35 (Nayla)


Ironico come lo stemma della mia famiglia stia pendendo da un lato, come se fosse sul punto di cadere a terra: quel quadrato metallico con il simbolo che ha accompagnato la mia dinastia fin dall'alba dei tempi sta per crollare. La spada circondata da ventisei stelle nere su sfondo bianco non ha più senso. La decadenza è iniziata nel momento stesso in cui la Federazione iniziò a sfoderare davvero la sua potenza: la Starfall mi sembrava davvero un moscerino, era piccola in confronto a quel che ero abituata a vedere qui, sull'Atlantis, eppure, non credevo che avrei mai visto Minerva in funzione – che quello sarebbe stata la causa della mia rovina.

Poi, il declino è continuato, è cresciuto a lentamente. Aesta probabilmente direbbe che è stata una rottura duttile – lenta, ma inesorabile. Siamo stati ciechi, abbiamo sottovalutato la Starfall. Ho cercato di ottenere Minerva per me, come avrebbe dovuto essere dall'inizio, ma l'unica che davvero conosceva i progetti è lei. La stessa persona per cui Erix ha deciso di voltarmi le spalle, di non arrivare a conclusione di quel che avevamo detto di fare, del nostro piano perfezionato negli wakin.

Infine, la rovina – solo la mia – è giunta alla sua conclusione qui, in quest'aula di tribunale senza finestre, dalle pareti bianche, interrotte solo da quello stemma che adesso sta pendendo davanti ai miei occhi. Ventisei stelle, una per ogni re o regina che abbia seduto sul trono. Doveva essere la mia la ventisettesima.

Avrei voglia di abbassare lo sguardo, nascondermi da qualche parte come mai ho fatto. Vorrei aver saputo gestire meglio ogni cosa: come pensavo di poter vincere la guerra quando la Federazione aveva Minerva e io non avevo saputo controllare un banale esperimento su Kalea? Forse sarebbe andato meglio questa volta, ma il tempo mi è stato nemico: quando abbiamo saputo che sull'Atlantis stavano organizzando una nuova flotta, ho dovuto abbandonare di nuovo le cavie, mi sono dovuta lasciare alle spalle quegli spazi impolverati che avevano rappresentato il mio primo, grande fallimento.

L'Operatio Mortis non avrebbe mai dovuto esistere in primo luogo, non è altro che una macchia per l'Atlantis.

Mi disgusta la vita condotta finora: quell'unico spiraglio di salvezza e al contempo vortice che trascina sul fondo – conosciuto banalmente con il nome di Aesta Rayegan – rischia di essermi strappato via da una condanna.

Non vogliono Davith sul patibolo: ormai lei ha vinto la guerra. È la futura moglie di Erix, se le cose non cambiano, se mia zia gli cede il potere, diventerà lei la prossima regina. Ormai vogliono me morta, poco importa loro se mio padre fosse il re: la mia famiglia presto non esisterà più, voglio sapere cosa stiano aspettando a emettere la condanna. Perché ci mettono tanto a decidere? In segreto qualcuno ha proposto la pena di morte: perché non votate a favore? Cos'è che vi blocca? Chi trama nell'ombra dietro a questo voto? A chi importa di me? A Brunnos? A Davith? Figuriamoci! Anche se lui è qui ora, non credo proprio che a loro due importi qualcosa di me. Ma in fondo, tranne che ad Aesta, a qualcuno è mai importato di me?

La Federazione l'ha mandata a processo, l'ansia la sta uccidendo: ho paura per lei, per cosa le faranno se io dovessi morire.

Ho fatto tutto quello che mi è stato imposto, fin da piccola ho seguito la strada che avevano tracciato per me. Non ho mai reagito, credevo che quella fosse l'unica possibilità che avevo. Eppure, il fallimento di Kalea non mi ha fatto capire nulla, non ho imparato niente da quella strage: io ero convinta di non aver sbagliato, che la colpa fosse degli altri. Avere il comando della Perseus mi rendeva felice: erano tutti legati ai miei ordini e avrebbero ucciso chiunque volessi, bastava una parola.

Credevo che Erix fosse dalla mia parte, non credevo che fosse troppo idiota da non realizzare di essere innamorato e capirlo solo quando il legame con lei era sul punto di strapparsi del tutto. Vorrei davvero sapere cosa ha raccontato a lei e alla Federazione per convincerli che fosse davvero cambiato – forse non lo ha fatto, forse è sempre stato davvero un serpente, viscido e pronto ad avvinghiarsi al primo luogo sicuro pur di non rischiare la vita.

È da quando l'equipaggio della Pegasus è stato massacrato davanti ai nostri occhi su Minerva e la Perseus distrutta in battaglia che gli altri sottoposti dell'Alleanza hanno iniziato a credere che la loro fiducia era mal riposta. Io li ho obbligati a seguirmi in battaglia, solo pochi sono venuti di loro spontanea volontà considerando Erix troppo voltafaccia: sono coloro che erano troppo legati alla famiglia reale, coloro che non sapevano distinguere gli ordini dalle cose giuste da fare. Uno di loro si è pure proposto di farmi da avvocato, ma ancora non ha parlato. Dannato Damaris. Voglio le sue scuse per essere così scemo. Mi hanno solo gettato addosso le accuse, affibbiandomi anche insulti – sia per Kalea sia per la battaglia. Forse hanno ragione stavolta, forse me li merito, forse quegli appellativi mi rappresentano.

Il brusio mi fa uscire di testa, fa caldo qui dentro e nemmeno posso muovermi più di tanto: ruoto appena, per quanto posso, i polsi stretti nelle manette; da quant'è che sono in piedi a sentire le accuse? Da quanto le voci si alternano a insultarmi nonostante i ripetuti richiami di Erix. Lui è combattuto, si vede: dillo che mi vuoi morto, avanti. Te lo leggo in faccia. Cretino. È così che ti chiama lei, vero? Ha ragione, sai? Lo sei. Bastava poco a far finire questa tortura, che senso ha arrivare fino a questo punto con un nulla di fatto? Chiederei la sentenza, se solo qualcuno mi ascoltasse. Nessuno ha preso le mie difese: in fondo, la Federazione è arrivata fin qui e l'Atlantis, tradendo ogni ideale nato con la morte della Coalizione, ha cambiato parte. Preferirei la morte piuttosto che vivere sotto il regno di Erix.

Vorrei sedermi, sento la testa girarmi. Fisso un punto in terra, c'è una magagna sul legno del parquet. Da lontano sembra tutto così ordinato, perfetto, ma da vicino si vede quanto sia diverso. Eppure anch'io vedevo la mia stessa vita come perfetta soprattutto dopo che Aesta aveva creato quell'arma in grado di poter distruggere la Starfall.

Erano un branco di disperati. Eppure hanno vinto. Hanno vinto!

Davith era decisa a farla finita, sapeva benissimo che i suoi uomini l'avrebbero protetta a costo della vita: per quanto Aesta l'abbia ferita, non è stata in grado di prendere una decisione su di lei – l'ha salvata o, se non l'ha ancora fatto, lo farà. Nemmeno su Erix è stata in grado di decidere: durante la battaglia fuori da Minerva, sembrava decisa a cancellare ogni traccia dell'Atlantis, ma dopo non che sia successo tra loro, cosa l'abbia portata a rischiare di nuovo, a rituffarsi in quel mare tempestoso della loro relazione piuttosto che chiudere e lasciare Erix con... un niente. Non so se avrebbe preferito morire che staccarsi da lui, ma credo che, alla fine abbia fatto la scelta giusta: si vedeva quanto bruciasse a Erix il saperla così distante e delusa da lui. Mi ero illusa anche con lui: credevo che avesse seguito il piano alla perfezione, diceva di sapere come raggirare Davith e la Federazione, come ingannare tutti. In effetti, l'ha fatto, seppur non seguendo il nostro piano. L'unica che ci ha rimesso, alla fine sono stata io.

Vaffanculo.

Cosa aspettate a condannarmi, eh? Cos'è che vi blocca? La paura che avete del mio cognome? Avanti! Branco di stupidi! Non sono più nessuno! Ogni titolo è decaduto nel momento stesso in cui quelli della Federazione mi hanno arrestato.

Condannatemi.

Vorrei gridarlo, togliermi questa spina dal fianco e sapere cosa ne sarà di me. Non ho paura di morire, non ho paura di affrontare gli sguardi dal patibolo. Leggerei disprezzo, sì, ma forse me lo meriterei.

Patetici.

Siete patetici.

Non sapete neanche prendere una decisione.

Vorrei che Aesta fosse qui, che mi stringesse la mano. È l'unica che riesce a calmarmi, voglio averla qui con me. E se anche dovessero condannarmi, lasciatemi solo un'ultima notte da dividere con lei e le sue labbra schiacciate sulle mie.

Non sto ascoltando, non ci riesco: ascoltare tutti i discorsi di circostanza è inutile, non hanno niente da dire che non sappia già.

So di aver combattuto nella parte sbagliata, ho capito che la storia non aveva posto per me.

Non ho paura di morire, non ho niente da perdere.

«Nayla».

Alzo lo sguardo con riluttanza, trovandomi Erix di fronte. «Non voglio sapere quando morirò, sbattimi in cella e continua con la tua vita guadagnata con l'inganno».

Scuote la testa, mettendomi poi una mano sulla spalla. «Eravamo d'accordo che avremmo seguito lo stesso destino alla fine della guerra».

«Non è possibile e lo sai bene» sibilo guardandolo negli occhi. «Tu hai tradito quella promessa nel momento in cui hai deciso di aiutare la... la tua futura moglie. Non riesco nemmeno a pensare di averla in famiglia, preferisco morire prima di vedervi sposati».

«Nayla» sospira lui massaggiandosi le tempie. «Mi fai parlare, per favore?»

«Ti ho detto che non voglio sapere che data avete deciso per la mia condanna, non voglio sapere quale sarà l'ultima alba che dovrò sopportare su questo pianeta».

«Hanno votato per una condanna ai lavori forzati».

«Perché?» È l'unica parola che riesco a sussurrare mentre Erix fa scattare la serratura delle manette. Sospira, appoggiandomi una mano sulla spalla.

«Non ho ben capito, ma credo che mia madre abbia parlato con Vivi... so solo che lei ieri mi ha pregato di difenderti ieri sera e noi ne avevamo già discusso ol fa: non ti sto togliendo tutta la responsabilità della guerra, ma abbiamo sbagliato entrambi... abbiamo sbagliato tutti. Rimani comunque una delle migliori menti scientifiche che l'Atlantis abbia mai avuto, abbiamo bisogno di te per ripartire da zero. Dobbiamo impegnarci tutti».

«Non vedo come... ho rovinato tutte le cose a cui abbia messo mano, dillo che sono una fallimento».

Erix mi abbraccia, accarezzandomi i capelli. «Non lo sei, Nayla. Hai solo fatto degli errori, non siamo esseri perfetti, non siamo gli Altri noi».

«Perché?» chiedo singhiozzando. «Perché non mi avete condannato?»

«Noi abbiamo tirato per le lunghe, ma solo perché erano parecchi i contrari e non si sono convinti finché non ho dato la mia parola che non tenterai di riprendere il potere e ti allontanerai dalla scena politica».

Annuisco, mentre Erix continua ad abbracciarmi, l'ultima volta che ha fatto un gesto spontaneo di affetto è stato quando avevo tredici wakin. «Cosa dovrei fare?»

«Riscrivere Minerva da capo». La voce di Vivi mi gela sul posto. Erix si allontana, fa un cenno verso di lei. «Il Consiglio ha approvato la stessa pena per Aesta: l'arma ci serve, condannarvi sarebbe stata una scelta cretina. Abbiamo chiuso una storia di sangue, non voglio voltare pagina imbrattandola subito di rosso: giurai che avrei avuto vendetta quando vidi mia madre salire sul patibolo, ma ora mi rendo conto che la scelta migliore sia evitare di strascicarci dietro una striscia di sangue. Anche perché se ti avessi voluta morta mi sarebbe bastato dare l'ordine sulla Starfall dopo la battaglia».

Annuisco, abbassando lo sguardo. «Grazie».

Vivi si avvicina, credevo volesse Erix, invece si ferma a pochi passi da me, tendendo la mano destra. «Conoscete entrambe già i progetti, ma non esitate a chiedere in caso di problemi; mi aspetto un ottimo lavoro».

Gliela stringo con riluttanza. «Sarà fatto...»

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