5
È buio, più di quel che pensavo. La Thion non riscalda il terreno come sull'Atlantis, non splende sull'acqua, non brilla nel cielo: le nubi gettano ombre su ogni cosa e solo le luci esterne dell'astronave ci fanno vedere i dintorni. L'IA sta continuando ad analizzare la composizione dell'atmosfera, i gradi esterni lampeggiano su uno schermo, entrando ritmicamente nel mio campo visivo.
Le luci all'interno sono ancora accese, ma l'aria sta diventando pesante: senza i motori accesi, il sistema di ricircolo dell'aria non funziona. Allento la cravatta, passando tre dita nel colletto.
Appoggio i gomiti sul tavolo prendendo la testa fra le mani: i calcoli non tornano, sono quasi convinta che non torneranno mai, che l'unica soluzione sarebbe scrivere di nuovo Minerva.
«Faresti meglio a dormirci su... o per lo meno, devi distrarti. Sono ore che stai lavorando sulla stessa cosa. Hai intenzione di saltare la cena?»
Alzo gli occhi, guardando Brunnos, appoggiato con entrambe le mani al tavolo. «Non ho intenzione di arrendermi prima di aver trovato una soluzione, ma il tempo adesso mi è contro: non posso risolvere tutto questo in... pochi ol. O peggio, poche ore».
Lui annuisce, allunga una mano e afferra il tablet, alzando subito il braccio per metterlo fuori dalla mia portata.
«Se solo... se solo il nostro rapporto fosse diverso, ti avrei già sparato».
Abbozza un sorriso, sistemandolo sulla mensola più alta. «L'idea è stata dei tuoi amici: Rayegan ha detto che non voleva rischiare il caffè e Darinell che gli avresti decimato lo stipendio quindi hanno mandato me, certi che sarei stato... immune da ogni tua vendetta».
Scuoto la testa, alzandomi lentamente. «Grazie di aver detto i nomi dei mandanti, non credo che loro te ne saranno molto grati» gli dico quando gli passo di fianco. Mi sporgo dal corrimano delle scalette, facendo un respiro profondo: non toglierò loro ciò che si aspettavano.
«Axel, scordati il caffè per i prossimi tre ol; Aesta, il tuo stipendio sarà dimezzato finché non torniamo su Lemuria» urlo loro.
«Sei un tiranno» mi risponde lei.
«Adesso che ti sei accanita su di loro, puoi degnarci della tua presenza a cena?»
«D'accordo, d'accordo».
In lontananza, l'orizzonte viene spazzato da fulmini, molto ravvicinati l'uno all'altro. Non c'è tregua. Qui fuori l'aria è carica di elettricità statica: i capelli di tutti tendono ad alzarsi verso l'alto e basta un tocco a chiunque a sentire una leggera scossa.
«Dovremmo istituire turni di guardia?» chiede Aesta.
Axel sbadiglia. «Riuscite a fare a meno di me? Le distanze a terra sono anche maggiori visto che dobbiamo aggirare una montagna. Dovendo pilotare, vorrei riposare».
«Nessun problema: tu riposati. Farò io il primo turno» gli rispondo.
«Mi ricordi quando fissavi le stelle sull'At5, riempiendo tutti quei fogli di scritte strane» esordisce Brunnos all'improvviso. Mi volto lentamente, stringendo tra le mani la canna del fucile: non ho idea del tempo che abbia passato a fissarmi, da quant'è che sia alle mie spalle.
«Posso sedermi?»
«Cosa ci fai qui? Dovresti dormire: me la caverò da sola».
«Non sei cambiata molto» mormora sedendosi. Appoggia le mani sulle ginocchia, scuotendo appena la testa. «Se solo non fossero fulmini quelle luci in lontananza, se tu non avessi quella divisa addosso, direi che fossimo tornati indietro nel tempo». Mi volto a guardarlo, ci stavo pensando anche io a quei tempi, ma vorrei dirgli che è tutto finito, passato, sepolto dai wakin e travolto dalla guerra. E non potrà mai tornare. «Però, anche se non ci capivo una mazza, era bello stare ad ascoltare tutti i tuoi discorsi».
«Potevi dirmelo, avrei evitato di annoiarti» gli dico scrollando le spalle. «L'ho sempre immaginato che di quelle cose tu, be', ci capissi davvero poco».
«No, avevo capito che per te significava fuggire almeno per poco da quell'inferno».
«Be', non hai tutti i torti, ma credo che dovresti dormire: il tuo turno è l'ultimo prima della partenza e, seriamente, sono in grado di fare la guardia anche da sola. Se hai paura di non fare il tuo dovere, stai certo che ti svegliamo quando tocca a te».
«Non riesco a dormire... non dovrei... non dovrei dirtelo nemmeno, però... ho paura. È da un po' di tempo che ci sono degli screzi con l'Orlan. Temo di perdere il potere e non so per quanto i miei uomini mi rimarranno fedeli, gli altri due alla fine eseguono i tuoi ordini. Insomma, siamo pur sempre su un pianeta da cui non posso controllare nessuno». Sospira, abbassando la testa. «Mi sembra strano che anche tu non mi abbia già attaccato: potresti tornare di là con la mia testa, credi che l'Atlantis potrebbe continuare la guerra in quel caso? Cos'hai paura di perdere, Davith? Me?»
Sussulto: sì, forse ha ragione. Forse è per quello che non ho mai usato Minerva contro la Perseus o contro l'Atlantis. Avrei potuto mettere fine alla guerra, ma soprattutto, vincere. Ma non l'ho fatto. Potrebbero dire che sia stata una codarda visto che avevo l'occasione e me la sono lasciata sfuggire. O forse no, non sono stata codarda. Sono stata cretina – una cretina innamorata.
«Ho dato la mia parola, collaborerò con te fino alla fine di questa missione, poi tutto tornerà come prima. Comunque credo sia la prima volta che ti mostri così senza difese, sicuro di non essere un clone o qualcosa di strano mandato dall'Orlan?»
«Che c'è? Non posso avere sentimenti?»
«Non credevo che tu potessi averli, sai, è strano, considerando anche quello che si diceva di te sulla Starfall e quello... quello che c'è tra noi».
«Cosa? Devo per forza essere quello che ti usa solo per divertirsi a letto?»
«No, non lo so, ma non mi sembra nemmeno che tu abbia fatto altro». Abbozzo un sorriso ripensando a quante volte ci siamo nascosti dietro accordi fasulli, quando era tutto una messinscena.
«Ora però voglio sapere cosa dicevate di me sulla Starfall».
Alzo le spalle. «Avevi una fama di assassino, di mostro senza sentimenti».
«Ma prova a trovarti su una navicella insieme a cinque persone che potrebbero farti fuori da un momento all'altro e poi dimmi».
«I miei conoscono i rischi di questa missione e poi, se Aesta deve ammazzare qualcuno il primo della lista è Axel».
«Perché si odiano tanto?»
«Non si odiano, siamo amici da tanto, ma spesso e volentieri sono protagonisti di scene esilaranti, tranne quando per poco non distruggono l'intera nave: lo dico sempre che se non ci pensa l'Alleanza a tirarci giù, sarà colpa loro. Una volta eravamo atterrati su un pianeta, avevo lasciato Aesta a controllare la nave, mentre io e altri esploravamo i dintorni. Non trovammo niente di particolare, in compenso quando tornai, mi aspettavano ingenti danni economici per riparare i danni che avevano combinato loro due litigando sull'ultima dose di caffè. Da allora tendo sempre a controllarli di persona e a trascinarli in ogni guaio che mi capita».
«Quello che avrei dovuto fare io con l'Orlan...»
«Non puoi continuare a pensare a lei, siamo su un pianeta che è terra di nessuno, a pochi passi dal cuore di una delle armi più potenti mai create. Se lo risistemiamo, tutto potrà tornare alla normalità». Ma quando mai Federazione e Alleanza potrebbero collaborare? Se lo risistemiamo e rimane in mano mia, al massimo potrei far finire la guerra.
Si volta a guardarmi, ci fissiamo negli occhi per qualche secondo, poi distolgo lo sguardo, non riesco a sopportarlo.
«Non ti illudere troppo: sappiamo entrambi che qualcosa non può mai tornare come dovrebbe essere».
«Non sono abituata alle illusioni, portano solo via tempo ai progetti concreti. E se proprio credi che ti ucciderà per primo, dimostrale che ti sta solo sottovalutando. Rialzati, combatti!»
«Ma il problema è lì, io sono abituato a comandare. Le battaglie non fanno per me».
«Be', essere inseguiti con il pericolo di essere uccisi è un buon modo per imparare».
«Per imparare a morire».
Appoggio il fucile in terra, alzandomi in piedi. Mi scuoto la polvere di dosso. «Alzati».
«Che intendi fare?»
«Insegnarti a combattere: a bordo della Starfall lo sappiamo fare tutti, non conta solo l'abilità nel comando, senza saper combattere saremmo andati poco lontani, non avremmo mai potuto superare alcuni momenti di crisi. Possiamo passare tutto il tempo a parlare, a ricordare i ol passati sull'At5, possiamo perderci nei ricordi. Va benissimo, va benissimo, ma niente di ciò ci salverà se e quando arriveremo a combattere contro l'Orlan: sicuramente verrebbero qui con una BC che è almeno dieci... no, cinquanta volte la nostra: siamo in palese inferiorità numerica. Io, Axel e Aesta siamo suoi nemici, vorrà togliere di mezzo pure te se ti considera di intralcio. Vuoi altri motivi per cui l'Orlan potrebbe farci fuori o ti bastano? Potrebbe anche giocare al tiro al bersaglio, potrebbe farci fuori in un colpo solo se vorrà. Lo capisci questo?»
***
Sbadiglio, cercando di tenere gli occhi aperti: non mi sono resa conto del tempo che fosse passato. Ho trascorso la notte in bianco a insegnare a combattere a Brunnos e di quanto tempo fosse passato ce ne siamo resi conto solo quando Aesta è venuta a controllare, allarmata dal fatto che non l'avessi svegliata.
«La prossima volta cerca di ricordarti che esistono i turni di guardia per un motivo».
Annuisco, ascoltando appena le parole di Aesta, ma la mia attenzione è catalizzata da Brunnos nonostante lei continui a squadrarmi, come se volesse mettere a posto un tassello del puzzle che le sfugge; lui se ne sta dolorante appoggiato a una parete rocciosa, tenendo fra le mani una tazza di caffè, mentre Axel e i due tecnici stanno chiacchierando, non riesco a capire di cosa, mi arrivano frasi spezzate e parole incomprensibili all'orecchio, complici anche i diversi accenti.
«Si può sapere poi cosa diavolo avete combinato? No, seriamente, c'è qualcosa che non quadra: passate la notte fuori e non svegliate nessuno al cambio turno».
Torno a guardare Aesta, ma non le rispondo. Con gesti lenti, afferro il mio thermos rosso, lo apro, mi verso una tazza di tè e, stringendola fra le mani, mi beo di quel lieve calore che spande.
«Vivi Davith. Dimmi la verità» incalza Aesta. Non è solita chiamarmi per nome e cognome, lo fa solo quando vuole ottenere qualcosa. Stavolta credo di sapere a cosa aspiri: succulente notizie di gossip.
«Che intendi dire?» le chiedo prendendo un sorso. Allontano subito la tazza, soffiandoci sopra – si è mantenuto fin troppo caldo, tanto che mi sono scottata la lingua.
Il mio primo ufficiale si siede davanti a me, incrociando le gambe, e mi fissa con quei suoi occhi verdi che sembrano capaci di penetrarti l'anima ogni volta.
«Avete fatto sesso?»
«Uno, no». Almeno questa volta – sarebbe stato troppo rischioso. «Due, perché ti interessa?»
«Mi manca il gossip. Sai com'era sulla Starfall».
«Un covo di vipere capace di distruggere la reputazione di una persona in meno di un salto a velocità luce. La ricordo la definizione, mi avete fatto passare un sacco di guai con il consiglio grazie alle vostre lingue pettegole».
Aesta scoppia a ridere, probabilmente si ricorda la difesa che mi dovetti inventare in poco tempo davanti al consiglio per rispondere alle accuse di De Algy, comandante della Battle Ship Star Opal per alcune calunnie, che non erano altro che pettegolezzi senza un fondamento messi in giro da qualcuno dei miei uomini, quasi sicuramente dopo una serata di bevute.
«E allora che avete fatto?»
«Ho cercato di insegnargli a combattere, ma è un caso perso».
Aesta si volta a guardarlo. «Viste le sue condizioni credo che le abbia prese».
Annuisco con un cenno del capo. «Ho colto l'occasione per fargliela pagare per la Starfall». Aesta sorride, ma so che non mi crede. «È la verità, vai a chiederglielo direttamente se non mi credi».
«Nemmeno un bacio?» Mi chiede avvicinandosi con il busto.
«No». Sì, invece. Più di uno.
«Sicura sicura?» Si avvicina di più.
«Sì». No. Sono bugie con cui cerco di convincere più me che lei: sarà difficile tenere il segreto ora che continuano a tornarmi in mente tutte le volte che stanotte mi sono ritrovata tra le sue braccia, tutte le volte che ho stretto il suo volto tra le mie mani, mentre lo baciavo fino a perdere il fiato.
Alza un sopracciglio, mi guarda con disappunto. «Cioè, no scusami tanto. Tu avresti passato l'intera notte con lui e non avreste fatto niente di niente?»
«Hai qualcosa in contrario?»
«Tutto. Insomma, guardalo. Devi pur ammettere che è un bell'uomo e se disapprovo io il tuo comportamento verso di lui, la faccenda è preoccupante».
Oh, Aesta, se solo sapessi.
Annuisco. «Sì, niente di che».
«Vuoi dirmi che preferisci qualche ingranaggio?»
«Dipende dai momenti».
Scuote la testa. «Che spreco. Fai parte proprio di una razza infame».
«Quale, quella dell'Atlantis?»
«No. Quella degli ingegneri».
Scoppio a ridere, appoggiando poi la tazza sul terreno. «Mentre continui a insultarmi, che ne dici di controllare se è tutto a posto per la partenza?»
«Vado, vado» borbotta alzandosi, mentre continua a scuotere la testa.
Lancio un'occhiata veloce a Brunnos che continua a fissare il vuoto: quando arriva l'alba del nuovo giorno, come sempre, ciò che la notte avevamo costruito, sparisce in un battito di ciglia.
L'angolino buio e misterioso
Mi piace complicare le cose, ma il peggio deve ancora arrivare, cosa vi aspettate da 40 capitoli? Fluff? Seh, avete sbagliato storia - per quello basta Take me away.
Cominciano a chiarirsi le dinamiche tra personaggi? Quanto è puccioso Axel da uno a infinito? Secondo voi che succederà su Minerva? Fatemi pure sentire i vostri commenti, mi piace interagire con i lettori, non mordo, giuro!
Alla prossima!
edit: ho iscritto la storia al concorso organizzato da wttprose
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