13 (Erix)
Sayth se ne sta tranquilla, guardando un video di cartoni sul mio datapad, seduta tra le mie gambe.
Vorrei avere la sua spensieratezza, ma l'ultima comunicazione ricevuta dalla flotta è terribile. Non le ho detto niente, le ho tenuto nascosto il tono di addio con cui Vivi l'ha compilato.
Dai un bacio a Sayth. Vi voglio bene.
Ha concluso così, diretta come al suo solito. Sospiro, dando un piccolo bacio sui capelli di Sayth che si volta e mi sorride. Appoggia il datapad di lato, cercando di sistemarsi comoda, ignorando il fatto che stia stropicciando tutto il pigiama.
«Cos'è quella?» chiede indicando la bandiera sul muro.
«Quando tu non eri nata, rappresentava ciò per cui combatteva la mamma».
«Tu eri con lei, vero?»
Sospiro: non ci crederà mai al fatto che la Starfall e Vivi risultassero sulla lista di ciò che andava tolto di mezzo il prima possibile.
«No».
Sayth sembra pensarci per un attimo. «Quindi facevi cibo?»
«No, tesoro. Non sapevo ancora cucinare».
«Quindi che facevi?»
«Combattevo contro tua madre...»
«No».
È testarda. «Davvero, tesoro. Non sto dicendo una bugia».
«No» ribatte voltandosi di nuovo verso il datapad per continuare a guardare il video.
Mi passo una mano sul volto: ha preso proprio da Vivi.
«Papà».
«Dimmi».
«Mamma quando torna?» chiede inclinando la testa all'indietro
La stringo al petto, dandole un bacio sulla testa. «Spero presto».
Spero davvero che la Starfall sia di ritorno a breve, che stiano tutti bene, ma sapendo che dopo una battaglia tutto cambia, il pensiero che qualcosa possa andare storto non mi lascia stare da quando la Starfall è decollata.
«Ha promesso che mi avrebbe dato un altro abbraccio» mormora Sayth prima di sbadigliare e girarsi verso di me. Socchiude gli occhi, stringendo la stoffa della maglietta del pigiama in una mano.
«Hai sonno, tesoro?»
«No» risponde Sayth sbadigliando. Il giorno in cui lo ammetterà lo considererò una vittoria personale: non capisco il perché non voglia ammetterlo, almeno con me.
«Papà».
Le do un altro bacio sui capelli, stringendola forte. «Sicura di non voler dormire?»
«No» risponde decisa cercando di scivolare via dall'abbraccio. «Devi leggermi la storia» aggiunge guardandomi con il labbro inferiore appena piegato.
«Buonanotte, tesoro» le dico rimboccandole la copertina dopo averle letto altri due capitoli.
Le mugugna, stringendosi al pupazzo. È testarda: non voleva ammettere di avere sonno e ora sta già dormendo. Le lascio un altro bacio sulla fronte, appoggio il libro sul tavolo e mi infilo sotto le coperte, girandomi subito su un fianco, con un braccio piegato sotto la testa: è strano non dover litigare con Vivi per avere un po' di posto, ancora più strano vedere la bandiera della Federazione davanti agli occhi ogni mattina. Non mi sono abituato a nessuna delle due cose: ogni giorno è una tortura.
Continuano a tornarmi in mente i ricordi di quando venni su Lemuria la prima volta, senza avere l'idea se fossi un prigioniero o meno. Fu la prima volta che mi resi conto che averla sempre a fianco sarebbe stato bello. Non gliel'ho mai detto che l'abbracciavo tutte le notti, beandomi del suo profumo.
Sospiro, consapevole che domani sarà un'altra giornata difficile: Sayth non capisce che sta succedendo - ed è un bene visto non saprei come spiegarle che l'Atlantis non esiste più, che non possiamo tornare a casa.
Si annoia spesso, finendo per dormire su una sedia dell'ufficio di Vivi o rovistare tra i suoi progetti: non so come lei potrebbe prenderla se venisse a sapere che la piccina ha scarabocchiato abbastanza fogli del codice di Minerva, distruggendone altrettanti in preda alla noia.
Ed è difficile dormire con tutte le preoccupazioni dovute sia alla guerra che alla politica: finché non la vedrò scendere dalla Starfall, avrò paura per la sorte di Vivi. L'ho lasciata andare troppe volte, ma sotto sotto avevo la speranza che tornasse da me, che la potessi rivedere... ora, invece, sento che il decollo della Starfall abbia rappresentato un addio.
Inoltre, l'intesa che c'era tra le fazioni sembra sfaldarsi giorno dopo giorno, gli ideali che ci avevano unito alla fine della guerra pare che siano morti insieme all'Atlantis.
Mi giro sulla schiena, passandomi le mani sulla faccia: sarebbe stato troppo egoistico chiedere a Vivi di non andare, sicuramente mi avrebbe dato del cretino.
La verità è che mi manca. Mi manca poter affogare le mie preoccupazioni tra le sue braccia, sentire la sua mano affondare tra i miei capelli e le sue labbra ricercare le mie.
È sempre stato così, anche se non gliel'ho mai detto... avrei anche voluto darle quella lettera, ma è stata la paura a fermarmi. E ora... e ora me ne pento.
È uno scricchiolio quello che mi fa sobbalzare all'improvviso. Sono notti che mi sveglio per il minimo rumore, che non riesco a riposare come vorrei. Ho paura per Vivi, ho paura che possa succedere qualcosa su Lemuria e io non mi riposo come vorrei.
Nel buio, non riesco a scorgere niente: l'interruttore è distante - non so se Vivi abbia deciso di spostare il letto perché sta più comoda a dormire contro il muro o perché chi abbia progettato la base sia più cretino di me.
Mi puntello sui gomiti, ma tutto sembra tacere, solo il mio cuore batte all'impazzata per il risveglio improvviso; mi rigiro sotto le coperte, avrei dovuto tenere una pistola sotto il cuscino come scherzava Axel, ma quelle che avevamo sono state prese da Vivi. Sono rimasti alcuni esplosivi, tuttavia, non saprei come usarli. In caso di pericolo, spero davvero che basti lanciarli - è la cosa più a portata di mano che ho.
Chiudo di nuovo gli occhi: non c'è nessuno qui.
Continuo a ripetermelo nella speranza di calmarmi, ma non ci riesco. Il cuore continua a battermi forte, vorrei accertarmi che Sayth sta dormendo, ma ho paura di svegliarla.
Volto la sveglia verso di me: è piena notte, sono solo le due.
Continuo a cambiare posizione, ma è inutile: il sonno sembra avermi abbandonato. Mi alzo, dirigendomi a tentoni verso il bagno: sciacquarmi la faccia mi aiuterà. In questi momenti vorrei prendere il posto della piccina, la cui unica preoccupazione sembra essere trovare altri modi creativi per macchiarmi i vestiti.
Lascio scorrere l'acqua, guardandomi allo specchio: avrei davvero bisogno di dormire senza preoccupazioni.
Per anni ho creduto di potercela fare e ora... ora ho paura di perdere troppo. Sayth è solo una bambina e io non voglio compiere gli stessi errori di mio padre.
Qualcosa continua a scricchiolare, non ho idea di quel che sia, forse qualche tarlo nei mobili. Chiudo l'acqua, il tempo sembra scorrere troppo lentamente; ingoio a forza, rimanenendo con la mano appoggiata alla cannella. Vorrei che Vivi fosse qui, che mi abbracciasse dicendo che va tutto bene.
«Papà!» strilla all'improvviso Sayth facendomi sobbalzare. Mi precipito da lei, nella corsa una delle ciabatte mi scivola via, ma non me ne preoccupo.
Cerco l'interruttore a tentoni mentre lei continua a chiamarmi. Non so se sto sognando, se tutto questo sia reale, ma mi pare di sentire due voci soffuse che parlottano tra loro. ma nel momento esatto in cui accendo la luce, un dolore lancinante alla gamba mi costringe a cadere in ginocchio. Avvicino la mano alla ferita, alzando poi lo sguardo: Sayth sta piangendo, aggrappata alle coperte mentre De Algy cerca di tirarla via.
«Lasciala stare» sibilo, ma la voce non risuona affatto decisa come vorrei. Era morto. I medici della flotta l'avevano dichiaro morto, perché è qui?
Sayth strilla, mi chiama mentre cerco di avvicinarmi a lei. Il datapad è troppo lontano, ma non è spento: non posso chiamare aiuto. Spero solo che lo sparo abbia richiamato l'attenzione di qualcuno, ma dubito: la maggior parte delle camere sono vuote.
Kase mi sta puntando contro una pistola, è stato lui a spararmi e ora segue ogni mio movimento: è chiaro, mi vuole morto. Vuole distruggerci, vuole vedere Vivi crollare.
Se solo riuscissi ad arrivare agli esplosivi.
Quando De Algy colpisce la guancia di Sayth con uno schiaffo, scatto verso la scatola; Kase è preso alla sprovvista, ma si riprende in tempo per sparare di nuovo. Mi accascio con un gemito sulla scatola, la mano mi trema mentre la porto sul fianco. Sbatto le palpebre, la vista comincia a offuscarsi.
Stringo in una mano uno di quegli esplosivi, spero solo che funzionino. Lo lancio, ma la forza che ho è troppo poca. Sayth strilla quando esplode, lo scoppio mi rimbomba in faccia. Non basta a fermare Kase che si avvicina: non riesco a vedere quasi più niente, sento solo Sayth che strilla e la voce dell'Altro.
«Tu va'. A lui ci penso io».
Allungo una mano verso De Algy che si allontana, non riesco a fare altro.
Ho fallito, Vivi.
«Sayth...»
Non la sento più strillare, segno che ormai è lontana e io non posso più far niente.
Non sono stato in grado di proteggere mia figlia, ho fallito.
Alzo lo sguardo verso Kase: sta ghignando come al solito, consapevole della sua vittoria.
Si abbassa, costringendo a sollevare il mento con la pistola. Non ho la forza di reagire, mi sento sempre più debole.
Sayth è stata rapita, è da sola.
«Non vedo l'ora che tua moglie sappia cos'è successo questa notte. Manda un messaggio a qualcuno, ma non a lei. Ti troveranno morto in mattinata».
Non lo ascolto, non ci riesco: Vivi crollerà, ne sono sicuro. Spero solo che riesca a vendicarmi.
Mi stringe una mano sul braccio, costringendomi a mettermi in piedi, poi mi spinge verso il tavolo, indicando il datapad con un cenno fatto con il mento. Lo prendo con la mano tremante e la vista appannata, non riesco a vedere niente mentre scorro i contatti. Scivolo in terra, non riesco a reggermi in piedi.
Lero è in linea: ha sempre lavorato di notte, complice l'insonnia da cui soffre da sempre.
Aiygami.
Non so se è sbagliato, ma spero capisca lo stesso il mio messaggio.
Mi volto verso Kase che continua a ghignare e a tenermi sotto tiro.
Avevo dimenticato cosa significasse vedere la morte in faccia, ma non ho paura per me: ho paura per Sayth. Avevo giurato a me stesso che non avrei compiuto gli sbagli di mio padre e invece... non sono stato in grado di proteggere Sayth.
Sono un cretino, vero, Vivi?
Continuo a stringere il datapad tra le mani quando sollevo la testa verso Kase che mi guarda accigliato, forse ha sentito dei passi avvicinarsi - pare anche a me, forse è Lero.
Il nome di Vivi campeggia all'improvviso sullo schermo, ha inviato un messaggio, ma non riesco a leggerlo, non posso risponderle ora, non mentre sento la vita scivolare via.
Kase mi prende il datapad, lo appoggia di nuovo sul tavolo. Ghigna, puntandomi di nuovo contro la pistola.
Quando riapro a fatica gli occhi, sono da solo: Kase ha sparato e se n'è andato. Non voglio guardare la ferita sul petto, sento solo la maglia impregnata di sangue. Mi giro a fatica, aprendo un cassetto: non ho la forza per chiamare aiuto, ma se proprio devo morire, voglio che Vivi legga ciò che non ho avuto il coraggio di darle per anni.
Le mani mi tremano mentre scrivo un'ultima frase sotto la lettera. La lascio aperta sul tavolo, scivolando sul pavimento senza più forze.
Mi dispiace, Vivi.
Spero tu possa perdonarmi.
L'angolino buio e misterioso
Ho pianto, sì, lo ammetto. Ho dovuto bloccare la stesura varie volte perché Erix riesce a tirare certe mazzate di angst che GNNNNNNNNNNNNNNN non era previsto.
Also se non odiate De Algy adesso... Fooooorse c'è un qualche problema 😐
*scappa via prima di essere linciata*
PS Aiygami è scritto apposta, Erix è ferito, probabilmente non ci vede nemmeno troppo bene e non credo che con Kase che lo tiene sotto tiro si metta a controllare i messaggi che scrive 😅
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