8
Non so quanto tempo sia passato dal nostro arrivo su Minerva e ciò che ritengo più frustrante è che non riesco a capire quale sia l'effettivo scorrimento del tempo sul pianeta e come possa rapportarlo ai fusi orari che conosco.
Ho ignorato il più possibile Brunnos, le uniche parole che ci siamo scambiati sono state riguardo alla missione, niente di più, niente di meno: come avrebbe dovuto essere fin dalla partenza... no, come avrebbe dovuto essere sempre stato... Eppure ora che siamo atterrati per la notte, sento gli occhi di Erix fissi su di me, non ho il coraggio di guardarlo; sto fissando il piatto con quella che dovrebbe essere la mia cena sperando che qualcuno rompa questa tensione che sento sulla pelle.
Axel e gli altri due stanno parlando, fanno teorie, ma non li sto ascoltando. Non so nemmeno a cosa sto pensando: alla guerra? Allo scontro verbale con Brunnos? Ad Aesta, nelle mani dell'Orlan da troppo tempo?
Mi sembra solo che per quanto cerchi di cambiare ogni tanto ricado nelle stesse trappole: ho sempre cercato di tenere le mie paure lontane dagli occhi degli altri, soffocandole spesso contro un cuscino e ora mi sembra che tutto stia diventando polvere tra le mie mani.
Faccio dei cerchi nella sbobba – qualunque cosa abbiano cucinato, non voglio sapere né come né cosa sia – ma non ho fame, non riesco nemmeno a immaginare di portare alla bocca un cucchiaio ripieno di quella roba. Appoggio in terra il piatto, guardando davanti a me.
«C'è qualche problema?» mi chiede Axel voltandosi appena.
«No, forse sì. Non ne ho idea» farfuglio, afferrando il tablet, mollato solo per la cena. Apro con le dita che tremano il file, ricontrollo tutti i segni, maledicendo per l'ennesima volta il fatto di scrivere in modo disordinato.
Axel e Brunnos si scambiano un'occhiata confusa perché l'unica cosa che li accomuna è il non capire niente dei miei discorsi, per il resto sarebbero pronti a farsi fuori a vicenda.
«Che succede?» fanno in coro.
«È tutto sbagliato, tutto».
Brunnos mi strappa il tablet di mano. «Parla comprensibile».
Sospiro. «Dobbiamo trovare Aesta prima che succeda un guaio».
«Non mi sembra che sia tutto rose e fiori per ora. Abbiamo comunque una velocità troppo bassa per sperare di raggiungere la Pegasus prima che arrivi al cuore, anzi, sicuramente c'è già» dice Axel.
«Ma non è questo il punto: ho controllato i dati registrati dalla Titania e c'è un problema riguardo alle tempeste che diventano più irregolari e più forti con il passare del tempo. Minerva sta arrivando al limite».
«In ogni caso, non possiamo continuare così». Axel si alza, lo fissiamo tutti e quattro.
«Che vuoi dire, Darinell?» chiede Brunnos.
«Uno, pensatela come volete, ma qui siamo quasi allo sbaraglio. E io ancora non ho capito chi è che comanda... non sono pagato abbastanza per obbedire a due, di cui uno della fazione opposta».
Brunnos sospira. «Teoricamente saresti qui come prigioniero, quindi non dovresti vedere il becco di un quattrino».
«Prigioniero di chi? Di uno che non riesce a rimanere a capo della flotta se si allontana di qualche Fan?»
Si guardano in cagnesco: Axel è il primo a voler far baruffa, ma con Aesta è un conto, con Brunnos un altro visto che lui non si farebbe troppi problemi a far fuori il pilota della Starfall.
Lancio un sassolino in testa ad Axel. «Rimarrete voi due a fare il turno di guardia, vediamo se riuscite a imparare ad andare d'accordo». Mi guardano male entrambi, pazienza, ma credo che la convivenza civile sia la cosa migliore per toglierci da questo guaio.
«Oltre alle ferie voglio l'aumento» sibila Axel rimettendosi a sedere.
«Vuoi anche dei pasticcini?» chiede Brunnos scoccandogli un'occhiataccia
«Eh, non sarebbe male» risponde l'altro, mentre i due tecnici stanno cercando di soffocare le risate. Ho il sospetto che sarà una lunga notte.
Mi sveglio di soprassalto sentendo una mano sulla spalla. Non mi ero minimamente accorta di essermi addormentata sul tavolo in mezzo ai calcoli.
«Credo sia meglio che tu vada a dormire, non puoi continuare così. Finirai per impazzire».
Sbadiglio, stiracchiandomi appena, mentre annuisco con un cenno del capo. «Credo tu abbia ragione... Notte, Axel».
«Notte!»
Lo sento rovistare tra i barattoli, mentre io mi rigiro nel letto, cerco una posizione comoda, ma l'unico risultato è quello di avere la coperta attorcigliata alle gambe; vorrei dormire tranquillamente... vorrei che tutto questo fosse finito o che non fosse mai iniziato.
Non ho idea di quanto manchi al cuore, sembrava piuttosto vicino da quella collina, ma abbiamo deciso di fare un giro più lungo per seguire la zona pianeggiante e avere modo di atterrare in caso di pericolo.
Non ho idea neanche di cosa possa succedere: vallo a sapere quale cosa ha in mente l'Orlan.
Aesta... non posso credere che abbia tradito così, che sia fuggita via, lasciandosi alle spalle quello che avevamo fatto.
Mi metto a sedere, tendo l'orecchio, accendo la luce: qualcuno sta arrivando di corsa, mi pare sia il rumore dei passi di Axel e in effetti è lui quello che si ferma sulla porta, appoggia le mani sulle ginocchia ansimando.
«Che altro è successo? Hai un'aria stravolta».
«Prima che succeda qualche guaio, vieni con me» mi risponde alzando lo sguardo.
Finisco di abbottonare la giacca fuori dalla nave: la luce che mi investe all'improvviso è troppo intensa, non può essere naturale: porto una mano a proteggere gli occhi, li socchiudo cercando di capire quale sia la fonte luminosa, ma ci metto un po' a realizzare che c'è una nave. La Pegasus è qui.
Ci sono due figure in controluce che non riesco a distinguere, ma che, immagino, appartengano a membri del suo equipaggio.
Guardo Axel in cerca di spiegazioni, ma lui scuote la testa, sembra non abbia idea di cosa stia succedendo. «Nel caso la situazione degeneri, tenetevi pronti a scappare».
«Inutile, con una LWSS e la Pegasus qui con i motori già accesi una fuga può concludersi in due modi: schianto o cattura. Tanto vale essere presi prigionieri da loro» gli risponde Axel. «Hanno detto qualcosa per ora?»
Stringe appena la presa. «No. E io non posso promettervi di sopravvivere».
«Se c'è da combattere lo faremo» gli rispondo, poi con Axel ci scambiamo un'occhiata rapida. «Ma ci avrebbero già fatti fuori, eravamo un bersaglio facile. Non si spreca così un'occasione» aggiungo dopo un attimo di silenzio. «A meno che... non vogliano qualcosa da noi».
Erix annuisce, stringendo la presa sulla mia spalla quando diventa fin troppo facile capire ora chi siano le due figure che stavano davanti alla nave.
«Brunnos. Davith»
Serro le labbra, mentre Axel fa un passo indietro.
«Orlan» ribatte Erix con il solito tono freddo.
Il vento mi fischia nelle orecchie, agita i capelli di tutti e l'Orlan appare più minacciosa del solito: svetta tra le rocce, illuminata alle spalle dalle luci della Pegasus. Sorride, è certa di averci in pugno. Probabilmente tutti i cannoni della nave sono puntati contro la nostra LWSS, pronti a far fuoco non appena daremo l'idea di fuggire.
Aesta se ne sta a testa bassa, qualche passo dietro l'Orlan e sembra stia ignorando volutamente me e Axel che la scrutiamo da capo a piedi. L'unico, seppur minimo, sollievo è il vederla con indosso ancora la divisa della Federazione, forse abbiamo sbagliato ad accusarla di tradimento fra di noi... però non riesco a essere tranquilla.
L'Orlan non fa mai niente per niente: ha già il primo ufficiale nelle sue mani, ha la Pegasus alle spalle e Axel, Brunnos e me di fronte, vuole qualcosa e sicuramente lo otterrà. Abbasso per un attimo lo sguardo, controllando che pistola sia al suo posto, ma noto che la mano di Erix sta tremando, mentre la tiene appoggiata al fianco, sull'impugnatura dell'arma. Non è sicuro di quel che vuole fare? Lo conosco abbastanza: se lo fosse, non tremerebbe così. Cos'è che lo blocca?
Trattengo il respiro, mentre lei si avvicina di qualche passo, continuando a ghignare.
«Voi tre rimanete qui. Tu vieni con me». L'Orlan mi indica, non ho molta scelta. Immaginavo volesse me, ma questa mezza certezza non ha evitato che il cuore iniziasse a battere alla follia non appena il suo dito è stato puntato contro di me.
Mi avvicino, cercando di riparare gli occhi dalla luce intensa della Pegasus: vista dal basso, da terra, è ancora più imponente e minacciosa di quando si staglia davanti a noi nello spazio. Senza dire una parola, l'Orlan mi fa cenno per spostarci un po' più lontano, in un posto in cui non possano sentirci e ora siamo sole, io e lei: non mi mancava affatto essere di nuovo sotto il suo sguardo penetrante. Davith e Orlan, la Starfall e la Perseus, legate solo da un odio profondo.
«Non credevo che Brunnos cedesse il comando così facilmente alla fazione nemica» esordisce ghignando.
«Non ha ceduto il comando. Stiamo solo... collaborando». Quanto mi devo fidare di una persona per dire che il rapporto che ho con lui può essere definito nemici con benefici? «Ma non è questo il punto. Per quale motivo non ci avete fatto saltare in aria?»
«Abbiamo giocato abbastanza io e te. Se non avete intenzione di sistemare Minerva lo farò io. Consegnami il progetto».
«Non ho intenzione di scendere a patti con te, tanto meno di cedere Minerva».
«Hai già dimenticato tutto l'equipaggio della Starfall prigioniero sull'Atlantis?»
«Avevo un patto».
«Brunnos non conta più niente e nemmeno la sua parola. Finirà processato: chiunque collabori con la Federazione di Lemuria ha una condanna che lo aspetta. Ma rallegrati, potreste finire insieme sul patibolo». Sorride, socchiude gli occhi quando mi irrigidisco. «Facciamo uno scambio: dammi i progetti e io ti rendo il primo ufficiale. Lascerò illeso il resto dell'equipaggio, se è quel che ti preoccupa».
Mi volto indietro, guardo i cinque – Axel, Aesta, Erix e i due tecnici – che ci stanno osservando.
«Allora? Non ho intenzione di aspettare ancora tanto». Mi volto di nuovo verso di lei che mi tiene sotto tiro con la sua pistola. O cedo o muoio. La prima opzione mi pare che abbia una qualche soluzione, difficile da trovare, ma pur sempre una soluzione. Indietreggio istintivamente di un passo, mentre mormoro: «E va bene».
Quando torno sulla nave a prendere i documenti, la presa si stringe una piccola scheda di memoria: tutto il lavoro di una vita è nelle mie mani, tutto quello a cui ho sempre lavorato finirà nelle sue mani in pochi secondi. Ma ne vale davvero la pena?
Passo davanti agli altri senza incrociare i loro sguardi, non voglio sapere a cosa stiano pensando di questa mia scelta, forse non è nemmeno la decisione migliore cederglieli così dopo wakin di battaglie. Forse li ho delusi, forse ho tradito ogni cosa che ho detto a bordo della Starfall, ogni patto che ho fatto saltare pur di cercare una vera vittoria e non avere un falso pareggio.
Mi fermo davanti all'Orlan e subito lei con prepotenza mi strappa di mano la scheda di memoria. Sorride, è certa di avere la vittoria in mano e se dovessimo perdere la guerra, la Federazione avrebbe tutte le ragioni per condannarmi per alto tradimento.
Non avrei dovuto cedere.
Eppure l'ho fatto.
Codarda.
«Bene così» mormora passandola a un ufficiale che si era avvicinato. «Capolinea, Davith».
Alzo di scatto lo sguardo, ma mi accorgo troppo tardi che non ha rimesso la pistola nella fondina. Urlo, sentendo un dolore lancinante alla spalla sinistra. Cado in ginocchio, con una mano premuta contro la ferita; serro le labbra vedendo i suoi stivali avvicinarsi.
«Avrei dovuto incontrarti tempo fa, sarebbe stato un piacere vederti morire davanti ai miei occhi» sibila dopo essersi abbassata. Rotolo nella polvere quando mi colpisce con un calcio nella pancia, gemendo per il dolore. La sento ridere, mentre si allontana: grave errore quello di lasciarmi in vita – forse pensa che le possa essere utile in un futuro prossimo?
Mi rimetto in ginocchio, prendendo a fatica la mia pistola, ma la mano mi trema e la mira non è ferma: quando la colpisco alla gamba, cade a terra con un gemito, voltandosi subito a guardarmi.
Serra le labbra, ma non dice nient'altro. Questa è guerra.
«Vivi! Stai bene?»
Alzo appena lo sguardo, stringendo i denti: quanto vorrei tirargli un ceffone. «Secondo te, cretino?» sibilo, mentre Brunnos mi aiuta ad alzarmi.
«Domanda idiota, hai ragione. Andiamo ora perché se non ci fanno fuori prima dell'alba è un miracolo».
L'angolino buio e misterioso
Sì, mi diverto a metterli nel doppio dei guai in quello in cui si metterebbero da soli c: voglio loro taaaaaanto bene.
Non mi crederà nessuno, vabbè, pazienza.
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