Il filo rosso

Myra entrò nell'ennesimo negozio sulla Fifth Avenue, assicurando il suo fidanzato che ci avrebbe messo pochissimo. Eddie sospirò sconfitto, le labbra schiuse seguite da un broncio infastidito mentre la guardava sparire oltre la porta della boutique. Non che non volesse credere alle promesse della ragazza, ma in fondo gli aveva rivolto quelle stesse parole anche prima di entrare da Bergdorf Goodmann e uscirne solo dopo un'intera ora. Stessa storia, se non peggiore, da Barney's New York.

Tutte le domeniche, da quando lui e Myra avevano cominciato a frequentarsi, le passava in quel modo, odiandole di settimana in settimana sempre più fortemente, senza riuscire nonostante ciò a ribellarsi. Perché non poteva dirle semplicemente che no, non aveva voglia di perdere l'intero giorno a perlustrare ogni singolo negozio d'alta moda di New York?

Eddie Kaspbrak non era mai riuscito a capire se stesso. Tutta la sua vita, da che ne aveva memoria, era stata un susseguirsi di scelte prese senza una logica razionale e completamente in contraddizione con ogni sua principale volontà, a partire dal proprio lavoro. Come un aspirante medico avesse improvvisamente cambiato rotta, ritrovandosi a gestire una ditta di limousine, proprio non riusciva a spiegarselo. Sicuramente la dea bendata aveva giocato a suo favore, d'altronde ditte come la sua a New York nascevano come i funghi e morivano nel giro di una settimana. A lui invece gli affari andavano a gonfie vele, talmente tanto da avere al suo servizio cinque autisti che scarrozzavano in giro le più ricche famiglie dalla città. Una vita niente male, in fin dei conti, ma che allo stesso tempo non sembrava calzargli alla perfezione. Non se ne lamentava, sapeva che sarebbe stato scorretto nei confronti di chi le sue fortune non poteva nemmeno sognarsele, eppure si sentiva in un certo senso in difetto. La verità era che si sarebbe aspettato di avere una vita stabile, una volta giunto sulla soglia dei trenta e, anche se in apparenza potesse sembrare così, lui si sentiva costantemente in bilico sull'orlo dell'incertezza. Era un po' come se stesse vivendo provvisoriamente, come se quella non fosse la via definitiva che l'avrebbe portato a sentirsi pienamente appagato. Razionalmente era cosciente del fatto che una cosa del genere avrebbe potuto pensarla al massimo un adolescente che si arrangiava con un part-time, non di certo un imprenditore con casa e lavoro stabile.

Nemmeno Myra era la scelta definitiva, sapeva bene anche quello. Certo, era una donna dolce e premurosa, si prendeva cura di lui costantemente (forse con troppa dedizione) e sicuramente lo amava. Ma con altra sicurezza sapeva di non amarla, o almeno non come si dovrebbe amare la donna della propria vita. A dimostrazione di ciò, c'erano quelle domeniche, da lui considerate infernali. Se fosse stata la sua anima gemella, giornate del genere le avrebbe considerate come oro, non come la via percorsa dai fuorilegge per giungere al patibolo.

Il suo filo rosso del destino, quello che avrebbe dovuto legare indissolubilmente due anime predestinate, neanche s'incrociava con quello di Myra. Magari lui non ne aveva nemmeno uno intrecciato al mignolo, dato che mai, da quando aveva memoria, si era sentito compatibile con qualcuno corpo e mente. Le farfalle allo stomaco, l'emozione dell'attesa, i vuoti nel petto per l'aspettativa: erano tutte sensazioni ad Eddie sconosciute. Non ricordava nemmeno con chi si fosse scambiato il primo bacio. Forse la sua era una di quelle anime difettose: nascosta sotto uno spesso velo di apatia, nata per stare e finire isolata da tutte le altre.

E allora la domanda sorgeva spontanea: perché continuava a stare con lei? La scintilla del momento? Per l'amor del cielo, quella non c'era mai stata. Myra non era fuoco e passione, bensì un porto sicuro dove rintanarsi. Perché, in realtà, Eddie moriva dalla paura, inorridiva al solo pensiero di passare il resto dei suoi anni nella più completa solitudine. La sua presenza lo faceva sentire protetto, la certezza che non sarebbe andata via a meno che non fosse stato lui a cacciarla lo rincuorava. D'altronde, non era meglio essere amati che amare? E forse, proprio quel pensiero che ormai covava nel suo petto l'avrebbe spinto a prenderla in moglie un giorno. Sapeva perfettamente di essere un vigliacco e un ipocrita, che solo un vile poteva fingere di provare sentimenti forti per una persona che a malapena riusciva a tollerare. Era riuscito a costruire una vita apparentemente perfetta, in una città claustrofobia e con una donna che giorno dopo giorno gli ricordava sempre di più sua madre (sotto tutti i punti di vista). Eddie Kaspbrak si era trasformato nel sadico burattinaio di se stesso, che muoveva i fili al solo scopo di auto-sabotarsi. Un qualsiasi strizzacervelli l'avrebbe considerato come un interessante caso da analizzare. Lui in primis avrebbe voluto scavare nella propria mente, alla disperata ricerca di una spiegazione che giustificasse quel suo essere così contraddittorio. Chissà, magari la terapia sarebbe stata la strada giusta da intraprendere anche per comprendere quel senso di vuoto e inappagamento che lo attanagliava fino a scombussolargli il sonno. Quasi riuscì a sentire la voce stridula di sua madre rimbombargli nelle tempie e suggerirgli di farsi visitare da uno specialista.

"Tu non sei un ragazzo normale, pisellino! Sei delicato, e in quanto tale hai bisogno di più assistenza rispetto agli altri. Lo dico per il tuo bene, per la tua salute. - quante volte si era sentito ripetere frasi come quella? Decisamente troppe; e alla fine aveva finito per crederci anche lui. - Non correre troppo, potresti avere una crisi. Non esagerare con gli sforzi fisici, ti verrà uno strappo. Non uscire di casa quando piove, ti ammalerai." fu proprio dall'insistente e progressivo ripetersi di quelle parole che sua madre aveva forgiato Eddie Malaticcio Kaspbrak.

Vide, attraverso la vetrina, la compagna sparire dietro un cumulo di manichini e seguita a ruota da una commessa dall'aria efficiente, con i capelli scuri raccolti in una treccia ordinata e un tailleur nero che le calzava alla perfezione. Eddie strinse il cappuccino d'asporto tra le mani, sospirando avvilito, prima di voltarsi di scatto, con l'intenzione di cercare la panchina più vicina dove sedersi e magari poggiare le buste che Myra gli aveva appioppato per girare più "liberamente" nei negozi. I suoi piani andarono a farsi benedire sul nascere, poiché si ritrovò accidentalmente ad urtare contro un passante. Il caffè gli sfuggi irrimediabilmente dalle mani e il coperchio dalla fattura scadente saltò immediatamente via, macchiando la camicia propria e quella dello sfortunato di turno, vittima di quell'incidente.

«Porca puttana!» lo sentì bofonchiare mentre si accovacciava a raccogliere i fogli che probabilmente gli erano sfuggiti durante l'impatto, anch'essi oramai macchiati di caffè.

«Mi dispiace, sono mortificato!» Eddie si abbassò a sua volta, stando ben attento a non sfiorare il marciapiede con le ginocchia, poi prese a raccogliere goffamente gli oggetti dell'altro.

«E grazie tante! Cristo santo, ma non guardi dove... - quasi simultaneamente sollevarono il viso, ritrovandosi occhi negli occhi. -...vai.» Le labbra dell'altro rimasero schiuse dopo quell'ultima parola. Gli occhiali da vista dalla spessa montatura nera gli scesero sulla punta del naso, snudando le sue iridi di qualsivoglia barriera, mentre la zazzera di riccioli corvini che ricadeva scompostamente sulla fronte, venne scompigliata da una lieve folata di vento. Per un attimo lo sguardo di Eddie si perse ad osservare la lieve spruzzata di lentiggini che colorava gli zigomi pallidi dello sconosciuto, avvertendo un sussulto all'altezza del petto quando notò che questi lo osservava con altrettanta curiosità.

Si sollevarono contemporaneamente, quasi di botto, e il risultato fu il doloroso cozzare delle loro fronti, che entrambi presero a massaggiarsi con il palmo della mano.

«Merda. Mi dispiace, sono mortificato!» ripeté ancora una volta, adesso prendendo colore sulle gote. Poteva cadere più in basso di così? Tra tutte le uscite forzate domenicali quella stava diventando ufficialmente la peggiore di tutte.

«L'ampiezza del tuo vocabolario mi lascia di stucco.» ironizzò a quel punto il diretto interessato, analizzando velocemente la portata del danni che gli era stato arrecato.

«Cosa vuoi che ti dica? È stato un incidente! Se vuoi ti rendo i soldi per la lavanderia.» annuì, portando una mano alla tasca principale del marsupio con l'intenzione di estrarre il portafogli.

«Non me ne faccio niente dei tuoi soldi! Ho un provino tra quindici minuti e tu mi hai reso impresentabile, - fece una pausa, indicando la camicia bianca con variopinte stampe floreali (indossata sotto una giacca fin troppo elegante, Eddie trovò strano l'accostamento), ormai completamente andata. - e invalido.» concluse, puntando il dito indice sulla fronte leggermente arrossata.

«Mi-»

«Dispiace? - continuò al posto suo, sollevando un sopracciglio. - Sei davvero imprevedibile!» lo schernì con sprezzante ironia. Eddie sospirò, chiudendo le palpebre per alcuni istanti, prima di riprendere a parlare.

«Sono-»

«Mortificato!» lo prese in giro ancora una volta, facendo battere una volta le mani per poi puntargli due indici contro, come un vero e proprio gesto d'intesa che fece definitivamente spazientire Eddie.

«Sei un coglione.» lo disse pacatamente, un sopracciglio sollevato e le braccia incrociate contro il petto, come se quella fosse una semplice constatazione della realtà e non unicamente il suo pensiero personale. Sì, quello era decisamente l'aggettivo adatto ad una persona del genere

«Lo faccio per mestiere. - Eddie non capì se quella fosse una battuta o meno. - E poi, come dico sempre, per riconoscerne uno ce ne vuole un altro.» rispose a tono, un sorrisetto smaliziato a stendergli le labbra. Il castano si bloccò di scatto, trattenendo il respiro, la bocca appena schiusa e le sopracciglia aggrottate. Cos'era quella sensazione d'improvvisa familiarità che aveva provato? Una sorta di dejavù, la convinzione di aver già sostenuto una conversazione simile più di una volta in passato. Eppure, per quanto provasse a scavare nei propri ricordi, non riusciva a collocare da nessuna parte quell'episodio in particolare.

«Io ho come l'impressione di-»

«Anche io. - affermò il corvino, assottigliando gli occhi e sporgendosi di qualche millimetro nella sua direzione, come a volerlo studiare meglio; poi piegò la testa di lato. - Dov'è che ci siamo già visti?»

...

Non appena la canzone che stavano ascoltando in silenzio giunse al termine, la mano del corvino si poggiò sul ginocchio di Eddie, disegnando cerchi invisibili con i polpastrelli. Erano nella soffitta di casa Tozier, il loro rifugio segreto, il piccolo angolo di paradiso che li accoglieva ogni qualvolta avevano bisogno di isolarsi dall'intero mondo. Ci avevano passato giornate intere rintanati lì sopra, dove le ore scorrevano veloci come secondi e i problemi divenivano praticamente inesistenti. Le dita del più alto scivolarono lentamente lungo l'interno coscia, fino a giungere all'orlo dei pantaloncini rossi indossati dal compagno, per poi risalire pigramente in una dolce carezza. Eddie adorava quel genere di attenzioni: piccoli ma significativi gesti che dimostravano quanto l'altro tenesse a lui. Nessuno dei due era mai stato bravo ad usare le parole per esprimere le emozioni e ad entrambi andava bene così. Certo, sarebbe stato estremamente romantico sussurrarsi parole smielate e giurarsi fedeltà eterna, ma al contempo non sarebbe stato da loro. Ciò che rendeva tanto unico il loro rapporto stava nei fatti e nelle dimostrazioni quotidiane, era quello che ad entrambi dava certezze concrete giorno dopo giorno.

«Troverai qualcun altro.» mormorò a quel punto. Volle far passare quella frase per una semplice battutina, ma Eddie riconobbe istantaneamente la scarsa autenticità di quel sorriso che aveva accompagnato le sue parole. Dunque sbuffò sconsolato, poggiando il retro del capo contro muro. Capiva perfettamente lo stato d'animo dell'altro: erano cresciuti insieme e, per quanto diversi, erano giunti a livelli di complicità talmente elevati da riuscire a comprendersi anche solo con uno sguardo. E quello che aveva Richie in quel preciso istante valeva sicuramente più di mille sconclusionati discorsi: era ferito, frustrato, e nemmeno il ghigno beffardo che solitamente metteva su come scudo riusciva a celare la tempesta che stava scombussolando la sua mente.

«Sai che non è vero, Richie.» che altro avrebbe potuto rispondere? Sapeva di avere sulle spalle una responsabilità pesante quanto un macigno. Per la prima volta doveva essere lui quello forte, toccava a lui proteggere.

«Finirai il liceo a New York, sarai circondato da fighissimi ragazzi di città che ti porteranno in giro per locali notturni e-»

«Odio i locali notturni. E i miei amici siete voi, questo non cambierà mai.» lo rassicurò, afferrandolo per il polso per bloccare la dolce tortura di quelle dita. Non che gli dispiacesse, ma era arrivato quel momento e non poteva permettersi distrazioni.

«E chi sta parlando degli altri?» Gli occhi di Richie Tozier si specchiarono nei suoi, taglienti come lame affilate e lo fulminarono, poi ritrasse il braccio, interrompendo bruscamente il contatto. Certo che non parlava dei Perdenti, ma ad Eddie era sembrato più semplice fare un discorso generale sul gruppo, piuttosto che affrontare di petto la realtà dei fatti. Lui era fatto così: girava intorno alle situazioni, arrivando al nocciolo delle questioni con delicatezza e provando ad essere il più cauto possibile. Richie invece odiava i fronzoli e i giri di parole, diretto com'era avrebbe preferito di gran lunga una doccia fredda.

«Rich...» lo chiamò, la voce improvvisamente incrinata e gli occhi che cominciavano a pizzicare; ma i suoi propositi lo costrinsero a ricacciare indietro le lacrime e ad inghiottire quel fastidioso groppo che gli si era formato all'altezza della gola.

«Ti dimenticherai di me, Eds.» sussurrò, il tono improvvisamente addolorato fece sussultare il cuore di Eddie. Era strano assistere a manifestazioni di serietà da parte dell'altro, che passava la maggior parte del proprio tempo a burlarsi del prossimo e scherzare, come se l'essere ormai un diciassettenne non contasse nulla.

«Questo è impossibile.» rispose pacatamente, posando la testa sulla sua spalle e guardando le punte dei loro piedi scalzi che a malapena si sfioravano. Sperò con tutta l'anima che l'altro gli credesse, che capisse ciò che stava cercando di confessargli.

«Vero, sono incredibilmente bello. – lo guardò accennando un sorriso, prima di puntare nuovamente lo sguardo nel vuoto. – Ma questa volta non credo possa bastare il mio bel faccino.»

«Stai dicendo una marea di stronzate.» provò a sdrammatizzare, dandogli una leggera gomitata nel costato e ridacchiando. Ma Richie Tozier, per la prima vota nella sua vita, non parve in vena di scherzi.

«E me ne fai una colpa? Da domani io e Derry saremo solo un lontano ricordo.» e di nuovo, quell'insistente groppo risalì dalla base del petto, questa volta più insistente e doloroso. Andare via dal posto che, nonostante tutto, aveva finito per considerare casa, era l'ultima cosa da lui desiderata; abbandonare la sua vita per cominciarne una nuova in un posto completamente sconosciuto lo spaventava da morire. Eppure era inevitabile, sua madre era stata (per qualche assurdo motivo) irremovibile, in quella scelta così improvvisa. A niente erano servite le minacce di odio eterno che Eddie le aveva riservato: quella era stata la sua decisione definitiva, senza se e senza ma.

«Continueremo a sentirci! Puoi venire a stare qualche giorno da me durante le vacanze di Natale ed io tornerei a Derry per l'estate, e-»

«E cosa Eddie? Quanto durerà? Un mese? Un anno? A un certo punto ti stancherai, comincerai a mandarmi una cartolina nelle feste comandate e finirai per dimenticare il mio compleanno.»

«Ma se sei nato un giorno dopo di me, come potrei?»

«Non è questo il punto! Ti sto dicendo che-»

«Ti amo. – a quelle parole, Richie si zittì immediatamente, gli occhi spalancati e le lenti che gli ricadevano buffamente sulla punta del naso. Era la prima volta che gli diceva una cosa del genere, da quando la loro relazione era iniziata. Non si erano mai dati delle etichette, in fondo non c'era mai stato bisogno di farlo. – Stai zitto proprio quando dovresti dire qualcosa?» domandò a quel punto il castano, ridacchiando nervosamente.

«Perché?» lo vide sbattere le palpebre ripetutamente, gli occhi ora improvvisamente lucidi. Eddie si sentì improvvisamente colpevole e non riuscì a non rimproverarsi mentalmente per quell'azzardo. Certo, lui e Richie stavano insieme, erano una coppia a tutti gli effetti, ma forse... che il corvino non ricambiasse allo stesso modo quel sentimento che Eddie, ormai da mesi, era convinto di provare? Perché, proprio lui, un tipo così riflessivo, non aveva pensato ad un'eventualità del genere?

«Come sarebbe a dire perché?» involontariamente quel quesito venne sussurrato con un filo di voce.

«Perché ora? Cristo santo, ti stai divertendo? Per te è tutto un cazzo di gioco, non è vero?» Richie tirò le gambe contro i petto, piazzando i gomiti sulle ginocchia e passandosi una mano sul volto.

«Che diamine vai blaterando?»

«Le parole hanno un peso! E so che è strano sentir dire da me una cosa del genere, ma è così che la penso in questo momento. Non puoi dirmi una cosa così per zittirmi.» stupido Richie Tozier, come poteva pensare una cosa del genere? Eddie non poteva permettere che quei sentimenti, che percepiva così chiaramente nella loro autenticità, passassero per uno sciocco pretesto.

«Non era quella la mia intenzione!»

«E allora qual era Eddie? Credi forse di poter indorare la pillola e rendere la tua partenza meno dolorosa? Perché indovina un po', testa di cazzo, non è così!»

«Beep-beep, Richie. - lo bloccò, e a quest'ultimo si mozzò il respiro in gola, prima di cadere definitivamente nel suo mutismo post-censura. - Vedi? Conosco già il miglior modo per zittirti, non ho bisogno d'inventarmi altro. - sorrise, sporgendosi nella sua direzione e poggiando la fronte contro quella dell'altro. Una mano di Eddie raggiunse la base del suo collo, attirando l'altro a sé per potergli posare un umido bacio sulla bocca. - L'ho detto perché è quello che provo e questo non verrà spazzato via da qualche centinaia di chilometri, te lo posso assicurare.» concluse, stringendo il labbro inferiore tra i denti.

«Seicentoventisette.» mormorò, chiudendo le palpebre per qualche istante.

«Come?»

«Da qui a New York. Sono esattamente seicentoventisette chilometri. Ho controllato in biblioteca.» confessò debolmente.

«Sei andato in biblioteca? - chiese a quel punto, inarcando scherzosamente un sopracciglio e provando a celare l'effetto che quelle parole gli avevano provocato. - Di proposito?» e quella domanda la porse imitando alla perfezione il tono di voce di Richie.

«Come posso lasciarti andare dopo che mi hai detto... quella cosa.» domandò il corvino contro le sue labbra. Quella voce così tremante ed insicura, gli occhi lucidi e le guance appena arrossate dallo sforzo di trattenere le lacrime fecero stringere il cuore di Eddie in una morsa. Solitamente era Richie Tozier ad essere coraggioso e positivo in qualunque circostanza, era lui che proteggeva. In quel momento invece era solo fragile, talmente tanto da incutere timore ad Eddie. Sembrava quasi che l'altro si stesse lentamente sgretolando sotto i suoi occhi e che un qualsiasi gesto poco accorto l'avrebbe potuto ridurre in cenere.

Il più basso fece sfiorare delicatamente i loro nasi, prima di carezzare con il proprio viso la guancia di Richie e tuffarsi nell'incavo del suo collo, baciando quella minuscola porzione di pelle appena sotto l'orecchio. Si trattò dapprima di un contatto delicato, il semplice sfiorarsi delle loro carni, che pian piano divenne più insistente. Il corvino singhiozzò, quasi con dolore, quando l'altro estrasse la lingua, lappando quel medesimo punto con più insistenza.

«Eds...» le sue mani circondarono la schiena del minore, e le unghie affondarono con forza nelle scapole, artigliandolo con disperazione, come se il suo intero corpo stesse cercando di ancorarsi ad Eddie Kaspbrak per impedirgli di fare anche solo un passo senza la sua presenza. Ancora una volta occhi negli occhi, il castano lo baciò, questa volta deciso ad ubriacarsi del suo sapore. Quando le loro lingue s'incontrarono in una lenta e struggente danza, il corpo del maggiore tremò e insieme ad esso entrambi i loro cuori presero a battere più velocemente, come se volessero rincorrersi fino a trovare la perfetta sincronia. Brividi, scariche di piacere, bisogno e al contempo un immenso senso di protezione: Richie Tozier racchiudeva tutte quelle cose. Gli morse le labbra, le succhiò, le fece sue, e provò con tutto se stesso ad imprimere nella mente quel momento e le sensazioni da esso derivanti. Se esisteva una cosa di cui Eddie fosse sicuro, questa era che non avrebbe mai e poi mai dimenticato quanto Richie, anche ad un passo dalla morte, l'avesse fatto sentire vivo. Quel solo pensiero lo fece singhiozzare, scuotendogli il petto, e lui provò con tutto se stesso a reprimerlo, affondando la lingua nella bocca del più alto, sperando che quel gesto bastasse a spegnere momentaneamente quel dolore che era certo, nei giorni seguenti, avrebbe distrutto entrambi.

Richie affondò le dita di una mano tra le ciocche castane del compagno, stringendole in un pugno e ancorandosi ad esse per impedire all'altro di allontanarsi più del dovuto. Ma Eddie, almeno per il momento, non si sarebbe allontanato da quella soffitta per nessun motivo al mondo. Le sue dita, tremanti e frettolose, scesero lungo i bottoni dell'eccentrica camicia floreale, prendendo a sbottonarli e facendone saltare uno per la troppa enfasi. Si scostò di poco, solo per assecondare le dita di Richie, ora impacciatamente impegnate a sfilargli la t-shirt, e in pochi istanti entrambi gli indumenti smisero di essere d'intralcio.

«Mi dispiace, Rich... - sussurrò, facendo combaciare le loro fronti e sospirando affranto. - Mi dispiace così tanto.» questa volta la sua voce fu rotta da un fremito, accompagnato dalle lacrime che, traditrici, sfuggirono fuori dai suoi occhi, incontrollabili. Le dita di Richie si posarono sotto il mento dell'altro, spingendolo ad alzare il volto. Poi lo baciò, tanto delicatamente da risultare doloroso e ad Eddie venne ancora più voglia di piangere. Si sarebbe tanto voluto prendere a schiaffi. Aveva giurato a se stesso che in quest'occasione sarebbe stato lui quello forte e invece eccolo lì, a frignare come al solito e facendo sentire il suo fidanzato in obbligo di consolarlo.

«Non ci pensare nemmeno. - mormorò, raccogliendo una gocciolina salata con il pollice e guardandolo come se gli avesse letto nel pensiero. Con lui era sempre così, Eddie non aveva bisogno di parlare, a Richie bastava osservarlo, scrutare nei sui occhi per arrivare nei meandri più nascosti del suo animo e leggervi all'interno. Catturò con i denti il labbro inferiore, per impedire che questi tremasse, cercando con tutto se stesso di darsi un contegno e, per qualche motivo, quest'ultimo gesto fece spuntare un tenero sorriso sulle labbra del più alto. - Non dimenticare che tra i due sei tu quello coraggioso.»

Eddie schiuse le labbra a quelle parole, sentendo il cuore mancare qualche battito. Se non si fosse trattato di Boccaccia, noto per la sua tendenza a sparare fuori tutto ciò che gli passava per la testa senza preoccuparsi di addolcire i propri pensieri, il castano avrebbe seriamente riso ad un'affermazione del genere. Come poteva dirgli una cosa così assurda con tanta sincerità? Coraggioso lui? Non c'era aggettivo più lontano dalla sua persona di quello: Eddie Kaspbrak, colui che aveva più fobie e paranoie che vestiti nell'armadio.

Richie sbuffò, levando gli occhi al cielo, proprio come se avesse sentito anche quell'ultimo pensiero. «Innanzitutto, non sei ancora scappato di casa e, con una madre come la tua, credimi, ci vuole del coraggio. - quell'affermazione fece storcere il naso al castano, ma Richie prontamente gli posò un dito sulle labbra, per impedirgli d'intervenire. - Chi ha rimesso in sesto Covone dopo che Bowers l'ha aperto in due? Il tutto senza battere ciglio. Chi è entrato in una casa di drogati sapendo che un mostro voleva farci a pezzi? Chi è sceso nelle fogne con un braccio rotto per affrontarlo? - continuò, improvvisamente serio. - E infine: chi si è dichiarato per primo? Io non avrei mai avuto il coraggio di fare la prima mossa. Fosse stato per me non avremmo mai-» Eddie lo zittì, cingendogli le braccia al collo e baciandolo con trasporto. Lo amava, Dio, se lo amava. Sentiva che sarebbe potuto perire, schiacciato da tutti quei sentimenti e quella sì che sarebbe stata la più appagante delle morti. Richie Tozier, incredibile ma vero, sapeva sempre cosa dire per farlo sentire migliore; e quella non era forse la più grande e meravigliosa dimostrazione d'amore che una persona potesse dare?

A cavalcioni su di lui, prese a spingere i fianchi lentamente, facendo incontrare i loro bacini e sentendo che non ne avrebbe avuto mai abbastanza. E con la stessa foga, cercò a tentoni il suo zaino, estraendo dall'interno la bottiglietta di lubrificante che piazzò tra le mani di Richie. Nessuno dei due parlò, semplicemente si svestirono l'un l'altro degli indumenti restanti. Le loro erezioni, umide e dolorosamente dure, collisero, strappando ad entrambi un gemito carico di necessità.

Richie si unse due dita, facendo stendere Eddie sulla schiena e spingendolo a divaricare le gambe. Queste si schiusero automaticamente, seguendo i comandi che silentemente il corvino gli impartiva, accogliendo con un gemito il tocco freddo dell'altro sulla sua apertura. Il più alto si calò, soffiando a pochi centimetri dal suo membro, poi lo penetro con una singola falange e al contempo lo prese tra le labbra, succhiandolo piano, come a volerlo distrarre dal fastidio iniziale di quell'intrusione. E quell'accortezza funzionò perfettamente, Eddie sentì delle scariche elettriche percorrere la spina dorsale e giungere al suo inguine, minuscole vibrazioni che lo costrinsero ad inarcare dolcemente la schiena. Per quante volte avessero già fatto cose del genere, non si sarebbe mai abituato a quel miscuglio di piacere e amore che pareva penetrargli le ossa. Richie sapeva perfettamente come muoversi, conosceva ogni angolo del suo corpo ed era abile nel prepararlo senza fargli sentire più di un leggerissimo fastidio. Conscio che quel bruciore sarebbe svanito entro poco, Eddie si concentrò sulla sensazione di pienezza e su quella bocca che lentamente gli regalava le gioie del paradiso.

Provò ad incitarlo, una sorta di supplica che convincesse l'altro a muoversi più velocemente, ma Richie gli bloccò i fianchi, facendo pressione sul suo basso ventre, facendogli intendere che quella volta sarebbe stato lui a dettare il ritmo. Buttando la testa all'indietro e provando vanamente a respirare piano, Eddie si arrese al suo volere. Dopo un tempo, impossibile da definire, il corvino aggiunse un secondo dito che immediatamente venne accolto dai muscoli, ora cedevoli, del compagno. Volontariamente evitò di stimolargli la prostata: una sorta di tortura per permettere all'amplesso di durare il più possibile, una privazione che ebbe come effetto quella di far ammattire Eddie.

«Rich, ti prego...» supplicò; non era mai stato un tipo paziente e non avrebbe iniziato quella sera. Dopo avergli dato un'ultima lappata, il corvino sorrise: non uno dei suoi soliti ghigni smaliziati, bensì un sorriso sincero, carico di affetto, che fece sentire l'amante la persona più fortunata del mondo. Si sollevò sugli avambracci, allineando la sua erezione all'anello di muscoli di Eddie, poi si spinse delicatamente in lui, facendosi largo tra le sue carni con un sospiro strozzato.

Si guardarono negli occhi, complici come non l'erano mai stati, mentre i loro corpi si accingevano a fondersi nella più perfetta e antica delle unioni, divenendo una cosa sola. Erano spinte maledettamente lente e dannatamente precise, capaci di centrare ad ogni affondo il punto di massimo piacere di Eddie. Richie lo guardava come se non esistesse niente di più spettacolare al mondo, una vera e propria venerazione che fece sentire proprio in quel modo il castano. Era sicuro che anche l'altro leggesse nei suoi occhi le stesse cose, perché le provava e celarle sarebbe stato impossibile.

Eddie era consapevole di non essere un canonico esempio di bellezza, ma quando Richie lo ammirava con quegli occhi che brillavano come fari nella notte, non aveva alcun dubbio sulla sua sincerità. Non erano perfetti se presi singolarmente, ma insieme risultavano assolutamente complementari, come due pezzi di un puzzle che finalmente era riusciti a ritrovarsi e a combaciare. Non aveva mai creduto al fato, ma in momenti come quello non riusciva a non credere che le loro anime fossero state forgiate per congiungersi. E più Richie si spingeva dentro di lui, più Eddie lo sentiva penetrare nel suo cuore. In quel momento giurò a se stesso che mai più avrebbe concesso a qualcun altro così tanto, che avrebbe cellofanato il suo cuore, rendendolo impermeabile a chiunque avesse anche solo osato avvicinarvici.

Eddie venne senza nemmeno il bisogno di essere toccato, seguito immediatamente da Richie, che dopo un'ultima spinta, si riversò tra i loro addomi con un gemito roco, lasciandosi cadere di peso sul petto dell'altro.

«Ti amo anche io. - soffiò contro il suo orecchio, il fiato ancora pesante e il cuore che rischiava di schizzare fuori dal petto. - Ti amo da impazzire, Eds.» disse ancora una volta, portandosi sulle sue labbra e baciandolo, per sigillare quelle parole come una promessa.

...

Una singola lacrima solcò la guancia del più basso, rigandola fino a raggiungere il mento e un dolore lancinante all'altezza del petto lo costrinse a singhiozzare flebilmente. E tutti i rumori molesti della strada più affollata di New York, persero istantaneamente importanza, riducendosi a flebili lamenti, appena percepibili. Come se fossero in una bolla di sapone, tutto ciò che li circondava era divenuto sfocato e ovattato: esistevano unicamente loro due e quel ricordo che per qualche assurdo scherzo della natura era stato assopito per anni.

«Eds...» quel diminutivo riecheggiò nella sua mente, facendo riaffiorare l'ennesima ondata di memorie: sconclusionate e al tempo stesso cristalline. Come aveva potuto dimenticare con tanta facilità colei che considerava la persona della sua vita? Per anni il nome Richie Tozier era completamente svanito dalla sua mente e con esso quel segno nel suo cuore, che da giovane aveva reputato indelebile, era stato brutalmente cancellato, fino a divenire trasparente. Era davvero possibile rimuovere, quando si aveva amato così sinceramente e profondamente? La malsana idea di essere vittima di una qualche maledizione, improvvisamente non gli parve tanto assurda. Quale altra spiegazione avrebbe potuto dare a quella serie di eventi, quando era certo di non aver subito alcun trauma cranico nella vita?

Fece un passo nella direzione di colui che in passato aveva considerato come unico possibile compagno di vita, allungando una mano per carezzargli una guancia, per saggiarne la consistenza, per dimostrare a se stesso di non essere semplicemente vittima di un sogno. Ma quando le sue dita raggiunsero il volto dell'altro, prima ancora di sfiorarlo, le ritrasse come scottato, improvvisamente preda della paura. Se quello era un sogno, lui non voleva svegliarsi. Cosa avrebbe fatto se l'uomo dinnanzi a lui fosse scomparso in seguito al suo tocco? Non aveva voglia di scoprirlo, pensò che, arrivati a quel punto, la verità sarebbe stata troppo dolorosa da accettare.

Furono due gli avvenimenti che costrinsero entrambi ad uscire da quell'oasi improvvisata di ritrovata pace. Una donna, alta, elegante e assolutamente bellissima, che affiancò il suo interlocutore aggrappandosi al suo braccio e cominciando a trascinarlo.

«Richie, vuoi muoverti? Siamo in ritardo!» nonostante la voce gentile, Eddie riuscì a percepire il tono canzonatorio che gli aveva rivolto e, dal modo in cui provava a tirarlo, parve anche abbastanza spazientita. Il corvino schiuse le labbra, probabilmente per protestare, ma s'interruppe quando Myra, veloce come una furia, contribuì a quell'interruzione, prendendo per la mano Eddie, sorridendogli calorosamente.

«Tesoro, andiamo? - non attese nemmeno una risposta, semplicemente prese a camminare a passo di marcia nella direzione opposta, trascinandosi dietro il compagno come un peso morto. - Voglio comprare una borsa prima che i saldi finiscano!» continuò, senza nemmeno accorgersi della resistenza che Eddie provava ad imporle, tentando di divincolarsi. Tante, troppe volte, aveva pensato di odiarla profondamente, ma i suoi livelli di rancore non avevano mai raggiunto picchi così elevati. Piantò i piedi contro il marciapiede, spazientito e, dopo averle rivolto un'occhiata velenosa facendole gelare il sangue, si voltò di scatto per...

Per fare cosa, esattamente? Non lo ricordava più. Si sentì improvvisamente frastornato, la mente completamente annebbiata.

Vide l'uomo che aveva urtato per sbaglio, ormai distante qualche metro, lanciargli un ultimo sguardo altrettanto confuso; poi questi si voltò, continuando per la sua strada. Ed Eddie si sentì perso, la rabbia nei confronti della compagna che rapidamente andava scemando, sostituita solo da un'enorme vuoto nel petto.

«Eddie, che succede? - gli domandò Myra, la voce tremante ridotta ad un bisbiglio e gli occhi sgranati dal terrore di aver fatto qualcosa di sbagliato. - Conoscevi quell'uomo? Chi era?»

Già, chi era? Per un attimo era stato convinto di conoscerlo, ma ora che si era allontanato ogni certezza si era dissipata, come risucchiata da un gigantesco buco nero. Doveva essere stato un abbaglio, magari causato dalla giornata particolarmente calda. Sì, non poteva essere altrimenti.

«Io... non ne ho idea.» mormorò solo, gli occhi ancora puntati su quella schiena che, pian piano, spariva tra l'ondata di pedoni.

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