Cap VI

Terminò di scrivere il suo nome sull'ultimo documento, apponendovi il timbro in fretta e alzandosi dalla scrivania prima che apparissero altri fogli.

Il vecchio Li sospirò, riponendo un'ennesima pila di documenti. Jinhe uscì dall'ufficio, andando nella sua camera per cambiarsi d'abito.

Con soddisfazione, invece del solito ampio e scomodo wenfu, che doveva usare di solito nei suoi impegni ufficiali, Jinhe prese dall'armadio un manfu semplice.

Prima che il servitore potesse avvicinarsi, Jinhe saltò fuori dai propri abiti formali, indossando in fretta le braghe e la tunica sottostante, per poi infilare la lunga tunica nera e chiudere i bottoni diagonali con dita rapide.

Vestirsi da solo era un piacere che si negava troppo spesso, dovendo sfruttare quei momenti mattutini per calarsi nella parte di elusivo e misterioso mercante.

«Sembrate compiaciuto di voi, giovane signore» disse il vecchio Li, inchinandosi

«Molto compiaciuto: ho la giornata libera, ed è l'anniversario della scuola del pruno»

Jinhe si stava già avviando alla porta, quando si ricordò del piccolo pacchetto che aveva fatto preparare.

Erano passati tre giorni dalla discussione nella sala da the, più che sufficienti perché Feihua si dimenticasse del loro alterco.

La qilin non era tipa da portare rancore, e quello, unito all'aria festosa di quel giorno, e al piccolo regalo che le aveva fatto, faceva sentire Jinhe al sicuro da altri litigi.

Sgattaiolò fuori di casa, schivando qualsiasi cosa potesse essere un servitore o un possibile impegno. Fuori dal cancello principale c'era senz'altro una piccola folla di questuanti, quindi optò per quello del retro, infilandosi nelle stradine strette che serpeggiavano tra le residenze.

Mentre trotterellava tra ambulanti e passanti, Jinhe inspirò a pieni polmoni, finalmente libero di muoversi come voleva.

Il suo corpo si rallegrò con lui, mentre la falcata diventava ampia e le braccia potevano dondolare libere ai lati del busto. Perfino i suoi meridiani, di solito a riposo, sembravano risvegliarsi mentre il qi vi fluiva dentro con meno freni del solito.

Jinhe si trattenne dal saltellare, ma la voglia di non limitarsi al selciato era tanta. Però, domani avrebbe dovuto dar spiegazioni a troppa gente, se si fosse messo a saltare tra i tetti.

Svoltando nella grande strada, si diresse verso il quartiere dei leoni, scivolando veloce tra le grandi statue di pietra ai lati della strada. Man mano che si avvicinava alla piazza, i segni della festa aumentavano.

Lanterne colorate erano tese tra gli edifici, pannelli dipinti erano posti negli svincoli vicino ai negozi, un gruppo di ragazzi costruiva aquiloni a forma di fiori.

Superando tutto, Jinhe si diresse dritto alla scuola del pruno, dove i preparativi fiorivano con particolare fervore. Si avvicinava l'anniversario della sua fondazione, e questo richiamava molti ex discepoli, oltre a potenziali nuovi adepti e curiosi. Come risultato, il qilin dovette sgomitare e dimenarsi per raggiungere il muro di cinta e il grande cancello laccato di nero. Lì, per fortuna, trovò un allievo che lo conosceva, e lo fece passare tra gli insulti della folla.

Jinhe si incamminò per il vialetto, diretto all'edificio centrale della scuola, il dojo centrale dove, se non era arrivato troppo tardi, il maestro Zhang stava ancora terminando la meditazione con gli altri praticanti esperti. Non voleva propriamente evitarlo, ma in casi come quello preferiva che lui fosse, se non proprio all'oscuro di cosa faceva, almeno non presente.

Era impossibile nascondergli quel genere di cose, e Jinhe era sicuro che Zhang non avrebbe fatto problemi, ma preferiva lo stesso evitare che si diffondessero più pettegolezzi del necessario.

Poco prima di arrivare al dojo centrale, Jinhe svoltò a destra, superando il complesso dei dormitori e arrivando al campo d'allenamento maggiore.

Non trattenne un sorriso, visto che si trattava di una pedana di cinque metri per lato, rialzata da terra un piede appena. Era grande nemmeno la metà di quella a oriente, ma lì si allenavano solo i praticanti dal grado medio in sù.

Era sicuro che l'avrebbe trovata lì. E infatti, Jinhe non ebbe difficoltà a vedere Feihua sulla pedana, mentre affrontava un giovane adepto.

A giudicare dai decori bianchi della tunica, e dal modo in cui la qilin lo fece volare via, il ragazzo doveva essere stato promosso da poco.

«Fai attenzione Li, ti allunghi troppo e lasci che l'avversario ti afferri»» stava dicendo la ragazza, mentre un paio di allievi aiutavano il compagno a alzarsi.

La mezza dozzina di astanti, dal canto loro, si limitarono a borbottare, mentre Jinhe, che si era appoggiato al basamento di una statua, alle spalle dell'amica, si concesse un sorriso.

Poteva capire quanto fosse soddisfatta di sé stessa, e quanto andasse orgogliosa del lungo manfu che indossava, porpora con decori scarlatti. Poteva immaginare quanta cura ci avesse messo sua madre, per trovare quella tintura così simile ai suoi capelli.

«Molto bene, chi altro vuole fare pratica?»» domandò Feihua, girandosi intorno e osservando i timorosi adepti.

Onde evitare di essere visto, Jinhe si rifugiò dietro alla statua.

«Non ti proponi?» chiese una voce alle sue spalle. L'ultima voce che voleva sentire.

Jinhe si girò, sorridendo nel modo più rilassato che poté; intrecciò le mani, inchinando il busto nel salutare Jiazi.

«Non mi pare il caso» uno dei vantaggi di quei giorni, era che poteva mettere da parte tutto il solito formalismo.

Il qilin sorrise, i suoi lineamenti sottili del tutto fuori posto sul manfu porpora e bianco da maestro. Aveva gli stessi decori di quello portato da Feihua, con solo la mancanza del colletto dorato a sottolinearne il rango inferiore.

Affiancandosi a lui, Jiazi scosse con grazia i lunghi capelli di smeraldo, lasciando che la luce del sole giocasse sulle sue corna cerulee. Jinhe trattenne un sorriso, non voleva offenderlo, ma trovava sempre comico come Jiazi si sforzasse in tutti i modi di sottolineare la propria bellezza.

Trovava anche impressionante come, sebbene si allenasse da anni, nessuno fosse mai riuscito a rompergli quel nasino delicato.

«Forse dovreste proporvi voi»» disse Jinhe, tenendo la voce bassa per non farsi sentire dall'argomento dei loro discorsi. Dal sorriso di Jiazi, l'altro stava preparando il solito colpo basso.

«Mi proporrò di certo, e per un altro tipo di "duello"» compiaciuto dalla sua battuta, il qilin non si accorse di Jinhe che roteava gli occhi.

Nel mentre, dai discepoli era finalmente venuto fuori un coraggioso, che salì sulla pedana, assumendo con gesti misurati la postura del pruno. Sorridendo, Feihua fece lo stesso: gamba destra distesa, sinistra mezza piegata a reggere il peso, le braccia allargate, la destra avanti con la mano chiusa e la sinistra dietro con la mano aperta

«Ming, uno dei miei allievi» ghignò Jiazi «forse finalmente vedremo cadere la Principessa Cremisi»»

Jinhe si trattenne dallo storcere il naso, quelli non erano discorsi adatti a compagni della stessa scuola, ed il fatto che l'oggetto fosse proprio Feihua lo irritava nel profondo. Studiò con più cura il giovane qilin, scuotendo un poco la testa

«Vittoria in tre colpi» disse. Jiazi sollevò un sopracciglio e storse la bocca; Jinhe non doveva specificare di chi stava parlando.

I due marzialisti si scagliarono l'uno contro l'altra. Ming fece un errore da principiante: mirò alla gamba destra di Feihua, per fargliela spostare, sbilanciarla e aprirsi la strada per colpirla con la mano arretrata.

La ragazza finse di abboccare, scansò la gamba minacciata, ma si abbassò quasi al suolo e intercettò il pugno di Ming con la sua mano arretrata.

«Uno» disse Jinhe.

Feihua colpì Ming, proteso in avanti, con il piede sinistro al ginocchio destro.

«Due»

Ming cercò di arretrare, muovendo frenetico le braccia, Feihua scivolò in avanti, rapida e letale come un serpente. La mano sinistra della qilin si fermò ad un capello dal naso dello sfidante; avesse usato il qi, adesso Ming avrebbe avuto la testa in fiamme.

«E tre» disse Jinhe, inchinando il busto «mi rallegro che la vostra scuola abbia una tale erede»

«E un giorno non avrà solo lei» disse Jiazi, prima di allontanarsi a grandi passi. Ming, sceso dalla pedana, gli andò dietro, rosso di vergogna.

Jinhe colse l'occasione per farsi vedere, prima che Feihua trovasse qualche altro povero allievo da sconfiggere. Si fece strada verso il gruppo di discepoli, battendo le mani; molti qilin si girarono, e lui sorrise, quando vide il sollievo sui loro volti.

Anche Feihua si girò, sorridendo euforica.

«Jinhe! Sali! Vieni qui tu, fa' vedere se ti ricordi qualcosa!» Feihua era decisamente di ottimo umore, e lui non aveva intenzione di guastarlo.

Con un sorriso tirato, salì sulla pedana, tra i mormorii degli allievi intorno.

Feihua assunse la sua posizione, sorridendo. Jinhe poteva vederne i muscoli più contratti, lo sguardo più fisso, la tensione assente prima nella sua posa e nel modo in cui faceva fluire il qi nel suo corpo.

Per darle corda, Jinhe si sciolse le spalle e abbozzò la posizione di suo padre.

Lo scontro fu più breve di quello con Ming, e terminò con Jinhe a terra, dolorante per una botta alla mascella.

La campana del dojo, che annunciava il mezzogiorno e l'inizio dei festeggiamenti, salvò Jinhe da un secondo incontro. Feihua lo aiutò ad alzarsi.

Il qilin infilò una mano nel manfu, per prendere il pacchetto, ma l'altra fu più veloce.

Lo afferrò per un braccio e lo trascinò di peso verso le bancarelle fuori dalla scuola.

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