32
Appoggio una mano alla finestra, guardando il cielo senza nemmeno una nuvola: è strano aver ritrovato la tranquillità, anche se il grosso verrà adesso perché comunicare alle famiglie la morte dei loro cari non è mai un compito felice.
«Tieni, ti farà bene». La voce di Erix mi riporta alla realtà: ho avuto il tempo di farmi una doccia, poi mi è arrivato il messaggio che voleva vedermi. Mi sono precipitata qui, nel suo ufficio, ma al solito ero in anticipo, mi siedo e prendo la tazza che Erix mi porge. «È tè» aggiunge di fretta. Sorrido appena, soffiando sul liquido: non si è lasciato sfuggire l'occasione di una delle sue piccolezze.
Sospiro. «Che succederà ora?»
«Mia cugina è stata mandata a processo, le cose potrebbero andare per le lunghe. Il caso di Aesta è nelle vostre mani, vero? Ho capito così, il Consiglio della Federazione si è riunito in fretta e furia, l'hanno deciso in poco tempo».
Annuisco, non ho preso parte alla riunione, ma l'esito mi è stato comunque comunicato. «Sì, ci penseremo dopo aver raccolto i morti da Minerva, non vogliamo prolungare per troppo il dolore delle famiglie».
«Per cosa propendete?»
«Dipende... le opzioni sono due: o viene discusso solo sulla Starfall o viene messo nelle mani del Consiglio. Nel primo caso, se la potrebbe cavare bene, sicuramente non la manderemo a morte; so benissimo quali ripercussioni abbiano avuto le sue scelte, ma non posso nemmeno non considerare il fatto che ci abbia tirato fuori dall'inferno di sua spontanea volontà. Il secondo caso, be', è più probabile, ma non ho idea di cosa potrebbero decidere, probabilmente sarà una battaglia a colpi di veto tra me e chi la vorrebbe morta».
Rimaniamo in silenzio, stringo le mani sulla tazza, bevendone qualche sorso.
«Io... io avrei un'idea» esordisce all'improvviso guardandomi serio.
«Riguardo a cosa? Il processo?»
Scuote la testa. «Alla fine avrei ottenuto quello a cui puntavo, ho vinto su mia cugina».
«Io ho vinto».
«Scusa, hai ragione».
«Comunque, dicevi?»
«Dato che mia cugina è stata sconfitta, potrei reclamare il trono senza problemi... pensavo di far diventare l'Atlantis una democrazia e vorrei stabilire un'alleanza tra tutti i pianeti coinvolti in questa guerra. Ci aiuterebbe a iniziare di nuovo da zero».
«È un'ottima idea».
«Lo pensi davvero?» mi chiede sorpreso sbattendo qualche volta le palpebre.
Appoggio la tazza ormai vuota sul tavolo. «No. La considero pessima. Uno schifo proprio, la peggiore idea che tu possa aver avuto. Cretino, ovvio che lo penso seriamente».
«Grazie».
Guardo l'orologio appeso alla parete del suo ufficio: quello che hanno affibbiato a me sembrava la brutta copia di questo. È molto più grande, tenuto con il solito ordine che contraddistingue Erix, mentre io mi trovo a mio agio nel caos dei fogli sparsi. Anche le tre sedie che sono presenti qui sono molto più comode – come seduta hanno addirittura un cuscino di velluto. Le pareti sono rosse, completamente spoglie: non so se avesse qualche insegna dell'Alleanza che ha tolto dopo aver finalmente deciso da che parte stare dato che in alcuni punti il colore è diverso, come se per wakin la polvere non abbia potuto posarsi sugli stessi. Non c'è molto altro, solo un tavolo e due armadi appoggiati dalla parte opposta della finestra.
«Vado a far visita ai feriti. Vieni con me?» gli chiedo alzandomi.
«No, devo parlare con mia cugina ora e ho da pensare a come convincere il senato a passare alla repubblica... e poi, sono i tuoi uomini. Dovresti festeggiare con loro».
«Ne abbiamo già idea, non so se la Starfall sia più famosa per le battaglie o per la fama di bevitori e stai certo che non si lasceranno sfuggire l'occasione: stiamo aspettando che vengano celebrati i funerali e che anche i feriti stiano meglio. Devo offrire da bere a tutti, vorrei proprio non aver preso quella scommessa con Aesta wakin fa: se mai la Federazione avesse vinto la guerra, io avrei dovuto pagare da bere a tutto l'equipaggio della Starfall. Quindi... ciao ciao stipendio».
Sorride. «Allora stasera puoi degnarmi della compagnia?»
«Se paghi te, ci sto. Non voglio perdere altri soldi».
«Sanguisuga pure te».
Gli faccio un buffetto sulla guancia, poi esco dalla stanza, trovandomi di fronte Aesta e l'Orlan su un divanetto: la prima le tiene una mano sulla spalla, le dice qualcosa sottovoce, ma non appena mi nota alza la testa e quando faccio per passare oltre, mi chiama.
«Accetto le tue scuse solo se offri da bere pure a me, in nome della nostra vecchia amicizia».
«E va bene». Ho provato in tutti i modi a chiederle scusa per la ferita prima, non mi avrebbe dato retta nemmeno se mi fossi buttata in ginocchio.
«Perché non mi hai ucciso, Davith?»
L'Orlan ha una faccia stravolta, i capelli le ricadono sulle spalle senza un ordine. È scattata in piedi, mi guarda in modo strano.
Sospiro, appoggiandomi alla parete. «Io volevo solo finire la guerra, vivo o morto che fosse lo schieramento nemico. Se qualcuno non avesse tradito...»
«Ehi!» urla Aesta, ma la ignoro, continuando a fissare la stessa persona che solo qualche ora prima mi teneva sotto tiro.
«Probabilmente ti avrei ucciso, visti anche tutti i precedenti, non c'è stata battaglia in cui non abbiamo tentato di tirare giù la nave dell'altra, ma... non mi è sembrato giusto: questa guerra ha trascinato con sé un lunga striscia di sangue sia nella mia famiglia che nelle vostre. Distruggere quell'astronave... avrebbe anche significato uccidere Aesta, ma la conosco da troppo, il suo tradimento mi ha fatto malissimo, però io non riesco ad odiarla. Sarebbe stata una vendetta forzata e non avrebbe avuto senso. E le cose senza senso io le odio».
Rilassa la postura, continuando a guardarmi. «Grazie» sussurra.
***
È passata quasi una settimana, ma ancora la normalità è una cosa lontana.
Ho fatto visita ai feriti praticamente ogni giorno, ma Axel è sempre l'ultimo, visto che mi fa perdere ore con le sue chiacchiere; ormai è fuori pericolo e non fa altro che lamentarsi di essere confinato in una misera stanza di ospedale, senza poter fare nulla se non ha il permesso delle infermiere. Forse diceva la verità, dato che era disteso sul letto a fissare il soffitto quando sono arrivata. Mi siedo sulla solita sedia vicino al muro – è tutto bianco nella stanza, spicca solo la divisa di Axel ripiegata su uno sgabello.
«Come stai?»
«Come uno colpito in pieno da un'esplosione. Non so nemmeno come ho fatto a sopravvivere» mi risponde lui con un mezzo sorriso.
«L'importante è quello. Ho bisogno di te al mio fianco sulla Starfall».
«Come va, là fuori?»
Appoggio la testa al muro. «Così così: la guerra è finita, la burocrazia no. La cosa buona è che con i sopralluoghi alla Starfall mi perdo gran parte delle riunioni del consiglio adesso».
«Siete tornati su Minerva?»
«A riprendere i morti? Sì, ieri l'altro. Ora stanno discutendo per i funerali, alcuni vorrebbero fossero fatti qui, comuni a tutti, altri vorrebbero che fossero le famiglie a decidere, viste le differenze nelle religioni e nei luoghi d'origine. Un bel casino, insomma».
«Le nostre amiche?»
«In attesa di giudizio. Non so se troveranno un accordo l'Orlan ed Erix. So che si sono parlati, ma non cosa si siano detti. Il Consiglio pensa che si possa posticipare il caso di Aesta anche a dopo i funerali dei caduti visto che sono controllate a vista e poi l'Orlan non ha più quasi nessun potere, perfino l'Alleanza si è arresa non appena la sua nave si è allontanata».
«La Starfall?»
«Messa male, ma niente di così irreparabile. Il motore va sostituito completamente e alcuni parti dei circuiti elettronici vanno riparate, poi bisogna scrivere il programma per chiudere Minerva. Ne avremmo per un mesetto su per giù per finire completamente questa storia».
«E dopo che faremo?»
«Ma che ne so. Tu pensa a guarire visto che stanno aspettando solo te per alleggerirmi il portafoglio».
«Sei andata a cena con Aesta? Ha blaterato su qualcosa del fatto che avevi da offrirle da bere, ma non ho capito molto dopo le prime tre parole... i farmaci ogni tanto mi fanno alienare dal mondo e le sue chiacchiere mi rintronano».
«No, lei è andata con l'Orlan, ma con il mio portafoglio. Le ho sparato al braccio, è l'unico modo in cui abbia accettato le mie scuse e non ridere, Axel! Avevo bisogno di un diversivo per togliermi di torno l'Orlan!»
«Non so se ti riesce meglio vincere le battaglie o combinare casini».
«Combinare casini, di certo».
Si mette a sedere, non senza difficoltà. Ha il petto fasciato, le bende sono ancora macchiate di sangue, ma non tanto come gli ol scorsi. «Be', come va con Erix?»
Incrocio le mani dietro le braccia dietro la testa. «Come al solito, direi. Lui occupato nella politica e io con la Starfall. Te e le tue spasimanti?»
«Cambi subito argomento, eh?»
Lo guardo arricciando il naso. «Cosa volevi sapere?»
«No, non lo so. Non credo che passiate le giornate a lavoro».
«Sai qualcosa che non so?»
«Ma che ne so io! Siete voi i piccioncini innamorati... non si parla di altro tra l'equipaggio, grazie di averci dato del buon gossip».
«In effetti, prima di partire per la battaglia mi aveva detto che mi doveva dire una cosa, ma che dovevo tornare viva per saperla. Grazie di avermelo ricordato».
Mi guarda confuso. «Prego...»
«Sì, ma insomma. Tu e le tue spasimanti. Non fanno altro che chiedere di te in giro, non ne posso più delle loro domande!»
«Direi bene, non vedi la marea di fiori nel vaso? È il loro regalo. A differenza di voi, branco di idioti della Starfall. Un barattolo di caffè mi avete dato. Un barattolo di caffè». Scoppio a ridere. «Per tutte le volte che vi ho salvato il culo, finisco male una volta e voi mi date un barattolo di caffè?»
«Sì».
L'angolino buio e misterioso
Povero Axel, ma soprattutto povera Vivi...
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