Cap XIII
Il messaggero era rimasto turbato per un po', dopo che Jinhe ebbe rivelato il suo nome.
Il qilin non se era curato molto, troppo interessato a valutare le reazioni degli altri maestri con un nome del murin.
Erano tre anni che se ne teneva alla larga, tranne che per il maestro Fu, che continuava a sorvegliarlo attraverso la nipote. Di certo, ne era sicuro, tutto ciò che Jinhe faceva veniva inviato al monte Sheng, dove poi era spedito a un certo maestro che se ne andava a spasso per il mondo.
Non avesse saputo quanto abili fossero gli emissari del monte Sheng, Jinhe si sarebbe permesso di sperare che quei dispacci non arrivassero mai a destinazione.
«Terminate le presentazioni, direi di passare alle cose importanti» disse il maestro Gu, il primo a riprendersi dalla sorpresa.
Riscosso dal torpore, il messo del regno di Wu tornò a presentare il cilindro.
«Nobili maestri del murin, se davvero qui risiede un rappresentante dell'Alta Scuola Destra, il nobile generale Han di certo vorrà affrontare lui in duello».
Parole irritate si diffusero tra i maestri. Lo spettacolo fu ben diverso dai placidi mormorii che di solito animavano quella sala, e Jinhe trovò quel miscuglio di selvaggia pacatezza più confortevole di quanto ricordasse.
Il maestro Fu era saltato in piedi, dimentico del bastone, e sciorinava un colorito elenco di titoli per il messaggero, molti venivano ripresi da altri maestri, impreziositi e ripetuti a voce più alta.
Il maestro Lao, già con il nastro del proprio nome in mano, era trattenuto dal maestro Wan prima che lo lanciasse addosso al messo.
Com'era facile aspettarsi, Baohai era il più irritato di tutti, e battendo un pungo sul legno laccato, carico di qi violaceo, riuscì a ricavarsi abbastanza silenzio per gridare al messaggero.
«Venite nella nostra città a capo di un esercito, invocate una questione del murin sfidandomi davanti a tutti, e adesso pretendete di cambiare sfidante?»
L'araldo di Wu non disse nulla, si limitò ad umettarsi le labbra.
Con uno sbuffo, Jinhe prese la parola. Poter parlare con tanta libertà, visto il prestigio della sua scuola, era una bella sensazione.
La questione non riguardava solo lo sfidante di quel generale Han, ma tutta la città, ed era meglio che qualcuno lo mettesse in chiaro al più presto, prima che l'argomento si perdesse nell'infinità lite su onori infangati e duelli riparatori.
«Venerabili fratelli» disse, a voce più alta di quanto avesse mai osato lì dentro. «Mentre discutiamo l'esercito di questo qilin si avvicina, e potremmo non avere più molto tempo prima che questa opportunità ci sfugga dalle mani. Propongo di ignorare quest'ultima proposta del messaggero di Wu, e invece concentrarci se accettare o meno il duello tra il maestro Bai e il generale Leng'ao».
Dai loro scranni, i maestri Fu e Gu annuirono, e quel movimento riportò il grosso dell'attenzione sulla proposta precedente.
Sotto gli occhi di Jinhe, Baohai si alzò per posizionarsi dritto davanti al messaggero, il volto che faticava a decidersi se mostrare più soddisfazione o rabbia.
Alto almeno una spanna più del soldato, il maestro continuava a torcersi le maniche della lunga veste nera e viola. Spingeva il più possibile il petto in fuori, per mettere bene in evidenza l'ideogramma del "morso di tigre".
«Che scuola pratica Leng'ao?» domandò Baohai.
Piegata indietro la testa, fece in modo che le sue corna violacee fossero ben illuminate.
Jinhe si grattò una delle sue, le dita che passavano sull'osso scarlatto nel momento in cui il messaggero lo guardò di sottecchi.
La scuola del morso di tigre era famosa in tutto il regno di Chu e nella regione del Tiaofang, e da quando Bai, un maestro capace di usare insieme il qi positivo e quello negativo, aveva sconfitto Ci Zhifa, il suo prestigio era aumentato in maniera considerevole, così come il numero dei suoi allievi.
Jinhe inspirò ed espirò con lentezza, non gli faceva bene ricordare quelle cose.
La maschera che portava doveva rimanere sopra, anche perché i suoi motivi non erano così facili da spiegare.
«Il nobile Leng'ao è discepolo della scuola dello Zoccolo Ardente».
Il nome non gli disse nulla, anche se Jinhe era abbastanza sicuro avesse a che fare con i calci e il qi infuocato. Non si poteva mai essere davvero sicuri, ma era difficile che il nome di una scuola richiamasse il fuoco e poi usasse qi negativo.
Se inoltre era una scuola natia della parte orientale del fiume Gao, visto che era praticata da un abitante di Wu, l'uso dei calci e delle gambe era quasi scontato.
Il maestro Baohai non dava segni di conoscere meglio quella scuola.
«Dunque» il maestro Gu lasciò vagare lo sguardo. «Quali nomi sono a favore del duello?»
Senza sorprese, Baohai alzò subito la mano, imitato dalla maggior parte dei maestri. Solo due non votarono a favore. Jinhe scambiò un cenno d'intesa col maestro Fu, e si sforzò di non guardare in direzione del maestro Zhong.
Non gli era chiaro cosa passasse per la mente, e non era certo quello il momento utile per chiarire.
«Maestro Fo, perché non concordate col duello?» chiese il maestro Gu.
Intanto, il messo spostava il peso da un piede all'altro, il sorriso di trionfo che gli aveva illuminato il volto era sparito di colpo.
Non sapeva come funzionava il murin, era evidente. Ogni maestro aveva voce in capitolo, e le opinioni discordanti andavano motivate.
«Nobile anziano Gu, venerabili fratelli» iniziò Jinhe, attento a scegliere bene le parole. «Ritengo questo duello non risolva la questione che si propone, non dobbiamo perdere di vista che il nostro scopo ultimo è la difesa di questa città».
Il maestro Fu annuì, e anche altri maestri mormorarono tra di loro.
«Che garanzie abbiamo che, se Baohai vincerà, l'esercito nemico non aggredirà lo stesso la città?»
«Il vostro onore di maestri è così esile, maestro Fo?» domandò il messaggero.
Jinhe non gli diede peso. Tornò a voltarsi verso il resto dei maestri, in particolare verso Baohai.
«Maestro Baohai, vi chiedo di non accettare questo duello» prese un profondo respiro prima di continuare. «Invece, propongo a questa assemblea di votare la resa, di modo che l'esercito nemico entri senza spargimenti di sangue».
Il silenzio che seguì fu così assordante che, per un attimo, le orecchie di Jinhe fischiarono.
Il più sconvolto era il messaggero, ma era anche il qilin di cui gli importava di meno.
Zhong, sugli spalti, annuiva piano, la faccia assorta nella riflessione.
I maestri Fu e Gu parlavano a bassa voce tra di loro, così vicini che le loro corna quasi si incastravano.
Ostilità e stupore si contendevano i volti degli altri maestri, e più di uno lo fissava in cagnesco.
«Come il fuggire a questo duello porterebbe salvezza alla città?» scandì piano Baohai. «La tua proposta è di prostrarci, lasciare che ci invadano e stare in silenzio, quando invece abbiamo la possibilità e il dovere di combattere?»
Molti maestri lo spalleggiarono, battendo i pugni sul legno davanti a loro.
«Se vi fosse possibilità di vittoria, voterei per lo scontro; avessimo mura solide, un esercito, scorte per l'assedio e la sicurezza dei soccorsi, voterei per combattere» Jinhe guardò uno a uno tutti i maestri dubbiosi. «Ma non li abbiamo! Cosa abbiamo? La speranza che il maestro Baohai vinca, e la speranza che, vinto, il generale Leng'ao tenga fede all'accordo!»
«E quindi ci ridurremo a pecore che accolgono i lupi?» Baohai si alzò in piedi. «sai per certo che verrò sconfitto? E anche se fosse, tu, che da anni giri per la città di tuo padre invendicato, pretendi di sottrarmi al mio compito? È questa la vendetta che hai tenuto in serbo tutti questi anni, sottrarmi la gloria e infangare il mio onore?»
Jinhe si prese un lungo momento prima di rispondere.
Dell'orgoglio di Baohai non gliene importava nulla, e tantomeno gli si affacciavano pensieri di vendetta in un momento come quello.
L'unica cosa che gli ronzava nella mente, come una mosca intrappolata in un vaso, era la paura per la popolazione, e in particolare cosa sarebbe potuto accadere a Feihua, a Xiang e agli altri dipendenti della sala, a suo fratello e a sua madre.
«Maestro Baohai, ciò che voglio dire è che, anche a se tu vincessi, non ne ricaveremmo nulla» parlò con lentezza, in modo da non suonare avventato. «la tua vittoria non porterà lontano da noi il regno di Wa, e nemmeno farà apparire i soccorsi del nostro re».
Nel silenzio dopo la sua arringa, un altro maestro prese la parola.
«Allora, tanto vale rigettare la proposta, e salire sugli spalti a combattere!»
Jinhe si morse la lingua per non rispondere.
Alla fine, entrambe le alternative discusse si basavano sul fatto che il generale nemico mantenesse la parola.
Affrontare l'esercito di Wa era una follia, un qualcosa di insensato che sarebbe finito in una tragedia immensa. Ma era un'opzione.
Fare appello a tutti i praticanti d'arti marziali, schierarli sulle mura assieme alla milizia cittadina, affrontare con le corna abbassate i nemici.
Per un attimo, il pensiero parve rimbalzare tra le menti dei vari maestri. Gu si mordeva le labbra, mentre altri sembravano spronarsi l'un l'altro a sostenere la proposta.
Il dubbio, per Jinhe, non era tanto il tempo in cui avrebbero trattenuto i nemici. Pensandoci a mente fredda, solo i maestri Fu e Gu, pur con tutti i loro anni, sarebbero stati in grado di affrontare qualche centinaio di soldati semplici.
In quella sala c'erano circa venti portatori di un nome del murin, e anche se non aveva idea di quanti ce ne fossero tra i nemici, Jinhe non pensava potessero essere molti di più.
E c'era lui.
Non era mai stato in una vera battaglia, ma non poteva ignorare le sue capacità. Un grumo di terrore gli strinse la gola, e dovette deglutire a forza un paio di volte prima di poter respirare di nuovo.
Ma accettare un'idea del genere voleva dire far combattere tutti. Compresi Feihua e Aoren.
«Non è meglio...» disse Baohai, piano. «non è meglio che sia solo uno a rischiare la vita? Non ha senso far salire tutti noi sulle mura, quando questo scontro può essere risolto da uno solo!»
Tutto dipendeva dalle capacità di Baohai, dall'onore del generale e dei suoi soldati.
Non c'era garanzia che avrebbero rispettato i patti, tanto più se il loro comandante avesse morso la polvere. Ma aggrapparsi a quella speranza, per Jinhe, sembrava meno rischioso che confidare nella battaglia.
Non odiava Baohai, ma se doveva rischiare una vita, preferiva fosse la sua piuttosto che quella di Feihua.
Nessuno dei altri volle prendere la parola.
Jinhe non aveva nessuna intenzione di mettere in pericolo tutti quanti, la città intera, e nemmeno trovava alternative al duello.
«Quali nomi per rigettare il duello, ma difendere la città?» chiese Gu.
Solo una mano, quella del maestro Lao che aveva fatto la proposta, si alzò.
«Quali nomi per rigettare il duello, ma arrendersi?»
Jinhe, da solo, alzò la mano.
«Quali nomi per accettare il duello?»
Baohai alzò la mano, imitato dagli altri maestri.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top