infinito riempì la sala, mentre Elly prendeva per mano Al e la stringeva così forte che, se alcuni secondi prima era congelata, pochi istanti dopo era bollente.
"Elliot Flynn è nei nostri cuori, e ci rimarrà per sempre, perché se lo merita"
Dopo un silenzioso e triste pranzo, e dopo aver salutato Yvan, Albus, insieme a Rose, Scorpius andò nella sala di ritrovo di Grifondoro. C'erano alcuni alunni del primo e del settimo. Malfoy si era complimentato con Al dicendo "Chiamatelo ancora figlio di Harry Potter, lui è Albus Potter, e non figlio di!" Disse ironicamente. Mentre superavano il piccolo tunnel, Albus venne trattenuto da Louis e James, che, se ogni qualvolta che girovagavano per la scuola sorridevano e urlavano battute, ora erano tristi e un po' pallidi.
"Al... Mi dispiace. Quello che hai fatto è stato... Non so che dire. Sei bravissimo" Gli disse il fratello.
"C'è il figlio di Fox Matthews che vuole parlarti... com'è che si chiama?"
"Dean. Mi sta cercando? Dov'è?" Chiese Al.
"Giù in Sala d'Ingresso"
Albus oltrepassò di nuovo il ritratto della Signora Grassa e si diresse giù, quasi correndo, finché non andò in contro alla McGonagall.
"Albus! Albus, confermami che l'Auror in questione è Weddy Monsie" Disse lei col fiatone.
"Sì"
"Come stai?"
"Bene fuori, male dentro. Le ferite non mi fanno tutto questo male"
La preside sospirò, mentre lo fissava con uno sguardo stanco e triste. Poi sparì ed Al si chiese dove sarebbe potuta andare. Andò nella Sala d'Ingresso, dove non c'era solo Dean, ma anche Enrico Tiracorda.
"Albus" Dean gli strinse la mano, e così fece anche l'italiano.
"Volevamo dirti..." Iniziò Dean.
"No, aspettate. Dean, grazie, mi hai salvato la vita. Grazie veramente. E tu Enrico, scusa tanto se hai dovuto subire una Maledizione Senza Perdono a causa mia, m-mi dispiace tanto..." Quella poca paura che Al aveva quando vedeva Enrico era scomparsa.
"Ci volevamo complimentare, per tutti noi il vincitore sei tu, anche Elliot lo è"
"Grazie di aver detto tutto tu, a me non mi andava per niente di parlare riguardo gli avvenimenti che sono successi nella Gara..."
"Ho fatto il minimo"
Parlarono per un buon quarto d'ora.
"Be', ora io devo andare, ho diverse Passaporte che mi aspettano sparse per l'Europa" Disse Tiracorda.
"Ma gli altri dove sono?" Domandò Albus.
"Livia e Alessandro sono già in Italia, la nostra scuola si trova sulle Alpi, precisamente lungo una valle sottostante al Monte Bianco. Ciao Albus! Buona fortuna per tutto!" Si girò e, davanti a lui, spuntò il signor Ambraconi, vestito con un lungo mantello argenteo. Poi uscirono, ancora con le mani alzate in segno di saluto.
"Bene. E tu che fai? Torni in Spagna?"
"Già. Tocca che mi sbrigo. Senti, volevo comunque dirti che, quando ho combattuto contro il ladro, lui ripeteva 'Ti prenderò'. Non per spaventarti..."
"Oh no tranquillo ne ho passate tante di avventure spaventose"
"Ah, va be', comunque credo che si riferiva a te. Quando sei sceso giù stava per evocare l'incantesimo che... che... ha ucciso il nonno del tuo amico"
"Conosci Yvan?" Chiese un po' stupito Al.
"Be' ci ho parlato per un po'. Lui è molto sensibile, anche se non lo dimostra, credo. Dicevo, il ladro stava per evocare quell'incantesimo, e credo che se l'avesse evocato, saresti morto. Ma alla fine l'ho distratto"
"G-grazie ancora" Era un po' confuso. "Tu non sei come tuo padre"
"Lo so, lo dicono in molti" Dean gli sorrise, ma quel sorriso non coinvolse gli occhi.
"Dean, andiamo" Il signor Palcos spuntò dal nulla.
"Sì. Be', ciao Albus"
"Ci rivedremo?" Disse con un fil di voce.
"Ci sono alte probabilità" Con questo oltrepassò l'enorme porta di quercia e sparì.
Albus rimase lì, fermo. Una leggera pioggiolina cominciò a premere contro i vetri del castello.
Poi qualcuno lo toccò da dietro. Si girò di scatto. Era lei.
"James mi ha detto che eri qui"
Albus la fissò negli occhi, poi le guardò le labbra, e poi di nuovo gli occhi. Si avvicinò a lei e l'abbracciò, stringendosela tra le braccia.
"Sei stato grandioso" Sussurrò Elly.
"Non dirmelo"
"Perché?"
"Perché non è grandioso fare certe cose"
"Ma per me lo sei stato"
La strinse ancora di più, e lei lo baciò sul collo. Poi si staccarono.
"Domani è Natale"
Albus sgranò gli occhi. Si era perfino dimenticato che era la Vigilia.
"Tutta Hogwarts è voluta rimanere finché non ti saresti svegliato"
"Oh... Anche tu te ne andrai per le vacanze?" Chiese lui.
"No, io rimango, insieme a mia sorella"
"Credo che anch'io... sì... Rimango" Ci pensò un po'.
"Oh, bene" Gli sorrise.
"Sei molto fortunato, Albus"
"Oh, fidati, non sono fortunato, è solo che le cose mi vanno bene quando invece mi dovrebbero andar male".
(PROSSIMO CAPITOLO: LA SPIA)
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